Ottobre 21st, 2020 Riccardo Fucile
URGONO STRETTE VERE MA IL PREMIER PRENDE ANCORA TEMPO, VENERDI’ IL REDDE RATIONEM
C’è una vera e propria battaglia nel governo e riguarda una nuova stretta a livello nazionale per arginare l’ondata di contagi.
L’ala dei rigoristi, guidata da Dario Franceschini, Roberto Speranza e dal commissario straordinario Domenico Arcuri, spinge affinchè venerdì, dopo il consueto report dell’Istituto superiore di sanità , si tiri una riga e, in coordinamento con il Comitato tecnico scientifico e le Regioni, si prepari un nuovo pacchetto di misure già a partire dal prossimo fine settimana.
Dall’altro lato quasi tutta l’intera pattuglia del Movimento 5 stelle che invita alla prudenza, che evidenzia come la tenuta sociale ed economica del paese sia a rischio, come un nuovo giro di vite potrebbe trascinare intere fasce di popolazione nel baratro. E Giuseppe Conte in mezzo.
La linea dei ministri della Cultura e della Sanità è riassumibile in questi termini: le misure prese nell’ultimo dpcm non stanno nè in cielo nè in terra, non fanno i conti con la realtà , se non ci acconciamo adesso a un periodo di restrizioni e sacrifici nel giro di qualche settimana saremo costretti a un lockdown, e allora sì che saranno lacrime e sangue.
Walter Ricciardi, che di Speranza è consulente, lo ha detto chiaro e tondo, aprendo uno squarcio su quel che sono le spinte che provengono dal ministero: “Milano, Napoli e forse Roma sono fuori controllo. Quando non riesci a contenere devi mitigare, ovvero devi bloccare la mobilità ”.
Da Palazzo Chigi al momento si smentisce categoricamente che un nuovo dpcm sia previsto per il weekend. “Eppure vedrai che lo faranno”, ammette un ministro M5s.
Il capo del Governo sta monitorando con il suo entourage l’andamento della curva. E’ restio a accelerare su provvedimenti più drastici, ma è ben conscio che la situazione è fluida, e che nel giro di poche ore il quadro potrebbe cambiare drasticamente. L’alto numero di contagi di oggi, sopra i 15 mila, è stato letto con preoccupazione, e dal suo entourage fanno sapere che il governo è “pronto a intervenire” in qualunque momento. “Il punto è che al momento non vuole mettersi contro gli industriali, con i quali ha pochi rapporti”, è il punto di vista di una fonte pentastellata nell’esecutivo.
Conte confida di poter evitare un nuovo dpcm anche in funzione della nuova strategia nella quale inizialmente si è trovato stretto e che poi ha deciso di sposare.
Raccontano che sia stato l’intervento di Franceschini a essere dirimente, nelle ore successive alla serrata delle scuole disposta da Vincenzo De Luca: “Giuseppe, non possiamo fare la guerra alle Regioni impugnando le ordinanze. Dobbiamo sostenere le istituzioni locali e coordinare gli interventi, o rischiamo di andare allo scontro perenne”.
Dopo qualche ora di riflessione, il presidente ha dato il proprio via libera. A Speranza e a Francesco Boccia il compito di istituire il coordinamento delle operazioni. Il ministro degli Affari regionali ha istituito una sorta di cabina di regia permanente, sentendo quotidianamente quasi tutti i governatori valutando e validando le proposte.
Di concerto con il ministro della Salute, che sta controfirmando le ordinanze dei presidenti: prima la Campania, quindi il Piemonte, poi la Lombardia. E’ lo stesso governo a sollecitare le Regioni laddove la curva dei contagi appare più preoccupante, come in Veneto, Liguria e Valle d’Aosta. Conte stesso si è intestato l’operazione intervenendo al Senato: “In specifiche regioni siamo pronti a intervenire con misure più restrittive”.
E’ significativo il caso del Lazio. Nicola Zingaretti è tra coloro i quali fin dalla scorsa settimana ha insistito per misure più stringenti. In un primo momento, quando la strategia dei “lockdown” dal basso non era ancora maturata e all’orizzonte sembrava profilarsi una nuova stagione di scontro tra Roma e autonomie locali, aveva fatto sapere di non voler prendere decisioni in autonomia, conscio anche del significato politico che avrebbero assunto per il doppio ruolo di leader di uno dei principali partiti di governo. Il segretario del Pd si è mosso solo quando il quadro è diventato chiaro, procedendo come i colleghi a disporre coprifuoco e incremento della didattica a distanza.
Per i rigoristi, secondo i quali questa tecnica a macchia di leopardo comunque non basta, è un modo per rientrare dalla finestra, per Conte e il governo tutto è una via d’uscita per scaricare almeno una parte dell’impopolarità dei provvedimenti sulle Regioni.
Qualcuno nei 5 stelle maligna: “E’ scottato dall’indagine sulla mancata zona rossa nella bergamasca, è ovvio che da questo punto di vista non vuole avere storie”.
Quanto si potrà andare avanti in questa sorta di ordine sparso organizzato non si sa. Nessuno vuole il lockdown, ma i rigoristi continuano a spingere con forza per un nuovo dpcm, Palazzo Chigi prende tempo.
Venerdì, probabilmente, il redde rationem.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 21st, 2020 Riccardo Fucile
LA SITUAZIONE DEI RICOVERI E CIO’ CHE ANDAVA FATTO
L’Italia è nel pieno della seconda ondata di Coronavirus: la Lombardia registra sempre più casi, mentre Milano ora sembra essere l’epicentro dell’epidemia.
Un incubo che si ripropone a distanza di pochi mesi e che rischia di rivelarsi addirittura peggiore di quello della prima ondata, quando il nostro Paese è stato letteralmente travolto dall’epidemia di Covid-19.
“Una situazione stranamente simile a quella di marzo” la definisce Massimo Galli, direttore/responsabile del reparto Malattie Infettive all’Ospedale Luigi Sacco di Milano, che in un’intervista a TPI spiega qual è la situazione dei ricoveri ospedalieri nella città meneghina, quali sono le misure da prendere per evitare il lockdown e cosa andava fatto per evitare questa situazione di “dèjà vu”.
Il responsabile Direzione Medica di Presidio dell’ospedale in cui lei lavora, il Sacco di Milano, ha dichiarato che al momento ci sono circa 200 pazienti Covid ricoverati nel nosocomio, di cui un centinaio in terapia intensiva. Siamo di nuovo al punto di partenza?
Premesso che non posso fornire i dati nel dettaglio perchè non mi compete, quello che stiamo vivendo qui in ospedale è, come ho avuto già modo di dire in altre occasioni, un dèjà vu. Stiamo ricominciando ad avere una situazione stranamente simile a quella che abbiamo già avuto a marzo. Cosa che certamente non ci fa piacere. Per ciò che concerne il mio reparto (Malattie infettive n.d.r.), posso aggiungere che in questo momento è pieno di malati impegnativi.
Rispetto a marzo, l’epicentro dell’epidemia ora sembrerebbe essere Milano.
Sì, a Milano stiamo vivendo una situazione complicata con una crescita importante dei casi. È un dato di fatto che il controllo della situazione è sfuggito o sta sfuggendo dal punto di vista del numero di pazienti che ci troviamo a vedere ogni giorno. Abbiamo focolai ormai diffusi e il problema è che ormai facciamo fatica a contenerli. Per questo motivo insieme ai colleghi Faccini e Rizzi abbiamo lanciato un appello affinchè vengano adottati velocemente interventi mirati.
Milano e la Lombardia sono ancora in tempo per invertire la tendenza?
Si, ma bisogna agire subito. Invertire quest’ordine di tendenza implicherà più di 15 giorni. Per le prossime due settimane noi continueremo ad avere in maniera non riducibile casi e ahimè anche casi sufficientemente gravi da dover ricorrere a un ricovero ospedaliero. E mi aspetto che progressivamente aumenti l’età media e con l’aumento dell’età media dei casi che arrivano alla nostra valutazione aumenti anche il tasso di gravità , che già comunque è importante. Non le nascondo che in questo momento la preoccupazione c’è ed è anche del tutto comprensibile.
Nell’ultimo giorno, in Lombardia sono stati registrati 4.125 nuovi casi, di cui 1.800, quasi la metà , a Milano. Dal 22 ottobre entra in vigore il coprifuoco in tutta la Regione, mentre nel weekend saranno chiusi i centri commerciali. Basteranno queste misure, insieme a quelle adottate dal governo, a rallentare l’epidemia?
Forse arrivano con un po’ di ritardo, io avrei visto volentieri queste misure già prima dello scorso weekend, ma era comunque indispensabile dare un segnale importante, che consigliasse alle persone di starsene a casa. Vedremo nelle prossime settimane, poi, se queste misure si riveleranno utili ad arrestare la corsa del virus.
Siamo ancora in tempo per escludere un lockdown a Milano?
Stando a come sta crescendo il fenomeno, è chiaro che gli elementi di realismo che portano a pensare che possano essere necessari provvedimenti anche più drastici ci sono. Non escludo che si debba fare di più, però mi auguro che non si debba arrivare alla chiusura totale, anche solo della città , per non parlare di quello a livello nazionale, che sarebbe un vero e proprio disastro.
Che cosa si sarebbe dovuto fare — ma che evidentemente non è stato fatto — per evitare la seconda ondata?
Prendere la cosa più seriamente. Qualcuno fino a una settimana fa o poco più era ancora schierato su posizioni come ‘bisogna evitare inutili allarmismi’ o ‘limitazioni drastiche sarebbero inaccettabili’ e cose di questo genere. Ci sono una serie di evidenti interessi che determinano una grande riluttanza nell’applicare norme che dovevano essere applicate già da tempo. Sto parlando in particolare di tutto quello che è stato fatto durante l’estate. È inutile recriminare, ma è un dato oggettivo. La condizione che abbiamo adesso l’avremmo evitata se avessimo avuto un comportamento più virtuoso e meno condizionato da pressioni legate a interessi di settore, che poi sono diventate anche scelte politiche. Se questo non fosse accaduto, non saremmo in questa condizione. Mi sembra che lo stupore di qualcuno nell’osservare ciò che sta accadendo sia ridicolo. Chi ha competenze o ritiene di averle veramente in questo ambito, i trend li evidenzia ben alla svelta. I modelli rappresentati anche da realtà analoghe negli altri Paesi erano sotto gli occhi di tutti. Non si poteva pensare di riuscire a convivere con questo virus non facendo proprio nulla di quello che andava fatto nell’arco dei mesi estivi. La “sorpresa” di alcuni nell’apprendere ciò che sta accadendo ora in Italia si traduce in un numero importante di morti, nella pressione sugli ospedali e nella riduzione dei servizi sanitari perchè gli ospedali o curano una cosa o ne fanno un’altra. E questa volta questo sta accadendo in tutta Italia, perchè il problema è ora un problema diffuso al di fuori di quella che è stata l’area più colpita nella prima ondata. Dopo averne viste di tutti i colori questa estate, che cosa dovrei aggiungere ancora?
(da TPI)
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Ottobre 21st, 2020 Riccardo Fucile
“LE MASCHERINE DA SOLE NON BASTANO”
Le sue parole non piaceranno: Andrea Crisanti, ordinario di microbiologia all’Università di Padova, ha parlato di emergenza Coronavirus facendo il punto della situazione e parlando di altri provvedimenti che potrebbero essere attuati per frenare la risalita della curva delle infezioni per evitare un blocco rigoroso, come quello che si è avuto la scorsa primavera
“Per abbattere la trasmissione del Coronavirus servirebbero misure più stringenti, come il lockdown. Ma nessuno lo vuole per i danni sociali ed economici che comporta – ha sottolineato -. Ci sono però delle vie di mezzo, finora mai sperimentate, che servono a diminuire i contatti sociali. Le interazioni sociali sono il meccanismo di trasmissione del virus per questo vanno limitate. Bene allora il coprifuoco o la limitazione dell’attività degli esercizi pubblici o ancora la chiusura delle scuole. Le mascherine non bastano. Sono essenziali ma non bastano”
Secondo l’esperto, “non possiamo andare avanti con misure di contenimento, aperture e poi di nuovo altre chiusure, perchè si viene a creare un’altalena che uccide qualsiasi forma di economia. Va implementato il sistema di tracciamento, che ora è sbriciolato”.
E sulla sua proposta di lockdown durante le vacanze di Natale ha chiarito: “Sono stato abbastanza ottimista, parlando di un blocco inevitabile a Natale se i contagi continuano a salire. È un buon periodo per questo, perchè ci sono 3 settimane di vacanze per le scuole, le attività produttive sono a ritmo ridotto e si sarebbe dovuto anche impedire di effettuare viaggi interregionali, pur salvaguardando le attività commerciali. In questo modo si sarebbe resettato il sistema e abbassato il numero dei positivi”.
Andrea Crisanti, virologo dell’Università di Padova, ha parlato anche della possibilità che il vaccino contro il Covid sia pronto tra due mesi.
“Forse fra due mesi arriverà qualcuno che dice ‘abbiamo un vaccino’. Ma da lì a fare uno studio pilota e poi a distribuirlo, passano tanti mesi”, ha detto a Sky Tg24.
Alla domanda se questa estate abbiamo perso un’occasione importante, l’esperto ha risposto: “Sulla base di quello che stiamo vedendo adesso abbiamo messo a rischio sia i sacrifici che hanno fatto gli italiani che sono restati a casa due mesi sia l’economia, un
sacrificio che ci è costato 150-160 milioni”.
“La sfida per i prossimi mesi e nei prossimi due anni sarà tenere sotto controllo il virus, stiamo dando un vantaggio competitivo pauroso a Cina, Giappone, Corea, cioè a tutte quelle economie che sono riuscite a controllare l’epidemia”. “Fare paragoni con altri Paesi europei è da vili”, ha affermato ancora.
(da Globalist)
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Ottobre 21st, 2020 Riccardo Fucile
LA FRASE NON SENSE E SGRAMMATICATA CON CUI SI ANNUNCIA LA DIDATTICA A DISTANZA
Sarà che la situazione è poco chiara a tutti ma quanto affermato sul sito della Regione Lombardia per annunciare i nuovi provvedimenti dell’ordinanza firmata oggi da Fontana e Speranza in termini di Didattica a Distanza non è molto chiaro. Si legge sul sito della Regione Lombardia: «Le scuole secondarie di secondo grado devono realizzare dal 26 ottobre le proprie attività in modo da assicurare il pieno svolgimento della didattica a distanza per lezioni mediante la didattica a distanza».
La frase priva di senso logico e apparentemente forbita scelta dalla Regione Lombardia per comunicare il provvedimento non è passata inosservata ad alcune delle prime persone che l’hanno letta e hanno fatto lo screen quanto c’è scritto.
La ripetizione dell’espressione «didattica a distanza» rende la proposizione alquanto complicata.
Seppure se ne afferri il senso — ovvero che a partire dal 26 ottobre in Lombardia «le scuole secondarie di secondo grado e le istituzioni formative professionali secondarie di secondo grado devono realizzare le proprie attività in modo da assicurare il pieno svolgimento della didattica a distanza per le lezioni, qualora siano già nelle condizioni di effettuarla» — il periodo risulta di difficile comprensione e sgrammaticato.
(da agenzie)
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Ottobre 21st, 2020 Riccardo Fucile
IL 7-0 SI E’ TRASFORMATO IN UNA SCONFITTA 3-4
Doveva essere una vittoria schiacciante. Un sette a zero per lasciare gli avversari (politici) irretiti e senza alibi. Doveva essere un chiaro segnale.
La realtà , però, ha offerto un finale diverso. Come nella finale di Supercoppa Italiana del 2006: la Roma in vantaggio per 3-0 dopo 34 minuti, poi rimontata dall’Inter. Stesso risultato: 4-3.
Ed ecco che la Lega in Valle d’Aosta certifica l’esito della tornata elettorale delle Regionali con una clamorosa sconfitta. Perchè oggi è arrivata la conferma di quanto iniziava a trapelare fin dal giorno seguente quel voto del 2o e 21 settembre: la guida della Regione è andata al Erik Lavevaz, Leader dell’Union Valdotaine. E il Carroccio, dunque, resta all’opposizione.
Essere il primo partito, in termini numerici, non è bastato. La Lega in Valle d’Aosta — alla fine della fiera — non ha ottenuto la guida della Regione. Il sistema elettorale, infatti, non prevedeva l’elezione diretta del Presidente, ma solo la formazione dei gruppi parlamentari all’interno della giunta. Ed è lì che la corsa solitaria del Carroccio si è scontrata con la realtà : Erik Lavevaz, leader dell’Union Valdotaine, ha ottenuto 20 voti sui 35 disponibili. Sostenuto, ovviamente, dal suo partito, da una lista autonomista e dal Progetto civico progressista, il gruppo di cui fa parte il Partito Democratico.
Alla fine, dunque, quel sette a zero annunciato durante la lunghissima campagna elettorale estiva si è tramutato in una sconfitta finale. E oggi, con la decisione presa dalla Valle d’Aosta, la partita persa è arrivata al triplice fischio. Dopo la Toscana, la Puglia e la Campania, dunque, Matteo Salvini deve fare i conti con un qualcosa di prevedibile, nonostante i sorrisi di circostanza post elezioni. Il centrodestra ha comunque, guadagnato una Regione (le Marche) e si è confermato in Liguria e Veneto. Ma l’obiettivo non è stato centrato. Anzi, è del tutto fallito.
(da agenzie)
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Ottobre 21st, 2020 Riccardo Fucile
IL CTS LO AVEVA GIA’ MESSO IN PREVENTIVO
La richiesta del coprifuoco dalle 23 alle 5 fatta dalla Regione Lombardia al governo “credo non sia del tutto sufficiente per Milano“: lo ha detto il virologo e membro del Cts regionale Fabrizio Pregliasco, intervistato da Radio Popolare, aggiungendo che “per densità di popolazione, interscambi lavorativi, i contatti legati alla tipologia abitativa di Milano, sicuramente è un malato più grave”.
Pregliasco ha spiegato che si attenderanno gli effetti di questa ordinanza “ma siamo pronti velocemente a immaginare ulteriori provvedimenti”.
E il Fatto rivela che un report prevedeva il lockdown per Milano:
Le 47 pagine del documento riservato “Report sintetico Covid nuovi casi del 15.10.2020”, con tanto di tabelle, grafici, ubicazione e composizione dei nuovi focolai, sono state introdotte nella riunione di venerdì al Pirellone dal direttore generale della Sanità , Marco Trivelli, in modo lapidario: “Non siamo in grado di controllare l’e pidemia”. E se prima l’epidemia, durante la prima ondata, si era concentrata per lo più solo in alcune zone (Bergamo e Brescia), quelle che hanno sviluppato oggi una “prote -zione di comunità ”, ora invece l’allarme vero è Milano, seguita da Monza, Varese e Pavia. La metropoli da 3 milioni di abitanti è il cuore attuale di questa seconda ondata, che ancora una volta sembra colpire con maggior forza la Lombardia. “E quello che ci preoccupa è che non sappiamo esattamente in una grossa metropoli la velocità con cui il fenomeno si può verificare ”, ha detto Vittorio Demicheli, il direttore sanitario dell ‘Ats Milano.
Il sindaco di Milano Giuseppe Sala in un video messaggio su Facebook ha spiegato che alla base della decisione di far scattare il coprifuoco, presa insieme al presidente della Regione Attilio Fontana c’è la relazione del Cts regionale. Se non scattasse il coprifuoco in Lombardia la situazione dei contagi, e dei ricoveri sarebbe insostenibile per gli ospedali: si arriverebbe a “4 mila entro fine mese che ingolferebbero il sistema sanitario e impatterebbero anche sulle altre importanti cure che il sistema sanitario gestisce.
“A ieri in terapia intensiva ci sono 113 persone, ma soprattutto quello che ci e’ stato detto è che con le misure di prevenzione a oggi adottate c’è una seria probabilità che entro fine mese, a breve, questi 113 diventino 600 e soprattutto che ci siano 4 mila ricoveri. Grave per il numero delle persone in terapia intensiva, ma anche per il numero dei ricoveri” che metterebbero in seria difficoltà gli ospedali”. Per tutto questo si è deciso per il coprifuoco che durerà tre settimane, dalle 23 alle 5 del mattino. In realtà la situazione è già oltre, spiega il Fatto:
Ma il futuro, se si guardano i dati e gli scenari del report della Regione, è già qui.
In un foglio Excel diviso in 4 colonne di diverso colore, dal verde al rosso fuoco, si tracciano 4 scenari. Si passa da una situazione di “Trasmissione localizzata invariata rispetto al periodo luglio-agosto” (verde), all’estremo opposto, “Trasmissibili tà non controllata con criticità nella tenuta del sistema sanitario nel breve periodo”(rosso). A fare la differenza, il numero dei contagi, l’indice Rt e l’occ upazione delle terapie intensive.
E se si verifica lo scenario 4, quello rosso per intenderci, con numeri vicini ai 15mila casi settimanali, l’opzione scritta nera su bianco è “!? LOCKDOWN ?!” (punteggiatura compresa).
È su questo che il Cts già nella riunione di venerdì avrebbe puntato forte, sottolineando come già venerdì la Lombardia fosse, coi suoi oltre 13.700 nuovi casi maturati la scorsa settimana, in uno scenario da lockdown. Una situazione a cui era fortemente consigliato rispondere, secondo gli scienziati, con “restrizioni generalizzate con estensione e durata da definirsi” e con un “lockdown”.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 21st, 2020 Riccardo Fucile
TRE ASSESSORI ALLA LISTA DEL GOVERNATORE, DUE A LEGA E DUE A FDI… CON LA LIGURIA NELLA BRATTA, LA DELEGA ALLA SANITA’ NON VIENE ASSEGNATA A NESSUNO… FORZA ITALIA POTREBBE ROMPERE E NON APPOGGIARE LA GIUNTA
Nessuna sorpresa delle ultimissime ore, un mese esatto dopo il voto la nuova giunta regionale ligure ha finalmente nomi, volti, deleghe. Il governatore regionale Giovanni Toti ha confermato con una diretta su Facebook quello che già si era capito negli ultimi, convulsi giorni. In squadra ci sono diverse conferme, i tre assessori promessi fedelissimi del presidente (gli arancioni Ilaria Cavo, Marco Scajola, Giacomo Giampedrone), il meloniano Gianni Berrino, il “super assessore” leghista all’Economia Andrea Benveduti. Lega e Fratelli d’Italia avranno anche un secondo assessore in giunta a testa: il Carroccio Alessandro Piana – che lascia la presidenza del Consiglio regionale adun altro leghista, Gianmarco Medusei – Fdi l’avvocata Simona Ferro.
Rimane fuori, come già pareva chiaro da tempo, Forza Italia. A ben poco sono serviti i rilanci di Silvio Berlusconi e l’appoggio degli altri partiti alleati alla causa unitaria. Agli azzurri è rimasto il solo posto da vicepresidente del Consiglio, il cosiddetto segretario d’aula, destinato – se accetterà – a Claudio Muzio, unico eletto di Fi. E così rimane da capire come si gestiranno – sul piano locale, e soprattutto su quello nazionale – gli eventuali contraccolpi delle scelte prese da Toti.
Così le deleghe
Come già annunciato su Twitter nella tarda serata di ieri, pare già praticamente chiusa anche la partita deleghe. Rimangono per ora sulle spalle della presidenza le più delicate, il bilancio e la sanità (“il momento è difficile, servirà un’unica guida su queste emergenze, poi tra alcune settimane si cambierà “, fa capire Toti). A lungo vicinissima a doversi accontentare della presidenza del Consiglio, prima che la Lega stoppasse la proposta fatta da Toti per mettere tutti d’accordo dopo giorni di tensioni, Cavo continuerà a occuparsi di scuola e formazione, con in più le politiche sociali. A Giampedrone toccherà la delega alla protezione civile, a Scajola, altra conferma, le deleghe a urbanistica, territorio e demanio.
Chi sale e chi scende
La Lega, che di fatto ha rinunciato a uno dei tre assessorati richiesti, vede confermato Andrea Benveduti, che sarà vicepresidente di giunta con la delega a sviluppo economico, commercio, porto e industria, e “salire” l’imperiese Alessandro Piana, che si occuperà di agricoltura e parchi. In Fdi, invece, le richieste del coordinatore Matteo Rosso vedono confermate nella conferma di Gianni Berrino (trasporti e turismo) e la novità Simona Ferro, cui sono state affidate le deleghe all’organizzazione della macchina regionale, al personale e le nuove deleghe ai bambini e agli animali.
Finita almeno una fase del totogiunta, a questo punto sono attese le reazioni degli alleati del Toti bis. Nel pomeriggio Forza Italia fa già capire potrebbe uscire dalla maggioranza. “Dalla Liguria rischia di partire un messaggio importante, e cioè che il centrodestra non esiste più – commenta Carlo Bagnasco, coordinatore azzurro in Liguria – e che Toti ha scelto di ignorare i patti”.
(da agenzie)
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Ottobre 21st, 2020 Riccardo Fucile
TORNANO L’AUTOCERTIFICAZIONE E LA DIDATTICA A DISTANZA
Il presidente del Consiglio continua a frenare su misure drastiche a livello nazionale per arginare l’aumento dei contagi ed esorta a evitare feste nelle abitazioni private e ridurre gli spostamenti non necessari. Giuseppe Conte dice di osservare l’andamento della curva epidemiologica, mentre tra gli alleati di governo del Pd sono molte le voci che chiedono provvedimenti più severi, come quelli già assunti in alcune regioni. E torna un cardine delle chiusure della scorsa primavera: l’autocertificazione.
Il vecchio modulo, riposto in un cassetto come ricordo, potrebbe tornare tristemente utile, almeno nelle regioni che hanno deciso di istituire il coprifuoco. Infatti, come durante la chiusura totale dello scorso marzo, gli spostamenti effettuati durante le ore di chiusura totale dovranno essere giustificati con una dichiarazione firmata, da esibire alle forze dell’ordine. In ogni caso, si potrà derogare al divieto soltanto per comprovata urgenza o per lavoro. Niente passeggiata per portare fuori il cane o corsetta in notturna, per violare il coprifuoco il motivo dovrà essere grave.
Al momento, mentre sono in corso colloqui tra governo e autorità locali, alla luce di un ulteriore aumento dei contagi (oggi i nuovi casi sono oltre 15mila), le regioni che hanno attuato misure più restrittive rispetto al Dpcm di tre giorni fa sono Lombardia, Liguria, Campania e Piemonte, ma si dà per prossima anche l’ordinanza per il coprifuoco nel Lazio. A seconda dell’andamento dei contagi, si potrebbe aggiungere la Sardegna. Il governatore Christian Solinas ha diramato un appello alla responsabilità dei cittadini e annunciato: “Se nelle prossime ore i numeri dei ricoveri continueranno a salire con il trend attuale, d’intesa con il Ministro della Salute e con l’ausilio del nostro Comitato tecnico scientifico, applicaremo in Sardegna uno “Stop&Go” di 15 giorni per le principali attività , con contestuale chiusura di porti e aeroporti per limitare in modo rapido ed incisivo la circolazione delle persone e, con esse, del virus”. Nel Veneto, altra regione che ha segnato un incremento notevole di contagi, il governatore Zaia ha invece escluso chiusure. La Puglia ha chiesto di adottare misure flessibili con didattica a distanza per le scuole.
L’autocertificazione
Come lo scorso marzo, la dichiarazione con cui si violerà eventualmente il coprifuoco per casi di necessità dovrà specificare, oltre ai dati di chi la presenta, dove si sta andando e per quanto tempo si intende restare fuori di casa. L’autocertificazione per motivi di lavoro dovrà sempre indicare il datore di lavoro e la sede in cui ci si reca. Gli orari e ciò che è vietato fare, tuttavia, variano da regione a regione. Ecco come.
Campania
La seconda regione d’Italia, dopo la Lombardia, per numero di persone attualmente positive (oggi 1.760 in più rispetto al dato di ieri), ha decretato martedì la chiusura dei negozi e dei locali pubblici dalle 23 alle 5 del mattino. Le scuole restano chiuse e sembra allontanarsi la riapertura delle scuole primarie prevista per lunedì 26. Il governatore De Luca ha anche deciso di vietare gli spostamenti tra province, se non “per motivi di lavoro, sanitari, scolastici, socio-assistenziali, approvvigionamento di beni essenziali”, da motivare comunque con l’autocertificazione. Nel pomeriggio è stato lo stesso presidente del Consiglio Conte a ventilare la possibilità di misure ancora più restrittive.
Lazio
Il governatore Nicola Zingaretti è pronto a firmare una ordinanza che entrerà in vigore da venerdì notte, 23 ottobre, e che sarà valida per 30 giorni. In sostanza si decreta il coprifuoco dalle 24 alle 5, con il blocco totale alla circolazione notturna. Da lunedì, per le scuole superiori prevista la didattica a distanza al 50%, tranne che per gli alunni di IV ginnasio o del primo anno. Anche all’Università , sempre dal 26 ottobre, lezioni online al 75% tranne che per le matricole e le attività di laboratorio. Il Lazio è pronto anche a creare nuovi posti Covid, per arrivare a un totale di 2913, di cui 553 in terapia intensiva. Avviata inoltre una manifestazione di interesse per rintracciare laboratori privati in grado di fare 5mila tamponi al giorno.
Liguria
Le misure volute dal governatore Toti sono meno drastiche rispetto alle altre regioni. In Liguria infatti vale il divieto di assembramento in tutta la regione, ma il coprifuoco riguarda soltanto Genova, dove il sindaco ha decretato che dalle 9 di sera alle 6 del mattino “si potrà circolare soltanto se si va in uno specifico esercizio commerciale, in un ristorante o in un bar. L’accesso ‘ ludico’ può essere consentito solo se si va in un esercizio commerciale al chiuso o all’aperto, ma con posti a sedere. C’è però una limitazione per le scuole, dove da lunedì nelle superiori si passerà , a parte per le prime classi, alla didattica a distanza a rotazione per il 50% degli studenti.
Lombardia
Come la Campania, la Lombardia, regione italiana con il maggior numero di contagi e con dato record oggi, ha deciso che da domani, giovedì 23, ci sarà il coprifuoco di tutte le attività dalle 23 alle 5. Anche qui, per spostarsi in caso di necessità o lavoro servirà l’autocertificazione. L’ordinanza del presidente Fontana prevede inoltre che “le scuole secondarie di secondo grado e le istituzioni formative professionali secondarie di secondo grado devono realizzare le proprie attività in modo da assicurare, dal 26 ottobre, il pieno svolgimento della didattica a distanza per le lezioni, qualora siano già nelle condizioni di effettuarla e fatti salvi eventuali bisogni educativi speciali”.
Nel fine settimana l’ordinanza dispone poi “la chiusura delle grandi strutture di vendita nonchè degli esercizi commerciali al dettaglio presenti all’interno dei centri commerciali, disposizione che non si applica alla vendita di generi alimentari, nonchè alle farmacie e parafarmacie e altre categorie merceologiche”. I bar e i punti di ristoro che non hanno consumo al tavolo devono però chiudere alle 18. In ogni caso, i tavoli non possono ospitare più di sei persone. Vietate anche fiere e sagre.
Piemonte
Anche il Piemonte introduce l’obbligo per le classi dalla seconda alla quinta della scuola secondaria di secondo grado di seguire per almeno il 50% dei giorni la didattica digitale a distanza, in alternanza con la presenza in aula. Come in Lombardia, centri commerciali chiusi nel fine settimana, anche per evitare, ha detto il governatore Cirio, che si riversassero in Piemonte i consumatori dalla confinante Lombardia. Tutte le attività devono comunque chiudere entro mezzanotte, a parte bar e ristoranti che non hanno consumo ai tavoli, che chiudono alle 18. Per quanto riguarda Torino, è attesa l’ordinanza della sindaca Appendino per limitare la movida in piazza Santa Giulia, Via Matteo Pescatore e piazza Montanari.
(da agenzie)
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Ottobre 21st, 2020 Riccardo Fucile
“RISCHIO PIU’ ALTO DOVE SI CONSUMA SENZA MASCHERINA”… OCCASIONI PERICOLOSE LE CERIMONIE RELIGIOSE E LE PALESTRE
Uno studio pubblicato sul sito dei Centers of Disease Control americani che analizza le abitudini delle persone che hanno contratto il coronavirus mette in relazione il contagio con la frequentazione di bar e ristoranti.
La ricerca è stata pubblicata a settembre e condotta da varie università e istituzioni mediche statunitensi e ha analizzato un campione di 154 persone contagiate, confrontandole con altrettante negativi.
Come riporta Repubblica, ciò che è emerso è che, nelle due settimane precedenti all’infezione, i positivi avevano almeno il doppio delle probabilità di aver frequentato un ristorante o un bar. Lo studio non fa distinzioni fra locali al chiuso o all’aperto, ma fa notare che “a differenza di altre attività al chiuso”, il consumo di cibo o bevande “impone di togliere la mascherina”.
Lo studio prosegue con la classifica dei luoghi che più favoriscono il contagio. Dopo il ristorante ci sono le cerimonie religiose e le palestre. Meno rischiose le cene a casa con parenti o amici e attività come andare in ufficio, prendere i mezzi pubblici e fare la spesa.
Dalla pubblicazione di questo studio americano l’allarme sui locali non è passato inosservato. La città di New York ha adottato la tecnica delle riaperture localizzate, di quartiere in quartiere i locali possono essere aperti o chiusi a seconda di quanto circola il virus. Nello stato del Winsconsin invece, uno dei più colpiti degli USA, si è arrivati alla riduzione del 25% dei posti al chiuso, non senza le rimostranze degli addetti al settore della ristorazione.
In Europa si oscilla tra il coprifuoco serale e le chiusure totali. Per ora in Belgio i locali rimangono chiusi per un mese, e anche l’Olanda ha chiuso tutti i bar, ristoranti e caffetterie del paese.
(da “Huffingtonpost”)
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