Ottobre 31st, 2020 Riccardo Fucile
L’INDAGINE SCIENTIFICA PREOCCUPA
Quasi il 17% dei pazienti completamente guariti dall’infezione da coronavirus è risultato nuovamente positivo al tampone nel corso dei controlli di follow-up.
Lo evidenzia un nuovo studio condotto dalla Fondazione Policlinico Universitario “Agostino Gemelli” IRCCS di Roma nell’ambito del progetto Gemelli Against Covid-19 Post-Acute Care (GAC19-PAC) promosso Dipartimento di Geriatria, Neuroscienze e Ortopedia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore per rispondere ad alcuni degli interrogativi ancora aperti di questa pandemia, in particolare per comprendere quali sono le conseguenze dell’infezione da coronavirus nei pazienti che hanno sconfitto Covid-19.
Nello specifico, i ricercatori hanno individuato che una percentuale significativa di pazienti (22 su 131 pazienti, 16,7%) che soddisfacevano i criteri di interruzione della quarantena (nessun sintomo clinico acuto di Covid-19 e due tamponi negativi consecutivi) sono risultati nuovamente positivi a Sars-Cov-2 durante gli screening svolti dopo almeno due settimane.
“Questi risultati — spiegano gli autori dello studio sull’American Journal of Preventive Medicine — indicano che una considerevole percentuale di pazienti Covid-19 dichiarati completamene guariti dall’infezione può ancora essere portatore asintomatico del virus”.
Questi pazienti, ai quali nonostante l’assenza di linee guida specifiche post-Covid è stato comunque suggerito di rispettare la quarantena per la seconda volta, hanno mostrato sintomi respiratori persistenti, specialmente mal di gola (18% dei positivi vs 4% dei negativi) e segni di rinite (27% vs 12%), anche se in una forma più lieve rispetto alla fase acuta della malattia.
Altri sintomi, come affaticamento (51%), respiro affannoso (44%) e tosse (17%) erano ancora presenti in una percentuale significativa del campione studiato, sebbene non vi fossero differenze sostanziali tra gli individui con un test positivo o negativo. Osservazioni che, ritengono gli studiosi, indicano come la persistenza di mal di gola e rinite non debba essere sottovalutata ma adeguatamente valutata in tutti i pazienti considerati guariti da Covid-19.
“Medici e ricercatori — ha commentato Francesco Landi, professore associato del Dipartimento di Scienze geriatriche e ortopediche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e primo autore della ricerca — si sono concentrati sulla fase acuta dell’infezione da coronavirus ma è necessario un monitoraggio continuo dopo la dimissione per gli effetti di lunga durata”.
In tal senso, i ricercatori raccomandano che i pazienti che continuano a presentare sintomi potenzialmente correlati a Covid-19 evitino il contatto ravvicinato con altre persone, continuando a indossare mascherine ed eventualmente vengano sottoposti a un tampone nasofaringeo aggiuntivo. Quanto alla possibilità che questi pazienti siano ancora in grado di trasmettere l’infezione sono però necessarie ulteriori indagini. “Un test con tampone positivo può rivelare se i pazienti stanno ancora perdendo frammenti virali, ma non è in grado di discernere se sono o meno contagiosi”.
(da Fanpage)
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Ottobre 31st, 2020 Riccardo Fucile
“LE REGIONI NON FACCIANO FUGHE IN AVANTI E NON PRENDANO DECISIONI IN AUTONOMIA”
Ora è concentrato nel dare l’immagine di persona mite, lontano dai tempi nei quali bacchettava tutti dicendo che il virus era clinicamente inesistente e parlava di ‘terrorismo’ rispetto al clima di paura del virus.
E di fronte a oltre 30 mila nuovi positivi e un trend di 200 morti al giorno ha pensato che sia meglio sotterrare metaforicamente l’ascia di guerra.
“Io credo che in questo momento preciso il governo si stia comportando bene, perchè sta attuando un metodo di azione progressiva che deriva dalla lettura dei dati, quando possibile anche cercando di anticiparli. Mi sento garantito”.
Lo ha detto ad ‘Accordi&Disaccordi’ sul Nove il primario del reparto di Terapia intensiva dell’ospedale San Raffaele di Milano. “La cosa che secondo me non deve accadere -avverte è che le Regioni facciano delle fughe in avanti o prendano delle decisioni in autonomia”
“Io e il professor Galli -sottolinea- già stiamo lavorando insieme: tutti insieme dovremmo andare a ricavare dei dati che poi dobbiamo elaborare, ma non dobbiamo farci la guerra. Quando, sin dall’inizio, si è pensato di dire che guardavo il mio alberello e trascuravo tutta la foresta mi sono un po’ indispettito”, conclude il medico.
(da Globalist)
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Ottobre 31st, 2020 Riccardo Fucile
“SE ENTRO MERCOLEDI’ NON VEDREMO DATI DIFFERENTI, SARA’ FINITA, SI ANDRA’ PER FORZA AL LOCKDOWN”
“Sulle chiusure siamo già in ritardo, almeno di due settimane. Quanto meno in alcune Regioni sarebbe stato necessario chiudere prima”
Lo dice in un’intervista a Il Messaggero Andrea Crisanti, docente di Microbiologia dell’ Università di Padova: “Ora stiamo inseguendo l’epidemia, speriamo che non sia troppo tardi”.
Quanto c’è ancora da aspettare per un ipotetico lockdown? Crisanti fa la sua previsione: se le misure approvate dal governo non avranno un effetto, “saranno inevitabili limitazioni più restrittive. Penso che aspetteranno la prossima settimana per capire se il Dpcm sta dando risultati”, aggiunge.
Se mercoledì “non vedremo dati differenti, sarà finita. Si andrà per forza al lockdown, magari in una forma meno severa di marzo. Ma qualcosa sarà inevitabile fare”.
I lockdown per zone non sono sufficienti: già si vede “una parcellizzazione della trasmissione del virus, ormai è diffusa in tutto il Paese – osserva Crisanti -. Non sarebbero più sufficienti i singoli lockdown regionali che invece sarebbero stati utili due settimane fa”.
Si potrebbero anche decidere “chiusure meno severe nelle Regioni con una minore diffusione del virus, più rigorose nelle altre. Possiamo differenziare, ma comunque bisogna intervenire su macroaree, non c’è più tempo per interventi limitati a piccoli territori”.
Crisanti conferma alcune perplessità sui tamponi rapidi: utilizzarlo come salvacondotto di agibilità sociale è “una distorsione che viene fatta dell’uso test”. Il tampone rapido “ha una corrispondenza con il molecolare vicina al 100 per cento” perchè “fanno la verifica solo sui positivi. I guai vengono da coloro che risultano negativi al test rapido ma che in realtà sono positivi, sono attorno al 30 per cento”.
(da agenzie)
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Ottobre 31st, 2020 Riccardo Fucile
PROMOSSI AL RUOLO DI VOCE-QUESTORI DOPO LA CONDANNA A 3 ANNI E 8 MESI PER LE FALSE MOLOTOV ATTRIBUITE AI MANIFESTANTI
Uno piazzò le molotov per accusare i manifestanti, l’altro attestò il falso su quel ritrovamento
La condanna, la riabilitazione e la promozione. I loro nomi sono saliti agli onori delle cronache per quanto accaduto all’interno della Scuola Diaz la sera del 21 luglio del 2001. Si tratta di due poliziotti (con cariche e incarichi differenti) che hanno partecipato attivamente alla costruzione della narrazione che, poi, ha ‘giustificato’ l’assalto delle forze dell’ordine dopo gli scontri di piazza durante il G8 di Genova. Ora, dopo la condanna definitiva della Cassazione (arrivata nel luglio del 2012), i due poliziotti della Scuola Diaz sono stati promossi.
Si tratta di Pietro Troiano e Salvatore Gava. Entrambi furono condannati nel 2012 a tre anni e 8 mesi di reclusione, oltre all’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. Per il primo dei due, già nel dicembre del 2017 arrivò una promozione. E, secondo i giudici, fu lui personalmente a portare all’interno della Scuola Diaz le due molotov poi ritrovate. Il secondo, invece, è stato condannato per attestato ufficialmente la veridicità di quel ritrovamento. Ma si trattava di un falso, come si è capito nel corso del lungo processo e della sentenza.
A 19 anni da quei fatti, condannati a livello mondiale per via degli atti di tortura perpetrati dagli agenti all’interno dell’Istituto contro i ragazzi, i due poliziotti scuola Diaz promossi. I loro nomi (tra molti altri), infatti, compaiono nella velina sulle promozioni pubblicata sul sito della sindacato della Polizia di Stato FSP.
La decorrenza del nuovo incarico risale al 1° luglio del 2020, nel pieno dell’estate. Ma sono state ufficializzate solamente nella giornata di giovedì 29 ottobre.
I due poliziotti, condannati e reintegrati al termine della fine del periodo di interdizione, hanno ottenuto la promozione alla carica di Vice Questore. Nonostante i fatti di Genova e le violenze della scuola Diaz a cui non hanno partecipato attivamente, ma che hanno provocato — come spiegano le sentenze definitive di Cassazione — quell’assalto ingiustificato — così come la violenza — da parte delle forze dell’ordine.
(da agenzie)
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Ottobre 31st, 2020 Riccardo Fucile
NON SOLO BOTTIGLIE E SASSI, ANCHE MOLOTOV CONTRO GLI AGENTI
Il giorno dopo la guerriglia nel centro di Firenze, la polizia annuncia di aver denunciato 20 persone e di averne arrestate quattro che si trovano ora nel carcere di Sollicciano: sono tutti al di sotto dei trent’anni.
Due ragazze di 26 e 28 sono in arresto per resistenza a pubblico ufficiale, stesso reato per un ragazzo residente in provincia di Firenze.
Un altro arresto è per per il lancio di una molotov in Borgo Ognissanti, una delle strade del centro scenario degli scontri: è un diciannovenne di Siena, ma residente ad Arezzo.
Diverse altre persone sono in corso di identificazione perchè gli investigatori stanno visionando i filmati della manifestazione non autorizzata convocata via web per protestare contro le misure anticovid varate dal governo.
Il tam tam della convocazione è rimbalzato sui social e che alla fine ha portato nelle strade di Firenze un migliaio di persone.
Piazza della Signoria, luogo scelto dai manifestanti è, stata subito isolata dalle forze dell’ordine impedendo alla gente di arrivare al luogo del raduno. La tensione si è alzata e sono cominciati scontri e le cariche andate avanti per più di quattro ore: fioriere rovesciate, cestini spaccati, assaliti alcuni cantieri stradali per prendere pietre e oggetti da lanciare contro le forze dell’ordine. Dieci tra agenti e carabinieri feriti, nessuno in maniera grave. Ferita anche una ragazza per un colpo alla testa.
La rabbia e l’amarezza del sindaco Dario Nardella: “Una situazione del genere non l’avevo mai vista nella mia città . Il problema è che tra le persone che vogliono manifestare in maniera pacifica c’è una minoranza che è venuta con l’intento di provocare scontri e violenze” Quando scrive queste prole fuori infuriano ancora gli scontri.
Ventiquattr’ore dopo aggiunge sui vandalismi: “Farò il punto con i tecnici: i danni non sono irrimediabili però si parla di telecamere distrutte, un semaforo ‘sbarbato’ completamente, tutte le fioriere devastate, cestini, paletti. Ci sono danni e mi auguro che questi teppisti paghino per quello che hanno fatto”.
Alla vigilia della manifestazione proprio Nardella aveva parlato di timori per infiltrazioni di neofascisti al raduno, il giorno dopo spiega: “La cosa complicata di questo tipo di proteste di piazza – ha aggiunto il sindaco – è che non c’è una vera e propria testa. Si butta il manifesto nella mischia della rete e si vede cosa si raccoglie: c’era un misto di ultras, di anarchici, di estremisti di destra, di antagonisti, che si mischiavano anche con manifestanti pacifici e che appena hanno visto la situazione si sono dileguati. E’ successo tutto questo ed è difficile anche individuare dei responsabili che siano a monte di tutto quello che è successo. Vedremo almeno le responsabilità individuali come questo ragazzo che ha buttato le molotov. Questa gente noi non la vogliamo vedere”.
(da agenzie)
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Ottobre 31st, 2020 Riccardo Fucile
QUEI 270 VOTI CHE SERVONO PER LA CASA BIANCA… SI PUO’ PERDERE ANCHE CON TRE MILIONI DI VOTI IN PIU’
Un sistema elettorale molto maggioritario, in cui i singoli Stati e i loro rapporti di forza contano tanto quanto, e forse più secondo un certo punto di vista, del voto degli elettori.
Un sistema che è stato creato alla fine del ‘700, ma che ancora oggi decide chi sarà l’uomo più potente del mondo: il Presidente degli Stati Uniti d’America.
Il sistema elettorale per scegliere il presidente Usa è peculiare e per i cultori della materia molto affascinante. Ma anche controintuitivo per molti aspetti. Proviamo, andando per ordine, a spiegare come funziona.
Come funzionano le elezioni americane? Con l’Electoral college
I cittadini dei 50 Stati (a cui si aggiunge il Distretto di Columbia, ovvero la città di Washington) il primo martedì dopo il primo lunedì di novembre – quest’anno cade il 3 – votano per il nuovo presidente, oltre che per la Camera dei Rappresentanti e per un terzo del Senato (i senatori sono eletti per 6 anni, e ogni biennio si rinnova un terzo dell’assemblea).
Il sistema elettorale assegna a ogni Stato un peso, i ‘voti elettorali’. In tutto i voti elettorali che i candidati si devono spartire sono 538. Per ottenere la presidenza, un candidato deve ottenere quindi 270 voti elettorali.
Ogni Stato ha un numero di voti elettorali pari al numero di deputati dello Stato (che sono in proporzione alla popolazione) più il numero di senatori (2 per ogni Stato, senza differenze di popolazione).
In più, il District of Columbia elegge tre grandi elettori, tanti quanto lo Stato più piccolo.
L’elezione presidenziale funziona come tante grandi elezioni uninominali: il candidato presidente più votato in ogni Stato, anche se di un solo voto, ottiene tutti i voti elettorali di quello Stato.
Biden vince in California? Ottiene tutti i 55 rappresentati della California nell’Electoral College. Trump vince in Texas? Ottiene tutti i 38 voti elettorali del Texas. E così via.
I voti elettorali si sommano via via che lo spoglio dei singoli Stati è definito nel corso della lunga notte elettorale: a causa dei fusi, le urne nei vari Stati chiudono in orari diversi, partendo dall’1 di notte ora italiana e fino alle nostre 7.
Uno Stato, un vincitore. Con due eccezioni
Sono due le eccezioni alla regola maggioritaria: Maine e Nebraska. Ogni Stato è infatti libero di scegliere la propria legge elettorale.
Il Nebraska elegge 5 grandi elettori, il Maine 4. Due grandi elettori vengono assegnati al candidato più votato a livello statale, mentre gli altri 2 (nel Maine) o 3 (in Nebraska) vengono assegnati al più votato al livello delle circoscrizioni elettorali che formano lo Stato.
Storicamente, il risultato è quasi sempre che un candidato conquista tutti i voti elettorali di quello Stato. Eccezioni ci sono state solo nel 2008 (4 voti del Nebraska a McCain e 1 a Obama) e nel 2016 (3 voti del Maine a Clinton, 1 a Trump)
Cosa sono i grandi elettori e che ruolo hanno
C’è anche da aggiungere che da un punto di vista puramente formale il presidente e il vicepresidente degli Stati Uniti sono in realtà eletti con un sistema indiretto, ovvero non sono eletti direttamente dal popolo.
In realtà con il voto del 3 novembre i 538 voti elettorali non sono altro che 538 rappresentanti (i grandi elettori) che hanno ‘promesso’ di sostenere il candidato al quale sono collegati.
I 270 voti elettorali rappresentano quindi 270 grandi elettori o rappresentanti nell’Electoral college.
Saranno questi grandi elettori a metà dicembre, a formalizzare l’elezione del presidente degli Stati Uniti.
Si tratta di fatto quasi sempre di una formalità : i grandi elettori votano sempre per il candidato che hanno promesso di sostenere. Ci sono stati dei casi in cui questo non è successo (ma non in numeri tali da non far eleggere un presidente) ma sono molto rari.
(da agenzie)
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Ottobre 31st, 2020 Riccardo Fucile
MA SARANNO DECISIVI I VOTI INTERNI AI SINGOLI COLLEGI… A VANTAGGIO DI BIDEN IL FATTO CHE GLI INDECISI SONO ORMAI POCHISSIMI
Mancano quattro giorni all’Election Day e a livello nazionale, secondo un sondaggio di Fox News, Joe Biden ha un vantaggio di 8 punti.
Bisogna però specificare che i sondaggi nazionali contano molto poco nella visione generale: sono i sondaggi interni di singoli stati quelli a contare davvero, specie in quegli stati ‘in bilico’.
“Biden sta mantenendo un consistente vantaggio a livello nazionale, con molti elettori che hanno già votato e pochi indecisi – spiega il pollster democratico Chris Anderson che ha condotto il sondaggio insieme al collega repubblicano Daron Shaw – è difficile vedere una campagna nazionale invertire la rotta negli ultimi giorni, ma questo non significa che sia impossibile per Trump trovare la via per una vittoria nel collegio elettorale”
Il sondaggio, inoltre, descrive un netto divario rispetto al gradimento dei candidati, con il 55% degli elettori che hanno un giudizio positivo di Biden, contro un 43% che ne ha uno negativo. Mentre per Trump le percentuali si rovesciano, con un 55% che ha esprime un giudizio negativo ed un 44% uno positivo.
(da agenzie)
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Ottobre 31st, 2020 Riccardo Fucile
L’ATTORE SCOZZESE AVEVA 90 ANNI, UNA LUNGA E LEGGENDARIA CARRIERA
Lutto nel mondo del cinema. Si è spento all’età di 90 anni Sean Connery, una delle ultime grandi star dell’età d’oro di Hollywood, nonchè il più amato tra tutti i James Bond che hanno interpretato la saga di 007.
Oltre al ruolo dell’agente segreto più famoso al mondo, resta indimenticato per film come “Gli intoccabili” (suo unico premio Oscar), “Indiana Jones e i l’ultima crociata” e “Caccia a ottobre rosso”.
Assente da anni dalla recitazione, aveva spento 90 candeline lo scorso 25 agosto. L’annuncio della scomparsa è arrivato dal sito della Bbc, che cita fonti della famiglia.
Nato il 25 agosto 1930 a Edimburgo, l’attore scozzese aveva iniziato a recitare a metà anni 50 e si era fatto notare nel classico del genere bellico “Il giorno più lungo”, ma la popolarità era arrivata con la saga di 007.
Nel 1964, nel pieno della fama nei panni di James Bond, aveva lavorato con Alfred Hitchcock nel capolavoro “Marnie”, al fianco di Tippi Hedren. Poi, negli anni, una sequela di ruoli di culto ben oltre quello, arcinoto, della spia al servizio di Sua Maestà : il fascinoso capo berbero in “Il vento e il leone” di John Milius, lo scalcagnato ma ancora affascinante Robin Hood di “Robin e Marian” di Richard Lester, l’iconico Guglielmo da Baskerville di “Il nome della rosa” di Jean-Jacques Annadu, produzione internazionale dal best seller del nostro Umberto Eco, l’enigmatico ufficiale sovietico Marko Ramius in “Caccia a ottobre rosso”, l’eroico e malinconico Jimmy Malone in “Gli intoccabili”, l’adorabile papà di Indy Henry Jones sr. in “Indiana Jones e l’ultima crociata”.
Tutti i film di 007 con Sean Connery
Immancabilmente legato alla saga di 007, ha interpretato Bond nei primi film della saga: “Licenza di uccidere” (1962), “A 007, dalla Russia con amore” (1963), “Missione Goldfinger” (1964), “Thunderball (Operazione tuono)” (1965), “Si vive solo due volte” (1967). Poi è tornato nel settimo “Una cascata di diamanti” (1971), dopo la parentesi di George Lazenby in “Al servizio segreto di Sua Maestà “, (1969).
Aveva detto “mai più”, ma ha cambiato idea quando, nel 1983, ha di nuovo vestito i panni di Bond in un film apocrifo, sostanziale remake di “Thunderball”, che non a caso si intitola “Mai dire mai”. Secondo un sondaggio, in Uk resta lo 007 più amato dal pubblico.
L’Oscar e gli altri premi
Interprete di grandiosa presenza scenica, il divo scozzese ha conquistato un solo Oscar, quello per “The Untouchables — Gli intoccabili”, in cui, diretto da Brian De Palma (con le musiche indimenticabili di Ennio Morricone) dà vita all’epopea gangsteristica della caccia ad Al Capone insieme a Kevin Costner, Andy Garcia, Charles Martin Smith e Robert De Niro.
Connery ha vinto però anche due Bafta (gli Oscar inglesi: per “Il nome della rosa” e il premio Academy Fellowship) e tre Golden Globe (per “Gli intoccasbili”, oltre al Cecil B. DeMille Award e all’Henrietta Award).
(da agenzie)
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Ottobre 30th, 2020 Riccardo Fucile
LA MANIFESTAZIONE INFILTRATA DAI SOLITI DELINQUENTI NON ERA AUTORIZZATA… MA LE MANIFESTAZIONI NON AUTORIZZATE VANNO BLOCCATE SUBITO, BASTA TOLLERANZA CON I VIOLENTI
Scontri tra i manifestanti e la polizia in centro a Firenze. Lanci di bottiglie, tensione e cariche. Manganelli che si alzano. Erano cominciati ad arrivare in un centinaio in via Calzaioli prima delle 21, ora di inizio della manifestazione non autorizzata e che già alla vigilia aveva allarmato la prefettura.
Il sindaco Dario Nardella aveva parlato della possibilità che “formazioni neofasciste fossero dietro l’organizzazione del raduno”. Il volantino che girava in rete e chiamava a raccolta per la manifestazione era simile nella grafica e nello slogan a quello di Torino finito con gli scontri pochi giorni fa.
“Non siamo estremisti, nè fascisti” urlano i primi in piazza. Stano per immettersi in piazza della Signoria a Firenze dove era fissato il raduno non autorizzato contro il Dpcm anticovid.
Una protesta contro i provvedimenti del governo. La polizia e i carabinieri hanno subito schierato i reparti antisommossa per sbarrare la strada e impedire ai manifestanti di arrivare nella piazza. Caschi e scudi.
“Buffoni”, “Vergona” i cori. Sono arrivati altri, allertati dal tam tam in Rete. Alle 21,15 erano già trecento. Mezz’ora dopo il doppio. Ma il numero è aumentato ancora. Ultrà del calcio, antagonisti, gruppi di estrema destra, lavoratori precari, alcuni ristoratori, fattorini con addosso ancora la divisa da lavoro.
Slogan contro col governo, contro il presidente del consiglio Conte per le chiusure anti-covid. Vorrebbero andare a manifestare davanti a Palazzo Vecchio. Sono quasi tutti giovani. “L’Italia è l’unico paese a chiudere senza risarcire”.
Hanno dei cartelli del tipo: “Il governo chiude, il governo paga”, “Hugs no mask”. Cresce la tensione. Urlano contro i giornalisti. La polizia carica, la gente scappa. Nell’aria i fumogeni. Si sentono delle sirene. e si vede qualcuno a terra.
Nel pomeriggio i negozi hanno chiuso presto in centro a Firenze e i falegnami si sono messi al lavoro per proteggere le vetrine con assi di legno e compensato. E’ stato così per Gucci, Prada, per altre griffe e grandi magazzini. La manifestazione non autorizzata e convocata misteriosamente diffondendo un volantino in rete contro il dpcm ha preoccupato le forze dell’ordine che molto prima dell’ora della convocazione (le 21) ha cominciato a presidiare le strade e le piazze del centro con i blindati.
(da agenzie)
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