Ottobre 13th, 2020 Riccardo Fucile
LE PROVA TUTTE FINO A CHE E’ A PIEDE LIBERO, ORA SI TRAVESTE DA “SOVRANISTA LIBERALE” E FA RIDERE TUTTA EUROPA… IL RECOVERY FUND? DICE CHE E’ MERITO SUO, PER QUELLO CHE HA VOTATO CONTRO
Per la Lega nessun cambio di gruppo a Strasburgo è all’ordine del giorno, ma: “Del doman non v’è certezza”.
Matteo Salvini resta ancora nelle file di “Identità e Democrazia” dove milita insieme a Marine Le Pen. Ma comincia a fare i conti con l’Europa: dalla Bce al Recovery Fund che ha “una logica diversa dal Mes”.
Un’oretta di incontro romano con i suoi eurodeputati e cinque minuti per una dichiarazione alla stampa gli bastano per chiarire che non è alle viste una clamorosa uscita in direzione — diretta o con scalo tra i “non iscritti” – Ppe.
Accanto a lui, sorride Giancarlo Giorgetti, numero due del partito e responsabile Esteri, incarnazione di ritrovata (e ostentata) sintonia: “Con Giancarlo faremo un tour delle capitali europee per creare e rinsaldare relazioni, incontreremo forze di governo”. Lui rafforza il concetto: “La Lega governa direttamente o indirettamente 15 Regioni su 20, parliamo con tutti perchè il nostro obiettivo è Salvini premier”.
Un solo Capitano, un vice felice di esserlo, un partito che si rimette a tessere relazioni internazionali per uscire dal recinto della minoranza. E un’inversione a U sulla tanto osteggiata Banca di Francoforte e sul Recovery Fund: “L’Europa sta finalmente cambiando grazie a noi sovranisti”. C’è tempo anche per un pranzo con Giorgia Meloni, per rassicurarla che non ci saranno strappi.
Insomma, una prova di coesione del partito alla faccia delle malelingue. Sebbene dietro la facciata tra il numero uno e il numero due restino differenze di visione.
Ad esempio su chi cambia e chi no. “Prendiamo atto che l’Europa sta cambiando nella direzione che volevamo noi, la Banca centrale europea, con anni di ritardo, sta facendo finalmente quello che chiedevamo noi. Il Recovery Fund è completamente diverso dalla logica del Mes. Grazie alle pressioni dei sovranisti l’Europa sta cambiando lentamente, noi seguiamo l’evoluzione e orgogliosamente rimaniamo quello che siamo” dice Salvini.
“Il mondo cambia e cambiamo pure noi — sostiene invece Giorgetti – c’è una sensibilità ambientale che prima non c’era, noi eravamo per uscire dall’Euro ma, ora che siamo dentro, uscire è complicato. Dobbiamo fare gli interessi nazionali in Europa”. Prevale la realpolitik.
Presenti quasi tutti i 28 componenti della delegazione leghista a Strasburgo. Molti interventi, ma riunione più operativa che decisiva. Sul tavolo la nascita dei nuovi dipartimenti — fisco, sanità , agricoltura, trasporti — e la segreteria politica, di cui faranno parte 15-20 persone e che avrà Giorgetti come vice più “pesante (gli altri saranno Andrea Crippa e Lorenzo Fontana).
Salvini ha insistito sulla necessità di un raccordo più stretto tra via Bellerio e i territori
In sostanza, la marcia di avvicinamento al Ppe resta per ora ai nastri di partenza. Almeno formalmente. Parte piuttosto l’operazione “sovranismo liberale”, consigliata da Marcello Pera e che non vede contrario lo stesso Giorgetti.
“La Lega deve prendere a Forza Italia non soltanto voti e seggi ma anche un po’ delle sue idee” aveva suggerito l’ex presidente del Senato. Punto primo della strategia: costruire relazioni internazionali. “Noi torneremo al governo, quindi per governare questo Paese devi avere buone relazioni internazionali. Incontreremo le forze di governo europee – spiega il leader leghista – I nostri punti cardine sono la libertà , noi guardiamo a Occidente, alle democrazie occidentali, agli Stati Uniti, a Israele, siamo alternativi al modello cinese e venezuelano. Poi buoni rapporti con tutti”.
Il mandato, infatti, è quello: dialogo con tutti, facendo capire che il Carroccio ha le carte in regola per diventare forza di governo. Qui la zampata dell’ex sottosegretario di Palazzo Chigi si sente.
Secondo punto della nuova narrazione sovranista: sostenere che l’Ue cambia grazie all’azione dei nazionalisti, e che il Recovery Fund non solo funziona ma è merito loro. Obietta il senatore Dem Gianni Pittella: “La conversione sulla via di Damasco, anzi di Bruxelles, sarebbe una bella notizia, se fosse sincera. Oggi Salvini plaude alla Banca Centrale Europea e al Recovery Fund, attribuendo la politica espansiva della prima e il piano di rilancio dell’Unione alle pressioni dei sovranisti. Nulla di piu’ falso! L’opposizione dei paesi a guida sovranista e’ stata feroce in sede di accordo tra i governi degli stati sul Recovery Fund e ancora rappresenta il vero ostacolo all’accordo sul bilancio europeo, che e’ la premessa indispensabile alla dotazione economica del Piano di Rilancio dell’Unione”.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 13th, 2020 Riccardo Fucile
IL GOVERNO SMENTISCA LA MEDIAZIONE DEGLI EMIRATI ARABI CHE PREVEDEREBBE “UNO SCAMBIO DI PRIGIONIERI”… SAREBBE UNA PAGINA INDEGNA PER L’ITALIA
Fra i vari contatti che il governo italiano ha attivato per il rilascio dei pescatori siciliani bloccati il 1° settembre al largo di Bengasi ci sarebbe anche il governo degli Emirati Arabi Uniti.
Secondo una fonte dell’Agenzia Nova, gli Emirati starebbero portando avanti una mediazione con il cosiddetto “Esercito nazionale libico” (Lna) del generale Khalifa Haftar per liberare gli otto marittimi italiani.
Con loro viaggiavano 6 marittimi tunisini, 2 del Senegal e 2 indonesiani.
Le autorità della Cirenaica hanno chiesto in cambio il rilascio di 4 cittadini libici condannati in Italia in via definitiva per traffico di esseri umani.
I 4 nell’agosto del 2015 avevano attraversato il Canale di Sicialia con una imbarcazione carica di migranti: durante la traversata avevano percosso alcuni migranti per tenerli sottocoperta. La nave era affondata in prossimità della costa siciliana, e molti migranti erano rimasti uccisi nell’incidente.
Una fonte libica ha detto all’agenzia Nova che “i funzionari degli Emirati hanno effettuato una lunga telefonata con uno dei leader dell’Esercito nazionale per coordinare i dettagli del negoziato e per discutere le modalità per liberare i detenuti di ciascuna parte con soddisfazione di ambo le parti”.
La telefonata, ha aggiunto la fonte, ha avuto luogo “in un clima positivo che fa sperare in una possibile svolta nella crisi”.
(da agenzie)
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Ottobre 13th, 2020 Riccardo Fucile
MA COME? SIETE AMICI DI PUTIN, EX AGENTE DEL KGB, E ORA, FOSSE VERO CHE LE MISURE DEL GOVERNO SONO LIBERTICIDE, CRITICATE I METODI PUTINIANI? CHE INGRATI… E COME MAI NON CRITICATE IL MASSACRO DEI PATRIOTI BIELORUSSI O L’AVVELENAMENTO DEI DISSIDENTI RUSSI?
Da Orwell, alle dittature, passando per l’Unione Sovietica: i sovranisti azzardando paragoni sempre più rocamboleschi per trovare da ridire sulle nuove misure di sicurezza contenute nel Dpcm.
Addirittura Marco Silvestroni, deputato di Fratelli d’Italia e capogruppo in commissione Trasporti a Montecitorio, dice in una nota: “L’Italia è ormai come l’Unione Sovietica. Forti raccomandazioni per limitare incontri nelle case private, selezione per gli inviti per matrimoni, comunioni e battesimi e il controllo per il ministro della Salute, Speranza, sarà delegato alle spie cittadine. Questo è il contenuto del nuovo Dpcm notturno, con le ultime strategie del Governo per il contenimento del Covid.”
Ammesso che fosse vero (il che non è) che prendere provvedimenti peraltro blandi per contenere il dilagare del coronavirus in Italia sia paragonabile ai “metodi russi” liberticidi, fa sbellicare dalle risate che questa critica venga proprio dai quei sovranisti che portano lo strascico a un ex agente comunista del Kgb, il famigerato apparato dei servizi segreti responsabile di massacri, torture ed eliminazione dei dissidenti.
Metodi peraltro in voga ancora oggi, tra avvelenamenti, esecuzioni sommarie e sostegno al criminale regime bielorusso.
Su cui ovviamente i sovranisti tacciono.
(da agenzie)
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Ottobre 13th, 2020 Riccardo Fucile
PUBBLICATI I TESTI POETICI DEL MILITANTE MORTO PER SCIOPERO DELLA FAME… “DI LUI TI POTEVI FIDARE, ERA CORAGGIOSISSIMO”… “GLI OPPRESSORI SOPRAVVIVONO SOLTANTO SE NON LI AFFRONTI”
Il martirio è un tratto classico, quasi archetipico, di ogni movimento libertario nella storia dell’umanità , inevitabile conclusione drammatica di quella che ha i tratti tipici della tragedia greca: il sacrificio di una figura cardine per il bene della collettività .
La storia del movimento repubblicano irlandese ne è zeppa. Particolarmente frequente è la scelta dell’autocancellazione attraverso la morte per inedia, modalità prediletta dell’attivista irlandese nei secoli per immolarsi alla causa.
La lotta indipendentista dell’Irlanda per liberarsi dal giogo britannico ha dovuto fare i conti, tra le varie violenze e i vari soprusi, persino con la scelta delle forze di occupazione di nutrire forzatamente chi aveva deciso di lasciarsi morire, talvolta ottenendo esattamente ciò che si stava tentando di evitare: la morte del ribelle, soffocato dal cibo che gli veniva schiaffato in gola.
Nel 1981, però, quando i militanti dell’IRA, l’Esercito Repubblicano Irlandese (Irish Republican Army), rinchiusi nei famigerati H-Blocks del carcere di Long Kesh, indissero uno sciopero della fame per far conoscere al mondo l’intransigenza cieca e la pervicacia del primo ministro britannico Margaret Thatcher, sordo alla semplice richiesta di un trattamento più umano e, soprattutto, della concessione dello status di prigionieri politici, nessuno fu nutrito forzatamente.
A capo di quel gruppo di giovani votati al martirio c’era Bobby Sands, il più alto in grado tra i prigionieri dell’IRA a Long Kesh, un veterano del carcere seppur giovanissimo, con sette anni di reclusione alle spalle, malgrado la sua età fosse di soli 26 anni.
E Bobby Sands, il capintesta della clamorosa protesta, sapeva bene che, dopo il fallimento di un altro sciopero della fame nel 1980, stavolta chi vi avesse preso parte sarebbe andato fino in fondo, conscio che la Lady di Ferro non si sarebbe mai piegata alle rivendicazioni di quelli che considerava terroristi spietati.
E lo sapeva pure Margaret Thatcher, che non ebbe mai il minimo tentennamento, per lo meno in pubblico, e il minimo slancio di solidarietà per quei ragazzi votati alla morte.
Oggi, finalmente, è disponibile in italiano l’intera raccolta di poesie e pagine di prosa che Bobby Sands scrisse a Long Kesh.
Scritti dal Carcere (Edizioni Paginauno, traduzione di Riccardo Michelucci ed Enrico Terrinoni, pagg 270, euro 18), anticipato dall’ottima introduzione di Riccardo Michelucci, uno dei due traduttori, ci restituisce un Bobby Sands poeta commovente e fine dicitore, un autore a cui la dedizione alla causa strappò la giovinezza, impedendogli di realizzare il sogno di diventare un artista compiuto
Le sue liriche accorate, probabile retaggio della tradizione cantautorale irlandese oltre che della nobile stirpe dei poeti dell’isola, non possono essere scevre dal profondo senso di ingiustizia regnante nelle celle degli H-Blocks, dagli aneliti di libertà (espressi soprattutto attraverso la ricorrente metafora dell’uccello che riesce, malgrado tutto, a spiccare il volo), dalla speranza in un mondo migliore e in un’Irlanda libera.
Sam Millar, oggi stimato autore di noir come I cani di Belfast (pubblicato in Italia da Milieu), ha condiviso con Bobby Sands diversi anni di reclusione negli H-Blocks.
Una sottile parete divideva la sua cella da quella di Bobby e spesso i due si scambiavano messaggi e battute, quasi sempre in gaelico, per eludere la sorveglianza dei secondini, per rivendicare la propria identità culturale e pure per stizzire le guardie carcerarie, in larga parte protestanti e, dunque, lealiste, ovvero fedeli alla corona britannica e al relativo governo.
Millar resta un irriducibile e non ha mai digerito gli accordi che portarono alla fine del secondo conflitto angloirlandese del secolo scorso. Il suo ricordo di Bobby è tuttora vivissimo
“Bobby era una ragazzo normalissimo, fatta eccezione per il suo coraggio, naturalmente. Ma era una persona umile che amava la musica e, che ci si creda o meno, il calcio inglese. Sono certo che facesse il tifo per l’Aston Villa. Ovviamente, talvolta poteva essere una persona serissima, ma, nel periodo trascorso insieme negli H-Blocks, bisognava tirarci su di morale e non essere sempre seri. Gli piaceva fare scherzi ai compagni di prigionia ed era un narratore formidabile. L’ultima volta che lo vidi di persona fu alla fine del primo sciopero della fame, conclusosi in un disastro, dato che eravamo davvero convinti che gli inglesi avrebbero mantenuto la parola data, ovvero cambiare la condizione di noi prigionieri negli H-Blocks. Ovviamente, non lo fecero. Se l’avessero fatto, non ci sarebbe stato un secondo sciopero della fame e Bobby e i suoi nove compagni oggi sarebbero ancora in vita”.
Cosa faceva di lui un leader?
Ci sono uomini che vengono scelti per un ruolo di leadership; altri fanno di tutto pur di salire al vertice. Bobby, invece, era un leader naturale, una di quelle persone di cui ti potevi fidare e nelle cui mani potevi mettere la tua vita. Non ti avrebbe mai chiesto di fare qualcosa che non fosse lui stesso pronto a fare.
Qual è il ricordo più vecchio di Bobby che lei serbi?
Quando prese parte alla protesta della coperta, quella in cui ci rifiutammo di indossare le normali divise carcerarie e, pertanto, fummo costretti a restare nelle celle, dove facevamo i bisogni e vivevamo tra i nostri stessi escrementi. Io la facevo da un paio d’anno e, dunque, lo prendevo in giro, dicendogli che lui era un semplice apprendista e io il veterano.
Che ricordi ha dell’inizio dello sciopero della fame?
Come ho già detto, Bobby era l’ufficiale in capo dei prigionieri e fece un giro delle celle per comunicarci che gli inglesi avevano fatto marcia indietro rispetto alle promesse fatte nel corso del primo sciopero della fame. Era invecchiato notevolmente e si vedeva che portava un pesante fardello sulle spalle, ben sapendo che avrebbe condotto il prossimo sciopero della fame e che probabilmente sarebbe morto per mano della Thatcher. Vederlo in quello stato mi spezzò il cuore. Non me lo scorderò mai.
Quale eredità Bobby lasciò al mondo intero, non solo all’Irlanda?
Il suo messaggio è chiaro: gli oppressori sopravvivono soltanto se non li affronti o se ti aspetti che a combattere per te sia qualcun altro. Le persone che parteciparono alla protesta della coperta e allo sciopero della fame cambiarono l’Irlanda per sempre. Avevamo attaccato gli inglesi e loro pensavano di aver vinto. Invece, come il tempo ha dimostrato, gli inglesi magari vinsero quella battaglia particolare nei confronti dei prigionieri (e pure quello non è così certo), ma, nel complesso, la guerra l’abbiamo vinta noi. Persone che prima non avevano mai sostenuto l’IRA iniziarono a farlo. Ecco come lo Sinn Fèin ha finito per essere la forza partitica dominante in tutta l’Irlanda.
Ci fu mai un atteggiamento solidale da parte di qualche guardia carceraria?
Odio i secondini. Li ho sempre considerati dei sadici codardi che non sono mai stati portati di fronte alla giustizia per ciò che hanno fatto a prigionieri inermi e nudi. Tuttavia, devo ammettere di averne personalmente conosciuto uno che era una brava persona e che ha cercato di alleviare le nostre sofferenze negli H-Blocks. Lo ho citato per nome nel mio memoir di successo, On the Brinks. Memorie di un irriducibile irlandese.
Come pensa che avrebbero reagito Bobby Sands e gli altri nove giovani morti con lui nello sciopero della fame del 1981 di fronte agli accordi di pace del Venerdì Santo 1998?
Non parlo mai per i morti, a differenza di certi politici che sembrano convinti di poterlo fare ogni giorno. Lo trovo profondamente offensivo. I repubblicani sono estremamente divisi sugli accordi del Venerdì Santo. Qualcuno pensa che un accordo migliore non fosse raggiungibile; altri, come me, pensano che Gerry Adams e i membri della sua banda chiamata Sinn Fèin ci abbiano svenduti e che noi abbiamo ottenuto pochissimo dagli inglesi in cambio della rinuncia alle armi. Ogni tanto, mi capita di sentire un politico dello Sinn Fèin dire che, se oggi Bobby fosse vivo, sosterrebbe Gerry Adams e gli accordi di pace. È una sciocchezza assoluta e mi fa ribollire il sangue dalla rabbia perchè non potremo mai sapere cosa ne avrebbero pensato Bobby e gli altri nove ragazzi morti con lui. Chi sostiene di poter parlare a nome dei morti dovrebbe cercare lavoro come chiaroveggente o venditore di fumo.
(da Globalist)
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Ottobre 13th, 2020 Riccardo Fucile
DOPO LA RICHIESTA DI “VALUTARE POLITICAMENTE” I LIBRI DELLE BIBLIOTECHE COMUNALI ESCE FUORI UNA SECONDA INIZIATIVA DA REGIME DITTATORIALE
A quanto riporta Estense.com, la richiesta del consigliere leghista di Ferrara Alcide Mosso di effettuare una ‘valutazione politica’ dei libri delle biblioteche comunali, era solo la punta dell’iceberg: in un documento giunto alla redazione del giornale emerge che alcuni consiglieri stavano per richiedere al direttore dell’Ufficio Scolastico territoriale di Ferrara di accedere all’elenco dei “testi in uso nelle scuole dell’Infanzia, nelle scuole primarie e nelle scuole secondarie cittadine, comprendendo titolo e casa editrice”.
Insomma, la Lega voleva accesso ai libri scolastici, probabilmente per effettuare anche lì una ‘valutazione politica’.
Una iniziativa al di fuori di ogni legge e della logica. Altro che rivoluzione liberale vagheggiata da Salvini, qui si torna a tempi bui.
(da agenzie)
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Ottobre 13th, 2020 Riccardo Fucile
E’ QUESTA LA SITUAZIONE CHE DOVREBBE INDURRE A MISURE BEN PIU’ STRINGENTI
Quello dei pazienti ricoverati in tutta Italia è il dato da tenere sotto controllo per valutare il livello di emergenza che si sta tornando a respirare in Italia. venerdì scorso abbiamo analizzato come la curva dei ricoverati in terapia intensiva avesse già superato l’andamento lineare prospettato dai modelli matematici.
L’ultimo bollettino diffuso dal Ministero della Salute alle 17 di martedì 13 ottobre conferma come questo trend sia in rialzo e come nove Regioni abbiano più ricoverati in terapia oggi che nel giorno in cui entrò in vigore il lockdown nel nostro Paese.
Al momento in Italia ci sono 514 persone ricoverate in terapia intensiva. Un numero più basso rispetto all’inizio di marzo. Ma questo ha da sempre rappresentato il campanello d’allarme.
Nelle ultime 24 ore, infatti, c’è stata un’impennata di questa curva, con altri 62 pazienti ricoverati in terapia intensiva. Come già accaduto la scorsa settimana, questo dato non fa altro che superare l’andamento lineare prospettato nel recente passato.
E le nove Regioni che, per la prima volta, sono costrette a fare i conti con il (triste) record di ricoverati in terapia intensiva sono Abruzzo, Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Puglia, Sardegna, Sicilia, Umbria e Valle d’Aosta.
Da Nord a Sud, dunque, con il virus che — a differenza di quanto accaduto nei primi mesi dell’emergenza sanitaria — si sta diffondendo a macchia d’olio lungo tutto lo stivale. Una situazione nuova con molte Regioni che, in questi giorni, stanno facendo i conti con quella che, ormai è evidente, è una seconda ondata.
Ma a differenza della prima (bloccata anche grazie al lockdown, che con tutte le sue limitazioni ha bloccato la diffusione del Coronavirus) questa volta nessun territorio sembra essere esente. Perchè se è vero che la maggior parte dei positivi individuati è asintomatico (ma questo non vuol dire che sia non contagioso) è altrettanto reale la preoccupazione per gli ospedali che stanno tornando a riempirsi di pazienti con sintomi non banali.
(da agenzie)
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Ottobre 13th, 2020 Riccardo Fucile
DELIRIO NEGAZIONISTA: “LE MASCHERINE SONO UN SEGNO DELLA VOSTRA SOTTOMISSIONE”
La pandemia? Una montatura! E le mascherine? Inutili per proteggere dai virus.
Se ci fosse una classifica dei “no mask” più convinti e radicali probabilmente Carlo Laurenzi, uno dei titolari dell’agenzia immobiliare ‘Labirinto’ di Forlì, ricoprirebbe le primissime posizioni.
All’ingresso della sua attività ha infatti appeso una serie di cartelli che invitano esplicitamente i clienti a non entrare se muniti di mascherina protettiva. Per essere ancor più chiaro ha anche appeso una piccola bara con su scritto “Qui giace la Costituzione italiana”. Laurenzi è convinto che “le mascherine non servono a proteggere dai virus, ma sono un segno della vostra sottomissione” e “Chi rinuncia alla libertà per avere sicurezza, non merita nè libertà , nè sicurezza”.
Intervistato da Today ha sfoderato il repertorio del perfetto complottista: per lui le mascherine non servono a proteggere dal contagio, bensì a imbavagliare i cittadini: “Questo è quanto fanno i pecoroni. Io invece sono disposto a giocarmi la casa per non rinunciare alle mie libertà , alle leggi esistenti, alla Costituzione e alle convenzioni internazionali”.
L’agente immobiliare, che è arrivato a vietare l’ingresso a chi indossa una mascherina protettiva attenendosi alle direttive di legge, è convinto che i virologi interpellati in questi mesi abbiano “interessi e intrallazzi con l’Oms” e che ci siano medici come il professor Tarro “che dicono l’inverso, senza interessi personali. Io non dico ai miei clienti ‘Compra l’immobile’, ma ‘Vieni col tuo tecnico’. Qui il ‘tecnico dello Stato’ è quello che sta dicendo quello che vuole lui, quello che vogliono persone impelagate con l’Oms e con una serie di organismi non trasparenti. Medici come Fauci, che ha tutto il potere del mondo, ha interessi, gli altri no. Io devo essere libero di scegliere”.
(da agenzie)
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Ottobre 13th, 2020 Riccardo Fucile
PER SALVARE LA SANITA’ SERVONO I 36 MILIARDI DEL MES, IL RECOVERY NON ARRIVERA’ PRIMA DEL SECONDO SEMESTRE 2021
Solo una piccola parte dei fondi del programma europeo Sure arriverà entro la fine di quest’anno. Per vedere le prime risorse del Recovery Fund bisognerà attendere almeno fino a giugno del 2021, se non oltre, visto che la prima emissione di bond non dovrebbe iniziare prima di quella data.
E questo anche se l’Europarlamento e il Consiglio Ue dovessero smettere di litigare e nel prossimo vertice europeo fissato per il 15-16 ottobre trovare un accordo a tempo di record nella difficile trattativa sul bilancio Ue.
Intanto però i contagi crescono e si allungano le code dei drive-in per i tamponi. In poche parole: la sanità si avvicina a un nuovo collasso e i soldi non bastano. L’Italia ha il fiato corto per ripartire in questa corsa. Ecco perchè, al di là delle polemiche politiche, adesso servirebbero urgentemente i 36 miliardi del Meccanismo europeo di stabilità (Mes).
Il Recovery Fund? Se ne parla nell’estate 2021
L’Italia si aspetta di ottenere dal Recovery Fund 209 miliardi di euro tra contributi a fondo perduto, poco meno di 90 miliardi di euro e prestiti a tassi agevolati. Si tratta di mettere assieme un programma di intervento serio e credibile, senza perdere tempo e facendosi trovare pronti alla scadenza che fissa Bruxelles. Ma i trattati sono finiti in un cul-de-sac. Lo scontro sul bilancio europeo e la difesa dello Stato di diritto in Europa è la dimostrazione che i soldi del Recovery plan potrebbero arrivare ben oltre la primavera. Senza quell’accordo la procedura per concedere all’Italia i primi 65 miliardi a fondo perduto non può nemmeno iniziare.
Per fare un recap dell’ultima tesissima settimana: tutto è iniziato quando il presidente della commissione Bilanci all’Eurocamera, Johan van Overtfeldt, si è detto “deluso” dalla proposta di compromesso inviata dalla presidenza di turno tedesca del Consiglio. A suo dire, “nonostante i sei dialoghi trilaterali, il Consiglio non si è mosso e non c’è niente di nuovo nella sua proposta”. Poche ore dopo è arrivata la reazione della Germania, che tramite un tweet del portavoce della Rappresentanza del Paese Sebastian Fischer ha definito “deplorevole” il fatto che il Parlamento “oggi abbia perso l’occasione di portare avanti i negoziati sul bilancio Ue per il 2021-2027”. Insomma, i negoziati per arrivare a un accordo sul bilancio Ue 2021-2027 e il piano Next Generation Eu (di cui il Recovery fund è il principale pilastro) si sono interrotti bruscamente. E le risorse pensate per risollevare i Paesi membri dall’emergenza Coronavirus — che gli europarlamentari chiedono di aumentare — ora rischiano seriamente di arrivare in ritardo.
Gli schieramenti per il Mes
Ci sarebbero le risorse del Fonda Salva stati, ma lì il nodo è tutto politico: l’Italia ha bisogno come non mai di tornare ad investire in sanità dopo anni di tagli, e secondo il ministro della Salute Roberto Speranza andrebbero stanziati non meno di 25 miliardi di euro, ma ideologicamente i Cinque Stelle dicono che per i nostri bisogni è più che sufficiente il Recovery Fund, dimenticando però che a differenza di quest’ultimo, i prestiti del Salva-Stati potrebbero arrivare in pochi mesi. Da subito, ovvero nel secondo trimestre 2021, si potrebbe aspirare ad ottenere solamente un acconto pari al 10 per cento, all’incirca 20 miliardi di euro.
Ma perchè fioccano le critiche? I “no” al Mes derivano dal fatto che sia M5s che l’opposizione non credono che questi finanziamenti siano slegati da condizionalità . E questo nonostante le ripetute dichiarazioni delle istituzioni europee e dei nostri partner europei. La battaglia, in pratica, è fra chi vorrebbe portare a casa i soldi facili del Mes e chi invece ne teme le conseguenze politiche.
Tra i favorevoli al Mes il segretario Pd Nicola Zingaretti. Con lui le Regioni, il partito di Matteo Renzi, Luigi Di Maio e l’ala realista dei Cinque Stelle. La parte del “No” è guidata invece dal premier Giuseppe Conte, il ministro del Tesoro Roberto Gualtieri, colleghi Pd come Dario Franceschini e Roberto Speranza. Ma, al di là del timore per la tenuta della maggioranza, il ministro dell’Economia deve evitare l’ulteriore esplosione del debito. Ecco perchè al Tesoro puntano tutto sui 65 miliardi a fondo perduto a cui avrà diritto l’Italia. Qualunque altro prestito è nuovo disavanzo, persino l’uso dei fondi Mes per rendicontare spese già effettuate o comunque messe a bilancio.
Per i governatori regionali, che hanno da spendere otto euro su dieci in sanità , il sì al Mes ha un valore simbolico. Speranza ha un obiettivo in più: aumentare il volume complessivo dei fondi. Gualtieri deve invece sottolineare che con i rendimenti sotto all’1 per cento il Mes permetterebbe di risparmiare 250 milioni di euro l’anno rispetto a normali emissioni di obbligazioni.
Perchè il Mes adesso ci serve
La questione “Mes sì-Mes no” è stata ridotta in questi mesi a un dibattito ideologico, più che a un’analisi dei costi-benefici. E ora, con i contagi che risalgono vertiginosamente, le ore di coda ai drive-in per i tamponi, i reparti Covid tornati a riempirsi, le terapie intensive che in alcune regioni arrivano a livelli pericolosi e la parola lockdown che torna minacciosa alle porte di un lungo inverno, quei soldi per la sanità servono più che mai per reggere l’urto di una seconda ondata.
Si è perso tempo, troppo tempo, nel discutere delle “condizionalità ”, dei timori di essere soggetti alla “sorveglianza rafforzata”, ai possibili “aggiustamenti macroeconomici” e alle “misure correttive precauzionali”. Memori degli effetti che il Fondo salva-Stati aveva prodotto in Grecia qualche anno fa. È vero, il Paese che fa richiesta del Mes deve sottoscrivere una lettera di intenti o un protocollo d’intesa che viene negoziato con la Commissione europea. In genere vengono richieste riforme specifiche, mirate ad eliminare o quantomeno mitigare l’effetto dei punti deboli dell’economia del paese richiedente: si va dal consolidamento fiscale (cose come i tagli di spesa, l’aumento delle tasse o le privatizzazioni) a riforme strutturali per stimolare la crescita ed aumentare la competitività , sino a riforme del settore finanziario. Ma questa volta siamo davanti a una linea di credito varata per effetto del COVID-19, chiamata infatti “Pandemic crisis support”. In essa l’unica condizionalità posta per la richiesta del prestito è l’uso delle risorse, volte a coprire spese sanitarie “dirette e indirette”.
Circa 36 miliardi di euro per ospedali e ambulatori, diagnostica e ricerca farmaceutica. Le possibilità di impiego sono ampie, lo aveva sottolineato il segretario generale del Mes Nicola Giammarioli: “Ad esempio, va dai vaccini alla ricerca passando per la riorganizzazione della sanità e la ristrutturazione degli ospedali, ai contributi per le case di riposo fino ad un ammodernamento del sistema sanitario sul territorio e dei medici di base”.
Se a fine luglio l’Italia avesse chiesto un prestito ricorrendo al Pandemic crisis support, avrebbe affrontato un costo negativo del -0,12 per cento per un prestito a 10 anni e del -0,26 per cento per un prestito a 7 anni. In pratica, avrebbe ricevuto dal Mes più soldi di quanto avrebbe dovuto restituire. Un’opportunità da non perdere per un paese come l’Italia in pericolo di fronte alla seconda temibile ondata del Covid-19.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 13th, 2020 Riccardo Fucile
PARLA CARTABELLOTTA DEL GIMBE
I nuovi casi di Coronavirus in Italia nelle ultime 24 ore sfiorano quota 6mila, sono 5.901, rilevati sulla base di 112.544 tamponi, 41 i deceduti.
Sempre nelle ultime 24 ore i pazienti guariti/dimessi sono stati 1.428. Dall’ultimo bollettino emerge inoltre un dato preoccupante: sono 514 i pazienti ricoverati in terapia intensiva (62 in più di ieri).
Il principale sindacato dei medici ospedalieri Anaao-Assomed questa mattina aveva lanciato l’allarme: le terapie intensive italiane potrebbero andare a saturazione nel giro di due mesi, se il trend di incremento dei casi Covid continuasse ad aumentare come sta già accadendo in altri Paesi europei.
“Questa crescita ormai esponenziale dei nuovi casi settimanali che si riflette prima sugli ospedalizzati e poi sulle terapie intensive, e poi purtroppo anche sui decessi, non ci sorprende”, afferma a TPI Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe. “Quello che ripetiamo ormai da agosto è che i casi continuano ad aumentare, poi la gente non ci vuole credere e deve per forza toccare con mano.
Ecco, ora stiamo toccando con mano. Non c’è purtroppo niente di nuovo”, prosegue Cartabellotta che spiega: “L’effetto diventa moltiplicativo, non è solo un incremento dei casi che prima vedevamo in maniera lineare: quando i casi attivi, quindi i cosiddetti attualmente positivi si espandono oltre un certo numero, è chiaro che il numero di contagi aumenta sempre di più, non seguendo la linea in maniera dolce ma con delle impennate. E quando si impenna ci sono le evidenti conseguenze a livello di pazienti ospedalizzati e di terapie intensive. La risalita della curva epidemica è un fatto assolutamente normale”.
Il presidente del Gimbe spiega anche come interpretare questi numeri e perchè in realtà il virus non abbia perso per nulla carica virale: “A marzo siamo stati catapultati sulla vetta direttamente dall’elicottero, adesso stiamo facendo la scalata, ed è chiaro che quando si fa la scalata, uno sale a poco a poco. È evidente che si tratta di una dinamica completamente diversa. Durante l’estate abbiamo quasi azzerato la curva dei contagi: a fine luglio avevamo 1.400 casi a settimana. Nella settimana 30 settembre-3 ottobre abbiamo avuto 17.252 nuovi casi, questa settimana 35.204, esattamente il 50% in più. A cascata questi casi si riflettono prima sugli ospedalizzati con sintomi, poi sulle terapie intensive, poi purtroppo anche sui decessi. Tutte le curve salgono, ovviamente salgono in maniera differente dal punto di vista quantitativo”.
“Se qualcuno ha affermato che il virus ora è meno ‘letale’ è perchè in molti volevano crederlo. Ma ciò non è mai stato dimostrato scientificamente. Era una sorta di ventata di ottimismo nel momento in cui si era quasi abbattuta la curva dei contagi grazie al lockdown prolungato. Per il prossimo futuro è difficilissimo fare previsioni, con questi balzi settimanali immaginare che ci siano riduzioni “spontanee” è molto, molto difficile. Bisogna stare in campana e vedere con quale tendenza sale la curva”.
(da agenzie)
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