Ottobre 16th, 2020 Riccardo Fucile
LA DICITURA: “IL POPOLO ITALIANO NON VI PERDONERA’ QUESTA INFAMIA”: QUESTI SAREBBERO QUELLI CHE DOVREBBERO GARANTIRE LA LEGALITA’ IN ITALIA? QUELLI CHE OMAGGIANO UN IMPUTATO PER UN CRIMINE EFFERATO E MINACCIANO I GIUDICI?
Questo è il tweet pubblicato dagli account social ufficiali della Lega: una foto di Matteo Salvini che tiene in mano, con gioia, un quadro in cui viene raffigurato come Gesù Cristo in croce con il seguente testo sopra riportato: «Nave Gregoretti — Open Arms. Salvini a processo per sequestro di persona, il popolo italiano non vi perdonerà questa infamia”
Si tratta di una modifica della Crocifissione di Perugino e Signorelli conservata presso la Galleria Uffizi di Firenze.
Il quadro è stato donato da chi gli sta attorno, ovvero dei rappresentanti di alcuni sindacati di polizia durante un comizio in piazza a Roma con poche decine di partecipanti facilmente identificabili.
Non solo hanno permesso a Salvini di violare la legge regionale che impone la mascherina nei luoghi pubblici (durante il comizio non l’indossava, nella foto con il quadro sì) ma questi “tutori della legalità ” hanno donato a un imputato sotto processo per “sequestro di persona aggravato” un quadro con la dicitura eversiva: “Nave Gregoretti — Open Arms. Salvini a processo per sequestro di persona, il popolo italiano non vi perdonerà questa infamia”.
Se ne deduce:
1) I giudici che hanno chiesto l’autorizzazione a procedere al Parlamento vengono definiti “infami”
2) I parlamentari che hanno votato perchè sia concessa sono da ritenersi “infami”
3) Se Salvini dovesse essere condannato, i giudici che decideranno in tal senso sono degli “infami”
4) “il popolo non vi perdonerà questa infamia” si deve intendere come un tribunale del popolo che provvederà ad attivare la ghigliottina verso gli incauti giudici che hanno applicato la legge?
5) Questi sindacalisti che rappresentano sindacati autonomi di polizia hanno giurato sulla Costituzione o sul prato di Pontida? Sono gli stessi che troviamo nelle nostre strade per tutelare i diritti degli italiani?
Attendiamo risposta dalla ministra Lamorgese e dalla magistratura.
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Ottobre 16th, 2020 Riccardo Fucile
FRANCESCHINI CHIEDE UN VERTICE URGENTE PER REAGIRE CON UNA STRETTA SU ASSEMBRAMENTI E VITA NOTTURNA, CONTE PRENDE TEMPO… C’E’ CHI PROPONE IL COPRIFUOCO NEI GIORNI FERIALI E IL LOCKDOWN NEL WEEK-END
“A me sembrano tutti impazziti”. È uno degli specialisti che affiancano il Governo nelle decisioni pesanti da prendere in queste ore a dare il polso della situazione.
La curva del contagio sale, i nuovi positivi superano un’importante soglia psicologica, quota 10 mila, il dpcm varato appena lunedì sembra preistoria, e per tutto il giorno l’esecutivo si dibatte e si contorce, incapace di decidere anche solo se riunirsi in giornata per capire il da farsi o meno.
È Dario Franceschini che al mattino rompe gli indugi e chiede a Giuseppe Conte un vertice d’emergenza. Un atto politicamente forte, che punta a far uscire allo scoperto il premier. Per il capodelegazione del Pd la situazione è a un passo dallo sfuggire di mano.
Senza misure più severe si rischia di perdere totalmente il controllo del contagio, le misure a macchia di leopardo messe in campo da diverse Regioni generano confusione e una babele normativa in cui diventa difficile districarsi.
Senza contare l’aspetto comunicativo, con un impazzimento di messaggi, tra il lassismo e l’allarmismo, che contribuiscono al caos. Tutto il Nazareno, nonostante le difese di rito, si è infuriato con Vincenzo De Luca. L’ordinanza che ha chiuso le scuole in tutta la Campania è stata unilaterale e non concordata, e va in netta controtendenza con l’orientamento nazionale.
Il presidente del Consiglio non risponde, almeno pubblicamente, e non cambia la sua agenda. Ripartenza anticipata da Bruxelles, va in Calabria per i funerali di Jole Santelli, poi a Genova per il festival di Limes, rientro a Roma in tardissima serata, balla un vertice con i capi delegazione. Il Pd mormora e ondeggia: “Non è possibile questa indecisione di fronte a quello che sta succedendo”.
Franceschini e Speranza da una settimana spingono per la linea dura. Che significa stretta sulla capienza dei trasporti pubblici, ingressi scaglionati a scuola, rotazione della didattica a distanza, interventi di lockdown mirati per arginare comuni e province con un alto livello di positivi. Ma che soprattutto significa coprifuoco.
Una serrata alla vita notturna e agli assembramenti che, con il calare delle temperature, avvengono soprattutto al chiuso. Lo stop alle cene private non è passato, complice anche il discreto intervento del Quirinale, ma una fonte vicina al dossier lancia l’allarme: “Fra pochi giorni rischiamo di arrivare a 20 mila nuovi positivi al giorno, allora che facciamo?”. Anche Luigi Di Maio sembra sposare la linea del rigore, chiedendo di “anticipare le scelte per evitare un nuovo lockdown”.
Il Comitato tecnico scientifico è allertato per una convocazione ad horas: “Siamo pronti a riunirci nel fine settimana non appena avremo indicazioni in merito”.
Nelle stanze del Governo, tra i più intransigenti, si arriva a ipotizzare un coprifuoco settimanale alle 22 e un lockdown (anche se non totale come la scorsa primavera) nei fine settimana.
Tra la notte di venerdì e le giornate di sabato e domenica una girandola di riunioni partorirà la decisione. Conte ci va con i piedi di piombo. Ha fermato una settimana fa misure più draconiane, anche oggi è molto prudente su provvedimenti che potrebbero lacerare ancora di più il tessuto economico e sociale del paese. “Ma la situazione richiede un ulteriore intervento”, ha concordato con i propri interlocutori. I tempi non sono certi, ma potrebbe essere lunedì il giorno di nuove regole e un nuovo dpcm.
I tempi si fanno stretti. L’Istituto superiore di sanità ha definito come alto il rischio per la tenuta delle terapie intensive di dieci Regioni: si tratta di Abruzzo, Campania, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Puglia, Sardegna, Toscana, Umbria e Valle d’Aosta. Il rimpallo delle responsabilità di ora in ora diventa più aspro.
Francesco Boccia e Domenico Arcuri hanno spiegato che ci sono risorse e ventilatori per ulteriori 1600 posti in terapia intensiva che non sono stati messi in campo dai governatori. Nelle stesse ore De Luca annunciava un coprifuoco totale nel weekend di Halloween, il Piemonte la chiusura totale del commercio al dettaglio da mezzanotte alle 5 a partire da domenica, la Lombardia lo stop allo sport dilettantistico.
Sabato la giornata inizierà alle 9. In scena un nuovo confronto tra gli stessi Boccia e Arcuri, insieme a Speranza, le Regioni e la Protezione civile. Lo stesso schema che ha scandito i giorni foschi del lockdown primaverile. L’auspicio è che la storia non si ripeta.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 16th, 2020 Riccardo Fucile
OGGI PERSINO BASSETTI LO HA SMENTITO PARLANDO DI COPRIFUOCO
Matteo Salvini oggi rispondendo ai giornalisti alla Bi.Mu, la fiera delle macchine utensili a Fieramilano ha attaccato: “Chi dice forse facciamo un lockdown a Natale commette un crimine nei confronti del popolo italiano”.
Il leader della Lega Matteo Salvini poi ha aggiunto: “Gli italiani dal Governo si aspettano chiarezza e certezze, non supposizioni e idee. Non è ammesso il forse o il vedremo”.
Con chi ce l’ha Salvini? L’unico che ha parlato di lockdown a Natale nell’ordine delle cose è stato Andrea Crisanti che a Rainews aveva spiegato: “Io penso che sia nell’ordine delle cose: un lockdown in quel periodo potrebbe resettare in qualche modo il sistema, abbassare la trasmissione e aumentare il contact tracing, perchè con i numeri di ora il sistema è saturato”.
Che la situazione sia in peggioramento non lo dice solo Crisanti: anche Matteo Bassetti, medico noto per le sue posizioni morbide sul virus,che ad agosto diceva al Corriere della Sera “Il virus sta “mordendo meno”? Sembrerebbe di sì”, per poi spiegare che il motivo non era chiaro ma “Potrebbe essere dovuto a una ridotta carica virale, a una migliore assistenza dei malati, a qualche mutazione del virus stesso” oggi è preoccupato e AdnKronos spiega che “va fatto qualcosa, la situazione epidemiologica è rapidamente peggiorata e non ci aspettavamo di vedere numeri così importanti così presto. E’ stata anticipata la previsione dei casi di 3-4 settimane con una brusca accelerazione”.
Il direttore della Clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova, e componente della task force Covid-19 della Regione Liguria è perfino favorevole al coprifuoco dopo le 22: “potrebbe essere una soluzione alternativa al lockdown, ma solo in alcune situazioni e non su base nazionale. Penso a Milano, all’area di Genova, a Roma e anche nel Lazio. Sicuramente potrebbe essere uno strumento per limitare la circolazione notturna, quando è più difficile il controllo del territorio e c’è anche più leggerezza nei comportamenti da rispettare”.
Ma Bassetti ce l’ha anche e soprattutto con chi non mette la mascherina: “Vedo troppi atteggiamenti lassisti in giro rispetto alle misure da tenere. Gente che non indossa la mascherina o la tiene giù. Tutti devono remare dalla stessa parte, non è possibile che si pensi che questo virus sia il problema sempre di quello vicino a noi”.
Indovinate chi pochi giorni fa su un palco a Roma, dove c’è un’ordinanza ancora più restrittiva rispetto a quella nazionale, non aveva la mascherina mentre parlava a pochissima distanza dalle persone che gli stavano attorno?
Il “Capitano” si trovava a piazza del Popolo a Roma alla manifestazione nazionale dei sindacati SAP e LES Polizia di Stato, SAPPE Polizia Penitenziaria, SIM Sindacato Italiano Militari Carabinieri e Guardia di Finanza.
Insomma era circondato da chi doveva ricordargli che non usare la mascherina, anche solo per parlare al microfono, significava violare l’ordinanza regionale e il DPCM che la prevede anche all’aperto se non c’è la distanza necessaria.
Dunque se Salvini ci tiene a non vedere di nuovo l’Italia in lockdown invece di parlare di presunti “crimini” perchè non dà il buon esempio e rispetta le regole?
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 16th, 2020 Riccardo Fucile
IL CROLLO DELLE VENDITE DURANTE L’ESTATE VISSUTA SENZA PRECAUZIONI, GRAZIE ANCHE AI TANTI “CATTIVI MAESTRI” CHE SPARAVANO CAZZATE SUL “VIRUS FINITO”
Gli italiani — 60 milioni di italiani, al di là dei casi specifici di comportamenti virtuosi — hanno abbassato la guardia. A un certo punto, finita la fase acuta dell’emergenza, i cittadini hanno iniziato a comprare meno mascherine ma, a quanto pare, era troppo presto. A dirlo sono i dati Iqvia — banca dati sul mercato della sanità — che restituiscono il numero di dispositivi chirurgici, FFP2, FFP3 e anche di tessuto sono stati venduti dall’inizio della pandemia fino ad ora.
Abbiamo smesso di comprar le mascherine — e di conseguenza di usarle — troppo presto, circa all’inizio dell’estate. Abbiamo ripreso ad acquistarle e a indossarle nuovamente quando ormai era troppo tardi e il virus aveva già ripreso a circolare velocemente.
A gennaio, con la notizia dei primi casi di Covid a Wuhan, c’è stata un’impennata di acquisti: 159 mila pezzi in un mese. La salita è iniziata: 338 mila a febbraio, 1,2 milioni di mascherine a marzo — quando siamo andati in lockdown — e oltre 6,5 milioni ad aprile.
A maggio, quando il prezzo è calato a 50 centesimi al pezzo dopo non poche difficoltà , è iniziata la discesa. In questo mese si sono vendute 5,5 milioni di mascherina nonostante i 50 mila casi di Covid ancora attivi sul territorio nostrano e circa 1.000 casi in più al giorno.
Il crollo del dato si è avuto nei mesi estivi: 3,5 milioni di pezzi acquistati a giugno, 3,3 a luglio — un numero che è la metà di quello di aprile.
Intanto il Covid non era scomparso e ad agosto è arrivata la nuova impennata: siamo passati da duecento a mille casi (+400% dei casi in un solo mese» ma l’aumento dell’acquisto di mascherine da parte degli italiani si ferma al 20% fra luglio e agosto. L’estate è stata vissuta da troppi come se il pericolo non ci fosse più.
Arriviamo poi a settembre, con l’accelerazione dei contagi e anche una risalita dell’acquisto delle mascherine, che tornano ai livelli di maggio con 5,4 milioni di pezzi venduti. Il resto è storia del contagio, con la giornata di oggi che ci ha portati a registrare oltre 10 mila nuovi casi di Covid.
(da agenzie)
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Ottobre 16th, 2020 Riccardo Fucile
NONOSTANTE LA PRESENZA DI POSITIVI IN CLASSE, MOLTE FAMIGLIE SI OPPONGONO AL PROTOCOLLO DI ZAIA… NON FATELI ENTRARE A SCUOLA E LA FINIRANNO DI ROMPERE I COGLIONI, ORMAI SIAMO AL DELIRIO
In Veneto, il protocollo predisposto dal presidente della Regione Luca Zaia prevede che, quando si dovesse verificare un contagio all’interno di una classe, i compagni di scuola dovrebbero essere sottoposti a un test rapido, in modo tale da scongiurare lunghe quarantene per gli studenti negativi al coronavirus.
Eppure, diverse scuole della provincia di Treviso, stanno ricevendo delle diffide da parte delle famiglie, atte a non far effettuare il tampone ai propri ragazzi.
In ogni scuola, secondo alcuni dati riportati da Il Gazzettino, riceve dalle 5 alle 10 diffide. In totale, dunque — stando a una stima degli istituti scolastici — le azioni di questo genere sono già nell’ordine delle centinaia. Si riceve sempre lo stesso documento con su scritta la stessa motivazione:
«Essendo l’esercente della responsabilità genitoriale, e non essendoci alcun consenso informato, nego la mia autorizzazione e vi diffido all’esecuzione di qualsiasi atto o procedura sanitaria nei confronti di mio figlio».
Il quotidiano locale ricollega questi numeri molto alti relativi alle diffide alla presenza, nella Marca trevigiana, di un nutrito gruppo di no-vax. Tuttavia, qui non si sta parlando di vaccini, ma di semplici tamponi — tra l’altro utili a monitorare non solo la salute del singolo, ma della comunità scolastica all’interno della quale è inserito — che vengono effettuati solo in casi di positività di un compagno di classe, per garantire il regolare svolgimento delle lezioni in sicurezza.
Sempre la stessa testata, tuttavia, ha riportato l’episodio di un ragazzo che aveva già compiuto la maggiore età e che, pertanto, era responsabile rispetto al trattamento sanitario ricevuto. Quest’ultimo, nonostante il rifiuto dei genitori di farlo sottoporre al tampone rapido, avrebbe deciso di effettuare lo stesso il test, in modo tale da tutelare la salute dei compagni di classe.
(da agenzie)
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Ottobre 16th, 2020 Riccardo Fucile
SERGIO IAVICOLI: “DIVERSIFICARE GLI ORARI E POTENZIARE L’OFFERTA, GLI ENTI LOCALI HANNO I FONDI PER FARLO”
“I trasporti si possono ancora gestire in sicurezza. Molto è stato fatto, ma bisogna focalizzarsi sulle situazioni più a rischio nei momenti di maggior affluenza del trasporto pubblico locale”.
Per Sergio Iavicoli, direttore del dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale dell’Inail e componente del Comitato tecnico scientifico (Cts), la questione attorno alla quale stanno ruotando polemiche e proteste per le conseguenze che si potrebbero registrare sul fronte della scuola, il dibattito politico e le scelte amministrative, i vertici del Governo e le richieste delle Regioni concentrati sull’obiettivo di rallentare la corsa, sempre più sostenuta, del virus, “va affrontata adesso, non si può perdere altro tempo”.
Perchè “gli assembramenti, anche sui mezzi pubblici, rappresentano un rischio innegabile e dunque vanno evitati”. Un punto, sul quale gli esperti stanno insistendo. “Il Cts aveva dato indicazioni precise su come procedere ad aprile e a fine agosto, come testimoniano i verbali – sottolinea Iavicoli — Il calo complessivo dell’affluenza nel trasporto pubblico locale mediamente è superiore al 30% e questo è dovuto anche alle misure messe in atto, ma non basta”.
Chi deve rimodulare il servizio, dottor Iavicoli?
Il tema è complesso, ma le istituzioni locali hanno la possibilità di una risposta adeguata. I mobility manager, che dovrebbero esserci in ogni città e hanno a disposizione tutti i dati, devono analizzarli ed elaborare mappe per linee, fasce orarie e aree. Così si individuano con precisione le tratte e gli orari in cui si deve intervenire.
In che modo?
Noi del Cts abbiamo proposto le linee da seguire ad aprile e le abbiamo attualizzate ad agosto, come testimoniano i verbali delle sedute. Bisogna lavorare per diversificare ancora di più gli orari e potenziare l’offerta. Se le aziende non hanno altri mezzi per prevedere corse ulteriori, possono pensare di reperirli anche collaborando con altre istituzioni. Perchè non puntare sui privati, stipulando convenzioni o noleggiando mezzi oggi in gran parte fermi a causa del calo che si registra nel turismo?
Chi deve farlo?
I Comuni, che hanno a disposizione i fondi necessari per attivarsi. Sulla base delle mappature dei mobility manager si può capire tranquillamente dove e come intervenire. Potenziando il servizio e organizzandolo in modo da evitare affollamenti anche con personale dedicato nelle stazioni più frequentate.
Le immagini degli assembramenti su bus e treni hanno fatto il giro del web. La situazione è critica?
Quelle immagini sono inaccettabili, ma anche un segno positivo di allarme sociale che emerge. Nel complesso la situazione è gestibile, ma ci sono picchi orari e linee sulle quali si può intervenire, criticità che vanno risolte. E bisogna farlo ora.
Perchè?
Gli affollamenti, anche sui mezzi pubblici, rappresentano un rischio innegabile per la diffusione del contagio e dunque vanno evitati il più possibile. Non abbiamo evidenze di focolai su bus tram e treni, ma è difficile farle emergere, anche per l’ancora insufficiente utilizzo della App “Immuni”.
Il Cts aveva consigliato un limite di capienza al 75%, il Governo lo ha fissato all’80%. Va abbassato secondo lei?
Potrei anche risponderle “sì” perchè si porrebbe un argine di maggior cautela, ma quello del limite di capienza è un problema secondario. L’80% di capienza introdotto su richiesta delle Regioni è congruo con il calo dell’affluenza complessivo, considerando che, in genere, in bus o in metro non si sta mediamente per più di mezz’ora e i passeggeri generalmente interagiscono poco fra loro. Certo, bisogna sempre indossare, e correttamente, la mascherina, curare l’igiene delle mani e prevenire gli affollamenti.
Differenziare gli orari scolastici o ricorrere alla didattica a distanza, lasciando gli studenti a casa, può servire a decongestionare i mezzi pubblici per fermare la corsa del virus?
Credo sia preferibile concentrarsi sulla rimodulazione del sistema di trasporto pubblico. Per due ragioni.
Quali?
Prima di tutto perchè qualunque misura restrittiva venga varata per sua natura non potrà durare a lungo e poi perchè noi con questo virus dovremmo convivere ancora per un po’. È necessario quindi pensare ad interventi più strutturali.
Tra le proposte del Cts per riorganizzare il tpl, oltre alla differenziazione degli orari di entrata e uscita dal lavoro, di negozi e locali e della scuola, c’è anche il potenziamento dello smart working.
Sì, è un altro fronte sul quale si deve continuare a lavorare. Quanto alla differenziazione degli orari molto è stato fatto. Dai dati della piattaforma “Moovit” ma anche da quelli di Roma Mobilità risulta che, rispetto allo stesso periodo del 2019, nell’utilizzo del trasporto pubblico locale quest’anno c’è stato un calo di circa il 30%. Molte amministrazioni hanno incentivato la mobilità alternativa sostenibile. La domanda dunque è stata rimodulata. Adesso bisogna riorganizzare l’offerta. E va fatto ora, non si può perdere altro tempo”.
(da Huffingtonpost”)
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Ottobre 16th, 2020 Riccardo Fucile
“IL VACCINO ANTINFLUENZALE ATTIVA IL COVID” LA DICHIARAZIONE DELIRANTE
La procura di Ivrea ha aperto un fascicolo sul caso del medico negazionista di Borgaro che il 5 ottobre ha pubblicato su youtube un video in cui minimizza la portata della pandemia Covid e mette in guardia su possibili connessioni tra il vaccino antinfluenzale e il contagio da Covid.
L’ipotesi di reato contenuta nella denuncia dei carabinieri del Nas è procurato allarme. Secondo gli investigatori il medico di base Giuseppe Delicati avrebbe diffuso teorie allarmanti su un’ipotetica attivazione del covid da parte del vaccino antinfluenzale.
Ex ufficiale medico di complemento, ora medico di base, Delicati cita una non meglio identificata fonte del Pentagono quando dice: “I morti di Bergamo erano stati tutti vaccinati per il vaccino antinfluenzale”, Poi aggiunge: “Il fatto che la campagna antinfluenzale sia anticipata al 27 ottobre mi ha insospettito e oltretutto è raccomandata insieme al vaccino contro il covid che – dice – non è un vaccino a virus attenuato come il vaccino per l’influenza ma composto da frammenti di rna fetale che si combinano con il nostro dna causando terribili malattie autoimmuni”.
Per quelle dichiarazioni il medico, che lavora sul territorio dell’Asl To4, che ha già annunciato provvedimenti, è stato segnalato anche all’ordine de medici di Macerata, dove è iscritto. Verrà ascoltato nelle prossime settimane.
Intanto l’ordine dei medici di Torino, che ha segnalato la cosa ai colleghi di Macerata, ha richiesto anche all’Agcom la rimozione del video pubblicato su Youtube.
(da agenzie)
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Ottobre 16th, 2020 Riccardo Fucile
“MANCANO 1.600 TERAPIE INTENSIVE, COSA AVETE FATTO IN QUESTI MESI?”
“Dove sono finiti i ventilatori?”. Francesco Boccia, ministro per le Autonomie, a un certo punto della riunione con i governatori alza la voce. I conti non tornano.
All’appello mancano 1.600 terapie intensive. L’esecutivo imputa ai presidenti delle Regioni ritardi nella programmazione, poichè il tempo tra la prima e la seconda ondata Covid c’è stato: “Cosa avete fatto in questi sei mesi?”. E a dimostrazione di ciò il commissario per l’emergenza Domenico Arcuri snocciola i dati.
“In questi mesi alle Regioni – sottolinea tradendo un filo di rabbia – abbiamo inviato 3059 ventilatori polmonari per le terapie intensive, 1429 per le subintensive; prima del Covid le terapie intensive erano 5179, abbiamo attivato fino a 9463 posti, ora ne risultano attive 6628, dovevamo averne altri 1.600 che sono già nelle disponibilità delle singole regioni ma non sono ancora attive; chiederei alle regioni di attivarle. Abbiamo altri 1.500 ventilatori disponibili, ma prima di distribuirli vorremmo vedere attivati i 1.600 posti letto di terapia intensiva per cui abbiamo già inviato i ventilatori”.
Parole durissime che segnalano uno scollamento tra lo Stato centrale e gli Enti locali, tra il Governo di Roma che dice di essersi prodigato al massimo e accusa le Regioni di lassismo e queste ultime che vogliono continuare ad agire in completa autonomia. Come dimostra il caso Campania con Vincenzo De Luca che da oggi ha chiuso scuole e università . Anche per questo il ministro Speranza prova a mediare, “la chiave per vincere e piegare il virus è la collaborazione istituzionale”.
Dati alla mano a maggio l’esecutivo con il Decreto Rilancio ha stanziato 1,4 miliardi per il potenziamento degli ospedali. Nella Regione dello sceriffo De Luca nel giorno del picco massimo di contagi Covid, il 13 aprile, c’erano 599 posti letto di terapia intensiva, oggi si è scesi a 433, quando invece — secondo i calcoli del governo — dovrebbero essere 566. Prima dell’emergenza erano 335. Ciò significa che rispetto al periodo pre-Covid c’è stato un incremento di 98 posti letto, dato considerato insufficiente per il governo che ha distribuito alla Campania 458 ventilatori totali.
Anche in Lombardia, altra regione sotto osservazione che ha diramato un suo provvedimento restrittivo rispetto al decreto del presidente del Consiglio, la situazione posti letto manda il governo su tutte le ferie.
Stando alle tabelle ufficiale, quelle della Protezione civile, prima dell’emergenza c’erano 861 posti letto di terapia intensiva, durante il picco massimo si era arrivati a 1800 ma attualmente si è scesi drasticamente a 994.
I ventilatori forniti alla sola Lombardia sono 669. Si passano in rassegna tutte le regioni.
Si arriva al Piemonte. Prima dell’emergenza i posti letto in terapia intensiva erano 327. Nel picco massimo di aprile 892 e ora 485.
In sostanza, secondo il governo, l’ultimo provvedimento varato sarebbe stato sufficiente se tutte le Regioni avessero fatto il loro dovere ampliando i posti letti in terapia intensiva, mantenendoli e facendosi trovare preparate di fronte alla seconda ondata.
“Massima disponibilità e massima trasparenza, ma — dice il ministro Boccia rivolgendosi ai governatori – il problema è dove sono finiti i ventilatori”. Insomma, “vi abbiamo aiutato, ora attendiamo risposte in tempo reale”.
È la linea tenuta dall’esecutivo nel vedere che i presidente di Regione hanno nei fatto accerchiato Giuseppe Conte proponendo ordinanze in ordine sparso.
“Tutti i governatori hanno autonomia di fare ordinanze più restrittive nelle modalità che ritengono. Ma se abbiamo condiviso che i due pilastri che dobbiamo tutelare sono scuola e lavoro e le ordinanze incidono su quegli ambiti, sarebbe opportuno un raccordo tra governo e regioni. Noi siamo sempre stati al fianco di tutte le Regioni con materiali, ventilatori e risorse”, dice ancora il ministro Boccia che su questo aspetto non transige. Specialmente in queste ore in cui le Regioni stanno andando all’attacco del governo.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 16th, 2020 Riccardo Fucile
638 MALATI IN TERAPIA INTENSIVA (+52), IN AUMENTO ANCHE I RICOVERI (+382)… LA REGIONE PIU’ COLPITA RESTA LA LOMBARDIA, SEGUITA DA CAMPANIA, PIEMONTE E LAZIO
Ancora un incremento dei casi di Covid: sono 10.010 le persone risultate positive nelle ultime 24 ore. Ieri erano stati registrati 8804 contagiati. Diminuiscono i decessi: oggi ne sono stati registrati 55, mentre ieri le vittime accertate erano 83. Rispetto a ieri sono stati fatti meno tamponi: 150.377 contro gli oltre 162mila di ieri.
Ancora un incremento delle terapie intensive +52 (ieri +47), che arrivano a 638, mentre i ricoveri ordinari crescono di 382 unità (ieri +326), e sono ora 6.178 in tutto. E’ quanto emerge dal bollettino quotidiano del ministero della Salute.
La regione più colpita resta la Lombardia, in ulteriore aumento a +2.419, seguita da Campania (+1.261), Piemonte (+821), Lazio (+795) e Toscana (+755).
I guariti nelle 24 ore sono 1.908 (ieri 1.899), per un totale di 247.872. Balzo del numero degli attualmente positivi, 8.046 in più oggi (ieri 6.821), per un totale che come detto torna a superare i 100mila malati, il dato più alto dal 3 maggio. Di questi, sono in isolamento domiciliare 100.496 pazienti, 7.612 più di ieri.
Nuova fiammata dei positivi Covid in Veneto, che oggi registra 704 casi in più, e 7 vittime. Lo afferma il bollettino della Regione. Con i 600 contagi di ieri, si contano oltre 1.300 casi in 48 ore. Il dato degli infetti (compresi i guariti e i decessi) dall’inizio dell’epidemia sale a 34.277, quello dei morti a 2.244. Continua a salire la pressione sugli ospedali e le terapie intensive: nei reparti non critici si trovano 396 pazienti (+21), nelle rianimazioni 47 (+2). Quest’ultimo dato impatta per il 10% sulla dotazione base, 464 posti, delle terapie intensive del Veneto.
Quattro i decessi di persone positive al test del Covid-19 comunicati nel pomeriggio dall’Unità di Crisi della Regione Piemonte, di cui nessuno verificatosi oggi (il dato di aggiornamento cumulativo comunicato giornalmente comprende anche decessi avvenuti nei giorni precedenti e solo successivamente accertati come decessi Covid).
Il totale è di 4194 deceduti risultati positivi al virus, così suddivisi per provincia: 688 Alessandria, 257 Asti, 213 Biella, 402 Cuneo, 386 Novara, 1847 Torino, 227 Vercelli, 133 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 41 residenti fuori regione ma deceduti in Piemonte. Sono invece 41.895 (+821 rispetto a ieri, di cui 487 asintomatici. 314 screening, 317 contatti di caso, 190 con indagine in corso. I ricoverati in terapia intensiva sono 43 ( +3 rispetto a ieri). I ricoverati non in terapia intensiva sono 658 (+63 rispetto a ieri).
Le persone in isolamento domiciliare sono 7.357 I tamponi diagnostici finora processati sono 838.419 (+ 9.707 rispetto a ieri), di cui 451.952 risultati negativi.
Sono 22 i nuovi casi positivi al Covid segnalati dall’Unità di crisi della Valle d’Aosta. Di questi 13 sono ricoverati in ospedale, 4 in terapia intensiva e 365 in isolamento domiciliare. Stabile a 146 il numero dei decessi. Il numero dei tamponi effettuati ad oggi è di 32.618. In Valle d’Aosta l’indice R (t) relativo al contagio Covid-19 risulta ad oggi, essere pari a 1.53.Sono 544 i nuovi contagi al Covid in Emilia-Romagna, registrati nelle ultime 24 ore, quando è stato registrato anche un altro morto, una donna di 95 anni in provincia di Piacenza. Sono stati fatti 13.563 tamponi e, dei nuovi casi, 252 sono asintomatici e 169 erano già in isolamento al momento dell’esecuzione del tampone.
Continuano a crescere a ritmo molto sostenuto i ricoveri: sono 61 i pazienti in terapia intensiva (+12 rispetto a ieri) e 404(sempre +12 da ieri) quelli ricoverati negli altri reparti Covid.
Per quanto riguarda la situazione nelle province, i numeri più elevati si registrano in quelle di Bologna (110), Reggio Emilia (77), Piacenza (61).
Aumentano ancora i contagi da Covid-19 in Campania. Sono 1.261 i nuovi positivi del giorno su 14.422 tamponi eseguiti. I dati sono stati resi noti dal presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, nel corso della sua consueta diretta social.
Sono complessivamente 5825 i casi positivi al Covid 19 registrati in Abruzzo dall’inizio dell’emergenza. Rispetto a ieri si registrano 178 nuovi casi (di età compresa tra 1 e 92 anni). Dei nuovi casi, 86 sono riferiti a tracciamenti di focolai già noti. (il totale risulta inferiore di una unità perchè è stato sottratto un caso, comunicato nei giorni scorsi, risultato in carico ad altra Regione). I positivi con età inferiore ai 19 anni sono 27, di cui 17 in provincia dell’Aquila, 5 in provincia di Pescara, 2 in provincia di Chieti e 3 in provincia di Teramo. Il bilancio dei pazienti deceduti resta fermo a 491. Nel numero dei casi positivi sono compresi anche 3174 dimessi/guariti (+10 rispetto a ieri).
Su quasi 20 mila tamponi oggi nel Lazio si registrano 795 casi, 5 decessi e 78 guariti. “Siamo ad un livello arancione, temo un peggioramento della situazione.
Salgono i casi testati e salgono i positivi ed è stato avviato un forte monitoraggio sulla rete ospedaliera con lo stop alle accettazioni no COVID a Spallanzani”, spiega l’assessore alla Sanità Alessio D’Amato.
Sono 133 i nuovi casi di Coronavirus accertati in Sardegna, 87 rilevati attraverso attività di screening e 46 da sospetto diagnostico, per un totale di 5.603 dall’inizio dell’emergenza. Nell’ultimo aggiornamento dell’Unità di crisi regionale si registrano due decessi, una donna di 60 anni e un uomo di 62, entrambi residenti nell’area del Sud Sardegna. Le vittime sono in tutto 171. Sono stati eseguiti in totale 223.779 tamponi con un incremento di 2.450 test rispetto all’ultimo aggiornamento. Sono invece 187 i pazienti attualmente ricoverati in ospedale in reparti non intensivi (+7 rispetto al dato di ieri), mentre è di 29 (+1) il numero dei pazienti in terapia intensiva.
Aumentano i casi anche i Calabria. Nel bollettino regionale si legge: “In Calabria ad oggi sono stati sottoposti a test 231.287 soggetti per un totale di 233,393 tamponi eseguiti (allo stesso soggetto possono essere effettuati più test). Le persone risultate positive al Coronavirus sono 2.589 (+102 rispetto a ieri), quelle negative 226.048”.
Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, sulla base delle informazioni del direttore del dipartimento Promozione della Salute Vito Montanaro, informa che oggi in Puglia, sono stati registrati 5582 test per l’infezione da Covid-19 coronavirus e sono stati registrati 313 casi positivi: 162 in provincia di Bari, 8 in provincia di Brindisi, 40 nella provincia BAT, 45 in provincia di Foggia, 5 in provincia di Lecce, 52 in provincia di Taranto, 1 provincia di residenza non nota. Sono stati registrati 5 decessi.
Record di contagi in un giorno per la Basilicata: sono 74 i nuovi casi di coronavirus segnalati dalla task force regionale su un totale di 1.116 tamponi analizzati ieri. Nel bollettino di aggiornamento, è inoltre sottolineato che 17 casi riguardano cittadini pugliesi. E ieri è morta un’altra persona (si tratta della 38/a vittima in regione dall’inizio dell’epidemia) che, come altri sette anziani, era ospite di una casa di riposo di Marsicoverere (Potenza), posta sotto sequestro dai Carabinieri lo scorso 2 ottobre. Attualmente, le persone residenti in Basilicata positive sono 482 (nell’ultimo aggiornamento erano 438) e 37 (rispetto alle 36 di 24 ore prima) sono quelle ricoverate negli ospedali di Potenza e di Matera (nessuna in terapia intensiva). Dall’inizio dell’emergenza sanitaria in Basilicata, 469 persone sono guarite e sono stati esaminati 86.551 tamponi, 85.325 dei quali sono risultati negativi.
(da “Huffingtonpost”)
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