Ottobre 7th, 2020 Riccardo Fucile
CIRO MASCHIO E’ UN OTTIMO ESEMPIO DI RISPETTO DELLE REGOLE E DELLA LEGGE… “PAGHERO’ 16.000 EURO AL COMUNE”
Riceve dai vigili urbani un centinaio di multe da pagare, nell’arco di un anno e mezzo, per un importo che supera i 16mila euro.
Ma non può impugnarle perchè altrimenti aprirebbe un contenzioso con l’amministrazione comunale e rischierebbe di risultare incompatibile con la carica non solo di presidente del Consiglio comunale, ma anche di semplice consigliere.
A Verona scoppia il caso di Ciro Maschio, che è anche deputato dei Fratelli d’Italia. L’elenco delle contravvenzioni è molto lungo e inizia a febbraio 2018, per concludersi nello scorso mese di agosto.
Ci sono soprattutto violazioni del divieto di circolazione in zone pedonali vicine a piazza Erbe, che un tempo era consentita dai permessi per gli amministratori.
Dopo che la voce si è diffusa in città , Maschio ha dichiarato al Corriere di Verona: “Non capisco perchè qualcuno si agiti per nulla, visto che sono stato proprio io per primo ad attivarmi su questa cosa, come da richiesta scritta con data certa, avendo ricevuto una serie di verbali”. Contestazioni fondate? “C’erano alcuni equivoci, ma non potevo opporne neanche uno per non incorrere in incompatibilità per lite pendente con l’amministrazione. Quindi ho deciso di pagare e amen”.
Maschio spiega ancora: “Buona parte dei verbali sono già stati pagati, e per la parte rimanente sto aspettando dagli uffici gli ultimi chiarimenti su calcolo interessi e coordinate, per poter chiudere tutto con esattezza”.
Poi una puntualizzazione: “In 30 anni di politica non ho mai usato l’auto blu, nè l’auto elettrica del Comune, nè ho mai usato l’auto di servizio, muovendomi sempre con la mia auto con tantissimi spostamenti e incontri: a Verona, a Roma e in giro per il Veneto” (il che non vuol dire violare le norme, basta attenersi alla segnaletica…)Infine, la giustificazione: “Mesi fa mi sono operato ai legamenti del ginocchio e quindi avevo necessità di muovermi ancor di più in auto non potendo camminare a lungo”.
Secondo quanto prevede la legge, “non può ricoprire la carica di consigliere comunale chi abbia un debito liquido ed esigibile per imposte, tasse e tributi nei riguardi del Comune stesso”. E 16mila euro costituiscono un debito di una certa entità . Per questo Maschio ha deciso di saldare il conto. Di professione avvocato, è coordinatore provinciale dei Fratelli d’Italia e in consiglio comunale è presente ininterrottamente dal 1998 (quando venne eletto con Alleanza Nazionale) salvo l’intervallo di una legislatura.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 7th, 2020 Riccardo Fucile
GIORGETTI DEVE AVERE TEMPO DA PERDERE, SALVINI NON CAMBIERA’ MAI LINEA PER APPRODARE AL PPE… INCONTRO TRA ALTRI DUE INCONCLUDENTI: TOTI E CARFAGNA
Un’ora di colloquio cordiale, privato e senza interruzioni tra Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti è servito per delineare l’agenda della Lega nei prossimi mesi e la road map delle prossime settimane. Punto centrale, la riorganizzazione politica con il varo imminente della segreteria che cristallizzerà la maggiore “collegialità ” invocata praticamente da tutti dopo le Regionali: Giorgetti sarà uno dei vice con Lorenzo Fontana e Andrea Crippa, ma per tanti motivi il più “pesante”. Poi lo spazio della Lega in Italia, soprattutto se a fine legislatura dovesse passare la legge elettorale in senso proporzionale, e quello in Europa dove gli equilibri stanno cambiando.
Una “fase due” del partito che vedrà anche aprirsi i giochi per la tornata di elezioni amministrative 2021, con Roma, Milano e Torino ma anche Bologna e Napoli su cui mettere la testa. Su questo, già la prossima settimana, il leader leghista ha intenzione di vedere Giorgia Meloni e Antonio Tajani per discutere le candidature. I due hanno parlato poi delle elezioni americane, che potrebbero cambiare a breve i riferimenti geopolitici. Soprattutto se, come Giorgetti teme, Donald Trump perdesse la Casa Bianca.
Cuore dell’incontro nell’ufficio di Salvini al Senato è stata appunto la segreteria politica, annunciata dal leader dopo la battuta di arresto alle Regionali, con l’obiettivo di un maggiore raccordo con i territori. Ne faranno parte i capigruppo Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo, governatori come Luca Zaia e Massimiliano Fedriga, rappresentanze dei sindaci e responsabili dei Dipartimenti. Non nuove nomine, bensì un modo per far funzionare meglio la macchina-partito.
Quanto all’Europa, Giorgetti ha proseguito nella missione di tentare di “ammorbidire” la linea muscolare del partito. Senza, per ora, incassare risultati. Salvini, drastico nel bocciare ogni ipotesi di ingresso nel Ppe (a cui peraltro Giorgetti ha rinunciato) rimane scettico anche davanti alla prospettiva di dialogo con i Popolari, e in particolare con la Cdu tedesca. L’idea di “morire centrista” non lo affascina.
Eppure, al Parlamento Europeo le cose si stanno muovendo. Proprio oggi un eurodeputato leghista, il pugliese Andrea Caroppo, ha lasciato il gruppo passando ai “non iscritti” (il gruppo misto di Strasburgo). Già in rotta da mesi con il gruppo dirigente, Caroppo è considerato vicino a Fratelli d’Italia, e viene dato per certo il suo futuro approdo nell’Ecr (i Conservatori & Riformisti) di cui Giorgia Meloni è appena diventata presidente. Una destinazione rinviata per non creare attriti tra alleati. Beffa dopo il danno, così il Carroccio scende a 28 componenti e perde il primato di partito nell’aula a favore proprio della Cdu. Il capogruppo Marco Zanni se ne duole fino a un certo punto: “Ci dispiace ma andiamo avanti per la nostra strada. Con il Ppe c’è un problema politico, con il Rassemblement di Marine Le Pen abbiamo radici e obiettivi in comune che portiamo avanti in Europa. Il ragionamento di Giorgetti sul fatto di dover dialogare con il Ppe è pragmatico e la Lega lo porta avanti. Ma non dipende solo da noi: non credo che stare con Le Pen sia un limite per governare”. Se ne parlerà alla riunione del gruppo di europarlamentari con Salvini prevista martedì prossimo, il 13 ottobre. Dove al tavolo dei relatori siederanno fianco a fianco il Capitano e Giorgetti: un segnale, anche quello.
Ma non è solo l’ex sottosegretario di Palazzo Chigi ad avere avvisato pubblicamente che a comandare, in Europa, oggi è il Ppe, e che se la Lega non si sposterà verso il centro rischia di “venire annientata”. Stasera a Roma il governatore ligure Giovanni Toti e l’ex ministra Mara Carfagna riuniranno in un ristorante del centro una quindicina di azzurri o ex tali interessati a “dire qualcosa di centro”. Attesi Andrea Cangini, Paolo Russo, Daniela Ruffino, Paolo Romani, Osvaldo Napoli. “L’idea è avviare un percorso di dialogo per capire gli spazi di una futura forza di centro” spiega quest’ultimo. Eppure, Maria Stella Gelimini vi ha risposto che una forza centrista, moderata e liberale esiste già : Forza Italia. “Mi auguro che Forza Italia abbia uno scatto d’orgoglio — non si scompone Napoli — Ma sono sincero: mi sembra difficile invertire il trend negativo. Serve una sintesi diversa che raccolga il centro”. Altri sono più drastici: “Se Fi prende il 6% al Sud, al Nord è al 2%. Vuol dire che il dato nazionale si attesta sul 4%. Si sta consumando. Purtroppo non è più un brand”. E tanti, dal Piemonte alla Calabria, abbandonano la nave che imbarca acqua.
Già : ma per andare dove? E’ indubbio che nel centrodestra, nell’ultimo anno, sia in corso una riflessione sui limiti dell’”area sovranista” che le Regionali di settembre hanno esacerbato. Giorgia meloni, tranne quando fa i comizi, studia da neo-moderata. Luca Zaia è considerato dagli ammiratori il “leghista democristiano”, mentre Toti gli fa da contraltare come “democristiano para-leghista”. E Giorgetti in questo quadro? “La sua partita è quella di ammorbidire la linea di Salvini — racconta un parlamentare – Il problema è che Giancarlo è sempre stato un numero due, non è abituato al conflitto”. D’altra parte, c’è tempo. I giochi si riapriranno soltanto nel 2021 con le Comunali. A quel punto, il “percorso di dialogo” potrebbe aver fatto passi avanti.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 7th, 2020 Riccardo Fucile
PER IL CONSULENTE DEL MINISTERO “SERVONO CONTROLLI E SANZIONI SEVERE”
Walter Ricciardi avverte: “Siamo sulla lama del rasoio”. Per questo, considerando l’incremento nei contagi registrato oggi, il consulente del ministro Speranza, professore ordinario di Igiene e Medicina Preventiva all’Università Cattolica, ribadisce che “dobbiamo fare di tutto per arrestare la salita e l’incremento dei casi”. Servono “comportamenti responsabili” e “controlli e sanzioni” per far rispettare le regole. Altrimenti, “se non invertiamo la tendenza, tra due mesi potremmo arrivare a 16.000 casi”.
Professor Ricciardi, che significa questa nuova impennata?
È la conferma che quando non azzeri un’epidemia, ma abbassi solo la curva, il virus riparte. Per gli addetti ai lavori era prevedibile, il virus non è stato eliminato dai territori.
Commentando i dati di oggi – 3678 nuovi positivi, 31 morti – il Ministro Speranza ha detto: “Il contagio cresce, è necessario alzare la soglia di attenzione”. Siete preoccupati?
La preoccupazione c’è, c’è sempre stata. Il Ministro ha parlato chiaro sin dall’inizio, ha detto che i prossimi mesi saranno duri, che dobbiamo avere comportamenti responsabili e che tutto deve essere basato su evidenze scientifiche e priorità .
Quali priorità ?
Non chiudere l’Italia, tenere aperte le scuole, far proseguire le attività . Per farlo sono necessari comportamenti responsabili da parte di tutti e che le regioni migliorino la propria diagnostica. Avrebbero dovuto farlo tutte. Invece alcune lo hanno, fatto altre no.
A quali regioni si riferisce?
Non intendo fare polemiche, per rendersi conto della situazione basta consultare i dati, chiarissimi, elaborati al riguardo dalla Fondazione Gimbe. Alcune regioni si sono mosse, hanno lavorato e altre no, hanno fatto poco e continuano a fare poco.
Di recente lei ha detto che Campania e Lazio sono più a rischio. Oggi si registra una crescita dei casi anche in Lombardia e in Veneto.
In questa fase nessuno parte in vantaggio. Certo, regioni meglio equipaggiate possono fronteggiare questa fase con più tranquillità . Altre, sia perchè storicamente hanno dovuto fare i conti con tagli alla Sanità e piani di rientro sia perchè hanno lavorato in maniera insufficiente, non sono pronte abbastanza.
Giovedì scorso, quando i nuovi casi superarono quota 2500, il professor Crisanti indicò in quel numero una soglia da non oltrepassare. Oggi siamo a 3678. La situazione si fa più critica?
Crisanti ha ragione, siamo su una lama di rasoio. La soglia va calcolata in funzione dell’indice di contagio, della numerosità assoluta e della capacità di reazione delle regioni. Dobbiamo attuare misure proporzionate alla situazione, fare di tutto per arrestare la salita e l’incremento dei casi.
Cosa rischiamo, professore?
Una risalita esponenziale. In questa epidemia in un mese i casi possono raddoppiare. Se non invertiamo la tendenza, tra due mesi potremmo arrivare a 16.000 casi.
Oggi il consiglio dei ministri ha approvato il dcpm sulla proroga dello stato di emergenza e l’uso della mascherina all’aperto e al chiuso. Servirà questo o sono necessarie misure più forti?
L’uso corretto della mascherina può esserci di grande aiuto. Certo, i controlli e le sanzioni devono essere fatti. Oggi paghiamo le conseguenze dei comportamenti irresponsabili di una minoranza che non ha rispettato le regole.
Timori e paure si concentrano attorno a un nuovo eventuale lockdown. Esiste il rischio?
Dobbiamo e possiamo evitarlo, siamo nelle condizioni per riuscirci. L’unico modo per farlo è comportarci responsabilmente. D’altra parte, rispettando le regole si può fare tutto.
Siamo nella seconda ondata?
No, questa è la seconda fase della prima ondata. La seconda ondata può esserci solo dove i casi sono stati azzerati.
Cosa dobbiamo aspettarci?
Ci aspettano mesi duri, sta per arrivare anche l’influenza.
Cosa dobbiamo fare?
Rispettare le regole anti contagio, vaccinarci contro l’influenza e scaricare l’App “Immuni” che aiuta le Asl nel tracciamento dei casi sui territori. Dobbiamo fare tutti insieme uno sforzo straordinario, mai dimenticando che questo ha costi bassi, certamente inferiori rispetto a quelli con cui dovremmo fare i conti se non lo facessimo.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 7th, 2020 Riccardo Fucile
BOOM DI QUELLO ONLINE, CRESCE QUELLO ALIMENTARE, LIEVE FLESSIONE PER I PICCOLI NEGOZI
L’estate, il caldo che invoglia a stare fuori casa, il tempo libero che si allarga con le ferie. Ma soprattutto l’estate dopo il lockdown.
Mai come quest’anno c’erano tutte le condizioni per ipotizzare il ritorno degli italiani dentro ai negozi, se non come tendenza quantomeno come preferenza per un luogo diverso dalle mura di casa.
E invece i dati dell’Istat sulle vendite al dettaglio dicono che gli italiani sono tornati sì a consumare e quindi a spendere, ma lo fanno sempre più davanti a un pc piuttosto che a un cellulare.
Due dati. Il primo: in un anno, prendendo come riferimento agosto, gli acquisti online sono aumentati del 36,8 per cento. Il secondo: +30% se si considera il periodo gennaio-agosto. Ecco come Covid ha esportato il suo modello di consumo fuori dalla dimensione dell’emergenza sanitaria. Ha fatto molto di più. L’ha innestato su un comportamento che sta assumendo un carattere strutturale.
Se il commercio elettronico si è imposto come nuovo protocollo degli acquisti anche tra giugno ed agosto, quindi nei mesi immediatamente successivi alla riapertura del Paese, chi ne fatto le spese sono stati i piccoli negozi.
Anche qui i dati dell’Istat aiutano a comprendere: ad agosto il calo delle vendite negli esercizi di piccole dimensioni è stato pari allo 0,5% rispetto all’anno precedente. E poi c’è la grande distribuzione, che due mesi fa ha messo il segno più (+0,4%) sempre rispetto all’agosto del 2019.
Ma al di là delle modalità di acquisto, fino a che punto gli italiani sono tornati a spendere? Innanzitutto bisogna precisare che le vendite al dettaglio prese in esame dall’Istat fanno riferimento ai beni e non ai servizi.
Quindi in questo ragionamento non vanno considerati i ristoranti piuttosto che i cinema. Ma le vendite di questi beni impattano su una fetta importante, pari al 40%, di tutti i consumi.
È quindi un parametro validissimo per intercettare la più generale dimensione della spesa degli italiani. Qual è, quindi, il peso di un rimbalzo che è stato anche fisiologico dato che l’Italia è rimasta chiusa di fatto fino a inizio giugno tra lockdown e divieto di spostarsi tra le Regioni?
La risposta è contenuta in un dato che si può ricavare mettendo a confronti i dati estivi con quelli dei mesi precedenti alla pandemia. Questo: il livello medio dell’indice delle vendite nel trimestre giugno-agosto è inferiore di appena il 2,6% rispetto ala media del trimestre dicembre 2019-febbraio 2020. Roberto Monducci, direttore del Dipartimento di produzione statistica dell’Istat, spiega a Huffpost che da questo dato si può evincere come “siamo vicini ai livelli pre Covid”. Questo vale ovviamente per i beni, ma è un primo dato che marca un’inversione di tendenza netta.
A questo dato si è arrivati attraverso una dinamica che lo stesso Monducci definisce “turbolento”. “Quest’anno – è il ragionamento – i saldi sono stati ad agosto e non a luglio: il forte rimbalzo estivo è dipeso da questo perchè le famiglie hanno potuto beneficiare di una politica dei saldi molto aggressiva in termini di prezzi convenienti e hanno quindi sfruttato questa occasione”. I dati riflettono questo ragionamento dato che le vendite al dettaglio sono aumentate ad agosto dell′8,2% rispetto a luglio in valore e come volume, cioè in termini quantitativi, addirittura dell′11,2 per cento. Più in generale – ma qui c’è l’effetto post lockdown – le vendite tra giugno ed agosto sono aumentate del 22,8% in valore e del 22,4% in volume rispetto al periodo marzo-maggio.
Al netto delle turbolenze estive, che hanno spinto i consumi verso l’alto, la tendenza di base è positiva e in crescita. Lo spiega sempre il direttore delI’Istat: “Non siamo ancora in una situazione regolare, la normalizzazione completa degli acquisti richiederà tempo anche perchè Covid ha cambiato anche l’aspetto fisico degli acquisti, ma il livello di acquisti da parte delle famiglie sembra aver superato la fase più critica”.
Ma come hanno speso gli italiani i loro soldi durante l’estate? Considerando sempre solo i beni e non i servizi, il primo elemento che si evince dai dati dell’Istat è che le vendite di beni non alimentari sono cresciute di più rispetto a quelle dei beni alimentari. E così gli italiani hanno speso di più per telefonini e dotazioni informatiche, nell’abbigliamento (questo settore è stato trainato dai saldi), ma anche per comprare mobili, giochi e materiale da campeggio. Altri beni, sempre non alimentari, dai gioielli ai giornali, sono invece precipitati in giù.
Fuori da tutto questo ragionamento ci sono però i servizi, come può esserlo un bar. E, ancora più in avanti, i dati dell’Istat fotografano una situazione dove il commercio elettronico la fa da padrone. Per molte associazioni che riuniscono i piccoli negozi fisici, da Confcommercio a Confesercenti, il boom estivo è stato appannaggio di altri, e cioè di chi vende online. I piccoli negozi, secondo i dati riferiti dalle associazioni, sono ancora indietro e hanno sulle spalle un fardello da -12,7%, che altro non è che la riduzione delle vendite dell’anno. E poi ci sono i mesi che sono venuti dopo l’estate, la risalita dei contagi, quel procedere a rilento e con chiusure anticipate di tante attività . Ma in fondo Covid è questo: imprevedibilità . E questo è un altro lascito che ha consegnato al Paese.
(da agenzie)
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Ottobre 7th, 2020 Riccardo Fucile
OGGI L’HASHTAG E’ STATO TRA I TREN DEL SOCIAL NETWORK
Il bollettino giornaliero del coronavirus gira veloce il suo pallottoliere. Oggi si è assistito a un incremento, rispetto alla giornata di ieri, di 3600 contagi. Un ritmo di mille in più rispetto all’aumento fatto registrare ieri. Una situazione molto complessa, che porta il nostro Paese verso uno scenario delicatissimo, da seconda ondata. Per questo motivo, oggi, il governo ha preso delle decisioni necessarie, prolungando fino al 31 gennaio 2021 lo stato d’emergenza e dando alcune indicazioni sul prossimo dpcm, introducendo — tra le altre cose — l’obbligo di mascherina all’aperto e al chiuso (tranne nella propria abitazione).
Eppure, nonostante una situazione molto delicata dal punti di vista epidemiologico, condita anche da alcuni dettagli piuttosto complessi come l’aumento dei focolai nelle scuole italiane, per non parlare dei mini-cluster che si vengono a creare tra gli operatori sanitari (l’ultimo, in ordine di tempo, ad Aprilia), oggi l’hashtag più utilizzato su Twitter è stato quello che segnala l’Italia in una condizione di presunta ‘dittatura sanitaria’.
Vero è che la vitalità è stata aiutata anche da molti account che utilizzavano quell’hashtag per prendere in giro tutti gli utenti dei social network che credevano davvero di trovarsi di fronte a uno stato dispotico che impone l’utilizzo delle mascherine per una sorta di sadismo e per una tendenza al controllo e al bavaglio del cittadino medio. Ma è pur vero che diversi esponenti del mondo delle istituzioni hanno utilizzato il termine dittatura sanitaria. Si pensi, ad esempio, al consigliere regionale del Lazio Barillari (che ha anche citato Orwell), si pensi all’intervento che ieri alla Camera è stato portato avanti dal deputato Vittorio Sgarbi che ha addirittura parlato di fascismo.
Può essere, insomma, che in un’Italia che vede il contagio allargarsi a macchia d’olio, che vede una squadra di governo in ogni caso pronta ad attuare delle contromisure (che cercano anche una sorta di equilibrio con la sostenibilità del quadro economico del Paese), il pensiero dominante o quello che emerge dai social network sempre pronti ad amplificare esempi non propriamente positivi sia quello di parlare di dittatura sanitaria e di repressione? Oggi ci sono 3600 famiglie in più che sono entrate nel tunnel della positività : amici, parenti, congiunti delle persone che oggi hanno scoperto di avere il coronavirus attraverseranno momenti quantomeno preoccupanti. Non è il caso di peggiorare ulteriormente le cose con un utilizzo delirante dei social network.
(da agenzie)
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Ottobre 7th, 2020 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE DELLA CAMERA PRENDE POSIZIONE NELLA POLEMICA INTERNA
“Abbiamo avuto buoni risultati e penso che questo sia un punto di partenza per dare risposte alle esigenze dei cittadini sui territori”. Si esprime in questo modo in un’intervista a Repubblica il presidente della Camera Roberto Fico a proposito dei ballottaggi nei quali il M5S ha corso in diversi Comuni assieme al Pd. Per aggiungere: “Soprattutto, ora che abbiamo fatto questo primo passo, dobbiamo aiutare quei sindaci affinchè il cambio di rotta sia evidente già nei loro primi 100 giorni”. Fico si esprime poi a favore della replicabilità di questo modello di alleanza purchè “con una grande discussione territoriale che coinvolga Movimento e Pd, ma anche con pezzi importanti di società civile”.
“Bisogna creare dei laboratori civici che si mettano al lavoro sulle questioni che interessano le comunità che si vogliono rappresentare” perchè “siamo entrati in una nuova fase e credo che siamo i primi ad aver capito che c’è bisogno di creare qualcosa di nuovo, così come abbiamo fatto nel 2010 quando la politica aveva bisogno di un profondo rinnovamento”. Quindi precisa il presidente dell’Aula di Mointecitorio, “non possiamo stare fermi e il percorso degli Stati generali servirà proprio a cambiare in senso positivo e costruttivo”. Pertanto, M5S e Pd possono “lavorare dove esistono le condizioni, dove abbiamo la stessa visione e gli stessi progetti. Non credo nei matrimoni a prescindere”, chiosa.
Quanto poi all’obiezione che l’alleanza M5S-Pd sia “la morte nera”, come dice Di Battista, Fico risponde: No. E per capirlo basta guardare a tutto quel che abbiamo fatto da quando siamo al governo con il Pd, la riforma costituzionale, questo decreto immigrazione, le misure che hanno tutelato la popolazione durante l’emergenza Covid, anche dal punto di vista economico. Però nulla può avvenire a prescindere. Abbiamo l’opportunità di creare un laboratorio per attualizzare anche le agende politiche. E lo stiamo facendo: qualcuno dimentica che gli iscritti al M5S hanno votato l’alleanza di governo con il Pd e, adesso, le intese local”.
Fico dice poi di non temere la scissione dei 5 Stelle e che “mi sembrerebbe assurdo” che con Casaleggio la vicenda possa finire in tribunale:
“Negli anni ho sempre cercato una composizione, non vedo perchè non si debba tentare anche stavolta”. Così anche per il governo: “La maggioranza e il governo devono andare avanti perchè abbiamo da gestire il Recovery fund, fondato su progetti ispirati alle cose per cui il Movimento si è sempre battuto. Sarebbe una pazzia vanificare quest’opportunità . Poi c’è la vita interna del Movimento che va dibattuta, sviluppata, ma alla fine si trova una sintesi e si va avanti”, conclude il presidente Fico.
(da agenzie)
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Ottobre 7th, 2020 Riccardo Fucile
LA GIOVANE CON PROBLEMI PSICHICI ERA OSPITE DI UN CENTRO SPECIALIZZATO REGIONALE… VIOLENTATA MENTRE LA STRUTTURA ERA DIVENTATA ZONA ROSSA… MUSUMECI, COSI’ LOQUACE QUANDO SI TRATTA DI MIGRANTI, NON HA NULLA DA DIRE?
Una giovane donna disabile con gravi problemi mentali sarebbe stata vittima di violenza sessuale mentre si trovava ospite di un centro specializzato all’Oasi Troina, nella provincia di Enna, in Sicilia.
La Procura di Enna ha aperto un fascicolo per violenza sessuale in merito alla vicenda. A quanto emerso, la donna che ha subito violenza ora è incinta. Secondo una prima ricostruzione dei fatti, la gravidanza risalirebbe allo scorso aprile, quindi durante il lockdown in Italia, quando la donna era positiva al Covid-19 e mentre la struttura che la ospitava era diventata “zona rossa”.
La Squadra mobile sta ascoltando medici, infermieri e altre persone a contatto con la vittima — La squadra mobile della Questura di Enna, che indaga sull’accaduto, da giorni sta ascoltando diversi medici, infermieri, personale dell’Oasi di Troina, la struttura che la ospitava mentre era positiva al Coronavirus, e le persone che sono state a contatto con la donna incinta per ricostruire la vicenda. La gravidanza coincide con il periodo di permanenza nella struttura diventata durante il lockdown “zona rossa” per la presenza di numerosi pazienti positivi.
Al lavoro anche la Scientifica con prelievi di Dna — Al lavoro sul caso ci sono anche gli esperti della Scientifica, che stanno facendo prelievi per l’esame del Dna. L’inchiesta a quanto si apprende è alla prime battute e punta ad accertare anche le responsabilità di chi avrebbe dovuto occuparsi dell’assistenza in quei reparti del centro.
L’Oasi Maria Santissima di Troina, l’istituto dove sarebbe avvenuta la violenza sulla giovane disabile, è un Centro specializzato nella riabilitazione di disabilità psichici, anche giovanissimi e autistici, oltre che delle malattie legate alla involuzione senile. L’istituto, considerato all’avanguardia nell’assistenza ai disabili, venne fondato nel 1953 da padre Luigi Ferlauto.
Ad aprile la struttura registrò 162 positivi al Covid, tra infermieri ricoverati ed operatori. La Procura di Enna, che aveva già aperto un’inchiesta con le ipotesi di reato di omicidio colposo ed epidemia colposa, adesso ha aperto un fascicolo per violenza sessuale.
Per fronteggiare il focolaio la Regione aveva inviato all’Oasi un commissario per l’emergenza ed erano arrivati infermieri e medici di Esercito e Marina.
Dagli accertamenti erano emersi ritardi e caos nella gestione dei primi casi di contagiati tra gli ospiti, mancato isolamento dei primi sospetti, mentre una relazione interna dell’Asp di Enna parlava di “governance” poco chiara, da qui il commissariamento.
(da agenzie)
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Ottobre 7th, 2020 Riccardo Fucile
LA SUA COLPA FU RACCONTARE GLI ORRORI RUSSI IN CECENIA
“L’unico dovere di un giornalista è scrivere quello che vede”. Una frase semplice e dura come una pietra, una lezione che non ti può insegnare davvero nessuna scuola di giornalismo, la devi sentire dentro nelle viscere e crederci a costo della vita o semplicemente delle condizioni di vita: “Bisogna essere disposti a sopportare molto, anche in termini di difficoltà economica, per amore della libertà “.
14 anni fa esatti è stata assassinata nell’ascensore del suo palazzo a Mosca, Anna Stepanova Politkovskaja. Era il 7 ottobre del 2006, lo stesso giorno del compleanno di Putin.
“Ho visto centinaia di persone che hanno subito torture. Alcune sono state seviziate in modo così perverso che mi riesce difficile credere che i torturatori siano persone che hanno frequentato il mio stesso tipo di scuola e letto i miei stessi libri.” Anna fu la voce delle strazianti barbarie perpetrate in Cecenia, nel corso del blitz al Teatro Dubrovka di Mosca, nella scuola di Beslan, in Ossezia. Gli abitanti di quelle zone erano sottoposti da Putin a massacri, con il consenso dei leader locali corrotti, e questa non è dietrologia, ma storia provata.
La sua carriera giornalistica, anche se la definirei più una missione, iniziò negli anni di GorbaÄà«v, della Perestrojka. Un’epoca di speranza, si credeva che l’Unione Sovietica potesse, senza spargimenti di sangue, rinascere. Ed è forse in quel momento che si è innamorata del suo lavoro, quando credette di poter raccontare una Russia migliore. L’amore nasce sempre dalla speranza e dalla bellezza, e resiste a tutto, anche al tempo e alle brutture. In Anna questo amore per un giornalismo utile al suo Paese non è mai scomparso, anche quando ha capito che era una condannata a morte.
Con l’ascesa di un leader tiranno: sì, proprio lui, Vladimir Putin, ex capo del servizio segreto russo, le speranze per una Russia migliore sparirono: “Con il presidente Putin non riusciremo a dare forma alla nostra democrazia, torneremo solo al passato. Non sono ottimista in questo senso e quindi il mio libro e’ pessimista. Non ho più speranza nella mia anima. Solo un cambio di leadership potrebbe consentirmi di sperare”.
Iniziarono così le minacce sia dai politici russi che da quelli ceceni, mentre la popolazione l’amava perchè lei gridava il loro dolore. In poco tempo divenne la giornalista più scomoda del giornale più scomodo di tutto il Paese. “Sono assolutamente convinta che il rischio sia parte del mio lavoro; il lavoro di una giornalista russa, e non posso fermarmi perchè è il mio dovere”.
Ai giovani di oggi è difficile spiegare che tipo di giornalista era Anna: camminava e vedeva e raccontava, si recava di persona sui luoghi di cui doveva scrivere. Ora non è più così. Un giorno raccontò: “Sono una reietta. È questo il risultato principale del mio lavoro di giornalista in Cecenia e della pubblicazione all’estero dei miei libri sulla vita in Russia e sul conflitto ceceno. A Mosca non mi invitano alle conferenze stampa nè alle iniziative in cui è prevista la partecipazione di funzionari del Cremlino: gli organizzatori non vogliono essere sospettati di avere delle simpatie per me. Eppure tutti i più alti funzionari accettano d’incontrarmi quando sto scrivendo un articolo o sto conducendo un’indagine. Ma lo fanno di nascosto, in posti dove non possono essere visti, all’aria aperta, in piazza o in luoghi segreti che raggiungiamo seguendo strade diverse, quasi fossimo delle spie. Sono felici di parlare con me. Mi danno informazioni, chiedono il mio parere e mi raccontano cosa succede ai vertici. Ma sempre in segreto. È una situazione a cui non ti abitui, ma impari a conviverci”
Per conoscere bene Anna e il suo coraggio bisogna conoscere la situazione cecena. Ma è proprio grazie a lei e a pochi altri come lei, se sappiamo delle fini orrende degli oppositori politici, dei “desaparecidos” putiniani e delle vittime della polizia etnica. E’ stata la personificazione del concetto di “Resistenza”. Si potrebbero scrivere mille e più pagine sul coraggio di Anna Politkovskaja, ma forse basta citare una solo sua frase per capire l’enorme perdita che la Russia e il mondo libero, dieci anni fa, hanno subito, che tutti noi abbiamo subito: “Voglio fare qualcosa per altre persone usando il giornalismo”
(da Globalist)
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Ottobre 7th, 2020 Riccardo Fucile
LA PARTECIPAZIONE A INCONTRI DI ESPONENTI LEGHISTI E L’ENDORSEMENT DI CASAPOUND
La questione del giorno, ovvero quella di Alba Dorata dichiarata organizzazione criminale in Grecia in seguito all’omicidio del rapper antifascista Pavlos Fyssas, ha sollevato diversi interrogativi in Italia.
Il movimento di estrema destra ellenica, infatti, è sempre entrato nella narrazione delle destre europee e della loro ascesa nel decennio 2010-2020. Ma c’è stato un momento in cui Alba Dorata e destra italiana sono entrati in contatto?
Quello di Alba Dorata nei confronti della Lega è sempre stato un ‘vorrei ma non posso’. Si pensi, ad esempio, ad alcune testimonianze raccolte dal giornalista di Avvenire Nello Scavo che, inviato a Kastanies, aveva raccontato a inizio marzo le operazioni di alcuni gruppi paramilitari greci contro i migranti. Tra questi c’era anche Dinos Theoharidis, un esponente di Alba Dorata che aveva dichiarato in quella occasione: «Siamo dei patrioti, come Salvini lo è in Italia».
Contatti ufficiali con la Lega, tuttavia, non ci sono mai stati, anche se — a titolo personale — qualche esponente del Carroccio ha avuto modo di incontrare i vertici del movimento greco.
Si pensi, ad esempio, a Gianluca Buonanno che, nel 2015, ebbe un incontro con Nikà³laos Michalolià¡kos (con tanto di gagliardetto in dono) in cui affermò che Alba Dorata «non era il male assoluto». O, sempre nel 2015, alla partecipazione di Mario Borghezio a un incontro presso il parlamento europeo promosso dallo stesso partito greco.
Diverso, invece, il discorso della prossimità di alcuni partiti di destra italiani che non sono entrati in parlamento. Casapound, ad esempio, a partire dagli incontri del 2013 (alcuni avvenuti all’interno dell’edificio occupato di via Napoleone III) fino ad arrivare ad alcuni convegni del 2018 a Bruxelles, si era spinta ad affermare che, con Alba Dorata, aveva uno stesso programma e prevedeva persino un destino comune, facendo riferimento all’ingresso in parlamento.
(da agenzie)
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