“DOBBIAMO IMPARARE DALLA CAMORRA”: L’AMARA PROVOCAZIONE DI DON BERSELLI
IL PRETE ACCUSA: “LORO CI SONO, LE ISTITUZIONI BRILLANO PER LA LORO ASSENZA”
Don Angelo Berselli, parroco di Forcella, usa un paradosso duro: “Quando mi dicono sei un prete anti-camorra io rispondo scherzando: “Vi sbagliate, io sono per la camorra. Da queste parti è la sola cosa che funziona””.
Ma che fa, elogia la camorra?
“Ovviamente la mia è una provocazione. Ma dico che dovremmo imparare dalla camorra che si prende cura dei detenuti, delle famiglie, di chi non ha lavoro. Ci sarebbero diverse cose da prendere a esempio, con un substrato morale completamente diverso”.
Ma il primo problema non è proprio la camorra?
“Il primo problema è la violenza che noi respiriamo quotidianamente perchè è diventata normalità che accadano queste morti: è il nutrimento di quel frutto maledetto che è la camorra”.
Il suo sembra un discorso senza speranza.
“La sicurezza chi la deve garantire? Lo Stato o qualcun altro? Se non ci si affida allo Stato non avremo speranza, ma un esempio ce lo dà proprio il povero Maikol che era un bravo ragazzo che lavorava e vendeva i calzini per sfamare i figli. Il 20 per cento delle persone è cattivo, ma l’altro 80 per cento è composto da brave persone abbandonate. Con loro si potrebbe discutere, ma ne andrebbe conquistata la fiducia”
E invece?
“Qui alla nostre spalle c’è il teatro Trianon chiuso. È il simbolo del fallimento delle istituzioni. Sono stato in parrocchie in tutti i quartieri ma devo dire che a Forcella c’è la situazione più difficile. Manca persino la camorra, quelle di oggi sono bande che tirano cocaina e vanno a sparare. Ai Quartieri spagnoli se accadeva qualcosa, almeno, sapevo contro chi prendermela. Qui no. I commercianti sono contenti: non pagano il pizzo perchè non c’è nessuno che va a riscuotere. Ci sarebbe la possibilità di intervenire, ma i politici pensano ad altro, alle elezioni. Il risultato è che ci sono altri due orfani perchè chi di dovere brilla per la propria assenza”.
Il questore sostiene che c’è omertà e indignazione a orologeria.
“Ho letto l’articolo su “Repubblica”, ma se lo Stato fa funzionare le telecamere non ho l’obbligo di indicarti un nome. Un uomo illustre ha detto che un popolo e una nazione civili non hanno bisogno che i cittadini facciano gli eroi. Nella mia parrocchia pur avendo pochi soldi ho otto telecamere che funzionano. L’altro giorno ho letto che hanno arrestato un camorrista che grazie a un sistema di videosorveglianza si rendeva conto di chi si avvicinava. Lo fanno loro e non lo possiamo fare noi? La faccenda è banale. Ma che ci vuole a far sistemare una telecamera e provvedere che funzioni? È mai possibile che in rioni come Sanità e Forcella non ci siano?”.
Basta la videosorveglianza per evitare sparatorie e vittime innocenti?
“Se ci sono le telecamere un minimo di prudenza in più si usa, magari non si va a sparare in pieno giorno. Qui c’è la serenità di agire indisturbati. Queste sono morti annunciate. Bisognerebbe parlare di meno e agire di più. Riprendiamo il caso del Trianon chiuso. Prima mandava i biglietti gratis in tutte le parrocchie e noi li distribuivamo alle famiglie. Era un modo per diffondere cultura. Oggi i ragazzi basano la loro esistenza sulla frase ripresa dalla televisione “e che ce ne importa!”. Ma quello che è capitato a Maikol può accadere a tutti. Nessuno se ne può disinteressare, tutti ci devono mettere il proprio impegno, tutti devono fare la loro piccola parte”.
(da “La Repubblica”)
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