INDAGATI CINQUE OPERAI PER IL FRECCIAROSSA DERAGLIATO A LODI
PER ORA SI TRATTA DI UN ATTO DOVUTO, IN CORSO GLI ACCERTAMENTI
Ci sono cinque operai indagati per il Frecciarossa 9595 deragliato a Casalpusterlengo in provincia di Lodi.
Si tratta per ora solo di un atto dovuto, perchè a lavorare sullo scambio al “chilometro 166+771”, fino a un’ora prima del disastro, è stata proprio quella squadra di Rfi. Per questo la procura di Lodi, titolare dell’inchiesta, ha iscritto i loro nomi nel registro degli indagati.
Gli specialisti del Noif, il Nucleo operativo incidenti ferroviari della Polfer, stanno svolgendo per la Procura di Lodi le indagini che hanno al centro anche la mancata segnalazione al sistema elettronico di sicurezza dello scambio in ‘svio’. E si prospettano degli accertamenti irripetibili sui binari che hanno necessariamente comportato l’iscrizione nel Registro degli indagati dei cinque operai.
I tecnici e gli investigatori infatti dovranno chiarire perchè il sistema di rilevamento abbia ricevuto una segnalazione di binari ‘per dritto’ e non di ‘svio’, che avrebbe fermato il treno prima. Lo scambio — il cosiddetto ‘punto zero’ — avrebbe dovuto infatti avere gli ‘aghi’ dei binari posizionati sul ‘corretto tracciato’ e invece li aveva posizionati in svio a sinistra.
A contatto con lo scambio la carrozza n.1, dove si trova la motrice, è praticamente ‘decollata’ a quasi 300 all’ora, impattando contro un carrello che si trovava su un binario di ricovero, e poi contro una palazzina di manutenzione.
Dalla cabina di pilotaggio, sventrata, i corpi dei due macchinisti sono stati proiettati fuori a grande distanza. Servirà per ricostruire il tutto anche l’hard disk delle telecamere, acquisite oggi, nel perimetro della stazione tra Livraga e Ospedaletto Lodigiano dove l’alta velocità corre parallela all’autostrada del Sole. I sindacati, che oggi hanno indetto due ore di sciopero, rifiutano l’ipotesi di un errore umano commesso dalla squadra di cinque operai che erano intervenuti sullo scambio poco prima come unica causa dell’incidente. I lavoratori, seguendo una normale procedura, sono stati intanto destinati ad incarichi di ufficio, in attesa degli esiti delle inchieste aperte dalle Ferrovie e dalla Procura di Lodi.
Sentiti come testi, gli operai avrebbero detto di non aver terminato il lavoro completamente, ma di aver rimesso lo scambio in ordine e che il binario dagli agenti di manutenzione era stato restituito regolarmente a quelli di movimentazione.
Secondo quanto si è saputo, in questo modo la centrale di Bologna non avrebbe potuto constatare l’anomalia. Il lavoro dei tecnici è già iniziato.
Repubblica spiega oggi che esistono anche molti punti oscuri:
Ci sono, però, da capire i motivi di un’eventuale leggerezza del genere: fretta(o pressioni?) per far partire in orario il primo treno dell’alba e non innescare ritardi della circolazione, stanchezza per quell’omesso ulteriore controllo, composizione della squadra. Correttezza della procedura e della mancanza di ulteriori “sentinelle” dell’imminente sciagura. A questo si aggiungerà l’analisi delle due scatole nere del treno, recuperate ieri pomeriggio a disposizione dei consulenti della Procura (e, adesso, degli indagati), insieme all’hard disk delle telecamere lungo il tracciato. Vuole tempi stretti, la Procura di Lodi, anche per consentire di velocizzare la smobilitazione dell’area e la riapertura di quel tratto cruciale di ferrovia, il cuore della linea ad alta velocità che collega Milano e Bologna. Forse già lunedì.
Il rapporto redatto per la procura riporta le misure esatte degli impatti:
A 40 metri dal “punto zero” il locomotore travolge una sessantina di bidoni di combustibile. Dopo altri 20 metri incoccia contro una montagna di ciottoli depositati per la nuova massicciata in costruzione a bordo cantiere. Ancora 21 metri e urta contro un escavatore bianco lasciato parcheggiato tra i sei binari di servizio. Dopo altri 29 metri, il primo degli schianti fatali: contro una catasta di vecchi binari abbandonati, che spezzano la cabina. Proprio qui è stato trovato il corpo del primo macchinista
Ormai la motrice è a pezzi e coperti altri 40 metri sbatte contro un carrello carico di cemento fresco, fermo sul secondo binario di servizio al cantiere. È l’impatto più devastante, che accartoccia il muso del treno. Ancora 17 metri e ciò che resta del mezzo si schianta contro un carrello giallo carico di attrezzi per la manutenzione. Qui viene trovato il corpo del secondo macchinista. L’effetto dell’urto è quello di un trampolino: altri 10 metri e il locomotore sfonda lo spigolo della seconda sottostazione Rfi, prende il volo e atterra dopo 44 metri, capovolto e con il muso girato di 180 gradi, orientato verso Nord. Arresta infine la corsa contro un ultimo vecchio vagone, fuori servizio e abbandonato nel parcheggio.
(da “NextQuotidiano”)
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