Ottobre 15th, 2020 Riccardo Fucile
IL PROGRAMMA SVELA GLI INCARICHI CONFERITI DALLA ASL ALLA FIGLIA DEL GOVERNATORE ANCHE NEL PERIODO DI PANDEMIA
Maria Cristina Fontana, figlia del governatore lombardo Attilio Fontana, ha svolto una serie di consulenze per due ospedali milanesi, anche durante i mesi dell’emergenza sanitaria per il Coronavirus.
È il nuovo caso sollevato da un’inchiesta di Report, che minaccia di diventare l’ennesima grana per il presidente della Regione Lombardia, già alle prese con le indagini sul caso della fornitura di camici da mezzo milione di euro all’azienda Dama del cognato Andrea Dini.
Conflitto d’interesse
Questa volta a imbarazzare Fontana sono tre incarichi assegnati alla primogenita, subentrata al posto del padre alla guida dello studio legale di famiglia, uno dei più noti a Varese.
La prima consulenza è stata assegnata con la delibera numero 526 del 6 settembre 2018 dall’Azienda socio sanitaria Nord Milano per un importo di 6.383,65 euro.
Un secondo incarico parte il 20 settembre dello stesso anno: una consulenza di cui non si conosce il costo perchè la spesa è coperta dall’assicurazione dell’ente sanitario.
Una terza consulenza viene assegnata con una delibera del 31 gennaio 2019 dall’ospedale Sacco: 5.836,48 euro per occuparsi della “costituzione nel giudizio promosso davanti al tribunale di Milano” per la difesa dell’ente in una causa di lavoro.
Ma c’è di più. Il rapporto con l’Azienda socio sanitaria Nord Milano diventa ancora più stretto, anche per il 2020, visto che il 29 aprile la stessa Asst, guidata dal direttore generale Elisabetta Fabbrini, delibera l’elenco dei professionisti legali cui affidarsi.
Anche qui Maria Cristina Fontana risulta presente in due elenchi, quello degli avvocati da chiamare in caso di “medical malpractice” (ovvero casi di negligenze mediche) e quello dei legali esperti in “diritto fallimentare e procedure concorsuali”.
Nomine della giunta regionale
C’è un altro elemento che rende le trame dell’inchiesta più fitte: le nomine dei dirigenti della sanità sono fatte proprio dalla giunta regionale: nel caso del Sacco Alessandro Visconti, nominato al vertice dell’azienda ospedaliera in quota Lega, mentre Fabbrini alla guida della Asst nord è stata nominata in quota Forza Italia.
Il nome di Visconti compare negli atti dell’inchiesta “Mensa dei poveri” sugli appalti pilotati nella sanità lombarda dal “burattinaio” delle nomine di Forza Italia Nino Caianiello.
Ne parla proprio Attilio Fontana nel suo esame, da testimone, di fronte ai magistrati. I pm chiedono se la nomina di Alessandro Visconti alla guida del Sacco-Fatebenefratelli sia in quota Lega. Qualche anno prima, dopo le nomine del 2014, è stato proprio Visconti ad ammettere la sua militanza leghista: “Dal 1995 dono alla Lega il mio tempo, il mio impegno e in certi casi dei contributi in denaro: per tredici anni sono stato assessore a Sumirago, ho passato le domeniche nei gazebo, alle feste della Lega ho aiutato in cucina. Ho sempre sostenuto che i partiti più che sui soldi pubblici debbano contare sui finanziamenti della gente”.
Le altre inchieste che scuotono la Regione Lombardia
Il caso delle consulenze assegnate alla figlia di Fontana è solo l’ultimo nel lungo elenco di grane che hanno scosso la Regione Lombardia:
Caso camici — Il governatore Fontana risulta direttamente indagato solo per la vicenda della fornitura di camici da parte della società Dama, partecipata dal cognato Andrea Dini e dalla moglie Rebecca, che, in conflitto di interessi, doveva fornire 75mila camici alla Regione Lombardia per 500mila euro, in piena emergenza Covid. L’accusa rivolta a Fontana è di frode in forniture pubbliche, approfondita dalla procura di Milano.
Caso test sierologici — Questa inchiesta è della procura di Pavia. La Regione Lombardia non usò nel mese di marzo i test sierologici, ritenendoli scarsamente affidabili. Poi l’11 aprile scelse, con affidamento esclusivo, la Diasorin, azienda di Saluggia, che nel frattempo aveva ottenuto un accordo esclusivo con il Policlinico San Matteo di Pavia per sviluppare la ricerca, senza avere ancora la certificazione CE.
Caso Rsa — Sono aperti molti fascicoli, in varie procure. Fra tutti spicca quello di Milano relativamente al Pio Albergo Trivulzio, dove la mortalità è salita più del doppio rispetto allo scorso anno. Sono indagati per omicidio colposo i vertici della società (e in generale ci sono decine di indagati in tutta la Lombardia). Per quanto riguarda la Regione Lombardia, sotto la lente degli inquirenti ci sono tre delibere regionali, emanate tra l’8 e il 30 marzo. In particolare la prima, dell’8 marzo, chiedeva di poter inserire, su base volontaria, malati Covid nelle Rsa; la seconda rendeva possibili i finanziamenti per ogni paziente in più accettato (150 euro al giorno a testa) e la terza bloccava le visite ai partenti.
Caso mascherine — Si indaga anche sulla mancanza di dispositivi medici: dalle ricostruzioni emerge che le mascherine siano state usate poco, in quanto la direzione chiedeva di non farne uso per non spaventare i pazienti. È emersa anche una circolare della Regione che diceva di limitarne l’impiego per via della difficoltà a reperirle sul mercato.
Caso ospedale in Fiera — L’inchiesta aperta sull’ospedale nel quartiere Portello di Milano, realizzato dalla Fondazione Fiera Milano. Si tratta in questo caso di donazioni private, pari a 22 milioni, ma gli inquirenti vogliono approfondire, dopo un esposto dei Cobas, se i costi sostenuti siano compatibili con le attrezzature acquistate, finalizzate alla realizzazione di 220 posti letto per la terapia intensiva.
Caso mancata zona rossa in Val Seriana — Dopo l’inchiesta in più parti di TPI, la Procura di Bergamo ha aperto un fascicolo per “epidemia colposa” sulla mancata zona rossa ad Alzano Lombardo e Nembro. Tra il 27 febbraio e il 3 marzo 2020 i contagiati e soprattutto i morti in Val Seriana stavano salendo esponenzialmente, più che in altre province. Il 2 e il 5 marzo l’Istituto Superiore di Sanità invia due note al Comitato tecnico Scientifico invitando a chiudere quelle zone. Cosa che non è mai successa e che ha permesso la propagazione del virus a partire dall’ospedale Pesenti Fenaroli di Alzano Lombardo, facendo diventare la provincia di Bergamo il peggior focolaio d’Europa. L’inchiesta è ancora verso ignoti e Fontana non risulta al momento indagato, ma sicuramente questa vicenda ha scosso le sorti della Regione Lombardia e dell’intero Paese.
(da TPI)
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Ottobre 15th, 2020 Riccardo Fucile
LE VOCI SULLA CANDIDATURA DI ZINGARETTI
Al momento (locuzione doverosa in questi tempi incerti e premessa di ogni discorso) l’annuncio è previsto per domenica sera, quando ospite di Che tempo che fa Carlo Calenda spiegherà a Fabio Fazio le ragioni per cui ha deciso di candidarsi come sindaco di Roma.
E lo farà con spirito non ostile al Pd, anzi “insieme si vince”, come dimostrerebbero, per tabulas, i sondaggi dell’infallibile Ghisleri.
In sostanza: Calenda, già da solo, è più forte della Raggi e l’unica alternativa alla destra, se lo sostiene il Pd è fatta.
Ma lo farà , il che non è un dettaglio, senza compiere la grande abiura sulla ragioni per cui è all’opposizione del governo, abiura che qualcuno ritiene necessaria perchè è complicato chiedere al Pd di vincere a Roma con un sindaco all’opposizione del governo.
Chi è ansioso di sapere come andrà a finire questa storia del candidato sindaco di Roma, che riempie i giornali come si votasse domani, è destinato a rimanere deluso.
Quella di Calenda è una mossa, diciamolo una bella mossa, di una partita a scacchi che durerà mesi. Dice lui: mi candido, approfittando delle incertezze del Pd che non ha nomi, dopo i no di Sassoli, Letta, Gabrielli, e lo faccio a modo mio, iniziando di fatto la campagna elettorale, creando un movimento di opinione, discutendo e facendo discutere, mostrando quali mondi muovo.
E così, quando il Pd deciderà di decidere, avrà un candidato di peso in campo per cui diventa più difficile dire no che dire sì. Male che vada, è il sottotesto, con i riflettori di Roma, Azione, il partitino di Calenda, può solo salire anche a livello nazionale.
La mossa determina una contromossa. Apriamo una parentesi, che tanto un dettaglio non è: il contagio, l’emergenza, il lockdown, per intenderci. In questo clima di incertezza è difficile prevedere tutto, pure quando si vota — sarà fine maggio del prossimo anno o si voterà a giugno? Chissà — figuriamoci le primarie che, previste per dicembre, sono slittate a febbraio, come si suol dire, se Dio vuole (proprio così).
Il che tanto un dramma non è perchè in assenza di un candidato forte gradito al Pd sarebbero state le famose primarie dei sette nani. E forse anche per questo Calenda si è detto disponibile a farle, pur sapendo che non si fanno, quando in un primo momento era assai restio temendo che, in una consultazione con pochi partecipanti, il Pd avrebbe avuto comunque la forza di mobilitare il nucleo resistente della militanza su un candidato per batterlo. Che era poi l’idea di Goffredo Bettini: imbrigliamolo nelle primarie e se perde ce lo siamo tolto di torno.
Dicevamo, la contromossa. Esplicitata stamattina da Andrea Romano ad Agorà , con la benedizione del Nazareno: “Serve una legge speciale su Roma, la maggioranza di governo se ne faccia carico insieme a una riflessione su un candidato comune”.
Tradotto: l’emergenza rende necessaria una nuova legge sulla Capitale, sui poteri e sulle risorse su cui Roma può poter contare, che sia anche di rango costituzionale. Se questa esigenza viene avvertita dalle forze di maggioranza, Pd e Cinque stelle in primis, diventa naturale poi una riflessione comune su un candidato comune.
Tradotto ancora: il Pd sta aspettando di capire se ci sono margini affinchè la Raggi si possa ritirare e come matura la discussione su Roma, nell’ambito di un tavolo nazionale sulle città che, pur se non formalizzato, è già in atto.
A Torino i due partiti si stanno parlando attorno alla necessità di un civico, a Milano, complice la grande amicizia di Sala con Grillo, la discussione è partita in modo sereno, su Napoli l’idea di Roberto Fico piace a Franceschini che, secondo i più maliziosi, punterebbe a quel punto al ruolo di presidente della Camera per affrontare la partita del Quirinale da terza carica dello Stato
Dunque, l’attesa. Legata anche alle vicende giudiziarie della Raggi, su cui il prossimo 19 ottobre si pronuncerà la Corte d’Appello di Roma, in relazione al processo per falso sulla vicenda della nomina, poi ritirata, di Renato Marra, fratello del suo ex braccio destro Raffaele, a capo del Dipartimento Turismo di Roma Capitale.
Se non venisse confermata l’assoluzione del primo grado sarebbe più facile, anche all’interno del Movimento, “scaricarla”, a maggior ragione dopo il buon esempio dato da Chiara Appendino.
O comunque ci sarebbe un elemento di pressione. Perchè un altro punto fermo in questa storia è che lei, Virginia, non ha alcuna intenzione di mollare, ma è stata mollata pressochè da tutti.
Nel Movimento solo Di Battista si scandalizzerebbe di fronte a un suo sacrificio sull’altare dell’alleanza col Pd e parecchie inquietudini serpeggiano anche all’interno dei consiglieri comunali che la sostengono: “Se prende il 14 per cento — questo è il senso dei ragionamenti — ne eleggiamo solo tre”. Tuttavia in un Movimento dove non c’è più un “uno che vale tutti” si chiami Grillo o Casaleggio nessuno può avere la forza, a freddo, di imporre un passo indietro.
E torniamo all’attesa del Pd. Se salta la Raggi, bingo, ma se non salta (ed è su questo presupposto la discesa in campo di Calenda), delle due l’una: o sostiene Calenda, come vorrebbe la cosiddetta ala riformista del partito o serve un altro candidato più forte di Calenda, il cui limite per Zingaretti, è quello di non essere competitivo al secondo turno perchè i Cinque stelle non lo voterebbero.
E se invece il candidato fosse proprio Nicola, di fronte a una situazione incartata e al rischio di perdere Roma proprio in un momento in cui il segretario del Pd è romano de’ roma? Solo a porre la domanda si rischia una smentita calorosa per tante evidenti ragioni: si dovrebbe dimettere da presidente della Regione, si dovrebbe dimettere anche da segretario, col rischio di perdere regione e partito. Però il ragionamento è stato fatto, sia pur per essere accantonato al momento.
C’è chi lo chiama “l’arma da fine del mondo”, perchè è ardito, ma politicamente ha una sua logica: manderebbe in crisi i Cinque stelle, sarebbe una candidatura in grado di fare il pieno al secondo turno, potrebbe spingere a un passo indietro anche Calenda, trainerebbe consenso anche sul voto del Lazio in un election day.
E poi Roma è Roma, il sindaco è un leader nazionale, basta ricordare Rutelli e Veltroni. Al momento l’ipotesi non è all’ordine del giorno, perchè l’arma da fine del mondo richiede, appunto, la fine del mondo. C’è solo l’inizio di una lunga partita a scacchi, in attesa della mossa del cavallo.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 15th, 2020 Riccardo Fucile
LA FOTO CON CUI HA VINTO IL WORLD PRESS PHOTO NEL 2015 USATA PER PROPAGANDA XENOFOBA
Non vuole rivendicare solo «il diritto d’autore» di quello scatto ma anche «il valore morale di quella foto». Lo comunica apertamente Massimo Sestini, celebre fotoreporter che con lo scatto che l’assessora per la famiglia, Genitorialità e Pari opportunità della Lombardia Silvia Piani ha strumentalizzato ha vinto il World Press Photo 2015, il più prestigioso concorso di fotogiornalismo mondiale.
La richiesta arriva due giorni dopo la condivisione sui social della Piani dello scatto strumentalizzato per fini politici con il simbolo di Lega Salvini Premier.
Lo scatto in questione è stato preso da Silvia Piani per criticare il governo rispetto alle misure previste nell’ultimo Dpcm e alle multe — questione che risulta paradossale visti i numeri dei nuovi contagi degli ultimi giorni -. «Dimentichi la mascherina, 1.000 euro di multa. Arrivi con il barcone: vitto, alloggio e ricarica telefonica», scrive l’assessora della Lega per fare propaganda. Mentre da Silvia Piani non arrivano le scuse per quelle parole che in questo momento sono prive di senso e urtano la sensibilità dei molti che ne hanno chiesto conto, a parlare è l’autore di quello scatto.
«Non è la prima e non sarà nemmeno l’ultima volta, ma vedere questa immagine presa senza permesso, decontestualizzata e strumentalizzata per fini di propaganda politica mi fa sempre male», ha fatto sapere il fotoreporter autore del potente scatto.
Oltre a voler rivendicare il diritto d’autore sulla sua proprietà intellettuale, Sestini ci tiene a sottolineare che «la genesi e il valore morale di quella foto» sono stati «ribaltati in un post strumentale a favore dei social».
Sestini ha raccontato con quale intento quell’attimo è stato catturato dalla sua macchina fotografica: «Quella foto racconta di un esodo di uomini e donne a cui ho voluto dare un volto ed è finito nel vortice della disinformazione e dell’ignoranza. Farò di tutto per difendere il messaggio e l’umanità di quello scatto, perchè non diventi un’arma contro coloro a cui invece vorrei dare voce».
(da agenzie)
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Ottobre 15th, 2020 Riccardo Fucile
19 ARRESTI PER GLI UOMINI DEL CLAN SERRAINO
Da Cardeto, piccolo centro pre-aspromontano della periferia di Reggio Calabria, gli uomini del clan Serraino avevano messo le mani su Trento e stavano estendendo il proprio potere a tutta la regione.
Per questo motivo questa mattina all’alba 19 persone, tutte a vario ritenute affiliate o vicine alla costola del clan che da tempo si era radicata a Lona Lases in Trentino, sono state arrestate a Trento dai carabinieri del Ros, mentre a Reggio Calabria, per ordine della procura antimafia diretta da Giovanni Bombardieri, 5 persone sono state fermate con l’accusa di associazione mafiosa.
Fra loro, c’è anche l’ex assessore e consigliere comunale Sebastiano Vecchio. Di professione poliziotto, attualmente sospeso dal servizio per motivi disciplinari, per lungo tempo ha preferito la politica alla divisa.
Consigliere comunale, quindi assessore dell’ex sindaco di An, Giuseppe Scopelliti, secondo le accuse Vecchio nelle istituzioni rispondeva ad un unico padrone, i Serraino.
Lo hanno svelato le indagini, confermando le dichiarazioni di otto diversi collaboratori di giustizia, che non hanno avuto dubbio alcuno nell’identificarlo come referente politico del clan. “L’abbiamo fatto salire noi, lui è salito grazie a noi” spiega il pentito Vittorio Fregona, che tanto impegno dei Serraino lo riconduce ad un unico obiettivo: “C’era il discorso di mangiare”.
Cioè approfittare della politica e degli appalti, finanziamenti, lavori e assunzioni che un uomo di fiducia infiltrato nelle istituzioni avrebbe potuto procurare.
Ma non era l’unico servizio che, secondo gli inquirenti, il poliziotto prestato alla politica offriva al clan.
Più volte avrebbe aiutato boss e gregari latitanti dei Serraino a sottrarsi a indagini o catture e si sarebbe perfino prestato a fare da prestanome delle attività commerciali dei clan.
In più, all’epoca Vecchio vestiva la divisa, era in servizio a Reggio Calabria, aveva accesso a fascicoli e informative, sapeva di indagini e accertamenti in corso. E secondo gli inquirenti metteva sull’avviso il clan, a cui era legato da rapporti strettissimi che non ha mai esitato a mostrare.
A dispetto del ruolo istituzionale e professionale, l’allora assessore comunale Vecchio si è presentato al funerale di don Mico Serraino, boss dell’omonima famiglia e fratello del “re della montagna” Francesco, per lungo tempo detenuto al 41bis.
“Non sfugga quale simbolica rilevanza possa assumere un simile gesto — sottolineano i magistrati Sara Amerio, Stefano Musolino e Walter Ignazzitto nel fermo – esso vale, coram populo, quale espressione di un legame indissolubile, tanto forte da prevalere persino sul rischio di un probabile coinvolgimento nel monitoraggio”.
Motivo di vanto per il clan, la sua presenza a quel funerale, vietato in forma pubblica e solenne dal questore, per gli inquirenti ha rappresentato anche “una sfida, ancora più sferzante e plateale, da parte di chi, pur di omaggiare il boss deceduto, si mostrava indifferente al provvedimento della massima autorità locale di pubblica sicurezza”.
Ma anche a Trento, gli uomini del clan Serraino erano stati in grado di attrarre nella propria tela politici e rappresentanti istituzionali. Fra gli indagati, ma non destinatari di misure cautelari, ci sono anche l’ex parlamentare autonomista Mauro Ottobre, che nel 2018 si era candidato a presidente della Provincia (mancando però l’elezione) con il movimento Autonomia dinamica, l’ex sindaco di Frassilongo Bruno Groff, e Roberto Dalmonego eletto sindaco di Lona Lases nel 2018. Ai domiciliari invece è finito l’appuntato dei carabinieri Fabrizio De Santis, accusato di essersi messo stabilmente a disposizione della costola trentina del clan, che da Nord stava estendendo i propri interessi anche nella Capitale, dove lui era in servizio.
A capi e sodali, spesso avrebbe fornito informazioni su operazioni delle forze dell’ordine in corso, situazioni giudiziarie di amici e non, “servendosi abusivamente delle banche dati delle forze di polizia”. In cambio, sempre secondo gli investigatori, De Santis sarebbe stato ricompensato anche con un lavoro in nero alle dipendenze di una delle imprese controllate dai Serraino.
(da agenzie)
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Ottobre 15th, 2020 Riccardo Fucile
MENO TAGLI DI NASTRO E PASSERELLE MEDIATICHE, QUALCUNO MUOVA IL CULO E ADEMPIA AI SUOI DOVERI
Io e la mia famiglia siamo in quarantena da giovedì scorso, 8 ottobre 2020.
Abbiamo passato questi 7 giorni al telefono (tra comune, asl, alisa, prot. civile, amiu ecc..) nel tentativo, ormai disperato, di far ritirare i nostri rifiuti.
Con noi abbiamo nostra figlia di nove mesi e abbiamo quindi la necessità di smaltire, ad oggi, circa 4 kg di pannolini sporchi. Nel caso qualcuno ci proponesse nuovamente la brillante idea di metterli sul poggiolo, lo ripetiamo: non lo abbiamo!!!
Ieri mattina Amiu ci ha assicurato che tutto è stato risolto e che saremmo stati presto ricontattati per il conferimento, poi il silenzio.
Tutto risolto per noi lo sarà solo quando avremo liberato la casa dai rifiuti.
Capisco la situazione contagi odierna, anche se qualcuno in comune mi ha affermato: “nessuno si aspettava una situazione del genere” dichiarazione che non necessita di commenti e mi ha fatto pensare quanto il maledetto virus abbia gioco facile nella sua corsa…
Il nostro non mi sembra un problema di così difficile risoluzione.
Paradossalmente dobbiamo ringraziare il fatto che il covid ci abbia azzerato l’olfatto.
La situazione è al limite e il weekend è alle porte, spero che domani, l’ottavo giorno di quarantena, si porti via i nostri rifiuti, altrimenti in qualche modo li conferiremo…
Questa è Genova A.D. 2020, si voleva farla tornare superba, sarebbe già un successo se diventasse normale…
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Ottobre 15th, 2020 Riccardo Fucile
IN REGIONE SI E’ SUPERATA LA SOGLIA DEI 1000 CONTAGI AL GIORNO, GIUSTO INTERVENIRE INVECE CHE CONTINUARE NELLA POLITICA DELLO STRUZZO
In Campania sono vietate tutte le feste con invitati estranei al nucleo familiare convivente. Lo prevede un’ordinanza firmata dal governatore Vincenzo De Luca che è in corso di pubblicazione.
Oggi in Campania è stata superata quota mille contagi.
Lo stop riguarda anche le celebrazioni relative a “cerimonie, civili o religiose” in luoghi pubblici, aperti al pubblico e privati, al chiuso o all’aperto.
Nelle scuole primarie e secondarie della Campania sono sospese le attività didattiche ed educative in presenza dal 16 al 30 ottobre. Lo dispone la nuova ordinanza firmata dal presidente della regione Vincenzo De Luca.
Sono sospese le attività didattiche e di verifica in presenza anche nelle università , fatta eccezione per quelle relative agli studenti del primo anno. Sono vietate le feste, anche conseguenti a cerimonie, civili o religiose, in luoghi pubblici, aperti pubblico e privati, al chiuso o all’aperto, con invitati estranei al nucleo familiare convivente. Sono sospese le attività di circoli ludici e ricreativi.
A tutti gli esercizi di ristorazione è vietata la vendita con asporto dalle ore 21, resta consentito il delivery senza limiti di orario. Queste misure si aggiungono a quelle già disposte nelle recenti precedenti ordinanze, a cominciare dall’obbligo di indossare la mascherina deciso due settimane fa.
(da agenzie)
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Ottobre 15th, 2020 Riccardo Fucile
ROSSI: “TRISTE E ARRABBIATO”… PELLEGRINI: “HO PIANTO TANTO”
Oggi pomeriggio l’appuntamento con la tradizionale conferenza stampa alla vigilia del gran premio di Aragon continuava ad essere rimandato. Che strano. Poi Valentino Rossi ha raccontato tutto: sono positivo al Covid. Il Doc si è affidato a Instagram: “Purtroppo questa mattina mi sono svegliato e non mi sentivo bene. Ero particolarmente debole e avevo una leggera febbre, quindi ho chiamato subito il medico che m ha fatto due test. Il risultato del ‘test rapido PCR’ è stato negativo, proprio come il test che avevo già fatto martedì”, ha spiegato il 9 volte campione del mondo. “Ma il secondo, di cui mi è stato inviato il risultato alle 16 di questo pomeriggio, è stato purtroppo positivo”.
Il 41enne pilota pesarese dovrà rinunciare alla gara di domenica e a quella successiva, in programma sempre in Spagna 7 giorni più tardi. “Sono triste e arrabbiato perchè ho fatto del mio meglio per rispettare il protocollo e anche se il test che ho fatto martedì è stato negativo, mi ero già isolato dal mio arrivo a Le Mans. Comunque è così, e non posso fare nulla per cambiare la situazione. Ora seguirò il consiglio medico, e spero solo di guarire al più presto”.
Federica Pellegrini
L’annuncio della campionessa veneta su Instagram: “Ho appena ricevuto la brutta notizia. Non so se ridere o piangere, in verità ho pianto. Cercheremo di prendere il lato positivo della cosa anche se per adesso mi sfugge”
Federica Pellegrini ha annunciato di aver contratto il virus. Lo ha fatto con una storia su Instagram. “Ieri durante una sessione di allenamento sono uscita perchè avevo molti dolori – ha spiegato la 32enne nuotatrice veneta – tornata a casa nel pomeriggio ho cominciato ad avere mal di gola, e ovviamente non sono più andata in piscina. Oggi pomeriggio ho fatto il tampone ed è positivo, sono positiva al Covid”.
“Mi dispiace un sacco – ha aggiunto – perchè lunedì sarei dovuta partire per l’Isl di Budapest, cominciando a gareggiare invece ovviamente non sarà cosi. Avevo molta voglia di gareggiare. Mi dispiace tanto non vedevo l’ora di ricominciare una stagione normale, nella normalità delle gare, invece niente ci fermiamo di nuovo. Non so se ridere o piangere, in verità ho pianto fino ad adesso – ha concluso – Cercheremo di prendere il lato positivo della cosa anche se per adesso mi sfugge. Ci facciamo questi 10 giorni di quarantena a casa”.
(da agenzie)
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Ottobre 15th, 2020 Riccardo Fucile
LA FECCIA DELL’AMERICA PRENDE ESEMPIO DA CHI HA CAUSATO LA MORTE DI 200.000 CITTADINI USA
A essere contagioso è il comportamento del presidente degli Stati Uniti.
Appena il medico gli ha lasciato il via libera è tornato a parlare in pubblico senza mascherina, ha preso
l’Air Force senza coprirsi.
E così fanno i suoi sostenitori: al comizio del presidente a Des Moines, in Iowa, pochissime persone l’hanno indossata.
Tra le persone non c’era distanziamento nè altre misure.
Negli Stati Uniti, nonostante 7 milioni di persone siano state contagiate dal virus e oltre 200mila siano morte, l’uso della mascherina è ancora facoltativo.
Grazie a una politica criminale che non tutela la vita degli americani
(da agenzie)
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Ottobre 15th, 2020 Riccardo Fucile
IL PAESE SARA’ COMMISSARIATO… DUE ANNI PER UNA SENTENZA, ORA IL LEGHISTA RESTITUISCA LO STIPENDIO CHE HA PERCEPITO ILLEGALMENTE
È decaduto il sindaco leghista di Riace Antonio Trifoli. La Corte d’Appello di Reggio Calabria ha confermato la sentenza del Tribunale di Locri che l’anno scorso aveva certificato l’ineleggibilità del primo cittadino, successore di Mimmo Lucano.
Con la decisione dei giudici di secondo grado, adesso, il paesino jonico dovrà essere commissariato. Sembra improbabile, infatti, che la stessa Corte d’Appello di Reggio Calabria possa sospendere la sentenza appena emessa in caso di ricorso in Cassazione da parte di Trifoli.
Attraverso l’avvocatura distrettuale di Stato, la prefettura aveva sollevato il problema pochi mesi dopo le elezioni comunali vinte da Trifoli che, in realtà , era ineleggibile in quanto dipendente del Comune a tempo determinato nel momento in cui si è candidato a primo cittadino.
Lo stesso ministero dell’Interno, in una nota finita nel fascicolo della Corte d’Appello, aveva spiegato la condizione lavorativa di Trifoli, “caratterizzata dalla sussistenza, in capo al sindaco di Riace, di un rapporto di lavoro di carattere subordinato, a tempo parziale (26 ore settimanali) e determinato”. Questo “rende applicabile, al caso di specie, la disciplina di cui al combinato disposto del comma 1, n. 7 e comma 8 dell’articolo 60 del decreto legislativo 267/2000”.
In sostanza, Trifoli non poteva candidarsi a sindaco se non dimettendosi da dipendente comunale a tempo determinato perchè la tipologia del rapporto di lavoro con il Comune lo obbligava a non poter chiedere l’aspettativa per motivi elettorali. Ex lsu-lpu poi assorbito dal Comune di Riace, Trifoli ha fatto tutto il contrario: non si è dimesso e allo stesso tempo ha chiesto e ottenuto l’aspettativa in barba a ogni normativa prevista dal Tuel, la “bibbia” degli enti locali.
Come aveva fatto il Tribunale di Locri, anche la Corte d’Appello ha condiviso la posizione del ministero dell’Interno.
I giudici di secondo grado, infatti, hanno giudicato infondato l’appello proposto da Trifoli e hanno stabilito che “la conservazione del posto di lavoro per tutta la durata dell’aspettativa elettorale (garantita al lavoratore a tempo indeterminato) non eÌ€ strutturalmente compatibile”.
“Il contratto a tempo determinato — si legge nella sentenza — eÌ€ stato stipulato e le proroghe sono state adottate, non per esigenze del datore di lavoro, ma al fine di attuare la finalità solidaristica del processo di stabilizzazione del lavoratore, in vista di un miglioramento del suo status; gli oneri economici per la relativa attuazione sono sostenuti con fondi, non di provenienza del datore di lavoro, bensì con fondi appositamente erogati, con destinazione straordinaria, da soggetti terzi. L’aspettativa elettorale con conseguente diritto alla conservazione del posto di lavoro, non eÌ€, quindi, compatibile con questi ineliminabili presupposti”.
In altre parole, la Corte d’Appello di Reggio Calabria non ha dubbi: Antonio Trifoli non può fare il sindaco di Riace.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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