Ottobre 19th, 2020 Riccardo Fucile
LO STRANO CASO DEI SINDACI CHE OGNI GIORNO RIVENDICANO AUTONOMIA MA CHE PER CHIUDERE UNA PIAZZA PREFERISCANO LO FACCIA IL GOVERNO CENTRALE
Conte non sa se sia preferibile rimediare ai ritardi con limitazioni severe, e venire assediato a Palazzo Chigi, o se accumularne altri sperando nel colpo di fortuna e, se colpo di fortuna non sarà , venire assediato più avanti.
Si chiama, tecnicamente, rifiuto della responsabilità .
E qui tocca parlare dei sindaci, il cui rappresentante massimo, Antonio Decaro, s’è inerpicato sulle barricate istituzionali lamentando che il dpcm allevia il premier della suddetta responsabilità e la scarica sui comuni.
Decaro ha ragione, ma è difficile comprendere come stiano insieme la rabbia di oggi e quella opposta di ieri, quando il medesimo Decaro protestava contro il Conte tuttofare: «Non possiamo e non vogliamo essere relegati a meri esecutori di decisioni prese altrove».
Allora rivendicava l’autonomia e ora la rifiuta, perchè l’autonomia implica la responsabilità . E la responsabilità a questo punto è troppo gravosa.
Diciamo così: nuoce gravemente alla fotogenia, mentre giovava in altri tempi, quando c’era da guadagnarci (che i sindaci non siano in grado di far rispettare eventuali lockdown o coprifuoco non c’entra nulla: un sindaco decide e controlla con gli strumenti che ha, e comunque sarebbe già un passo avanti nella profilassi).
Ecco, siamo in un momento così. Tutti declinano la responsabilità .
E nonostante sia, per definizione, la più alta, la più nobile, la responsabilità di governo (centrale o locale) e comporti l’obbligo di prendere delle decisioni ed essere responsabili delle conseguenze.
Se uno questa forza non ce l’ha, non c’è nessun problema: si faccia da parte, soprattutto adesso.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 19th, 2020 Riccardo Fucile
SONO PASSATI APPENA DUE ANNI DA QUELLA DICHIARAZIONE
Verba Volant, Scripta Manent, dicevano i latini.
Peccato che nell’era del digitale la concezione di “scritto” si è allargata di molto, arrivando a coinvolgere anche tutti i supporti multimediali e la rete che tiene traccia fedelmente di tutto quello che facciamo.
Avviene così che Carlo Calenda, leader di Azione ed ex ministro dello Sviluppo Economico si candidi, dopo mesi di indiscrezioni e polemiche a sindaco di Roma.
Avviene però che, nello stesso tempo, molti peschino dal web un video di ormai più di due anni fa. In un’iniziativa pubblica del febbraio 2018, tenuta con l’allora premier Paolo Gentiloni e Francesco Rutelli a qualcuno era venuto in mente di fare una domanda scomoda al futuro leader di “Azione”.
Intervistato da un giornalista sull’opportunità di candidarsi a nuovo sindaco di Roma Calenda non ha dubbi: «Neanche morto, mi piacciono altre cose, ma lo devo dire con grande chiarezza, se utilizzassi il lavoro fatto sul tavolo Roma sarei un cialtrone».
Va precisata che l’intervista, ripresa da Repubblica Tv risale a due anni fa, mentre l’annuncio dell’ex ministro è avvenuto ai microfoni di “Che Tempo Che fa” lo scorso sabato.
Nel frattempo la candidatura di Calenda continua a suscitare non poche polemiche con un dibattito che, a sinistra, sembra essere appena cominciato.
(da agenzie)
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Ottobre 19th, 2020 Riccardo Fucile
IL CASO BASSETTI E NON SOLO
Succede una cosa molto strana. Io sono una persona abbastanza impegnata. Diciamo anche molto. Ho la radio, il giornale, il sito, un programma tv nel weekend con trasferta annessa, un figlio adolescente, un fidanzato, se avanza tempo un parrucchiere ogni tanto, più varie ed eventuali.
Però insomma, non eseguo operazioni a cuore aperto e se faccio qualcosa così così il mondo se ne fa una ragione. Mi è però difficile incastrare altro, nelle mie giornate. Ricevo, ogni settimana, diversi inviti in tv in qualità di opinionista/intervistata, ad eventi ed altro.
A qualcosa mi piacerebbe anche dire sì, ma mi trovo nella spiacevole condizione di dover dire quasi sempre no o “più in là ” attendendo tempi migliori, per un semplice, banale motivo: non ho tempo.
Qualcuno si è anche offeso e me ne dispiaccio, ma fare l’opinionista di professione e spalmarsi su tre, quattro, cinque programmi a settimana in orari diversi, interrogati su tutto, richiede tempo ed energie che puoi avere se non fai altro, o quasi.
Perchè se vai in studio devi arrivare almeno mezz’ora prima, farti microfonare, tornare a casa. Partono ore. Se fai il collegamento da casa, ti si piazza qualcuno in salotto un’ora prima, prove luci e audio e così via.
Il collegamento Skype è più rapido, ma insomma, fai la prova, ti trucchi, ti dai una sistemata e va via sempre un sacco di tempo. E qui vengo al punto.
Osservo con stupore la massiccia presenza di miei colleghi in tv, anche direttori di giornali e mi chiedo come facciano. Ma vabbè, sono giornalisti, diciamo che esprimere opinioni può rientrare nella sfera degli impegni lavorativi. E’ anche promozione per le proprie testate, quindi capisco.
Mi chiedo però come facciano, nel mezzo di un’epidemia, alcuni virologi/epidemiologi/infettivologi/medici, a stare sempre in tv, in radio, intervistati sui giornali.
Me lo chiedo seriamente. Matteo Bassetti negli ultimi venti giorni è stato da Porro, a Cartabianca, a Domenica In, Quarta Repubblica, Tagadà , Non è l’Arena, Barbara D’Urso, L’aria che tira, Coffee Break, nel programma della Fagnani, da Formigli a Piazzapulita, più interviste a tutti i giornali da La Stampa a Cuneo24, compresa la consegna del Carciofo d’oro ad Albenga.
Cioè, un infettivologo, direttore della clinica malattie infettive San Martino di Genova, presidente del Sipa e pure dello Yacht Club Tigullio 1916, nel pieno di una pandemia, con casini inimmaginabili da risolvere e questioni di una certa complessità di cui occuparsi, con pazienti, colleghi da gestire, ascoltare, monitorare, con una situazione sanitaria in rapida evoluzione e una famiglia a casa, ha più tempo di me? Di me?
Se la mia vita è più piena di quella di un infettivologo durante un’epidemia mondiale, è evidente che la mia sia un’autentica vita di merda.
E mica solo Bassetti, sia chiaro. Così molti altri suoi colleghi ed esperti. Ma anche il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri, a quanto pare, è meno impegnato di me. Ripeto, DI ME.
Negli ultimi dieci giorni è stato a Porta a Porta, da Giletti, due volte a L’Aria che tira, da Formigli, da Del Debbio, da Mario Giordano, a Cartabianca, da Floris e così via, roba che uno dice: va bene andare in tv a informare il Paese, ma non so se il Paese si sente tranquillo nel sapere che un viceministro della Salute passa più tempo con Myrta Merlino che col Comitato tecnico scientifico.
Selvaggia Lucarelli
(da TPI)
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Ottobre 19th, 2020 Riccardo Fucile
IL NUMERO DEGLI INFETTI SALE IN VALORE ASSOLUTO MA ANCHE IN PERCENTUALE
Nelle ultime due settimane si è passati da 2.257 nuovi casi al giorno a 11.705, con una crescita esponenziale superiore al 400%.
Allo stesso tempo, si è passati da una percentuale di positivi sul totale dei tamponi effettuati del 2,68% del 6 ottobre all’9,4% del 19 ottobre
Se è vero che con l’aumentare dei tamponi fisiologicamente aumentano anche i contagi in termini assoluti, nelle ultime due settimane si è assistito anche a un aumento della percentuale dei positivi sul numero dei tamponi.
Per capirlo abbiamo confrontato i dati medi di alcuni giorni campione.
Nei giorni che vanno dal 2 al 4 ottobre la percentuale media dei positivi sul totale dei tamponi era del 2,38%.
Dal 9 all’11 la percentuale media era salita al 4,55%, mentre negli ultimi quattro giorni, dal 16 al 19 ottobre, la percentuale dei positivi rispetto al numero dei tamponi è arrivata al 9,4%%.
La notizia negativa del forte aumento del tasso di positivi viene almeno controbilanciata da una forte presenza di asintomatici.E questa è una delle differenze maggiori con quanto accadeva nella primavera scorsa.
Prendendo un giorno a caso, il 29 marzo 2020, i pazienti ricoverati con sintomi erano stati il 42,35% del totale dei malati, mentre, come abbiamo detto, adesso è 7 volte meno, il 6,3%.
Sempre il 29 marzo scorso, i pazienti in terapia intensiva erano il 5,28%, ora il loro numero è 10 volte meno, ovverosia lo 0,57%.
(da agenzie)
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Ottobre 19th, 2020 Riccardo Fucile
E’ ACCADUTO A SONNINO, VICINO A LATINA
In isolamento dopo essere risultato positivo al Covid-19, macellaio esce di casa e si reca presso la sua attività commerciale. È accaduto ieri a Sonnino, in provincia di Latina, dove i carabinieri hanno provveduto a bloccare e denunciare il commerciante. La vicenda viene riportata dal quotidiano locale Latina Oggi.
Dopo giorni di assenza, alcuni clienti hanno notato la presenza di un uomo che in paese immaginavano dover essere ancora in quarantena in seguito al riscontro di una pregressa positività al Covid.
Ricevute le segnalazioni i militari dell’Arma sono andati a controllare riscontrando la veridicità di quanto era stato loro comunicato. L’attività è stata chiusa, mentre il proprietario è stato denunciato all’autorità giudiziaria per violazione dell’obbligo di quarantena.
Allertata l’Asl locale, che ora darà inizio ad un’indagine epidemiologica per i dipendenti e i clienti presenti nell’attività . Dopo aver saputo della violazione della quarantena da parte del commerciante, il sindaco di Sonnino Luciano De Angelis ha dichiarato: “Resto senza parole. Mi sto prodigando in ogni modo, anche attraverso le dirette social per raccomandarmi con i miei cittadini di rispettare le regole ed ecco che invece c’è chi, in maniera del tutto sconsiderata, le viola”.
(da agenzie)
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Ottobre 19th, 2020 Riccardo Fucile
RESPINTO IL RICORSO CONTRO LO STOP ALLE LEZIONI
Il Tar Campania ha respinto i ricorsi che erano stati presentati per impugnare ed ottenere l’annullamento dell’ordinanza regionale 79, con cui era stato disposta la chiusura delle scuole con l’obbligo di svolgimento dell’attività didattica a distanza. Il presidente della Quinta Sezione del Tar, Maria Abruzzese, si era riservata di pronunciarsi almeno fino ad oggi, 19 ottobre, ma alla fine ha ritenuto legittimo il provvedimento, in considerazione dell’alto numero di contagi e della relazione con le scuole, sia per quanto riguarda le lezioni in classe sia per i contatti sociali inevitabili con la didattica a scuola.
“Con decreti n. 1921 e n.1922 — si legge in una nota dell’Unità di Crisi della Regione Campania — il Tar ha respinto i ricorsi, rilevando tra l’altro che la Regione ha “esaurientemente documentato l’istruttoria sulla base della quale ha inteso emanare la gravosa misura sospensiva; dando conto, in particolare, quanto alla idoneità della misura adottata, della correlazione tra aumento dei casi di positività al COVID-19 e frequenza scolastica (verificata non solo limitatamente alla sede intrascolastica, ma anche con riguardo ai contatti sociali necessariamente “indotti” dalla didattica in presenza), nonchè della diffusività esponenziale del contagio medesimo””.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania ha riconosciuto la prevalenza dell’interesse pubblico che “espressamente affonda nell’esigenza di tutelare il diritto primario alla salute, messo in pericolo dalla pure evidenziata scarsità delle risorse”. Inoltre, nel decreto si legge che “la lamentata compromissione degli altri diritti involti non sembra affatto assoluta, in ragione della assicurata continuità delle attività scolastiche mediante la pur sempre consentita didattica digitale a distanza, nonchè della non dimostrata impossibilità di contemperare le attività lavorative degli esercenti la potestà genitoriale con l’assistenza familiare nei confronti dei figli minori”. Infine, rileva il Tar, la Regione ha espresso “la temporaneità della misura e il manifestato proposito di rimodulazione della stessa”.
Della decisione di chiudere le scuole Vincenzo De Luca aveva parlato anche in collegamento con la trasmissione “Che tempo che fa”, condotta da Fabio Fazio, nella serata di ieri, 18 ottobre. “Ci avevano segnalato la presenza di 800 persone contagiate tra personale scolastico e alunni — ha detto il presidente della Regione Campania — di fronte a questa situazione cosa avrebbe dovuto fare la Regione? Girare la testa da un’altra parte? Mi pare che abbiamo preso una decisione equilibrata e necessaria e credo che tutti i genitori non possano che concordare. Non credo che ci sia un papà o una mamma che voglia mandare il figlio a scuola in una realtà dove ci sono 800 contagiati”.
(da agenzie)
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Ottobre 19th, 2020 Riccardo Fucile
L’ORARIO RICHIESTO E’ DALLE 23 ALLE 5 DEL MATTINO
Stop di tutte le attività e degli spostamenti, ad esclusione dei casi ‘eccezionalì (motivi di salute, lavoro e comprovata necessità ), nell’intera Lombardia dalle ore 23 alle 5 del mattino a partire da giovedì 22 ottobre.
“Sono d’accordo sull’ipotesi di misure più restrittive in Lombardia. Ho sentito il Presidente Fontana e il sindaco Sala e lavoreremo assieme in tal senso nelle prossime ore”. E’ quanto ha dichiarato all’Ansa il ministro della Salute Roberto Speranza.
E’ la proposta che, all’unanimità , i sindaci di tutti i Comuni capoluogo della Lombardia, il presidente dell’Anci, Mauro Guerra, i capigruppo di maggioranza e di opposizione e il governatore Attilio Fontana, preso atto di quanto rappresentato dal Comitato Tecnico Scientifico lombardo, chiederanno di condividere al Governo, nella persona del ministro della Salute, Roberto Speranza, per fronteggiare la diffusione del virus.
La Lombardia ha deciso di chiedere al governo l’istituzione di una sorta di coprifuoco dopo che la ‘Commissione indicatorì istituita dalla direzione generale del Welfare ha previsto che al 31 ottobre, potrebbero esserci circa 600 ricoverati in terapia intensiva e fino a 4.000 in terapia non intensiva.
Una proposta che nasce dalla rapida evoluzione della curva epidemiologica e dalla previsione della ‘Commissione indicatorì istituita dalla DG Welfare, secondo cui, al 31 ottobre, potrebbero esserci circa 600 ricoverati in terapia intensiva e fino a 4.000 in terapia non intensiva.
Inoltre, nella riunione tenutasi oggi, tutte le parti intervenute hanno condiviso l’opportunità della chiusura, nelle giornate di sabato e domenica, della media e grande distribuzione commerciale, tranne che per gli esercizi di generi alimentari e di prima necessità .
Come si è arrivati a questa decisione? Oggi il governatore della Lombardia Attilio Fontana ha incontrato in teleconferenza i sindaci dei capoluoghi della regione. Che, come tanti altri sindaci italiani, hanno manifestato il loro disappunto per alcuni passaggi del Dpcm del governo Conte, soprattutto per quella previsione di demandare ai sindaci la responsabilità di evitare assembramenti nelle piazze e nelle strade.
“Per chiudere una piazza con cinque vie d’accesso – l’attacco del sindaco di Bergamo Giorgio Gori – servono almeno 10 agenti. Chi li ha? Poi però, dice il Dpcm, bisogna consentire l’accesso agli esercizi commerciali e alle abitazioni. Come si controlla? E se la gente si sposta e si assembra nella via accanto? Inapplicabile”.
Così il sindaco di Brescia Emilio Delbono: “La formulazione molto pasticciata del Dpcm uscita nella notte è una disposizione inapplicabile e inattuabile: non sfugge a nessuno che deliberare una chiusura di una piazza o di una via concedendo tuttavia l’accesso ai clienti di un bar o di un ristorante oltre che ai residenti, implica uno sforzo di controlli e selezione delle entrate che dovrebbero fare le forze di Polizia su indicazione del questore” ha spiegato Del Bono. “Ci chiediamo come sia stata partorita una norma del genere. Mi sembrano soluzione raffazzonate di chi non ha un quadro chiaro di come funziona una città e una comunità . Prima di scrivere disposizioni incoerenti sarebbe bello concordarle con i sindaci che mi sembrano molto più concreti di chi scrive queste norme così teoriche e inattuabili”.
Gianluca Galimberti, primo cittadino di Cremona, aveva detto prima della riunione: “Servono medici, infermieri e tecnici, sennò torniamo come a marzo. Se ci chiedono di aprire posti Covid, abbiamo bisogno di rinforzi, anche in altri reparti, perchè le cure procrastinate nel tempo determinano sui pazienti quanto meno un affaticamento. Noi sindaci siamo i primi baluardi, i più vicini ai cittadini, per questo – è la sua conclusione – chi decide su certi temi deve ascoltarci da subito, le azioni vanno coordinate a livello nazionale e regionale”.
(da agenzie)
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Ottobre 19th, 2020 Riccardo Fucile
IL DIRETTORE SANITARIO DEMICHELI: “OCCORRONO DECISIONI PIU’ INCISIVE, QUANDO ABBIAMO CHIUSO LE ATTIVITA’ ALLE 18 C’E’ STATA UNA FRENATA BRUSCA”
“Non riusciamo a tracciare tutti i contagi, a mettere noi attivamente in isolamento le persone. Chi sospetta di aver avuto un contatto a rischio o sintomi stia a casa”: lo ha detto a SkyTg24 il direttore sanitario dell’Ats Milano Vittorio Demicheli, spiegando che “quello che ci preoccupa è che non sappiamo esattamente in una grossa metropoli la velocità con cui il fenomeno si può verificare”.
“In una pandemia quando si raggiungono certi numeri si deve interrompere la fase del contenimento e passare a quella della mitigazione. Quello a cui lavoriamo in questo momento è invitare le autorità a prendere delle decisioni un po’ più incisive, quando abbiamo chiuso le attività alle 18 nella curva epidemiologica c’è stata una frenata brusca”, ha aggiunto Demicheli.
Come Varese e Monza, anche “Milano era stata colpita marginalmente” e “quello che vediamo è che il contagio circola più velocemente nelle zone che sono state meno colpite la volta scorsa, quando è intervenuto il lockdown”, ha detto Demicheli rinnovando “l’invito ai cittadini a fare ciascuno la propria parte: questa volta la ripresa delle attività ha visto Milano e altre zone della Lombardia riprendere. Quello che ci preoccupa è che non sappiamo esattamente in una grossa metropoli la velocità con cui il fenomeno si può verificare. Ieri la nostra Ats ha lanciato un allarme e un invito ai cittadini a fare ciascuno la propria parte. Ciascuno dovrà rinunciare a qualcosa, perchè in questo momento la fase del contenimento purtroppo è inefficace”.
(da agenzie)
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Ottobre 19th, 2020 Riccardo Fucile
CALENDA A ROMA VUOLE ESSERE IL CANDIDATO DEL CENTROSINISTRA MA SENZA FARE LE PRIMARIE E CONTINUANDO A CRITICARLO…VADA DA SOLO, COSI’ SCENDE PURE LUI DAL PIEDISTALLO
“Dovete accontentarvi…”. Con un’ironia al limite del sarcasmo, Carlo Calenda sferza il Pd e rilancia sulla sua candidatura a sindaco di Roma. Lui c’è, è in campo e non ha alcuna voglia di ritirarsi. Nè di partecipare alle primarie evocate da Zingaretti.
La corsa alla nomination del centrosinistra per il Campidoglio è diventata la trama di una commedia, con batti e ribatti degni di un copione da Oscar.
I dem non vogliono Virginia Raggi, Calenda neppure (ma dice che comunque “ha fatto meglio di Alemanno”) epperò di abbracciarsi non se ne parla.
Nicola Zingaretti, di buon mattino, fra un sorriso e una bordata a Conte sul no al Mes, rivolge un sentito pensiero all’ex ministro: per il Comune capitolino c’è lui, dice il sostanza l’inquilino del Nazareno, ma ci sono anche altri.
“In ogni città il centrosinistra si sta organizzando per vincere le elezioni. Anche a Roma. Un patrimonio di forze, di donne e uomini, che ha già vinto nella Capitale – afferma Zingaretti – e che ora sta discutendo sul manifesto e sugli obiettivi, per poi attivarsi per selezionare il percorso da intraprendere facendo decidere ai romani. Credo che la partecipazione popolare e la valorizzazione nelle città di queste donne e questi uomini sia un immenso patrimonio per vincere le elezioni. Il percorso è aperto a tutti, quindi anche a Calenda”.
Un modo per dire, come fa esplicitamente il vicesegretario del Pd nel Lazio Enzo Foschi, “che non ci si può autocandidare, non si può mettere il proprio ego davanti a Roma”.
Ma Calenda va dritto come un treno: “Le primarie? Sono prive di senso in questo momento”. Anche per questioni sanitarie: “Il governo decide che non possono esserci più di sei commensali a tavola e poi apri i gazebo a quarantamila persone? Mentre se le primarie si fanno con numeri bassi finisce che prevalgono le truppe cammellate…”. Parole che fanno infuriare un altro big come Andrea Orlando: “Carlo Calenda si candidi pure ma non tenti di delegittimare le primarie con argomenti discutibili”.
In ogni caso il tema, per il leader di Azione, non esiste: “Per ora a Roma sono il candidato del mio movimento, e sono convinto che con me si vince e si risolleva la città . Se vado col centrosinistra lo deve decidere il centrosinistra”.
E se ci fosse un altro nome? “Resto in campo”.
Ma, aggiunge Calenda, “ci fosse stato un candidato solido questo problema non si sarebbe posto, penso che sarebbe più facile per il Pd appoggiare uno dei loro, ma uno dei loro non c’è”. E allora? “Allora il partito democratico deve accontentarsi”. Appunto.
(da agenzie)
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