DELLE DUE L’UNA: O A PALAZZO CHIGI SONO IN MALAFEDE, O DORMONO: “NESSUNO SAPEVA” DELLA NORMA CHE AUMENTAVA GLI STIPENDI DEI MINISTRI NON PARLAMENTARI?
PER “LA STAMPA”, A CHIEDERE LA NORMA SAREBBE STATO IL MINISTRO CROSETTO E ALLA FINE MELONI ORDINA L’ALTOLÀ: “NON REGGIAMO AGLI ATTACCHI”
È un’idea nata e confezionata male. «Un mezzo pasticcio» ammettono da Palazzo Chigi, pochi minuti dopo che il ministro della Difesa Guido Crosetto ha annunciato che l’emendamento della discordia, quello che equipara ministri e sottosegretari non eletti ai parlamentari, riconoscendo rimborsi spese, sarà ritirato.
«È la cosa giusta? – si chiede retoricamente Crosetto sul social X all’ora di cena – Non penso, perché non ha particolarmente senso che il ministro dell’Interno o della Difesa (se non eletto, ndr) debbano avere un trattamento diverso rispetto a un loro sottosegretario».
Come è stata partorita e come muore la proposta è interessante per capire una piccola parabola mediatico-politica di questo governo. Partiamo dalla fine: la premier Giorgia Meloni […] decide di staccare la spina d’accordo con Crosetto, che da giorni aveva ingaggiato una battaglia per spiegare, motivare, difendere la scelta. Dentro la maggioranza non tutti sono d’accordo. Anni di clima anti-casta, d’altronde, hanno creato un terreno poco fertile per queste iniziative.
L’eco sui media poi ha fatto risuonare il rimprovero verso i partiti di governo che lamentano di avere poche risorse per salari e sanità ma poi ne trovano a sufficienza per i membri dell’esecutivo.
Meloni fiuta il pericolo: il combinato con l’assedio di Elly Schlein che ogni giorno accusa la premier di aver messo troppi pochi soldi sulla salute, la fa riflettere e la spinge a disinnescare una proposta sicuramente non popolare.
La frase della segretaria del Pd che fa capitolare Meloni è questa, raccontano dal governo: «Ai ministri 7 mila euro, agli in- fermieri 7 euro».
Anche Crosetto capisce che a passare sarebbe questo messaggio. E capisce che l’onda mediatica sarebbe rimasta, rivelandosi insostenibile, nonostante sia stato lui – assicurano più fonti di Fratelli d’Italia- a chiedere l’emendamento. A pensare per primo a un aumento ad hoc per i ministri, infatti, è proprio il titolare della Difesa. La pratica viene affidata a Monica Ciaburro, vice-presidente della commissione Difesa e deputata di FdI di Cuneo, stessa zona da cui proviene Crosetto.
Chi conosce il ministro, tra i collaboratori, ne difende la buona fede nelle intenzioni e la razionalità che intende mostrare contro l’antipolitica, con argomenti che poi lui stesso riporta sui social: «Quello che non sarebbe comprensibile per nessuna altra professione, e cioè che due persone che fanno lo stesso lavoro, nella stessa organizzazione abbiamo due trattamenti diversi, per chi fa politica deve essere messo in conto».
Va detto che per Meloni è un ragionamento che resta convincente. Lo prova anche il fatto che il primo a suggerire di resistere, fino a ieri sera, è Giovambattista Fazzolari, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Fazzolari considera l’emendamento «una questione di equità», non a caso stesso identico termine che nell’intervista di ieri a LaStampa usa l’ex capogruppo e neo-ministro al Pnrr e agli Affari europei Tommaso Foti.
(da La Stampa)
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