Settembre 30th, 2022 Riccardo Fucile
ANCHE SE SOSPESO DAL PARTITO, CALOGERO PISANO E’ STATO ELETTO E INTENDE RIMANERE IN CARICA
A meno di una settimana dalle elezioni era stato sospeso dal suo partito, Fratelli d’Italia. Nonostante ciò, Calogero Pisano è stato eletto nel collegio uninominale di Agrigento in cui era stato candidato dalla destra. Il caso era stato sollevato il 19 settembre, quando Repubblica pubblicò alcuni suoi post in cui definiva Adolf Hitler un «grande statista», altri in cui ringraziava chi definiva la sua leader Giorgia Meloni una «fascista moderna», e altri simili.
Fu immediata la risposta di FdI che, con effetto immediato, lo sospese da ogni incarico e lo deferì al collegio di garanzia del partito. La sua candidatura, però era ormai ufficiale. Anzi, il Fatto Quotidiano pubblicò anche degli audio in cui Pisano rassicurava i suoi sostenitori: «Questa, tra virgolette, sospensione è dovuta solo al fatto di questo post e quindi abbiamo dovuto prendere le distanze e anche io mi sono dovuto sospendere solo per questi due-tre giorni, fino a quando non arriviamo alle elezioni», assicurava su Whatsapp, «quindi state tranquilli che resta in carica e siamo sempre più forti di prima».
A quanto pare, le sue parole sono state ascoltate visto che ha raccolto 53mila preferenze, quindi il 37,83% dei voti. Più del pentastellato Giuseppe Filippo Perconti fermo a 29,28% e della candidata del centrosinistra Maria Elena Sciortino, arrivata al 16,52%.
Il 13 ottobre le Camere si riuniranno e il deputato Pisano si presenterà a Montecitorio. Resta da vedere se per quella data FdI lo avrà espulso o reintegrato. Giampiero Cannella, commissario regionale del partito, ha spiegato a Adnkronos «che Pisano non è gradito, per ora non è un nostro deputato né può iscriversi al gruppo di Fratelli d’Italia alla Camera». Inoltre, «resterà sospeso finché non si riunirà la Commissione nazionale di garanzia».
Resta ancora tutto da decidere, quindi. Una grana interna che ricorda quella che ha investito il Movimento 5 Stelle e le sue famose restituzioni. Come previsto dallo statuto, i parlamentari pentastellati devono ogni mese donare parte della propria indennità alle case del partito. Quel denaro sarà poi usato per finanziare le iniziative collettive e per essere restituite alla comunità. I primi problemi erano nati già alla vigilia delle elezioni politiche del 2018. Mancavano alcuni versamenti e ciò era motivo di espulsione. Temendo di non essere eletti, alcuni parlamentari decisero di uscire dal Movimento conservando il posto in Parlamento. Fu il caso di Carlo Martelli, finito con Italexit (allontanato dal partito) e Andrea Cecconi, (sospeso) nel gruppo misto. Lo stesso scenario si è poi riproposto lo scorso giugno. Un’inchiesta di Report fece emergere un buco da 2 milioni di euro nelle casse del Movimento: 90 parlamentari avevano smesso di versare, o comunque non lo facevano con regolarità. Parte di questi sono finiti con Luigi Di Maio nel nuovo partito, Insieme per il futuro, e ora chiedono di riavere indietro tutto il denaro che hanno versato negli anni.
(da agenzie)
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Settembre 30th, 2022 Riccardo Fucile
“FAREBBE FOLLIE PER RECUPERARE CONSENSI, ALL’ESTERO E’ CONSIDERATO UN UOMO DI PUTIN”
Matteo Salvini è già stato al Viminale, ed è stato un disastro epocale.
Matteo Salvini ha compiuto atti folli per avere consenso: ha sequestrato esseri umani per ragioni di propaganda politica, pensando di poterlo fare impunemente.
Matteo Salvini ha intimidito e minacciato qualunque voce critica nei suoi riguardi. Ha intimidito e minacciato utilizzando la struttura stessa del Ministero degli Interni, gettando enorme discredito sulle istituzioni repubblicane. Io stesso sono stato querelato da lui, su carta intestata del Viminale, nel silenzio indegno del governo di cui era parte.
Matteo Salvini è vicino a Putin. Anzi, diciamolo chiaro e tondo: all’estero viene percepito come uomo di Putin.
Pensare di mettere gli apparati di sicurezza del nostro Paese a disposizione di un fiancheggiatore di Putin, in una fase di guerra come quella che stiamo vivendo, sarebbe un atto criminale.
Matteo Salvini oggi è talmente debole, ma talmente debole che al Viminale o in qualunque altro incarico governativo farebbe follie per recuperare consenso, e dunque sarebbe un pericolo per tutti, perché agirebbe a scapito delle nostre libertà.
Matteo Salvini è fuori controllo. Bisogna essere consapevoli del fatto che un politico fuori controllo deve essere tenuto a distanza di sicurezza dalle istituzioni.
Roberto Saviano
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Settembre 30th, 2022 Riccardo Fucile
MAI PIU’ GREEN PASS E MAGARI L’INFERMIERA RONZULLI MINISTRO DELLA SANITA’
Mentre i contagi da Coronavirus riprendono la loro corsa e le mascherine non sono più obbligatorie sui bus, c’è curiosità intorno alla strategia del nuovo governo di Giorgia Meloni sulla pandemia.
Nei suoi anni all’opposizione e durante la campagna elettorale la nuova premier ha promesso molto. Stop alle restrizioni, stop alle mascherine, stop all’obbligo vaccinale.
E ha criticato in più occasioni l’attuale ministro della Salute Roberto Speranza. Parlando di una «gestione fallimentare» di Covid-19. Adesso tocca a lei. Che si troverà davanti una situazione diversa rispetto a quella gestita da Giuseppe Conte e Mario Draghi.
La pandemia adesso fa meno paura. Perché anche se i contagi aumentano i numeri di ospedali e terapie intensive rimangono (per ora) sotto controllo. Ma chi sarà il nuovo ministro della Salute? E cosa succederà questo inverno?
I contagi in crescita
La corsa dei contagi sembra infatti aver ripreso vigore. Ieri i positivi contati dal bollettino del ministero della Sanità sono arrivati a sfiorare quota 40 mila. Ma il tasso di positività è arrivato quasi al 19%.
E in una decina di regioni, come ha certificato l’ultimo report di Gimbe, l’incremento è stato più netto. Trascinato dall’arrivo dell’autunno.
E dall’apertura delle scuole. L’inversione di tendenza più netta infatti si vede nei contagi tra le fasce d’età 0-9 e 10-19. Nelle Marche il tasso di positività è schizzato oltre il 37%. In Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia-Romagna e Abruzzo la crescita è simile. E in province come Vicenza e Pescara l’incidenza dei casi su 100 mila abitanti è già arrivata oltre 600.
Per questo ieri Speranza ha deciso di mantenere l’obbligo di mascherina per le visite nelle strutture ospedaliere e nelle residenze degli anziani.
La proroga, fa sapere oggi La Stampa, è stata condivisa anche da Fratelli d’Italia. Ma per bus, metro e treni non c’è più l’obbligo. E presto anche a scuola in caso di positività in classe i dispositivi di protezione individuale non si indosseranno più.
Chi sarà il nuovo ministro della Salute
Intanto nel totoministri del nuovo governo si guarda con attenzione alla casella della Salute. La Stampa spiega oggi che i papabili sono Francesco Rocca della Croce Rossa e Matteo Bassetti dell’ospedale San Martino di Genova tra i tecnici. Mentre per i politici si fanno i nomi di Andrea Mandelli e Licia Ronzulli per Forza Italia. Con un occhio anche alla Lega e a Massimo Garavaglia, ex responsabile del turismo del governo Draghi.
No al Green pass e via l’obbligo
Fdi è contraria al Certificato verde: «Se si vuole verificare se una persona è infetta si fa un tampone antigenico e si capisce. Tanto è vero che quando noi abbiamo assistito alla Camera al giuramento di Mattarella non ci hanno chiesto il Green Pass. Ci hanno fatto un tampone rapido nuova generazione. Cioè, il legislatore che aveva introdotto il Green Pass poi non lo usava».
La nuova strategia
Per Gemmato visto che la mortalità per Covid-19 riguarda le persone dai 65 anni in su, la strategia vaccinale dovrebbe mettere in sicurezza gli anziani e chi ha problemi di salute. «Vaccinare i bambini di 6 anni non ha avuto senso», sostiene il deputato, che è laureato in Farmacia all’università Aldo Moro di Bari. Per lui raccomandare va bene ma non bisogna rinnovare l’obbligo per il personale sanitario. E se arriva una nuova ondata? «Saremo pronti ma a partire dai dati scientifici, ci si affida a loro per prendere decisioni. Non seguiremo le virostar, ma scienziati con impact factor alto”
(da agenzie)
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Settembre 30th, 2022 Riccardo Fucile
ALTRA META’ IN PARTI UGUALI A LEGA E FORZA ITALIA… MA NON AVEVA DETTO CHE CONTAVA LA MERITOCRAZIA E LA COMPETENZA?
Se in Parlamento i numeri non rispecchiano l’esatto andamento delle ultime elezioni (con la Lega che, grazie ai collegi uninominali, ha molti più senatori e deputati del previsto), Giorgia Meloni vuole mettere le cose in chiaro nella coalizione che si appresta a prendere le redini del prossimo governo: nel valzer del totoministri, il 50% dei dicasteri dovrà essere rappresentato da un esponente di Fratelli d’Italia, mentre la restante metà sarà suddivisa (in parti uguali) tra Lega e Fratelli d’Italia. Una mossa strategica che fa i conti con i freddi numeri del consenso elettorale conquistato nelle urne domenica scorsa.
I dicasteri in ballo sono 16 (al netto di eventuali “novità” o scorporazione di quelli esistenti, dopo la paventata ipotesi di suddividere il Ministero del Tesoro da quello delle Finanze).
Secondo la linea di principio di Giorgia Meloni, nel computo del totoministri tra i partiti di maggioranza, Fratelli d’Italia ha diritto a 8 poltrone, mentre le restanti 8 saranno suddivise equamente tra Lega e Forza Italia.
E il gioco delle carte sul tavolo deve fare i conti con i primi rischi che si sono palesati già nei giorni scorsi. A partire dal Viminale. Perché, è cosa nota, Matteo Salvini vuole il Ministero dell’Interno per sé, ma la leader di FdI sembra essere poco incline a riproporre quella stessa figura di quello stesso ministro che sedette su quella poltrona durante il governo Conte-1 (con annesso processo in corso per il caso Open Arms).
Per quel posto, infatti, circolano molti nomi: dal prefetto di Roma Piantedosi, al già sottosegretario (sia con Salvini che con Lamorgese) Nicola Molteni. Si tratta, comunque, di due nomi in quota Lega.
Nelle ultime ore, come spiega La Repubblica, per il Viminale è spuntato anche il nome di Antonio Tajani che, però, è in ballo anche per altri ruoli: dalla Presidenza della Camera (sembra tramontata l’ipotesi della “concessione” di una della due Aule del Parlamento all’opposizione) al Ministero degli Esteri.
Poi ci sono anche gli altri Ministeri che dovranno rispettare il “Manuale Cencelli” secondo Giorgia Meloni. Una delle poche “figure tecniche” potrebbe essere Fabio Panetta al Tesoro (che però ha rifiutato), mentre Giulia Bongiorno potrebbe essere la rappresentante della Lega o alla Pubblica Amministrazione o alla Giustizia. La Difesa, invece, finirebbe ad Adolfo Urso di Fratelli d’Italia.
Poi ci sono il dicastero per i Rapporti con il Parlamento a Maurizio Lupi (Noi Moderati, ma vicino a Forza Italia), quello agli Affari Europei a Raffaele Fitto. A completare il quadro restano altre due figure di spicco del partito di Berlusconi e di quello di Meloni: Maria Bernini e Fabio Rampelli: i loro nomi sono in ballo Infrastrutture, la Cultura o il Welfare.
E siamo a posto in tutti i sensi
(da agenzie)
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Settembre 30th, 2022 Riccardo Fucile
M5S 20%, PD 19%, AZIONE 14%, FDI 14%, VERDI-SINISTRA 8%, LEGA 6%
La vittoria del centrodestra alle elezioni politiche 2022 è stata, lo sappiamo, il trionfo esclusivamente di Fratelli d’Italia.
Il partito di Giorgia Meloni ha trainato praticamente da solo la sua coalizione fino al governo.
Ma come sarebbe andata se alle urne si fossero presentati solo i più giovani? Come si piazzerebbe Fratelli d’Italia se a votare fossero stati solo i ragazzi della fascia di età che va dai 18 ai 24 anni?
Un’analisi di Quorum/Youtrend per Skytg24 lo chiarisce. Con risultati sorprendenti.
Il Movimento 5 Stelle secondo le statistiche di Quorum/Youtrend per Skytg24 sarebbe infatti il primo partito. E invece di raccogliere il 15,4% dei voti si sarebbe attestato al 20.
Per il Partito Democratico invece non sarebbe cambiato nulla. Sorprendentemente la vittoria di Giorgia Meloni se avessimo lasciato votare solo i ragazzi semplicemente non sarebbe tale perché Fratelli d’Italia in quel caso avrebbe dimezzato le percentuali che ha registrato nella realtà: appena il 14% dei voti contro il 26.
Ma a trarre vantaggio dal voto dei giovani sono stati anche Azione/Italia Viva e Verdi/Sinistra.
Cosa invece sarebbe potuto accadere se il voto fosse stato decretato solo dagli over 65?
Ad avvantaggiarsi del voto dei più anziani è il Partito Democratico: se avesse potuto fare affidamento solo sul loro sostegno infatti il PD sarebbe la prima forza politica con il 28%, contro la percentuale reale del 19. Quasi il doppio.
E quei partiti, come M5S e Forza Italia, che si sono rivolti direttamente alla fascia di popolazione più anziana, non hanno ricevuto un feedback positivo.
Ma l’analisi di Quorum/Youtrend per Skytg24 evidenzia anche altri dati interessanti. Ad esempio come il tasso di istruzione conti meno di quanto sembri prevedibile per la scelta del partito di elezione:
Non si notano infatti grandi scostamenti tra il voto reale e quello selezionato nel caso in cui si fossero recati alle urne solo i laureati o solo chi ha conseguito la licenza media. Le poche differenze riguardano Azione/IV e Verdi/Sinistra, preferiti dai laureati e Lega e Forza Italia, che sono invece i meno votati dalla stessa categoria.
Infine il dato sul voto dei lavoratori che siano autonomi o dipendenti è andato per la maggioranza a FdI, mentre come abbiamo visto il PD ha ancora un largo bacino di consenso tra i pensionati.
(da agenzie)
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Settembre 30th, 2022 Riccardo Fucile
SI ERA CANDIDATA CON ITALEXIT MA NON E’ STATA ELETTA
Dopo la sospensione, non c’è più spazio per lei nella Polizia. Ad annunciare il “licenziamento” è stata la stessa Nunzia Schilirò sui suoi canali social.
La donna, ex vicequestore di Roma, aveva subito diversi procedimenti disciplinari nel corso degli ultimi mesi per le sue proteste contro il green pass, anche per l’applicazione delle norma a livello lavorativo.
E ora si è arrivati alla rottura finale, con la comunicazione inviata dai dirigenti. Una notizia che arriva all’indomani dell’ufficializzazione della sua sconfitta elettorale. Si era, infatti, candidata al Senato con il movimento Italexit di Gianluigi Paragone.
Una delle anime più accese e riconoscibili dei mesi di polemiche e proteste contro vaccino e green pass, con manifestazioni pubbliche di dissenso e altre iniziative social, non ha esitato – ovviamente – a polemizzare dopo aver ricevuto la comunicazione da parte della Polizia:
Qualora fosse stata eletta in Senato, ovviamente, avrebbe dovuto congedarsi dal corpo di Polizia. Al mancato approdo in Parlamento (con Italexit che non ha conquistato neanche un seggio di rappresentanza per la prossima legislatura) dunque, si aggiunge il licenziamento.
(da agenzie)
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Settembre 30th, 2022 Riccardo Fucile
LA MORATTI RIFIUTA UN INCARICO MINISTERIALE PER PRESENTARSI ALLE REGIONALI E FARLA PAGARE A CHI NON HA MANTENUTO LA PAROLA… FONTANA SEMPRE PIU’ PALLIDO, LEGA NELLA BRATTA
Finita una tornata elettorale, avanti la prossima. In Lombardia sono già partite le grandi manovre, almeno a livello dialettico e propositivo, in vista del voto che si terrà nella prossima primavera per decidere il prossimo Presidente di Regione.
Nelle ultime si è innescato uno scontro a distanza tra due delle personalità che fanno già parte della Giunta lombarda: da una parte l’Assessora al Welfare Letizia Moratti, dall’altra il governatore in carica Attilio Fontana.
La prima ha detto di esser pronta a rifiutare qualsiasi incarico ministeriale (nel governo Meloni è stata indicata come papabile guida del Ministero della Salute), perché vuole candidarsi alla Regione. E la Lega non ha apprezzato tutto ciò, chiedendole di fare un passo indietro.
Tutto è iniziato con una serie di dichiarazioni che Letizia Moratti ha rilasciato ieri sera a Marco Damilano, nella trasmissione “Il Cavallo e la Torre” (su Rai3). In questo estratto, l’attuale Assessora al Welfare della Lombardia sottolinea di essere pronta a scendere in campo, anche al di là di una decisione univoca presa dalla coalizione di centrodestra.
“Sono stata chiamata dal presidente Fontana e ho accettato per responsabilità e amore per la mia regione, con l’impegno parallelo di un passaggio di testimone a fine legislatura. Ho lavorato e lavoro coerentemente a quell’impegno ma coerentemente a quelle indicazioni ho costruito anche una rete civica”
Un passaggio di testimone, dunque. Questa, secondo il racconto di Letizia Moratti, era la promessa che le era stata fatta quando venne chiamata in Giunta per guidare l’Assessorato al Welfare della Lombardia.
Parole che non sono piaciute all’attuale Presidente della Regione e alla Lega. Poco dopo la messa in onda dell’intervista, infatti, Attilio Fontana ha alzato la voce: “Contrariamente a quanto da lei affermato, non ho mai promesso a nessuno un passaggio di testimone al termine del mio mandato. È una prerogativa dei partiti, allora come oggi. Non era né allora né oggi nella mia disponibilità. Come tutti sanno non sono cariche ereditarie. Quindi non è molto chiaro quale spirito di servizio invochi se la condizione era quella di essere nominata vicepresidente e anche candidata presidente. Non mi è chiaro dove sia il senso di responsabilità”.
E nelle scontro frontale Moratti-Fontana si è inserita, inevitabilmente, anche la Lega. Il coordinatore lombardo del Carroccio, Fabrizio Cecchetti, ha infatti invitato l’Assessora a fare un passo indietro se non è d’accordo con le dinamiche che porteranno alla scelta del candidato alla poltrona di Presidente della Regione. Soprattutto se l’intenzione di Moratti sarà quella di candidarsi a prescindere dal centrodestra:
(da agenzie)
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Settembre 30th, 2022 Riccardo Fucile
DUE ANNI DI RECLUSIONE SENZA IL BENEFICIO DELLA SOSPENSIONE DELLA PENA E 20.000 EURO DI RISARCIMENTO
Due anni di reclusione senza il beneficio della pena sospesa: è la condanna stabilita dal Tribunale di Trieste per Fabio Tuiach, ex consigliere comunale di Trieste eletto in quota Lega e poi passato Forza Nuova – nonché esponente del movimento dei portuali del capoluogo triestino ed ex pugile – che ne 2021 aveva pubblicato un post su VKontakt (social network molto usato in Russia) ritenuto diffamatorio nei confronti della vittima di un’aggressione omofoba, Antonio Parisi. «Un esponente Lgbt è stato picchiato e scoppia il caso omofobia a Trieste, ma forse ha litigato con il fidanzato per la vasellina. Ricordiamoci che in più di un terzo dei paesi al mondo non esiste il problema omofobia perché per i gay c’è il carcere o la pena di morte. Noi avevamo il rogo un tempo, mentre in Russia c’è la legge anti gay», era il testo del post pubblicato dall’ex pugile.
A denunciare il fatto fu l’Associazione I Sentinelli di Milano che al processo di Trieste è stata riconosciuta parte civile.
Luca Paladini, portavoce dei Sentinelli, cosa rappresenta questa sentenza?
«Come associazione che si batte per i diritti siamo molto contenti che per una volta si è riusciti a ottenere un risultato così importante anche se lo ha fatto la giustizia al posto della politica. È una vittoria della società, non dell’Associazione».
Il giudice non ha riconosciuto l’aggravante della Legge Mancino (che punisce i crimini d’odio) ma solo quella dell’uso dei social network. Questo cambia la portata della sentenza?
«Il pm aveva chiesto 10 mesi, il giudice ne ha disposti più del doppio: 2 anni, con un risarcimento per Antonio di 15mila euro e di 5mila per la nostra Associazione. Il fatto che si sia arrivati a una condanna così pesante per delle frasi di stampo omofobo rappresenta un fatto storico perché inusuale. Quindi, nei fatti, è come se l’aggravante fosse stata implicitamente riconosciuta e applicata. Ed era l’obiettivo che ci eravamo dati quando ci costituimmo parte civile».
Cosa sarebbe cambiato se fosse stato in vigore il ddl Zan?
«Ci avrebbe sicuramente permesso di rendere esplicita nella sentenza la discriminazione per l’orientamento sessuale. La sensazione che abbiamo è che il giudice, vista la portata della condanna, abbia “fatto suo” il ddl Zan. Crediamo, comunque, che sia fondamentale che la Legge Mancino non solo non venga cancellata (nel 2018, l’allora ministro della Famiglia leghista e attuale vicesegretario federale Lorenzo Fontana voleva abrogarla, ndr) ma che venga ampliata dal ddl Zan, consentendo di aggiungere i reati legati all’orientamento sessuale e all’identità di genere».
La sentenza di oggi è un monito per la politica?
«Lo è senz’altro: ovviamente noi chiediamo alla politica di legiferare ma in presenza di un vuoto normativo associazioni e cittadini cercheranno di ottenere giustizia dalla Giustizia».
Antonio ce l’avrebbe fatta a vincere la sua battaglia legale da solo contro un uomo vicino alla politica come Tuiach?
«Io credo di sì. Non so quantificare il nostro contributo e non voglio prendermi meriti che non abbiamo. Avrebbe vinto anche senza i Sentinelli perché ha avuto il coraggio di questa battaglia e non è una cosa che riesce a tutti».
Cosa vi siete detti con Antonio al termine dell’udienza?
«Fuori dall’aula ci siamo abbracciati: eravamo contenti perché in qualche modo è stato risarcito per la violenza fisica e psicologica subita. È stato un momento di sollievo per entrambi. Lui per primo».
(da agenzie)
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Settembre 30th, 2022 Riccardo Fucile
INTERVISTA AL CONSIGLIERE DI ZELENSKY, MYKHAILO PODOLYAK: “NON POSSIAMO INTERFERIRE NEGLI AFFARI INTERNI DELL’ITALIA E NON POSSIAMO PARLARE PUBBLICAMENTE DI CHI HA RICEVUTO SOLDI RUSSI A SCOPO DI LOBBYING”… “I DATI CI SONO TUTTI: CHI HA PRESO E QUANTO”
«Abbiamo elementi per affermare che qualcuno in Europa, anche tra i partiti italiani, ha preso soldi dal Cremlino, ma non possiamo svelarlo perché significherebbe interferire con la politica del vostro Paese». Mykhailo Podolyak, 50 anni, consigliere dell’Ufficio del presidente ucraino e capo del team di negoziatori che mesi fa ha provato l’impervia via dell’accordo diplomatico coi russi, è un uomo che conosce i meccanismi della comunicazione.
Non foss’ altro perché, prima di diventare uno dei collaboratori più ascoltati da Zelensky, faceva il giornalista. In 36 minuti di intervista con Repubblica , pesa le parole e affronta gli argomenti più caldi del conflitto russo-ucraino: i referendum farsa, il rischio dell’escalation atomica, gli incidenti ai gasdotti nel Baltico. Non si sottrae neanche quando il discorso vira sull’Italia.
In un’intervista, lei ha affermato di avere prove della collaborazione di alcuni partiti europei con la Russia, da cui avrebbero ricevuto denaro. Conferma?
«Corretto. È ormai noto che la Federazione ha speso 300 milioni di euro negli ultimi anni per finanziare alcuni movimenti politici nell’Unione Europea e, così facendo, ha cercato di influenzare sia le politiche nazionali sia quelle dell’Unione».
Nel famoso report americano in cui si citano i 300 milioni, però, l’Italia non appare
«A noi non sfugge il comportamento di certi partiti, a volte proprio quelli italiani, che prendono posizioni apertamente filo-Putin, sostenendo per esempio che, per un motivo o per un altro, la Russia aveva il diritto di attaccare l’Ucraina».
Capisce bene che la questione non è secondaria. Siete o non siete in possesso di elementi concreti che dimostrano il coinvolgimento di politici italiani?
«Cerchi di capirmi, non possiamo interferire negli affari interni dell’Italia e non possiamo parlare pubblicamente di chi ha ricevuto soldi russi a scopo di lobbying. Certamente, a livello di intelligence, i nostri due Paesi cooperano. Ho motivo di ritenere che i dati fondamentali ci siano tutti: chi ha preso e quanto».
Il leader della Lega Matteo Salvini è, o almeno è stato, molto vicino a Putin. Si riferisce a lui?
«Questo lo sta dicendo lei. Non voglio aggiungere altro, sarebbe ingerenza».
Parliamo della guerra. La Russia oggi dichiarerà l’annessione delle regioni occupate di Kherson, Zaporzhizhia, Lugansk e Donetsk. Cosa cambia per voi?
«Niente. I referendum non hanno valore legale, per il diritto internazionale le regioni sono e rimangono territori dell’Ucraina. E l’Ucraina è pronta a tutto per riprenderle. Il nostro popolo ce lo chiede. Sono stati voti farsa, a cui hanno partecipato poche persone. A chi andava a votare puntavano il fucile in faccia ordinando: ‘Vota!”. Le nostre controffensive, quindi, vanno avanti» Il Cremlino minaccia di usare armi atomiche tattiche se ritiene che il proprio territorio sia attaccato.
Siamo all’escalation nucleare?
«Le possibilità di un conflitto nucleare non sono alte, ma esistono. E se il mondo, intendo la parte civile del mondo, consentirà il completo collasso della sicurezza nucleare internazionale, avremo conseguenze catastrofiche non solo per l’Ucraina. Tutti Paesi privi dell’atomica si sentiranno a rischio invasione da parte della Russia, il trattato di non proliferazione nucleare diventerebbe carta straccia e partirebbe la corsa agli armamenti. L’Occidente è pronto a questo?»
Come vi aspettate che reagiranno le potenze nucleari?
«C’è un protocollo chiaro che stabilisce come si deve comportare chi possiede l’atomica, ad esempio Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, India, Cina, nei confronti di chi viola la dottrina della deterrenza nucleare. In secondo luogo, alcuni Paesi possono spiegare in modo informale alla Russia a quali conseguenze va incontro. India e Cina hanno già dichiarato che l’uso di testate nucleari è inaccettabile. La risposta globale a un eventuale attacco atomico dovrà essere presa nel quadro dell’Ue e della Nato».
C’è ancora spazio per la via diplomatica?
«No. La Russia non vuole negoziare, lancia solo ultimatum. Se l’esercito russo abbandonasse l’intero territorio dell’Ucraina, Crimea compresa, la trattativa potrebbe riprendere».
Sembra che Gazprom abbia bloccato il transito del gas che attraversa l’Ucraina verso l’Europa.
«Gazprom sta facendo di tutto perché l’Europa non riceva il gas residuo necessario per la stagione invernale. E c’è la Russia dietro gli incidenti ai gasdotti North Stream: molto probabilmente un’azione pianificata».
Dove sono le prove?
«Ci sono dati di intelligence e ci sono alcune analisi, in termini di cosa è stato fatto e chi è il beneficiario. Non ha senso discuterne qui, ci sono indagini in corso. Ma la chiusura dei rubinetti di Gazprom e gli attentati nel Baltico fanno parte della stessa strategia».
(da agenzie)
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