INTERVISTA A HILLARY CLINTON: “HO CHIAMATO SANDERS, BISOGNA UNIRE IL PARTITO CONTRO L’INCUBO TRUMP”
AL WASHINGTON POST: “ABBIAMO MOLTO IN COMUNE, A PARTIRE DALLA LOTTA PER IL SALARIO MINIMO”
Pochi minuti prima di pronunciare il suo discorso di vittoria come candidata democratica alla presidenza, Hillary Clinton era preoccupata di non riuscire a trattenere la commozione. «Ero sopraffatta», ha detto in un’intervista telefonica
Cosa ricorderà della sera della sua nomination ?
«Sono rimasta sbalordita dall’entusiasmo, dall’energia del pubblico. Ero consapevole della portata storica del momento che stavo vivendo da protagonista, un’emozione talmente grande che temevo di non riuscire a tenere il mio discorso. Ho dovuto ricompormi e prepararmi, ma uscir fuori in mezzo a quell’entusiasmo è stato travolgente e spero che in tanti, assistendovi, abbiano provato gioia e orgoglio. Per me è stata una delle esperienze più straordinarie e significative mai vissute in pubblico»
Come pensa di riuscire a guadagnare il completo appoggio di Bernie Sanders alla sua candidatura alla presidenza
«L’ho chiamato per congratularmi con lui per la sua straordinaria campagna elettorale. Ammiro la sua energia, la sua determinazione e la sua dedizione. La corsa alla candidatura è stata molto combattuta e credo si sia rivelata altamente positiva per il partito democratico e per il paese. Le nostre campagne indicano che possiamo unire le forze contro la minaccia che Donald Trump pone al nostro futuro ed è mia intenzione unire il partito e il paese. È necessario per condurre con la massima efficacia la sfida contro Trump. In seguito dobbiamo continuare ad adoperarci per unire il paese e realizzare gli obbiettivi. Mi impegnerà al massimo perchè avvenga»
Teme che Sanders possa essere un partner meno collaborativo nei suoi confronti rispetto all’impegno totale che lei ha profuso per la campagna di Obama nel 2008 ?
«Mi auguro senza dubbio che collabori. Credo che Sanders e i suoi sostenitori siano consapevoli della posta in gioco, del fatto che dobbiamo unire le forze per sconfiggere Trump. Farò di tutto per persuaderlo e cercherò il contatto con i suoi sostenitori allo stesso scopo. Abbiamo molti obiettivi comuni, come l’assistenza sanitaria universale. Entrambi vogliamo aumentare il salario minimo, contrariamente a Trump che non lo reputa necessario. Abbiamo davvero molto in comune e senza dubbio, al di là delle possibili differenze, siamo totalmente contro Trump e ciò che rappresenta»
Pensa in futuro di rivedere o ridurre il ruolo dei superdelegati ?
«Siamo sempre attenti a ottimizzare le procedure di scelta del candidato alla presidenza. Sono molto fiera di aver ottenuto 12 vittorie nelle ultime 19 sfide e di essere in testa di 3 milioni di voti rispetto a Sanders e di 2 milioni rispetto a Trump; non ho ancora i dati completi delle grandi vittorie in New Jersey e in California nè di quelle in Sud Dakota e New Mexico, ma abbiamo ottenuto un insieme di più di 300 delegati vincolati. Quindi sulla base dei criteri più importanti, il voto popolare, il numero degli Stati conquistati e dei delegati vincolati, direi che abbiamo fatto molto bene, ma vogliamo capire come poter far meglio»
Quindi non esclude una revisione del sistema elettorale?
«Credo che si aprirà un dibattito nel Comitato nazionale democratico. Non sono stata coinvolta, ma ci sono state variazioni dopo il 2008 e il 2012. Ci sarà occasione di discuterne».
Il fatto che sia lei che Trump abbiate totalizzato il maggior numero di sondaggi negativi di qualsiasi candidato alla presidenza del nostro tempo dice qualcosa della situazione attuale del paese?
«Quanto a me, quando ho rivestito cariche ufficiali, da senatrice o segretario di Stato, ho sempre ottenuto alti consensi. Da segretario di Stato avevo un indice di gradimento del 66 per cento. Ma sono anche il bersaglio favorito dei repubblicani e di altri che non concordano con le mie posizioni e hanno speso milioni di dollari in spot contro di me da quando è iniziata la campagna elettorale. Intendo impegnarmi al massimo per dimostrare che oltre alla preparazione e all’esperienza ho pronte idee che penso daranno risultati a vantaggio degli americani, serviranno a proteggere il nostro paese, ad avere un ruolo guida nel mondo e a unirci».
Si è espressa contro la politica che fa leva sulla paura, ma la sua campagna non è forse basata sulla paura di Trump?
«Non è la stessa cosa. La campagna di Trump è tesa ad alimentare timori e rabbia, mettendo gli americani gli uni contro gli altri. La sua ambizione di “fare di nuovo grande l’America” crea ansie e insicurezza in chi si sente escluso ed emarginato. Trump non ha vere risposte, solo slogan. Fin dall’inizio della campagna ha alimentato la paura nei confronti degli immigrati, definendo gli immigrati messicani stupratori e criminali. Dobbiamo affrontare il futuro con fiducia e ottimismo. Io credo che l’America possa ancora vivere i suoi anni migliori in futuro ma non possiamo darlo per scontato, c’è molto da fare. Da Trump arriva esattamente il messaggio opposto, totalmente improntato alla paura. Dobbiamo contrastarlo con forza».
Pensa che Donald Trump sia razzista?
«Non so se lo sia intimamente. Posso solo dire che a giudicare dalle sue affermazioni da quando è iniziata la campagna elettorale ha lanciato attacchi carichi di pregiudizi mirati a creare divisioni. Dire che una persona non può svolgere adeguatamente il suo compito per via delle sue origini è senza dubbio un attacco razzista che non trova spazio nella nostra politica. Molti importanti esponenti repubblicani hanno preso le distanze da queste posizioni. Credo che Trump abbia lanciato quell’attacco con quel linguaggio razzista per sviare l’attenzione dalla truffa della Trump University. Una prassi fraudolenta. Non bisogna dimenticare che ha insultato e umiliato le donne, i musulmani, gli immigrati, gli afroamericani, i disabili. Sono in completo disaccordo. Non penso che si possa costruire un paese distruggendo le persone».
Anne Gearan
(da “Washington Post”)
Leave a Reply