LA MAGGIORANZA SI SPACCA SULLE DIMISSIONI DI TOTI PREVISTE DOPO L’INTERROGATORIO DELLA PROSSIMA SETTIMANA
MELONI CHIEDE LA TESTA DEL GOVERNATORE PER PAPPARSI LA LIGURIA MA SALVINI, CHE VOLEVA IL FEDELISSIMO RIXI ALLA GUIDA DELLA REGIONE, PRENDE LE DISTANZE DALLA DUCETTA…LE ACCUSE DELL’IMPRENDITORE SPINELLI E L’OMBRA DELLA CONCUSSIONE SU TOTI
«Toti? Attendiamo le sue risposte». Quella di Giorgia Meloni è l’ultima chiamata per il governatore che da sette giorni è ai domiciliari con l’accusa di corruzione. Ma è un atto dovuto, «il minimo sindacale» per usare le parole della stessa premier, l’estrema professione di garantismo. Meloni, sul palco milanese de la Verità, trasforma l’intervista di Maurizio Belpietro in una tappa della sua anomala campagna elettorale.
Parla per la prima volta del caso Liguria, conferma la strategia di fondo: l’interrogatorio chiesto ai pm dagli avvocati di Toti – che probabilmente si svolgerà la prossima settimana – è il turning point per l’ex pupillo di Berlusconi. Ma le dimissioni sono ormai un fatto assodato dalle parti di Palazzo Chigi, a questo punto persino auspicato. «Non credo che si arriverà a una pronuncia del giudice del riesame», dice un big di Fratelli d’Italia nei corridoi della Camera. Il ragionamento è semplice: Giovanni Toti sta leggendo le carte, affronterà i pm (se manterrà la convinzione di poter convincere i pubblici ministeri della sua innocenza), poi attenderà il gip chiamato a esprimersi sulla revoca dei domiciliari. Ma se la misura sarà confermata dovrebbe lasciare ufficialmente l’incarico, riottenendo così ugualmente la libertà. O meglio, sarà invitato a farlo: «In questo modo avrà la possibilità di difendersi preservando le istituzioni», sottolinea a Montecitorio un altro dirigente di punta del partito di Giorgia Meloni.
Che la strada sia segnata lo lascia intendere d’altronde anche il ministro Guido Crosetto, intervenendo a Metropolis: «Io non so se Toti arriverà a dimettersi o meno, so che alla fine in questi casi le dimissioni arrivano per pressione psicologica. Dopo un po’ finisce così, lo dico sulla base di ciò che è successo in passato ad altri».
Alle prossime Regionali che si svolgeranno forse già in autunno, insieme con quelle umbre, con un candidato che FdI vuole pescare nel mondo delle professioni, forse della Sanità. Una figura che sia garanzia di distanza da un sistema politico finito sotto i riflettori.
Meloni, infatti, ha già scavato un solco fra sé e gli alleati, soprattutto nei confronti della Lega che è il partito maggiormente interessato dall’indagine, il fulcro di un modello di gestione di appalti milionari che adesso trema. Non a caso, la premier ha lanciato lunedì un segnale chiaro sul tema della lotta alla corruzione, decidendo di presiedere il comitato contro le frodi e altri illeciti nell’utilizzo dei finanziamenti pubblici, che il ministro Raffaele Fitto ha deciso di estendere al Pnrr.
Il messaggio, interno ed esterno alla coalizione, è il seguente: noi siamo dalla parte della legalità. Matteo Salvini ne prende atto, annota senza fare a meno di puntualizzare: «Va benissimo ogni osservatorio anti-corruzione, ma io – sottolinea il leader della Lega – mi fido dei nostri imprenditori e dei nostri sindaci. A differenza di altri, non giro per le strade col sospetto che gli italiani siano tutti potenziali truffatori o delinquenti». Una risposta che fa calare il gelo nella maggioranza. «Finirà questa campagna elettorale», sbotta un ministro di Fratelli d’Italia.
(da La Repubblica)
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