VERTICE UE, RENZI NON OTTIENE FLESSIBILITA’ SU INVESTIMENTI
IL PREMIER NON RIESCE A OTTENERE LO SCORPORO DAL PATTO DEI COFINANZIAMENTI AI SINGOLI PROGETTI
Via libera dei capi di Stato e di governo dei Paesi Ue riuniti a Bruxelles al piano presentato dal presidente della Commissione Jean-Claude Juncker che crea un nuovo fondo per gli investimenti strategici (Efsi) con lo scopo di mobilitare 315 miliardi di euro nel triennio 2015-2017.
La Ue “prende nota della posizione favorevole” della Commissione nei confronti dello scorporo dal Patto di stabilità degli eventuali contributi nazionali in conto capitale all’Efsi.
Il premier Matteo Renzi, lo definisce un “primo passo, non certo l’ultimo, ma buono”.
Parole che mascherano un mezzo insuccesso, perchè il presidente del Consiglio vede chiudersi il semestre di presidenza italiana senza aver messo a segno uno dei suoi principali obiettivi: la totale esclusione dai parametri del Patto del cofinanziamento nazionale ai singoli progetti finanziati dalla Ue.
Di questo, nel comunicato finale del Consiglio europeo, non c’è traccia. Se ne riparlerà l’anno prossimo.
Per ora, la cancelliera tedesca Angela Merkel ad agitare il moloch dei paletti di bilancio ribadendo che il Patto non si cambia.
Qualcuno, spiega Renzi, voleva addirittura togliere il riferimento alla flessibilità .
Il compromesso finale stabilisce che ci sarà solo nei casi in cui, a causa del contributo al piano, un Paese si ritroverà a violare il Patto.
Se invece lo stava già violando per altri motivi, la Commissione potrà comunque aprire una procedura di infrazione, come le regole prevedono.
I contributi nazionali al fondo previsto dal piano Juncker “devono avvenire nell’ambito delle regole del Patto di stabilità , con la flessibilità prevista”, ha sottolineato Merkel nella conferenza stampa alla conclusione del vertice europeo.
La Bce, per voce di Mario Draghi, “accoglie con favore il piano Juncker” che può “contribuire ad aumentare la fiducia nella zona euro” e può essere “molto efficace” a tre condizioni: attuazione rapida, investimenti con elevato ritorno e opportunità per spingere le riforme strutturali.
L’Italia, in compenso, ottiene il via libera formale da parte del Consiglio europeo alla possibilità di pagare a rate, e solo dal primo settembre 2015, i contributi extra al bilancio Ue dovuti dopo la revisione dei conti degli ultimi anni compiuta da Eurostat.
A beneficiarne sarà in particolar modo la Gran Bretagna, che avrebbe dovuto altrimenti pagare entro lo scorso primo dicembre 2,1 miliardi di euro a Bruxelles.
Ma sulla lista c’è anche Roma, che deve versare 340 milioni aggiuntivi. Germania e Francia al contrario si sono viste scontare i loro contributi rispettivamente di 779 milioni e quasi 1 miliardo.
Per quanto riguarda i dettagli sui progetti che saranno finanziati, la Commissione li presenterà a gennaio e il Consiglio “è chiamato ad approvare entro giugno” la proposta, “in modo che i nuovi investimenti del piano Juncker possano essere attivati al più presto a metà 2015″.
La Banca europea degli investimenti è “invitata a cominciare le attività utilizzando i suoi fondi da gennaio 2015.
Sempre a giugno arriverà il rapporto dei quattro presidenti (Juncker, Draghi, Tusk e Dijsselbloem) su un “coordinamento più stretto delle politiche economiche” della zona euro. “I presidenti riporteranno al più tardi nel vertice di giugno”, scrivono i leader.
Inizialmente il rapporto, che fissa i principi su cui si costruirà il futuro funzionamento dell’Eurozona, era previsto per questo dicembre.
Per l’Italia il vertice degli investimenti è anche l’occasione del confronto tra Renzi e Juncker, dopo il rinvio a marzo della valutazione dei conti pubblici italiani.
In conferenza stampa congiunta, perchè l’ultima del semestre di presidenza italiano, Juncker esprime la “piena fiducia” nel premier Matteo Renzi, “certo che non mi deluderà “.
Il presidente della Commissione spiega quindi che non sorveglia Renzi, che dal governo ha ricevuto una lettera con gli impegni su conti e riforme, che il confronto è in corso e “a marzo vedremo la posizione che prendiamo”.
Nemmeno Renzi si sente sotto esame: “L’esame sarà nel 2018 quando torneremo alle elezioni, con la cadenza di tutti i paesi normali”, spiega, specificando che “siamo sempre sotto esame, e credo che gli esami per i politici siano gli esami più belli”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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