IL SUDOKU DELLA LEGGE ELETTORALE
TRA VETI E CONVENIENZE DEI PARTITI SPUNTA IL DOPPIO TURNO NAZIONALE… MA ORA SI ASPETTA LA CONSULTA
Accelerare. Far presto. Chiudere comunque, con chi ci sta.
Il pressing di Matteo Renzi sulla legge elettorale sembra aver funzionato: tra incontri ufficiali e colloqui riservati, tre dei quattro principali attori della scena politica — Pd, Forza Italia e Nuovo Centrodestra — stanno mettendo le carte in tavola per trovare un punto d’incontro che permetta di varare una nuova legge elettorale in tempi rapidissimi: settimane, non mesi.
Ma esiste davvero, un massimo comune denominatore capace di mettere d’accordo Renzi, Berlusconi e Alfano? E quale potrebbe essere?
Si parte dalla legge attuale, il Porcellum, che tutti dicono di voler abolire perchè non permette all’elettore di scegliere i parlamentari (e questa è anche l’inconfessabile ragione della sua sopravvivenza: a quasi tutti i segretari di partito non dispiaceva affatto quel potere di decidere chi diventava deputato o senatore).
La Corte Costituzionale lo ha corretto, bocciando le liste bloccate senza preferenze e il premio di maggioranza attribuito con la sola maggioranza relativa, quel premio che ha permesso al centrosinistra di conquistare la maggioranza assoluta alla Camera con appena il 29,5 per cento dei voti.
Ma la Corte non ha ancora reso note le motivazioni della sua sentenza: lo farà a metà gennaio, e molti aspettano proprio quel documento per capire, per esempio, se le liste bloccate sono incostituzionali sempre e comunque o se sono ammesse per una quota limitata dei seggi, come accadeva già con il Mattarellum.
O se magari sono ritenute legittime liste corte, con pochi nomi.
Non si tratta di un dettaglio secondario, come vedremo, ed è per questo che le trattative sono sostanzialmente ferme fino alla pubblicazione della sentenza.
Cosa vuole il Pd?
Il nuovo leader del Partito democratico non ha indicato un modello preciso, ma ha messo in chiaro che la nuova legge elettorale dovrà soddisfare tre requisiti fondamentali.
Primo, dovrà mantenere il bipolarismo, chiudendo la stagione delle larghe intese. Secondo, dovrà riconsegnare all’elettore il potere di scegliere i parlamentari. Terzo, dovrà consegnare al Paese, la sera stessa delle elezioni, il vincitore che governerà per i successivi cinque anni.
La neoresponsabile delle riforme istituzionali del Pd Maria Elena Boschi ha chiarito ai suoi interlocutori che non ci sono preclusioni per nessuna soluzione, purchè consenta di raggiungere tutti e tre questi obiettivi.
Vediamo allora quali sono le proposte in campo.
IL DOPPIO TURNO NAZIONALE
E’ la proposta elaborata dall’ex presidente della Camera Luciano Violante: sistema proporzionale con un voto di preferenza (o due, uno a un uomo e uno a una donna), sbarramento al 5 per cento, premio di maggioranza per chi raggiunge il 40-45 per cento e ballottaggio tra il primo e il secondo (partito o coalizione) se nessuno raggiunge quella soglia.
Oltre al Pd, sono a favore Scelta Civica e Sel, ma gli altri hanno votato contro quando la proposta è stata messa ai voti al Senato. La novità è che, mentre il Pdl era contrario, oggi sia Forza Italia che il Nuovo Centrodestra potrebbero prenderla in considerazione, anche se con alcune modifiche.
IL DOPPIO TURNO DI COLLEGIO
E’ il sistema vigente in Francia: se nessuno dei candidati raggiunge la metà più uno dei voti nel collegio, si va al ballottaggio. Niente preferenze, niente liste bloccate.
Ma se in Francia il meccanismo ha funzionato grazie al traino del voto presidenziale, in Italia l’attuale tripolarismo non gli permetterebbe di soddisfare il terzo requisito di Renzi: l’indicazione immediata di un vincitore.
Non solo, ma Berlusconi non ne vuole sentir parlare, perchè nei Comuni il doppio turno ha giocato quasi sempre a suo sfavore. La motivazione ufficiale è che gli elettori di centrodestra non tornano ai seggi per la seconda volta, quella vera è la paura che l’antiberlusconismo coalizzi dappertutto i suoi avversari.
IL SISTEMA SPAGNOLO
E’ la soluzione che Denis Verdini sponsorizza da tempo, e che sembra aver convinto anche Berlusconi: collegi provinciali con liste bloccate (in Spagna la media è di sei candidati). Così com’è non soddisfa nessuno dei tre requisiti di Renzi: non è bipolarista, non permette la scelta del candidato e soprattutto non sforna una maggioranza certa, essendo proporzionale allo stato puro. Ma Verdini propone di correggerlo con premio di maggioranza da assegnare con un ballottaggio nazionale, modifica che soddisferebbe due dei tre requisiti, ma non il terzo (il potere di scelta dell’elettore tra più candidati).
IL MATTARELLUM
Il ritorno al sistema precedente (tre quarti dei seggi assegnati nei collegi uninominali maggioritari, un quarto con la proporzionale alle liste bloccate di partito) è stata a lungo una bandiera del Pd, e adesso anche il capogruppo forzista Brunetta vorrebbe riadottarlo per andare subito alle urne (Verdini invece è contrario, perchè teme che il sistema che nel 2001 consegnò al centrodestra un trionfale 61-0 in Sicilia possa condurlo oggi a una disastrosa sconfitta, stavolta su scala nazionale).
Neanche il Mattarellum, così com’era, sarebbe però in grado di incoronare certamente un vincitore. Ecco perchè Renzi ha elaborato una modifica fondamentale: incastrare un premio di maggioranza tra i collegi uninominali e la quota proporzionale.
Oltre a metà dei forzisti, bisognerebbe comunque convincere anche gli alfaniani, assolutamente contrari a questa soluzione.
IL TATARELLUM
Al Nuovo Centrodestra di Alfano (e forse anche a Casini) non dispiace l’idea di adottare un sistema che ricalchi quello in vigore nelle Regioni: liste con preferenza nelle circoscrizioni, e alla coalizione più votata un premio di maggioranza da assegnare con liste bloccate.
Per superare l’incostituzionalità del premio assegnato senza un quorum, Alfano accetterebbe un doppio turno nazionale, ma dovrebbe fare i conti con la fortissima resistenza di Berlusconi alla reintroduzione del voto di preferenza.
L’INTESA POSSIBILE
Molto dipenderà , come dicevamo, dalle argomentazioni con cui la Corte motiverà la bocciatura del Porcellum. Se dovesse dichiarare incostituzionale qualunque lista bloccata, anche corta, allora rimarrebbero in campo solo le soluzioni che prevedono i collegi uninominali o il voto di preferenza, ma resterebbe comunque da sciogliere un nodo fondamentale, la garanzia di un vincitore certo.
E l’unica soluzione che permetterebbe di ottenere questo risultato, dopo la bocciatura del premio di maggioranza (senza quorum), è il ballottaggio nazionale tra le due coalizioni più votate, con il quale si potrebbe assegnare il premio a chi conquista al secondo turno la metà più uno dei voti.
Di questo, a poco a poco, si stanno convincendo tutti i protagonisti della trattativa.
Sebastiano Messina
(da “La Repubblica”)
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