STRAGE DI CAPACI, IL SUPERSTITE DELLA SCORTA DI FALCONE: “MI SALVAI MA PER LO STATO E’ COME SE FOSSI MORTO”
LA DENUNCIA DI GIUSEPPE COSTANZA: “IN QUESTO PAESE PER ESSERE RICORDATI BISOGNA ESSERE MORTI”
Il 23 maggio del 1992 Giuseppe Costanza era in macchina con Giovanni Falcone e la moglie Francesca Morvillo.
Avrebbe dovuto guidare lui la macchina della scorta, una Fiat Croma.
E invece Falcone, atterrato da Roma, chiese di mettersi alla guida per “riaccompagnarsi” a casa.
Quella macchina però a casa non ci arrivò mai perchè, come tutti sanno, esplose all’altezza di Capaci.
Morirono Falcone, la moglie e tre uomini della scorta ( Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro).
Lui, Costanza, che in quell’occasione sedeva dietro si salvò. Un miracolato.
La volontà , come scrive Giovanni Terzi sul Giornale, di guidare la macchina di Falcone e il sedersi dietro la Fiat Croma di Costanza determinò il limite tra la vita e la morte.
Quel giorno, il 22 magio 1992, la vita di Costanza è cambiata per sempre: “L’ultima cosa che ricordo di Falcone – racconta – è che gli chiesi quando dovevo andare a riprenderlo: mi rispose lunedì mattina”.
Poi il botto e il vuoto.
Sopravvivere un segno del destino ma anche una condanna: “Per me e per i miei figli” dice al il Giornale.
Una ferita lacerante, un dolore insopportabile a cui ha fatto seguito l’indifferenza delle istituzioni .
In 22 anni, racconta Costanza, non è mai stato invitato a una commemorazione ufficiale, invisibile per le istituzioni.
Completamente, continua Terzi, dimenticato dallo Stato: “In questo paese per essere ricordati bisogna essere morti” dice provocatoriamente.
Oltre al disagio morale c’è anche una causa aperta con il Tribunale per i benefici di legge per le vittime di attentati di mafia: “Le sembra possibile – dice – che io debba fare causa per avere ciò che mi sarebbe garantito per legge? Non dovrebbe essere lo Stato – si chiede – che in modo autonomo cerca di risarcire le vittime?”.
(da “Huffingtonpost“)
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