IL PD NON PORGE PIU’ L’ALTRA GUANCIA
ORLANDO SULLA PRESCRIZIONE: “SE BONAFEDE NON DA’ SOLUZIONI, FAREMO NOI”… CONTE: “OCCORRE GARANTIRE LA RAGIONEVOLE DURATA DEL PROCESSO, NON PUO’ CONTINUARE ALL’INFINITO, NECESSARIO UN COMPROMESSO”… IL PAESE IN MANO ALLE BIZZE DI UNO CHE NON E’ RIUSCITO NEANCHE A LAUREARSI
Il livello di tensione è tale sulla prescrizione che a tarda sera Andrea Orlando, già Guardasigilli, oggi vicesegretario del Pd, sbotta e replica per le rime al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, che poco prima ha chiesto lealtà ai democratici: “Ora – avvisa Orlando – tocca al ministro proporre delle soluzioni perchè quelle fin qui avanzate non garantiscono certezza dei tempi del processo. Ci deve dire se delle nuove proposte intende farle altrimenti le faremo noi”.
Il Nazareno non transige. E domani alla luce della chiusura di oggi del Movimento si riunirà per decidere il da farsi sulla prescrizione.
E’ insomma una mossa a gamba tesa di un partito, il Pd, che non ci sta più a subire i diktat di Luigi Di Maio, il capo politico dei grillini che sul nodo dei nodi della legge “Spazzacorrotti”, ovvero la prescrizione, non ne vuole sapere di cedere alle richieste che giungono dal partito democratico.
Per non parlare di quello che si è consumato sul Mes, la riforma del “Fondo Salva Stati”, dove il leader di Pomigliano d’Arco ha cavalcato la polemica sollevata da Matteo Salvini e Giorgia Meloni.
Ecco, l’impressione è che da ora in avanti lo stato maggiore del Nazareno abbia deciso di non porgere più l’altra guancia.
Il tutto si inserisce nell’ennesima giornata surreale dell’esecutivo più litigioso della storia della Repubblica, dove succede che Di Maio accosta il Pd alla Forza Italia dei lodi e delle battaglia garantista, e dove Zingaretti prende di mira il Movimento e il capopolitico per l’atteggiamento avuto sul caso Bibbiano con tanto di “vergognatevi”. In questo contesto due parlamentari del PD, Walter Verini e Alfredo Bazoli, annunciano che domani parteciperanno alla maratona oratoria dei penalisti contro la riforma della prescrizione che andrà ad oltranza fino al 7 dicembre. Insomma, il caos.
Non è dato sapere se sulla prescrizione il governo cadrà o meno, certo è che è un po’ questo il clima che si respira attraversando il Transatlantico nel giorno di massima tensione sulla prescrizione, il cui blocco è previsto dopo il primo grado di giudizio nella cosiddetta legge Bonafede o Spazzacorrotti che entrerà in vigore il prossimo 1 gennaio e che già fu oggetto di scontro ai tempi dell’esecutivo fra grillini e i leghisti. Già il risveglio dei democratici è stato traumatico. Se da un lato trovano positive le parole del premier Giuseppe Conte sul Corriere del Sera. “Stiamo lavorando a un compromesso – assicura da Londra l’inquilino di Palazzo Chigi – . La prescrizione con il primo grado di giudizio è una soluzione assolutamente sostenibile, ma sicuramente va corredata con misure di garanzia che assicurino la ragionevole durata del processo”. Parole che il premier rimarcherà anche a sera quando sottolinea che ”è stato istituito un tavolo tecnico per trovare una soluzione”.
Dall’altro sempre stamane Luigi Di Maio, ormai nel ruolo del guastafeste, chiude a qualsiasi spiraglio di accordo sulla prescrizione. “La nostra riforma dal primo gennaio diventa legge. Punto. Su questo non discutiamo”, taglia corto il capo politico dei cinquestelle, ormai nella veste del Salvini del governo giallorosso.
Lo stesso Di Maio che un attimo dopo mostra gli artigli e lancia accuse al veleno nei confronti delle truppe di Zingaretti: “Se il Pd poi vuole votare una legge con Salvini e Berlusconi per far tornare la prescrizione come era ideata da Berlusconi sarà un Nazareno 2.0”.
A quel punto, al Nazareno, si sono detti: “Ci risiamo. A chi dobbiamo credere? A Conte o Di Maio?”.
In Transatlantico Walter Verini è una furia: “Il tema qui non è qual è il punto di caduta. Ma qui il tema è politico. Quando Di Maio finirà di indebolire il presidente del Consiglio?”.
Pochi metri più in là c’è Stefano Ceccanti, altro parlamentare del PD che non intende cedere sulla questione prescrizione: “Il Ministro Bonafede è rimasto al suo posto, ma qualcuno lo avvisi che la maggioranza è cambiata. Il fatto che la norma manifestamente incostituzionale possa essere operativa dall′1 gennaio non è un argomento per tenerla lì: l’accettazione della politica dei fatti compiuti apparteneva a Chamberlain e Daladier”.
Il partito democratico schiera l’argenteria di famiglia per rispondere colpo su colpo alla presa di posizione del capo politico del Movimento.
Alfredo Bazoli, capogruppo in commissione in Giustizia per i democratici, che segue fin dall’inizio il dossier, affonda il colpo: “La riforma Bongiorno- Bonafede sulla prescrizione rischia di causare processi infiniti, con danno soprattutto per chi chiede giustizia. Non lo dice il Partito Democratico ma, tra gli altri, pubblici ministeri del calibro di Bruti Liberati e Maresca. Occorrono dunque misure incisive a tutela della ragionevole durata del processo”. Eppoi c’è ancora il capogruppo al Senato Andrea Marcucci che mette in fila parole dello stesso tenore: “Sulla prescrizione non faremo passi indietro”.
E ora che succede? Il governo rischia di saltare sulla prescrizione? Dalle parti del Nazareno la preoccupazione resta alta. Anche perchè nel pomeriggio ad allontanare ancora una volta le parti, vale a dire Pd e Cinquestelle, ci pensa l’altro guastafeste dei grillini, ovvero quell’Alessandro Di Battista che ormai spalleggia in ogni sua uscita il ministro degli Esteri: “Ha ragione Luigi (Di Maio, n.d.r.) la norma che blocca la prescrizione entrerà in vigore il 1 gennaio. Punto”.
Tuttavia, sibila una fonte di governo del Pd, “Conte ha lanciato segnali di dialogo”. I democrat si affidano al presidente del Consiglio, il quale non solo detiene il dossier ma ha già rassicurato i pubblicamente i vertici del Nazareno. Eppure, i giorni passano. E il primo gennaio è dietro angolo. Ventisette giorni separano all’entrata in vigore della Legge Bonafede che contiene al suo interno il blocco della prescrizione dopo il primo grado di giudizio.
Ecco, se nel giro di pochi giorni non ci sarà un accordo o una sintesi sulla ragionevole durata del processo, il Pd ha già in mente una strategia, una linea dura contro il M5S in due mosse.
In prima istanza Zingaretti e i suoi cercheranno di inserire nel decreto Milleproroghe il rinvio dell’entrata in vigore della legge Spazzacorrotti.
Oppure punteranno le fiches sul disegno legge Costa che blocca la Bonafede e che a breve sarà discusso ed emendato in Commissione Giustizia.
“Lo riscriveremo e lo faremo nostro fissando i tempi del secondo grado e della Cassazione”, chiosano.
Anche se alla fine la sensazione è che una soluzione si troverà . Appunto, wrestling più che vero pugilato. E intanto domani sera in occasione del consiglio dei ministri si parlerà del processo civile sul quale è già previsto un accordo di massimo, ma sono molti a pensare che non si potrà non discutere del nodo dei nodi: la prescrizione. Insomma, la resa dei conti è solo rinviata di 24 ore.
(da “Huffingtonpost”)
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