Ottobre 13th, 2020 Riccardo Fucile
IL RACKET SULLE SERATE E IL CONSIGLIO AL CANTANTE
Dopo anni di pizzo, silenzio e umiliazioni, qualcuno ha deciso di ribellarsi al sistema
criminale che vessava sulle attività commerciali della zona e ha deciso di denunciare. L’atto di ribellione alla mafia dei negozianti del quartiere Borgo Vecchio di Palermo ha portato al fermo di 20 persone. Si tratta di boss, gregari ed esattori che, a vario titolo, sono accusati di associazione mafiosa, associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga, ai furti e alla ricettazione, tentato omicidio aggravato, estorsioni e danneggiamenti.
Le denunce spontanee delle vittime riguardavano 13 uomini del clan. L’indagine coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia, sotto la guida del procuratore Francesco Lo Voi, ha portato all’individuazione di almeno altre sette persone del mandamento mafioso di Porta Nuova. In cinque casi, i commercianti hanno ammesso di pagare il pizzo solo dopo essere stati convocati dagli inquirenti. Nell’ambito dell’inchiesta, è stato fermato anche il boss Angelo Monti, scarcerato soltanto tre anni fa
L’organigramma della “famiglia”
Monti aveva ripreso le redini della cosca ed è ritenuto dai magistrati il reggente della “famiglia” del Borgo Vecchio. «Ti vuole conoscere una persona che comanda il Borgo, un pezzo da novanta, non un pezzo di quaranta, un pezzo da novanta. Ti dico solo il nome: Angelo. Il cognome non te lo dico non è giusto», si sente in un’intercettazione finita nelle carte dell’inchiesta. I “colonnelli” del capo sarebbero stati suo fratello, Girolamo Monti, anche lui arrestato nel 2007, e Giuseppe Gambino, con precedenti di mafia, secondo le indagini il tesoriere dell’organizzazione.
Dal racket allo show business locale
Le persone delegate a riscuotere il pizzo erano Giovanni Zimmardi, Vincenzo Vullo e Filippo Leto. Le altre aree di competenza del clan, come il traffico di stupefacenti, erano gestite da Jari Massimiliano Ingrao, nipote del boss, e dai sue due fratelli. Le attività di questa costola di Cosa nostra si estendevano fino al controllo delle celebrazioni religiose in alcuni quartieri di Palermo. Dai fogli dell’inchiesta emerge, ad esempio, un monopolio nell’organizzazione delle serate della fasta della patrona del Borgo Vecchio, Madre Sant’Anna.
I mafiosi agenti degli artisti
Il clan reclutava i cantanti neomelodici che si dovevano esibire e, attraverso il racket, raccoglieva i fondi necessari, le “riffe”, per mettere in scena lo spettacolo e pagare i proventi degli artisti. Anche il sistema delle sponsorizzazioni di questi eventi era gestito da Cosa nostra. Parte dei soldi derivanti dal business era utilizzata per il mantenimento delle famiglie dei mafiosi detenuti e per investimenti illegali.
Il tatuaggio di Falcone e Borsellino
Nelle carte in mano ai magistrati compare anche il nome di Niko Pandetta, famoso cantante neomelodico palermitano che era solito dedicare i suoi concerti «a chi purtroppo sta al 41-bis». Pandetta, anche durante le interviste, mostrava un certo affetto nei confronti dei boss, cosa che a lungo andare gli avrebbe causato un allontanamento dalle scene. Per risolvere il problema, in un’intercettazione finita agli atti, un mafioso suggerisce: «Fatti un tatuaggio, ti scrivi Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e si risolvono i problemi».
Il mondo del calcio
Le diramazioni del clan avrebbero raggiunto anche gli ambienti vicini alla squadra di calcio del Palermo. «Le indagini — scrivono gli investigatori — hanno delineato un significativo quadro di rapporti fra le tifoserie calcistiche palermitane e Cosa nostra». I vertici criminali controllavano gli ultras all’interno dello stadio al fine di tutelare uno storico capo dei tifosi rosanero, elemento di raccordo tra il tifo organizzato e gli uomini della cosa. La società sportiva, invece, non risulta coinvolta nell’inchiesta.
(da agenzie)
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Ottobre 13th, 2020 Riccardo Fucile
E RICORDA LE “PERFORMANCE” DELL’ASSESSORE
Marco Travaglio oggi ricorda le “migliori” performance” di Giulio Gallera, l’assessore al welfare lombardo, durante la prima ondata dell’epidemia di Coronavirus. E dopo il pasticcio dei vaccini antifluenzali si chiede come mai sia ancora al suo posto:
Non è bastata la lettera di tutti gli Ordini dei medici della Lombardia che faceva a pezzi le sue scelte la sua rispostacheli accusava di “fare politica”. Non è bastata neppure la sua pur notevole spiegazione dell’indice RO (la media statistica delle persone infettate da ogni positivo): “L’indice di contagio inLombardia è allo 0,51: vuol dire che bisogna trovare due persone infette allo stesso momento per infettare me. E non è così semplice trovarle. Questa è l’efficacia della nostra azione e ciò che ci fa star tranquilli”. Forse l’han lasciato lì per divertirsi a fingersi positivi e sentirgli dire: “Mi sputi pure in faccia, tanto per contagiarmi dovete essere in due”.
O perchè ha battuto la testa giocando a paddle e si sperava che fosse rinsavito. Invece il Gallera della seconda ondata è ancor più Gallera di prima: sui vaccini dell’influenza ha fatto un tal casino che ora paga 26 euro l’uno anzichè 5, l’Aifa gli ha bocciato quelli cinesi. E noi tutti lì a domandarci come possa restare assessore. Poi un amico mi hagirato una sua intervista del 2018 a un sito gastronomico, con uno strepitoso coming out: `Sono Cavaliere del Bollito Misto’: Quindi ogni sera lo servono in tavola sul carrello dei lessi, in salsa verde. Ora bisogna soltanto attendere che lo levino dal menu
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 13th, 2020 Riccardo Fucile
VIAGGIO TRA CENTRALINI INTASATI E MEDICI INTROVABILI
A Roma e Milano, le due città più colpite in questa fase dell’epidemia, le aziende sanitarie
adottano strategie diverse. Il Lazio corre sulla diagnostica attraverso i tamponi antigenici. Abbiamo provato a capire come funziona davvero
La competenza sulla tutela della salute è materia concorrente tra Stato centrale e regioni. Lo dice il titolo V della seconda parte della Costituzione alla quale, nonostante la pandemia del Coronavirus in corso, non si può derogare. Anche lo strumento del Dpcm, ampiamente criticato delle opposizioni che spesso hanno parlato di sospensione della democrazia, rientra nei dettami della legge fondamentale italiana.
La ripartizione dei compiti tra governo centrale e governi locali, però, ha creato dei cortocircuiti nella gestione dei casi Covid. Manca uniformità tanto nelle direttive quanto nella prassi e, come sempre, l’assenza di chiarezza va a scapito dei cittadini. E quando si scende nel pratico, le cose non sempre vanno come dovrebbero.
Con il costante incremento di casi che il Paese sta vivendo in questa nuova fase epidemica, l’iter da seguire in caso di presunta o accertata positività al Coronavirus è un tema che riguarda sempre più persone. Le linee guida generali del ministero della Salute si applicano in tutto il territorio. Poi, sono le regioni a metterle in pratica con procedure che, in molti casi, differiscono anche tra le singole Aziende sanitarie locali. Tra le città sotto osservazione per l’incremento dei contagi ci sono Milano, che l’11 ottobre ha individuato sul suo territorio 211 nuove infezioni, e Roma, 166 in sole 24 ore.
Milano: le misure generali di Ats
Nel territorio dell’Ats Milano, il più colpito in questa fase, la prima distinzione da fare raccomandata dai sanitari è quella tra «sintomi evidenti di Coronavirus o sintomi sospetti. Nel primo caso — spiegano dall’Ats -, ad esempio quando un individuo accusa tosse persistente e febbre alta, l’indicazione è quella di chiamare il 112, numero unico di emergenza». Gli operatori sanitari prendono in carico il paziente e lo accompagnano nel percorso di diagnostica, monitoraggio ed eventualmente trattamento. «Nel caso di sintomi sospetti lievi, bisogna chiamare il medico curante che, con le opportune domande, valuta il rischio dei comportamenti adottati dal paziente».
Se il medico non risponde?
Il medico curante decide se prenotare, tramite Ats, il tampone per il paziente. «Il cittadino, dopo che il medico ha segnalato il suo caso all’Ats, può prenotare direttamente il tampone dal sito dell’azienda sanitaria scegliendo una data congeniale». Non poche persone hanno raccontato, però di aver avuto parecchie difficoltà a mettersi in contatto con il medico curante, ad esempio a causa delle ferie. «In quel caso si può chiamare il 116.117 — numero dell’ex Guardia medica — e la procedura prosegue alla stessa maniera». Ci sono poi delle casistiche particolari, come quella per il rientro da Belgio, Francia, Paesi Bassi, Repubblica Ceca, Regno Unito e Spagna. «Chi torna da questi Paesi deve registrarsi nel portale ad hoc e prenotarsi online per il tampone obbligatorio».
Obbligo di quarantena per i contatti stretti e tampone dopo 14 giorni
Chi atterra a Linate può sottoporsi al tampone direttamente nell’aeroporto. La questione procedurale riguarda anche chi sa di essere in contatto con una persona positiva, magari attraverso la notifica dell’app Immuni. «Anche in questo caso, alla stessa maniera di chi sviluppa sintomi sospetti, bisogna rivolgersi al medico di base». Può capitare di essere chiamati direttamente dall’ufficio prevenzione malattie infettive se l’Ats, attraverso la propria indagine epidemiologica, risale al soggetto entrato in contatto con il paziente infetto.
«Ai contatti stretti è disposto l’obbligo di quarantena di 14 giorni, al termine della quale viene fatto il tampone per accertare la negatività e certificare la fine dell’isolamento fiduciario». Fanno parte di un’altra categoria i soggetti del mondo scuola «a cui si cerca di fornire un canale diagnostico privilegiato» e chi rientra da località turistiche anche nazionali: «Il medico di medicina generale, contattato dal viaggiatore, può prenotare un tampone all’Ats qualora ravvisi che il suo paziente ha adottato comportamenti a rischio»
Roma, criticità nella reperibilità dei medici di base
Enrico Di Rosa, direttore servizio Igiene e sanità pubblica dell’Asl Roma 1, spiega che chi è in condizioni gravi «deve chiamare immediatamente il 118, permettendo così di attivare il percorso classico di chi si trova in una situazione di emergenza». Chi ha sintomatologia lieve, eventualmente compatibile con la Covid, «deve chiamare il medico di medicina generale che ha tutti gli strumenti per avviare il processo diagnostico». I medici curanti, nel Lazio, hanno la possibilità di prenotare il tampone rapido antigenico. «In concomitanza di particolari condizioni di rischio, invece, il medico prenota il classico tampone molecolare».
Anche a Roma si sono verificate situazioni di disagio per i cittadini che non sono riusciti a farsi prenotare il tampone. «Il problema è prettamente di tipo assistenziale, non sanitario. L’intermediazione del medico di base è essenziale perchè fa da filtro ed è in grado di capire l’entità del sospetto di contagio». Rivolgersi direttamente all’Asl è complicato, spesso non si riceve risposta. «Riceviamo migliaia di telefonate ogni giorno — afferma Di Rosa -. Consiglio di rivolgersi al numero verde regionale per l’emergenza, l’800.118.800, dove risponde personale medico qualificato e che ha un sistema integrato con le Asl di competenza. Compilano una scheda del singolo caso e la condividono con le Asl che si occupano di contattare la persona per il tampone». Bisogna avere pazienza, ma il numero verde è attivo dalle ore 8 alle 21.
Il telefono della Asl squilla, a vuoto
In un tentativo di mettersi in contatto con il numero verde, l’operatore ha risposto dopo ben 11 minuti di attesa. «In questo momento il sistema fatica a funzionare in maniera fluida, lo dico onestamente — ammette Di Rosa -. Il problema è che il Covid pone sempre problemi nuovi e implica un adeguamento costante del sistema sanitario. Stiamo risolvendo il tema delle code ai drive-in: quindici giorni fa avevamo 18 postazioni attive, nei prossimi giorni arriveremo a un totale di 50 drive-in». La diagnostica a domicilio è prevista per gli anziani e per chi non ha possibilità di muoversi dalla propria abitazione.
«A parte i mesi di maggio, giugno e luglio, siamo sempre stati un po’ in affanno, ma continuiamo a investire nel potenziamento della rete», assicura Di Rosa. A differenza della Ats Milano, l’Asl Roma 1 cerca di effettuare il tampone sui contatti stretti dei positivi prima della fine dei 14 giorni di quarantena obbligatoria. «Sapere quanto prima se il contatto stretto è anch’esso positivo aiuta nel contact tracing e, in generale, sono informazioni utili per la sanità pubblica». Non tutte le regioni, come invece è successo nel Lazio, hanno sdoganato il test antigenico, più rapido del tampone molecolare: «Questo ci aiuta a garantire un servizio più veloce e capillare».
«Il quadro epidemiologico è certamente preoccupante — dice Di Rosa -, per questo è utile mettere in campo tutti gli strumenti diagnostici: abbiamo iniziato con i tamponi molecolari, adesso sono stati accettati anche gli antigenici e a breve inizieremo a testare con i test salivari, più adatti a essere usati sui bambini». Il coordinamento regionale tra le varie Asl del Lazio è forte: le aziende sanitarie adottano più o meno le stesse procedure. «Ci sono due novità che ci differenziano dalle altre regioni: adesso è possibile fare i test antigenici in strutture private, alleggerendo così la pressione sul servizio pubblico — conclude il direttore — e presto ci saranno anche alcuni studi di medicina generale dove si potranno effettuare gli antigenici».
(da Open)
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Ottobre 13th, 2020 Riccardo Fucile
GLI SPOSI SONO DUE DIRIGENTI DELLE FORZE DELL’ORDINE
Sono 30, per il momento, le persone contagiate dal coronavirus dopo un matrimonio che si è tenuto il 1 ottobre in una villa per ricevimenti di Pozzuoli, in provincia di Napoli. Alla festa avevano preso parte oltre 100 persone, provenienti per lo più dalle Marche, dove vivono gli sposi, entrambi dirigenti delle forze dell’ordine, e da Cercola, dove risiede la famiglia di lei.
Sono circa una trentina le persone che sono risultate positive al coronavirus in seguito a un matrimonio che si è tenuto lo scorso 1 ottobre in una villa per ricevimenti di Pozzuoli, zona Flegrea in provincia di Napoli.
All’evento, a quanto apprende Fanpage.it, avrebbero preso parte oltre 100 persone e in molti avrebbero lamentato problematiche per quanto riguarda il rispetto delle norme anti contagio: sarebbe stato organizzato il buffet, ci sarebbero stati balli e molti degli invitati non avrebbero indossato le mascherine.
L’evento si è tenuto la sera di giovedì 1 ottobre, gli invitati sono arrivati dalle Marche e da Cercola (Napoli), dove risiede la famiglia della sposa; molti avrebbero alloggiato in hotel di Pozzuoli.
Al momento della festa, chiaramente, nessuno presentava dei sintomi riconducibili a Covid-19. Il giorno dopo, però, uno dei bambini presenti avrebbe manifestato febbre; i genitori si sarebbero rivolti quindi all’Asur, l’Azienda Sanitaria Unica Regionale delle Marche, e sarebbe così emersa la positività al virus Sars-Cov-2.
Col passaparola attraverso telefonate, messaggi e Whatsapp anche gli altri invitati si sono sottoposti al tampone e per 30 di loro il risultato è stato positivo; i contagiati accertati sarebbero tutti provenienti dalle Marche.
La vicenda ricorda molto quello che è successo a Monte di Procida, dove attualmente è in atto un mini lock-down: decine di positivi sono emersi tra gli invitati ad un matrimonio che si è tenuto nel limitrofo comune di Bacoli il 30 settembre. Al momento delle due cerimonie non erano ancora in vigore le limitazioni sul numero dei partecipanti agli eventi, e la Campania, che inizialmente aveva previsto un limite di 20 persone a partire dal 4 ottobre, ha successivamente fatto dietro front.
(da Fanpage)
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Ottobre 13th, 2020 Riccardo Fucile
ALTRI 4 COLLEGHI SOTTO INCHIESTA PER AVER COPERTO QUANTO AVVENUTO
Il primario, un viaggio in Thailandia e un focolaio di coronavirus scoppiato all’ospedale San
Martino di Belluno. E ora la procura indaga per epidemia colposa aggravata Roberto Bianchini, 61 anni, dirigente del reparto di Otorinolaringoiatria e, assieme a lui, ma per il reato di falso, quattro medici che avrebbero cercato di nascondere il fatto che il collega avesse continuato a lavorare nonostante i sintomi del Covid-19.
I fatti risalgono all’inizio della pandemia, quando al San Martino si sarebbero verificati quattro contagi diretti e vennero effettuati un centinaio di tamponi sul personale sanitario e sui pazienti. Secondo l’ipotesi del procuratore Paolo Luca, il dottor Bianchini avrebbe continuato a lavorare per altri sei giorni dopo che aveva cominciato a manifestare i sintomi del Covid. Dal 14 al 21 febbraio era stato in vacanza sull’isola di Ko Samui, una famosa località balneare thailandese. Nel paese asiatico era stato riscontrato ancora a gennaio il primo caso di infezione al di fuori della Cina. Secondo la Procura, dopo il ritorno in Italia, il primario avrebbe dovuto innanzitutto sottoporsi alla permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva, anzichè recarsi al lavoro. Era invece tornato in reparto dedicandosi alla normale attività , che consisteva in un contatto diretto con i pazienti, di cui controllava personalmente le vie aeree, bocca, naso e gola.
Proprio a causa dei primi sintomi, il dottor Bianchini, su indicazione di Raffaele Zanella, direttore medico del San Martino, aveva effettuato un controllo al Dipartimento di prevenzione. Ma l’esito era stato negativo. In quella occasione avrebbe dichiarato che durante la vacanza non aveva frequentato luoghi particolarmente affollati e non aveva partecipato a tour organizzati assieme ad altri turisti. In realtà , stando agli accertamenti durante l’indagine, si era recato anche in altre isole. Dal 3 marzo il dottor Bianchini aveva cominciato a manifestare sintomi più marcati, ma aveva continuato a lavorare per sei giorni, finchè — particolarmente provato — aveva deciso di sottoporsi al tampone. Era risultato positivo. A seguito dei contatti, una settantina di persone erano state messe in isolamento. Per questo è indagato di epidemia colposa aggravata.
L’ipotesi di falso e favoreggiamento, invece, riguarda Raffaele Zanella, presidente dell’Ufficio procedimenti disciplinari dell’Usl 1 Dolomiti, e tre componenti dell’Ufficio, Antonella Fabbri, Cristina Bortoluzzi e Tiziana Bortot. Secondo la procura sarebbe stato modificato il fascicolo del procedimento disciplinare interno, poi archiviato. In particolare, sarebbe scomparso il verbale di una seduta avvenuta all’inizio di aprile in cui i fatti erano ricostruiti con precisione e che i militari della Guardia di Finanza che stavano indagando avrebbero voluto acquisire.
Il procuratore Luca ha anche chiesto la sospensione per tre mesi di Bianchini, Zanella e Fabbri, ma il gip e il Tribunale del riesame hanno respinto la richiesta. I pm continuano l’inchiesta penale: “Se in ipotesi il comportamento tenuto sino a tale data può essere attribuito a superficialità o a personale (ma ingiustificata) sottovalutazione del problema epidemiologico in atto, altrettanto non può dirsi dopo il 3 marzo, quando la sintomatologia apparsa non poteva essere più sottovalutata”. L’Usl 1 non commenta, ma conferma di aver “assicurato la massima disponibilità agli inquirenti, mettendo doverosamente a disposizione gli atti e la documentazione richiesti”.
(da agenzia)
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Ottobre 13th, 2020 Riccardo Fucile
UN ALTRO CASO DOPO QUELLO DI BARI IN CUI 20 MEDICI E INFERMIERI SONO FINITI IN QUARANTENA
Anche nella Asl di Taranto sono saltate le misure anti-Covid per festeggiare una ricorrenza: il compleanno di un alto dirigente dell’azienda sanitaria, che poi è risultato positivo al Coronavirus.
L’evento risale ai primissimi giorni di ottobre. E per questo è scattato l’isolamento fiduciario nei confronti di una quarantina di dipendenti in servizio nella stessa azienda, che sono tornati a lavoro soltanto lunedì 12 ottobre dopo che, almeno per loro, l’esame del tampone ha dato esito negativo.
Dopo il caso dei 20 operatori sanitari fra medici e infermieri che hanno partecipato a una festa in uno dei reparti dell’ospedale pediatrico Giovanni XXIII a Bari, il presidente dell’Ordine dei medici di Bari, Filippo Anelli, a capo della federazione nazionale che raccoglie tutti gli Ordini provinciali d’Italia, ha raccomandato ai suoi colleghi di “limitare i contatti interpersonali e di rispettare in modo scrupoloso le regole anti-contagio, perchè – ha rimarcato Anelli – i medici sono i primi a dover dare l’esempio nell’indossare correttamente le mascherine, mantenere il distanziamento sociale e igienizzarsi le mani”.
(da agenzie)
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