Ottobre 29th, 2020 Riccardo Fucile
I NUOVI CASI SONO 1.362 …LA PAURA DI DIVENTARE “LA NUOVA BERGAMO”
E non chiamatela Brianza felix. Almeno non in questo periodo. Non nei giorni del grande balzo nella classifica regionale dei contagi, che vede Monza e provincia attestarsi stabilmente al secondo posto dopo il capoluogo e la sua area metropolitana. Sotto l’Arengario la paura di diventare «la nuova Bergamo» ha preso definitivamente forma martedì, con il dato più eclatante da inizio pandemia: 1.362 nuovi casi positivi a Monza e Brianza, distribuiti in modo omogeneo su una popolazione di quasi novecentomila abitanti nel cuore della Lombardia.
Più di Milano città , e con un distacco abissale su tutte le altre province. Una crescita esponenziale in sole quattro settimane quando si è passati da 90 casi che già avevano destato preoccupazione a una cifra 15 volte superiore. «Quel numero è il risultato di molti tamponi dei giorni precedenti di cui si aspettava l’esito, ma è comunque impressionante».
Non minimizza dunque il sindaco del capoluogo Dario Allevi, anche perchè ieri i contagi erano comunque ben 822. Il primo cittadino, da martedì, segue l’evoluzione da casa in isolamento precauzionale per la positività di un familiare.
Il Covid è entrato anche in giunta, e ha colpito l’assessora all’urbanistica Martina Sassoli. Al di là dei fattori comuni a tutto il paese – ritorno dalle ferie e movida – questa crescita va cercata nella vicinanza con Milano, l’area critica per eccellenza di questa fase. «Noi e il capoluogo siamo una cosa unica, per motivi lavorativi e di svago – riprende Allevi – decine di migliaia di persone, anche di più, si spostano ogni giorno tra la Brianza, Milano e il suo hinterland. Pendolari, studenti, lavoratori: quello che succede là , si riflette anche qui».
Lo pensa anche Paolo Bonfanti, direttore del reparto di Malattie Infettive al San Gerardo e docente all’Università Bicocca: «È un territorio senza cesure-spiega, siamo strettamente legati. La prima ondata ci ha risparmiati, questa ci ha travolti. Un lockdown è una decisione difficile da prendere, ma siamo già vicini alla soglia d’allarme». Di pari passo con la crescita dei contagi aumenta la pressione sull’ospedale San Gerardo, hub regionale per il Covid che nella prima fase aveva già seguito 1.780 pazienti, per gran parte provenienti da fuori provincia.
«I numeri dei ricoveri sono in costante crescita e provengono tutti da Monza e la Brianza», conferma il direttore generale della Asst Mario Alparone, rimarcando una differenza con la prima fase. Danni anche a turismo e ristorazione.
All’Hotel de la Ville, albergo quattro stelle lusso, le disdette sono continue: «Abbiamo lanciato la formula “Stay-vacation” con promozioni – spiega il titolare Luigi Nardi, consigliere dell’associazione albergatori per Monza e Brianza – ma la situazione è drammatica, il tasso di occupazione è sotto il 10%».
(da “Il Corriere della Sera”)
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Ottobre 29th, 2020 Riccardo Fucile
IL MINISTERO DELLA SANITA’ STA VALUTANDO ZONE ROSSE LOCALI
“Siamo in un momento delicato, per certi versi drammatico”. Domenico Arcuri è alla prima conferenza stampa in quel rito (per ora settimanale) delle conferenze stampa con il bollettino del contagio per il Covid-19 che avevamo archiviato alla fine della scorsa primavera e che non avremmo mai voluto tornasse necessario.
Il bollettino quotidiano alza l’asticella molto prossima ai 28 mila casi, il governo spera che nel giro di quattro o cinque giorni i contagi cessino di crescere, effetto delle misure dell’ultimo dpcm.
La parola più ripetuta in questi giorni nelle stanze del ministero della Salute è “plateau”, l’altopiano della curva: non ci si aspetta a breve un calo dei contagi quotidiani, ma piuttosto che, toccato un punto limite, si stabilizzino per un certo numero di giorni per poi tornare a scendere.
Per questo Giuseppe Conte ha spiegato a chi sta facendo pressing che un nuovo dpcm non si farà , almeno non prima di aver visto che tipo di andamento si svilupperà nei prossimi giorni. “Anche perchè altrimenti sembreremmo dei fuori di testa a fare un decreto a settimana” ammette un esponente di governo, che poi aggiunge: “Al momento non sono previste ulteriori restrizioni nazionali”.
L’ultima è la parola chiave, perchè il ministero della Salute, insieme agli Affari regionali, stanno soppesando la situazione delle realtà locali.
Si valuta la creazione di zone rosse comunali e provinciali, molte le stanno già deliberando le singole Regioni, ma sono casi di paesi dal contenuto numero di abitanti. Sotto la lente d’ingrandimento ci sono Napoli e Milano, quest’ultima più della prima, dove la situazione sembra essere al momento fuori controllo.
“Non ho ricevuto alcun piano per un lockdown”, ha detto il sindaco meneghino Giuseppe Sala, che ieri ha avuto uno scambio di opinioni con il governo proprio su questo punto, e che resiste all’ipotesi di un giro di vite sulla città . “Ma lì qualcosa nei prossimi giorni va fatto”, spiega un’autorevole fonte che segue il dossier, spiegando quali sono i due indicatori per iniziare le procedure per istituire una zona rossa. Anzitutto il rapporto dell’Istituto superiore di sanità , previsto per domani: “Da lì potremo assumere dati più sistematici e organizzati, e una valutazione di massima sulla situazone precisa anche della città , visto che quelli precisi sono raccolti a livello comunale e provinciale”.
Questi ultimi hanno toccato nella giornata di oggi quota 3211, mentre quelli calcolati per la sola città sarebbero 1393.
Il secondo, collegato al primo, è l’indice di riproduzione del coronavirus: la soglia limite è R2 (che equivale a dire che ogni persona positiva ne contagia altre due), se dovesse toccarla scatterebbe l’attivazione della zona rossa.
Al momento si viaggia su una soglia di poco inferiore, e comunque spiegano dall’esecutivo che “Milano è Milano, non un piccolo comune qualsiasi”, per dire che ulteriori restrizioni saranno concordate con autorità locali valutando caso per caso. Vale per il capoluogo lombardo, vale per gli altri macro casi che destano preoccupazione, sempre che non intervengano prima misure estese all’intero paese su cui molti nel governo stanno spingendo in queste ore.
Il momento per certi versi è drammatico”, dice Arcuri oggi, “il momento non è drammatico”, diceva appena dodici giorni fa.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 29th, 2020 Riccardo Fucile
CHI HA GIRATO IL VIDEO SAPEVA PERFETTAMENTE CHE PER QUEL LASSO DI TEMPO AVREBBE POTUTO SOSTENERE CHE IL PRONTO SOCCORSO FOSSE VUOTO PERCHE’ “IL COVID E’ UNA BALLA”… NON SI CAPITA PER CASO, NON SI DIFFONDONO BUFALE PER CASO, NON SI DIFFAMA A CASO
Due video girati da due signore presso l’ospedale Sacco di Milano, rappresentano un’iniziativa lanciata online da negazionisti dell’emergenza Covid19 per «smentire» le difficoltà che vengono raccontate dai media degli ospedali milanesi nell’affrontare questa seconda ondata di contagi e, purtroppo, di ricoveri per malati anche gravi in terapia intensiva.
Nel video le due protagoniste fanno intendere che presso il pronto soccorso dell’ospedale regni la calma, tanto che non si sentirebbero nemmeno le sirene delle ambulanze.
Siamo andati di persona a parlare con il Dott. Pietro Olivieri, responsabile della Direzione Medica di Presidio Luigi Sacco, il quale ci ha permesso di far luce sull’accaduto.
Sempre ammesso che avessero sbagliato padiglione, non si sentivano a dir loro le ambulanze. «Avevamo 70 pazienti all’interno del Pronto soccorso, positivi in attesa di un posto letto», ci racconta il Dott. Olivieri che prosegue: «Posto letto che non c’era. Quel giorno siamo rimasti a lavorare fino a sera tardi per cercare di aprire un nuovo reparto, dove poter dare ristoro a questi pazienti, in attesa ormai da tante ore».
La prova della mancanza delle ambulanze? Presto detto: «Poco prima avevo mandato una eMail al 118, dove chiedevo nella consapevolezza di essere tutti nella stessa barca, di non mandarmi più ambulanze per almeno 12 ore».
Il pronto soccorso, saturo come i posti a disposizione per i pazienti Covid, non poteva ricevere ulteriori arrivi e dunque la signora, evidentemente, si era trovata sul posto nel momento più propizio alla sua narrazione, ma di fatto non supportata dalle prove.
A supporlo è lo stesso Dott. Olivieri che non perde l’occasione per lanciare un messaggio ai negazionisti
Probabilmente la “buontempona” che ha realizzato il filmato lo aveva fatto in quel frangente. Questi buon temponi se vogliono possono venire da queste parti — tanto “non stiamo facendo niente” — come loro affermano. Li porterò tranquillamente a fare un tour guidato dell’ospedale, senza alcun problema.
«Noi continuiamo a ricevere come tutti gli ospedali, milanesi e lombardi, decine e decine di richieste di ricovero. Al momento l’ospedale Sacco ha aperto 300 posti Covid, che sono interamente occupati. Cerchiamo di aprire sempre più letti di rianimazione, perchè contrariamente a quel che si dice, sempre più gente ha bisogno di essere intubata».
(da Open)
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Ottobre 29th, 2020 Riccardo Fucile
UN MARCHETTARO DALLE MILLE FACCE
L’errore sta nel ritenerlo un politico, che ragiona da politico, che agisce da politico, mentre Matteo Salvini è solo un influencer, che infila delle serie ragguardevoli di stecche, che annusa il vento e che immagina la sua posizione semplicemente all’opposto rispetto alle decisioni del governo.
Come se fare opposizione sia sbattere i piedi, dire no no no e ripetere che il pallone è suo e che alla fine non si gioca, se non si gioca come dice lui.
Così accade che, se lo spazio vuoto diventa quello dei No Mask o dei negazionisti, lui ci si butta subito dentro, analizzando i logaritmi dei social e proponendosi come padre adottivo di temi che infiammano la rete.
Non è nemmeno un influencer, a pensarci bene, nemmeno quello: un influencer piazza un prodotto e invece Salvini non ha nemmeno il prodotto. Semplicemente cavalca qualcosa che già c’è sotto traccia e ci si siede sopra per covarlo con l’ambizione di rappresentarlo
Così si ritrova, confidando nella memoria breve dei suoi elettori, a dire nel giro di qualche ora che non ci sarà nessuna seconda ondata e, quando l’ondata del virus arriva, cambia rotta accusando gli altri di essere irresponsabili, quella stessa irresponsabilità che ha vomitato per mesi.
Un marchettaro dalle mille facce che, non avendo idea, deve per forza fotografarsi con i prodotti e con le idee degli altri fingendo che siano sue, come un avvoltoio sempre pronto a fiutare qualche nuovo malcontento per cavalcarlo senza nessun senso di responsabilità .
E le sue figuracce si moltiplicano, a dismisura. Negli ultimi giorni qualcuno sperava che almeno si nascondesse, che chiedesse scusa, che guardasse i numeri della “sua” Lombardia e che ci spiegasse per bene cosa stia avvenendo. E invece eccolo qui, ancora, che prova a dare lezioni mentre sta accadendo per l’ennesima volta l’esatto contrario di quello che aveva previsto.
Ma la parabola di Salvini si potrebbe spiegare con il suo rapporto con il cibo, quello è un manifesto perfetto: ha cominciato fotografando cibo tutti i giorni, si è fatto immortalare mentre sbaffava cibi italiani in nome del patriottismo culinario e ieri, nel Paese dei cuochi, è riuscito perfino a farsi cacciare dai ristoratori.
Immaginate una Ferragni che viene rincorsa mentre le lanciano dietro le sue scarpe: potrebbe accadere? No, a un influencer no, ma a Salvini sì.
E non se ne vergogna nemmeno un po’. Ma, in fondo, i cuochi che cacciano l’aspirante food blogger è l’ennesima fotografia di quello che Salvini vale.
(da Globalist)
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Ottobre 29th, 2020 Riccardo Fucile
I DUBBI SUI PRODOTTI USATI IN ITALIA
Il professor Andrea Crisanti il 21 ottobre scorso ha comunicato alla Regione Veneto i risultati di uno studio sul test rapido antigenico Abbott, condotto insieme al reparto malattie infettive e al pronto soccorso dell’ospedale di Padova.
Secondo i risultati dello studio i test rapidi non riconoscerebbero 18 infetti su 61, evidenziando “una sensibilità di circa il 70%, inferiore a quella dichiarata” dalla Abbott. In pratica, secondo Crisanti, con il test rapido 3 positivi su 10 potrebbero risultare negativi e continuare a diffondere l’infezione senza alcun controllo.
Lo studio è stato condotto su una platea di 1593 pazienti e i risultati discordanti non riguardano solo soggetti con una bassa carica virale, rispetto ai quali è noto che i test rapidi avrebbero una scarsa sensibilità : «Tra i campioni risultati negativi al test antigenico – sottolinea Crisanti – vi sono ben 6 casi di pazienti con carica virale molto elevata», i famosi super-spreaders o comunque possibili super diffusori. Tanto che la virologia di Padova ha deciso «in autotutela di non emettere più referti negativi» basati su quei test rapidi.
E c’è di più, fa sapere sempre l’articolo: anche nella Regione Lazio, dove i test antigenici sono ormai sdoganati, un documento dello Spallanzani getta dubbi ancora più gravi sull’efficacia dei tamponi rapidi, questa volta Sd Biosensor: il test “Standard Q Covid-19 Ag” ha riportato una sensibilità bassissima, del 21,95%, nettamente inferiore a quella dichiarati nel foglietto illustrativo del produttore, superiore all’80%.
(da agenzie)
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Ottobre 29th, 2020 Riccardo Fucile
DA “DOLCETTO O SCHERZETTO” AL RISCHIO CONCRETO DI ARRIVARE A “DOLCETTO O INFETTO”
Il Comune di Chiavari ha emesso un’ordinanza per impedire a tutti di fare «dolcetto o scherzetto» sabato 31 ottobre, in occasione di Halloween. Niente dolcetti e niente regali per i ragazzi, come disposto da Marco Di Capua.
Sul suo profilo Facebook il sindaco ha pubblicato l’ordinanza — che vale per il 31 e il 1° dicembre — e l’ha riassunta in punti. Vietata qualsiasi «manifestazione o iniziativa riconducibile all’evento festa c.d. di “Halloween”» e «festeggiamenti pubblici e privati riconducibili».
L’ordinanza vieta anche di «accedere, singolarmente o in gruppi, agli esercizi commerciali secondo le usanze c.d. di “Halloween”» e agli operatori commerciali di «porre a disposizione del pubblico caramelle dolciumi e qualsiasi altra cosa in regalo come d’uso per la festa c.d. di “Halloween”». Il provvedimento è stato presso in intesa con i sindaci di Sestri Levante e Lavagna.
Tutti coloro che infrangeranno le disposizioni saranno passibili di multe che vanno «dai 400 ai 1000 euro». Vietare Halloween — e tutte le tradizioni importate dagli Usa che derivano dai festeggiamenti — servirà ed evitare il propagarsi incontrollato del virus.
(da agenzie)
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Ottobre 29th, 2020 Riccardo Fucile
I SOLITI SFIGATI CHE INVECE CHE PENSARE ALLE CORNA CHE HANNO IN TESTA DEVONO TROVARE QUALCUNO SU CUI SFOGARE LA PROPRIA INUTILITA’
Il video in cui ha denunciato gli atti intimidatori da parte dei vicini di casa ha fatto il giro del Paese. Camilla Cannoni racconta a Open la sua condizione e perchè è arrivato il momento di ribellarsi
«Mi insultano per il mio modo di camminare, dà fastidio che esco mano nella mano con la mia ragazza, mi dicono “Lesbica pervertita”, “Vorresti essere un uomo”, “Vorresti avere il caz*o tra le gambe”. Insulti continui, da due anni che hanno reso la mia vita un inferno. Adesso basta».
A parlare a Open è Camilla Cannoni, l’infermiera di Genova che ha denunciato in un video l’ennesimo atto intimidatorio subito da parte dei suoi vicini di casa. L’ultimo: specchietto rotto e quattro gomme dell’auto bucate. Una situazione che è diventata insostenibile e che dura da due anni. «Una volta mi hanno detto persino: “Devono abbattere prima te e poi il tuo cane”».
«Non dormo la notte, ho paura che possano farmi qualcosa. Un inferno, ho paura anche ad uscire. Intanto continuano a scrivere a mia madre, non si sono mai fermati». Per la sua avvocata, Cathy La Torre, si tratta di «atti persecutori, di stalking aggravato dall’omofobia».
23 anni, operatrice sono-sanitaria, Camilla ha capito di essere omosessuale due anni fa. «Prima non l’accettavo», al punto che conviveva con un uomo. Dopo aver preso consapevolezza del suo orientamento sessuale, ha conosciuto Martina, la sua attuale fidanzata, con cui adesso convive. «All’inizio, come spesso accade, per i miei genitori è stato uno shock, pensavano fosse solo un periodo». Per la sua avvocata questo caso dimostra che, oggi più che mai, è necessaria una legge contro l’omofobia.
«Noi li abbiamo già diffidati per interrompere gli atti persecutori riconducibili al movente omofobo. Ora abbiamo tre mesi per denunciarli, ci auguriamo che passi la legge Zan così da poterla utilizzare», ha concluso la sua avvocata.
Una storia, quella di Camilla, che ricorda gli insulti ricevuti da Martina ed Erika, le due ragazze lesbiche che hanno aperto la pagina Instagram Le perle degli omofobi.
Proprio ieri alla Camera sono stati approvati i primi cinque articoli, su dieci, del ddl Zan contenenti misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi legati al sesso, al genere, all’orientamento sessuale, all’identità di genere e alla disabilità . L’esame della legge sull’omofobia riprenderà martedì 3 novembre.
Poi il testo dovrebbe passare al Senato.
(da Open)
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Ottobre 29th, 2020 Riccardo Fucile
IL FONDATORE DI “LIBERO” METTE IN LUCE LE CONTRADDIZIONI SOVRANISTE DI CHI CRITICA MA NON HA UNA SOLUZIONE ALTERNATIVA: “FUORI LE IDEE INVECE DELLE BESTEMMIE”
Il tweet che Vittorio Feltri ha pubblicato nella tarda serata di ieri potrebbe sembrare scritto da un’altra persona ma è stato proprio lui.
Il fondatore di Libero ha speso parole a suo favore scagliandosi contro chi lo critica ma non è in grado di fornire soluzioni alternative.
Feltri difende Conte anche in riferimento a quello che sta accadendo fuori dal nostro paese — in particolare in Spagna, Francia e Germania -.
Voi al posto suo che fareste? Questo il messaggio di Feltri per tutte le persone che criticano la gestione Conte e la risalita dei contagi di cui alcuni danno la colpa al governo e al suo capo.
«Conte sarà quel che sarà , ma voi al suo posto avreste suggerito quale soluzione al dilagare del virus?», comincia Feltri, «All’estero stanno male come noi o addirittura peggio. Fuori le idee invece delle bestemmie» conclude.
Non solo Feltri, comunque: sono in tanti gli esponenti politici che un giorno la pensano in un modo e un giorno in un altro
Troppo spesso, ancora, dimentichiamo che le differenze di visione politica in questo momento dovrebbero valere meno di zero e che è più importante costruire che demolire.
(da agenzie)
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Ottobre 29th, 2020 Riccardo Fucile
COSA DICE IL DECRETO 286/98: IL FOGLIO DI VIA E’ UN INVITO A LASCIARE IL TERRITORIO NAZIONALE ENTRO 15 GIORNI, COSA CHE IL TUNISINO HA FATTO… SOLO SE FOSSE STATO ESPULSO GIA’ UNA VOLTA E’ PREVISTO IL RIMPATRIO FORZATO
In Italia ci sono tre diversi tipi di espulsione, che hanno destinatari diversi e diverse possibilità di ricorso (articoli 13, 15 e 16 del decreto legislativo 23.7.1998 n° 286/98, Testo Unico sull’Immigrazione).
Espulsione amministrativa (articolo 13)
1) Espulsione amministrativa data dal Ministero dell’Interno (dandone preventiva notizia al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministero degli Affari Esteri).
Destinatari:
chi costituisce un pericolo alla sicurezza dello Stato o per l’ordine pubblico, anche se non residente nel territorio dello stato e se titolare del permesso o della carta di soggiorno (permesso permanente). La discrezionalità , in merito, del Ministero dell’Interno e dei suoi rappresentanti (i Prefetti) è totale.
Conseguenze:
accompagnamento immediato alla frontiera tramite le forze dell’ordine.
Ricorso
Nessun ricorso che blocchi l’espulsione. Entro 30 giorni si può ricorrere (anche personalmente) al T.A.R. del Lazio, tramite il consolato italiano del paese d’origine
2) Espulsione amministrativa data dal Prefetto
Destinatari:
chi è entrato clandestinamente;
chi è entrato legalmente, ma non ha richiesto un permesso di soggiorno entro 8 giorni dal suo ingresso;
chi ha il permesso scaduto da più di 60 giorni e non ha chiesto il rinnovo;
chi ha il permesso revocato o annullato;
chi non può provare che il suo reddito proviene da fonti lecite e quindi può essere sospettato dalla polizia di vivere con soldi illegali (art. 13 legge 646/82), anche se ha il permesso o la carta di soggiorno;
chi è sospettato dalla polizia di appartenere ad associazioni di tipo mafioso (art. 2 legge 327/88), anche se ha il permesso o la carta di soggiorno;
chi è già stato espulso con un foglio di via e non se ne è andato entro 15 giorni;
chi è già stato espulso, è tornato nel suo paese, ma è ritornato in Italia prima di 5 anni, senza la speciale autorizzazione del Ministero degli Interni (l’unico che può autorizzarlo a rientrare prima)
Conseguenze:
foglio di via (decreto di intimazione a lasciare l’Italia entro 15 giorni) se:
è la prima volta che I”immigrato viene espulso;
ha con se un documento d’identità valido (passaporto o attestato consolare di nazionalità ) e la polizia ritiene che abbia un buon inserimento sociale, familiare e lavorativo.
accompagnamento immediato alla frontiera, tramite le forze dell’ordine, se l’immigrato fermato:
aveva già avuto un foglio di via e non se ne è andato entro 15 giorni:
non ha nessun documento valido che dice di che paese è e chi è (dichiarazione consolare d’identità o passaporto);
non ha un buon inserimento (non ha casa, non ha lavoro, non ha famiglia) e quindi, secondo la polizia, è probabile che scappi.
Ricorso:
contro il foglio di via: entro 5 dalla data in cui si è ricevuto il decreto di espulsione si può fare ricorso al Giudice Unico del Tribunale (del luogo in cui la polizia ha dato l’espulsione), che deve rispondere entro 10 giorni, dopo un’unica udienza in cui l’immigrato può essere sentito. Il ricorso può essere scritto dall’immigrato. L’espulsione non è bloccata dal ricorso, ma non può essere eseguita prima che passino i 15 giorni dalla notifica del decreto, quindi l’immigrato che ricorre non può essere espulso prima di aver ricevuto la risposta del giudice. Se si perde il ricorso si può andare in Cassazione, ma trascorsi i 15 giorni l’espulsione può essere eseguita, perchè il ricorso in Cassazione non ha effetto sospensivo.
contro l’accompagnamento immediato: nessun ricorso che blocchi l’espulsione. Entro 30 giorni si può ricorrere (anche personalmente) al T.A.R. tramite l’ambasciata italiana o il consolato dal paese d’origine. Chi vince ha il diritto a rientrare, ma deve farlo in modo legale (con permesso o visto).
Espulsione a titolo di misura di sicurezza (art. 15)
Data dal Giudice in aggiunta alla condanna penale, al momento in cui emette la sentenza del processo, viene citata nel dispositivo della sentenza
Destinatari:
chi ha avuto un processo penale, per qualsiasi reato previsto dall’art. 380 del Codice di procedura penale (arresto obbligatorio in flagranza di reato) o dall’art. 381 (arresto facoltativo in flagranza di reato) e sia considerato dal Giudice socialmente pericoloso. La legge dà al Giudice una discrezionalità totale in merito, non ha importanza il tipo di reato di cui l’imputato si è reso colpevole.
Conseguenze:
espulsione, eseguita con accompagnamento in frontiera, alla fine della pena.
Ricorso:
Si può ricorrere in Appello e in Cassazione, insieme al ricorso contro la condanna ricevuta, ribadendo e motivando la non pericolosità sociale.
Riepilogando
Il tunisino rientra nella seconda casistica: era entrato in Italia illegalmente, non ha mai presentato richiesta di asilo e, non rappresentando un problema di sicurezza nazionale, è stato oggetto di foglio di via con obbligo di lasciare l’Italia entro 15 giorni.
Cosa che ha fatto dirigendosi in Francia.
Semmai erano i gendarmi francesi a doverlo respingere, non certo quelli italiani. Teoricamente poteva recarsi a Nizza per prendere un volo per Tunisi e rientrare in patria.
Dato che era la prima volta che arrivava in Italia, la legge prevede che non potesse essere accompagnato in maniera coatta in Tunisia.
Chi chiede le dimissioni della Lamorgese prima si legga le leggi italiane (e poi le modifichi se non gli piacciono o taccia)
(da agenzie)
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