Settembre 26th, 2012 Riccardo Fucile
“LE CHIESE E LE CASE NON SI RICOSTRUISCONO CON LE PROMESSE”
Trasparenza, fondi in arrivo, tempestività .
Le promesse formulate dal commissario Vasco Errani ormai non convincono più i sindaci emiliani, alle prese con la ricostruzione post terremoto.
Nonostante il piano casa, avviato il 28 agosto con un’ordinanza firmata dal presidente della Regione Emilia Romagna, il patto per le aziende e la riapertura delle scuole in strutture temporanee, prevista per il mese di ottobre, i soldi non ci sono ancora.
“Non abbiamo visto un euro”, spiega il sindaco di Finale Emilia Fernando Ferioli, “arriveranno” spera Rudi Accorsi, primo cittadino di San Possidonio.
I 2,5 miliardi di euro stanziati dal governo, di cui 500 milioni previsti per il 2012, a quattro mesi dal terremoto non sono ancora arrivati, così come mancano all’appello i 15 milioni di euro raccolti con quegli sms solidali che, dal 29 maggio, gli italiani hanno generosamente versato, a sostegno delle popolazioni colpite dal sisma.
E le casse dei comuni si svuotano velocemente.
Le promesse, infatti, non ricostruiscono le case, le chiese, i monumenti andati perduti in pochi attimi a causa della furia della terra.
E la tempestività , invece, con l’arrivo dell’inverno, sarebbe essenziale.
Subito dopo la prima scossa di terremoto, quella del 20 maggio, in viale Aldo Moro Errani parla di “emergenza nazionale”, annunciando provvedimenti in “tempi rapidi”. Il 22 maggio anche il presidente del consiglio Mario Monti si reca in visita nelle zone terremotate per portare “la vicinanza del governo” alle migliaia di persone sfollate, a cui il sisma ha rubato la casa, il lavoro, la città e persino i propri cari.
Viene fischiato, ciononostante riesce a promettere un intervento tempestivo da parte dello Stato.
Due giorni dopo, anche il ministro ai Beni culturali Lorenzo Ornaghi a Finale Emilia annuncia “dobbiamo trovare le risorse per queste zone”, e dobbiamo farlo “entro brevissimo”.
Ovviamente, ricorda in quell’occasione Errani, prima dei fondi è necessario quantificare i danni.
Un calcolo reso più difficile da una seconda forte scossa di terremoto, quella del 29 maggio.
A giugno, le visite istituzionali continuano nelle zone terremotate dell’Emilia, là nella bassa tra Modena e Ferrara, così come la “conta dei danni” necessaria a calcolare quanto sarebbe costato ricostruire quei paesi fantasma, ridotti a mere ‘zone rosse’ transennate e sfollate, riprendono.
E mentre i tecnici effettuano migliaia di sopralluoghi, i sindaci continuano a lanciare appelli allo Stato.
Chiedendo, a loro volta, quella “tempestività ” promessa dal commissario straordinario.
“Nei prossimi giorni” risponde a più riprese Vasco Errani, “in tempi rapidissimi”, assicura il 23 giugno.
Ma per ricevere il primo, vero stanziamento statale, promesso già dal 22 maggio, i comuni devono attendere luglio.
Più di 40 giorni.
I 50 milioni di euro provenienti dal Fondo della Protezione civile, comunque, finiscono quasi subito.
Sarebbero dovuti bastare per almeno due mesi, 60 giorni in tutto, ma dopo 40 sono già esauriti. Tanto che i sindaci emiliani sono costretti a provvedere autonomamente a tutte le spese relative all’emergenza ancora da gestire, in attesa che il primo finanziamento effettivo, i 500 milioni di euro garantiti dal D.L 74/2012, prima tranche dei 2,5 miliardi approvati dal governo, arrivi.
“Senza entrate — aveva raccontato Luisa Turci, sindaco di Novi di Modena — sono obbligata a chiedere anticipazioni di cassa. Certo, non sono a costo zero. Ma è l’unico modo per ottenere liquidità immediata”.
Ma nemmeno i 15 milioni raccolti con gli sms solidali a luglio arrivano.
“Trascorsi trenta giorni dall’ultima data utile per effettuare una donazione — promettono Errani e Franco Gabrielli, capo della Protezione civile — i gestori delle compagnie telefoniche consegneranno la somma alle istituzioni, si costituirà il comitato dei garanti e poi le risorse verranno distribuite”.
Una procedura già stabilita che, garantisce il numero uno della protezione civile, sarà rapidissima.
Ma a quattro mesi dal terremoto, quei soldi sembrano più lontani che mai. Almeno quanto i 500 milioni promessi dallo Stato, che, conferma il sindaco di San Possidonio, “non sono ancora arrivati”.
E la famosa “fase due” di cui Errani ha parlato a più riprese, aspetta in un cassetto.
Incerti anche i tempi relativi a quella che, ad agosto, sembrava una buona notizia. “Abbiamo ottenuto un risultato molto importante per i nostri cittadini, un contributo fino a 6 miliardi per gli interventi di ricostruzione, riparazione e ripristino delle abitazioni civili e dei macchinari e degli immobili ad uso produttivo — annuncia Errani -. Il provvedimento è stato approvato al Senato all’interno del decreto sulla spending review, e abbiamo la piena convinzione che sarà approvato anche dalla Camera”.
E poi ci sono i 670 milioni promessi dall’Unione Europea dopo la visita del commissario alla Politica regionale Johannes Hahn, per i quali Errani si è dichiarato altrettanto “soddisfatto”, che però dovrebbero arrivare solo a gennaio 2013.
L’unica certezza, per i comuni colpiti dal terremoto, a oggi, sono le promesse.
“Ieri in Regione il commissario ci ha garantito che entro venerdì prossimo arriverà il primo contributo per l’autonoma sistemazione — spiega Accorsi — perchè possa essere avviata la procedura amministrativa per la liquidazione ai cittadini”.
“Entro questa settimana — ha inoltre anticipato Errani, supportato dal prefetto Gabrielli — il Consiglio dei Ministri trasformerà il protocollo relativo a 500 milioni di euro previsti dal decreto sulla spending review, in norme legislative: quindi partirà , in modo trasparente e in relazione con le banche, l’azione di liquidazione degli stati di avanzamento per quei cittadini che abbiano iniziato le opere di riparazione delle proprie abitazioni”.
Una possibile spiegazione ai ritardi accumulati mese dopo mese la offre Maurizio Marchesini, presidente di Confindustria Emilia-Romagna.
“Questo — ha detto durante una puntata di Mattino cinque, in onda su Canale5 — è un Paese un po’ particolare, che affronta in maniera molto organizzata l’emergenza, con ottime strutture e un grande volontariato, ma non abbiamo procedure per la ricostruzione. Tutte le volte che succede un evento di questa portata siamo daccapo, e anche stavolta abbiamo ricominciato da zero, in più con condizioni economiche molto pesanti”.
Ma come hanno ripetuto più e più volte, da maggio, i sindaci emiliani che da soli, almeno per ora, devono ricostruire intere città , “serve liquidità ”.
“Speriamo che questa volta — commentano l’ennesima promessa del commissario i primi cittadini terremotati — i soldi arrivino davvero”.
Annalisa Dall’Oca
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Settembre 26th, 2012 Riccardo Fucile
IL RUOLO DEL PRESIDENTE ABBRUZZESE… ANCHE LA POLVERINI SARA’ SENTITA DAI PM…IL LEGALE DI FIORITO: “RESTITUIRA’ TUTTO”
Un paio di mesi prima di dimettersi da capogruppo del Pdl Franco Fiorito effettuò numerosi bonifici a persone del suo entourage , anche politico.
Sulle distinte di accredito non veniva specificato il nome del destinatario, ma gli investigatori della Guardia di Finanza li avrebbero già individuati.
E adesso rischiano l’accusa di riciclaggio.
La faida interna al Pdl era già cominciata, il sospetto è che Fiorito cercasse in questo modo di mettere al sicuro i fondi prima di una sostituzione che lui stesso aveva capito essere inevitabile.
È la prima relazione consegnata ai magistrati dal Nucleo Valutario a ricostruire ogni passaggio di denaro e a quantificare la cifra che il consigliere regionale avrebbe sottratto alle casse del partito: un milione e trecentomila euro distribuiti tra conti italiani ed esteri.
L’attività di Abbruzzese.
Si muovono su binari paralleli gli accertamenti disposti dal procuratore aggiunto Alberto Caperna e dal sostituto Alberto Pioletti.
Da una parte l’accusa di ruberia a Fiorito, dall’altra l’operato dell’ufficio di presidenza del consiglio regionale che in due anni ha elargito quattordici milioni di euro ai gruppi consiliari.
Per questo saranno nuovamente interrogati il presidente Mario Abbruzzese e il segretario generale Nazzareno Cecinelli.
Il ruolo di entrambi viene infatti ritenuto strategico nella scelta di destinazione dei fondi.
E dunque bisognerà capire come mai, nonostante ci fossero numerose voci di bilancio in sofferenza, si decise di destinare così tanti soldi al funzionamento dei gruppi. Stabilire quale criterio fosse stato adottato per la quantificazione delle esigenze. Tenendo conto che quelle cinque delibere che aumentavano l’entità delle somme ottennero anche il voto favorevole dei partiti di opposizione Pd e Idv.
Nel primo interrogatorio Abbruzzese ha sostenuto di aver «seguito alla lettera le leggi regionali».
Adesso dovrà spiegare come mai non fosse mai specificato per quale motivo era necessario far lievitare l’entità delle somme da elargire.
Il ruolo di Renata Polverini.
Anche l’ex governatrice potrebbe essere ascoltata come testimone. Nei giorni scorsi ha incontrato il procuratore Giuseppe Pignatone per onorare un precedente appuntamento su tutt’altro argomento, ma appare difficile che non si sia parlato di quanto sta accadendo alla Regione Lazio.
«Dirò tutto quello che so», ha promesso la governatrice al momento di annunciare le proprie dimissioni. E dunque non è escluso che decida di presentarsi in procura per fornire nuovi elementi ai pubblici ministeri.
Tenendo però conto che una parte degli aumenti sono stati decisi con due “determinazioni” proprio dalla Giunta da lei guidata.
Adesso sono in molti a negare di essersi accorti di questa girandola di spese folli, ma analizzando i conti appare difficile crederci.
Anche perchè ci sono esborsi da capogiro sui quali nessuno ha mai ritenuto di dover chiedere almeno una spiegazione.
E perchè gli stipendi dei consiglieri erano stati decisi seguendo un criterio unitario: 9.700 euro in busta paga, più un extra di 4.100 euro per un totale mensile di 13.800 euro mensili.
Ai quali andavano aggiunti i 100 mila euro annui per l’attività politica che, a seconda degli incarichi, potevano essere raddoppiati o addirittura triplicati.
I soldi ai collaboratori.
Tra il 2010 e il 2012 il Pdl ha messo sotto contratto una quarantina di collaboratori che si aggiungevano ai dipendenti regionali e ai consulenti.
Un esercito di persone costato l’anno scorso oltre 665 mila euro.
«Per svolgere al meglio il lavoro dei consiglieri – scrisse Fiorito in una lettera al Comitato di controllo inviata il 28 febbraio scorso – è stato necessario aumentare notevolmente il numero del personale a disposizione del gruppo stesso. Le assunzioni sono state necessarie e aggiunte alle varie consulenze per svolgere al meglio l’incarico elettivo dei componenti» e hanno comportato «l’impiego di elevate somme assegnate al Gruppo».
Non ci fu alcuna obiezione nè interna, nè esterna al partito.
Anche sulle altre «uscite» gli organismi che avrebbero dovuto verificare la congruità degli esborsi non hanno avuto nulla da dire.
Eppure tra le «voci» c’erano cifre esorbitanti come controllare quella sulle «Riunioni, Convegni, Progetti, Incontri» costata 685.689,84 euro in appena dodici mesi e quella su «Indennità e rimborsi ai componenti per attività svolta a nome del Gruppo» da 647.547,03 euro.
Così Fiorito giustificava le ulteriori spese: «È stato inoltre necessario per svolgere le varie attività acquistare attrezzature tecniche, messe a disposizione dei consiglieri, e coprire varie spese di informazione, locomozione e rappresentanza.
Tali spese sono riportate dettagliatamente nello schema allegato».
Un foglio che dava conto di un esborso totale pari a 3.110.326 euro a fronte di entrate pari a 2.735.502.
La trattativa con i pm.
«Fiorito restituirà alla Regione i soldi che ha preso in più rispetto a quanto gli spettava», ripete il suo legale Carlo Taormina.
La quantificazione non è stata ancora effettuata, ma nella relazione della Guardia di Finanza si parla di almeno 330 mila euro trasferiti in Spagna e lui si è impegnato pubblicamente a risarcirne almeno 400 mila.
Un’altra verifica riguarda gli immobili.
Nella relazione viene specificato l’elenco delle case che possiede a Roma – due di proprietà e due ottenute in affitto da enti di beneficienza – la villa che ha comprato al Circeo, ammettendo di aver versato 200 mila euro «in nero» e le tre case che ha a Tenerife, alle Canarie.
E che sono tuttora gestite dalla compagna di suo padre, la donna alla quale ha intestato almeno tre dei bonifici esteri.
Fiorenza Sarzanini
(da “il Corriere della Sera”)
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Settembre 26th, 2012 Riccardo Fucile
NEL DOSSIER DELLA GUARDIA DI FINANZA LA PROVA DEL PECULATO: SETTE MILIONI DI EURO SUL CONTO PDL
Non solo cene e viaggi.
Con i soldi pubblici Franco Fiorito avrebbe persino pagato le rate del mutuo della villa di San Felice Circeo (800 mila euro di cui 200 in nero).
Tanto i fondi erano quelli sottratti alla Regione Lazio e destinati al gruppo consiliare del Popolo della libertà .
Sarebbe questa un’altra delle spese del «Batman di Anagni», come ricostruito dalla guardia di finanza, secondo cui ammonterebbe a 1,4 milioni di euro, tra bonifici, assegni e rate del mutuo, la somma sottratta dall’ex tesoriere ai conti del gruppo del Pdl.
ATTENZIONE SUI 150 BONIFICI.
Le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Alberto Caperna e dal sostituto Alberto Pioletti ed estese ai 7 milioni transitati tra il 2010 e il luglio sui conti del gruppo Pdl, sono concentrate in particolar modo sui 150 bonifici che vedono coinvolto l’ex capogruppo.
I finanzieri hanno ricostruito quello che avrebbe dovuto essere lo stipendio di Fiorito. Un’indennità di base da circa 8 mila euro, una di funzione da 1.700, una diaria da circa 400 euro.
Per un totale mensile di 9.700 euro netti, ai quali bisogna aggiungere i 4 mila di rimborso per la legge che regola il rapporto tra elettore ed eletto.
Per un totale di 13.800 euro al mese.
TRA I 40 E I 50 MILA EURO MENSILI.
Invece, scrivono i finanzieri, la sua media oscillava tra i 40 e i 50 mila euro.
Soldi tra cui vanno conteggiate le rate del mutuo per la casa.
Denaro messo insieme da Fiorito grazie al prelievo dal conto destinato al ‘funzionamento del gruppo’ di somme giustificate come rimborsi previsti dall’articolo che regola il rapporto tra elettore ed eletto e all’auto-attribuzione di tre indennità .
Per Fiorito scatta il supervitalizio tra nove anni, al compimento dei 50 anni
Ma Fiorito anche se si è autosospeso, continuerà a guadagnare ingenti somme.
Gli mancano solo nove anni e per lui, come per tutti i suoi colleghi che partecipavano a festini luculliani tra maiali e ancelle desnude, scatterà il vitalizio da ex consigliere regionale.
Infatti il taglio dei vitalizi, previsti dalla legge regionale del 1995, sarebbe a partire dalla prossima legislatura.
E forse neanche da quella, se non verrà approvata una legge ad hoc che stabilisce l’applicabilità di questo taglio ai vitalizi, per il momento ancora virtuale, fatto nel 2011
L’impasse lo ha spiegato, nel dettaglio, Giuseppe Rossodivita, il capogruppo dei Radicali, a Il Giornale.
«Allo stato attuale delle cose i vitalizi verranno goduti non solo dagli attuali consiglieri ma anche da quelli della prossima legislatura», ha detto Rossodivita insieme con Rocco Berardo, l’altro consigliere della Lista Bonino Pannella, «poichè non è stata varata una legge alternativa a quella attuale. È stato effettuato solo un taglio virtuale condizionato all’emanazione di un’altra legge, che ancora non c’è, e a questo punto difficilmente si farà ».
«NEL LAZIO HAI IL VITALIZIO DAL PRIMO GIORNO DI LEGISLATURA».
Fiorito quindi non farà la fine dei proci, ma proprio de er Batman che, alla fine, in qualche modo cade sempre in piedi.
Il Giornale ha evidenziato che la legge laziale prevede come base di calcolo l’80% per cento dell’indennità parlamentare (ovvero 5.200 euro netti) più il 100% della diaria (altri 3.500), per un totale di quasi 9 mila euro.
Il vitalizio si calcola poi in base agli anni di consiliatura.
Ai consiglieri che hanno seduto il minimo in Regione, ovvero cinque anni, spetta il 35% della base, circa 3 mila euro al mese.
Ma Fiorito che è un veterano – ha fatto anche la precedente legislatura – otterrà il 40%, circa 4 mila euro al mese.
Nel Lazio si può riscuotere il vitalizio a 55 anni, ma si può anticipare a 50 anni qualora si rinunci a una piccola somma.
Inoltre, ha spiegato ancora il capogruppo dei Radicali, diversamente dal Parlamento, «in Regione Lazio hai il vitalizio dal primo giorno che ti siedi in Consiglio».
Qualora la legislatura finisca prima dei termini, «basta versare i contributi che mancano, per i prossimi due anni e mezzo».
Quindi o si fa una legge apposta, o non c’è via d’uscita.
(da “Lettera 43“)
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Settembre 26th, 2012 Riccardo Fucile
DALL’EX FINIANA VENTURA A JOVANOTTI E PRANDELLI
È scandaloso se una cittadina «delusa e sconsolata» (che ha sempre votato a destra) si mette in fila ai gazebo del centrosinistra e scrive sulla scheda il nome di Matteo Renzi?
La politologa ex finiana Sofia Ventura non ne può più della «deriva integralista e confessionale» del Pdl, sente che la «promessa liberale» di Berlusconi è definitivamente «tradita» e ha deciso che non starà più a guardare.
Dalla prima pagina del Foglio ha annunciato che voterà per il sindaco di Firenze e, se lui batterà Bersani, sarà «una sua convinta elettrice» alle politiche del 2013.
«Se me lo chiedono posso anche prendere la tessera del Pd – confida al Corriere – perchè sono molto motivata».
L’endorsement della Ventura arriva a sorpresa e apre una pagina nuova nella partita delle primarie.
«L’elogio del voto libero e trasversale» è l’ultima trovata di Giuliano Ferrara, che del Foglio è il direttore.
Una provocazione densa di insidie, che i «tecnici» di Bersani stanno cercando di disinnescare.
Cosa succede se gli italiani che si sentono traditi dal Cavaliere si riversano in massa alle primarie, buttando il cuore dall’altra parte del muro?
Sofia Ventura, intellettuale della destra liberale attratta dalla «via blairiana» incarnata da Renzi, non si sente un’infiltrata.
Anzi pensa di avere tutto il diritto di scegliersi il candidato premier nel campo avverso: «Quel diritto io ritengo di possederlo, perchè non credo che oggi in politica possano esistere case, popoli, perimetri».
Il dibattito (anche se non piacerà ai vertici del Pd) è aperto.
Il politologo Gianfranco Pasquino pensa che la caccia al voto trasversale sia «legittima» e che debba essere persino incoraggiata.
E Roberto D’Alimonte, uno dei massimi esperti di sistemi elettorali, conferma che Renzi punta tutte le sue carte sugli indecisi, un patrimonio che vale otto milioni di voti.
Per la professoressa Ventura il sindaco di Firenze «è l’ultima spiaggia» e come lei, racconta, la pensano in tanti negli ambienti che frequenta. A destra e a sinistra. «Un mio amico vendoliano, pur di cambiare le cose voterà per Renzi…».
Di endorsement a sorpresa Renzi ne ha incassati tanti, da una parte e dall’altra. Personaggi un tempo ritenuti vicini alla destra, come l’ex direttore di Canale 5 Giorgio Gori (ora suo deus ex machina organizzativo) e icone della sinistra della fama di Roberto Benigni, che ricevendo a giugno la cittadinanza onoraria di Firenze lo ha ricambiato con un abbraccio: «Quando sarai premier io farò il sindaco».
Stefano Benni ha predetto a Matteo un futuro da premier, Alessandro Baricco ha sposato la causa della rottamazione già al «big bang» del 2011 e Lorenzo Jovanotti, un anno e mezzo fa, lo ha incoronato leader: «È il tuo momento, non ascoltare quei vecchi babbioni… Se fai le cose belle noi ti veniamo tutti dietro».
Quel che colpisce non è tanto il peso delle adesioni, quanto la trasversalità .
Antonio Campo dall’Orto, già «guru» di Mtv che a Luca Telese raccontò di esser stato in corsa per diventare il braccio destro di Berlusconi, è uno degli ingranaggi chiave del motore-Renzi.
E quattro mesi fa il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi ha detto che, se fosse fiorentino, voterebbe per lui: «Molte delle idee che ha espresso il sindaco corrispondono esattamente alle mie».
Barbara Berlusconi, dicembre 2010, rivelò che da Renzi si sentirebbe rappresentata e, via via, il giovane Renzi ha arruolato insospettabili come il patron di «Eataly» Oscar Farinetti, figlio di un comandante partigiano, lo stilista Scervino e il commissario tecnico della nazionale di calcio, Cesare Prandelli.
Sull’Appennino bolognese il sindaco di Monzuno, Marco Mastacchi, centrodestra, ha invitato il «rottamatore» a visitare i luoghi dell’eccidio nazista a Monte Sole.
Il che ha innescato una polemica con il Pd locale, che accusa il primo cittadino di voler «inquinare» le primarie.
Ma il renzismo è un vento che soffia anche fuori dai recinti tradizionali della politica. L’ultimo singolare endorsement è quello di Lele Mora, amico del Cavaliere dal 1986. Silvio deve ricandidarsi, ha detto a «La Zanzara» su Radio24 l’ex manager dei vip, ma Renzi gli piace moltissimo: «È un gran figo, sexissimo… Può piacere a tutte le donne d’Italia».
(da “Il Corriere della Sera“)
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Settembre 26th, 2012 Riccardo Fucile
TRENTA FAMIGLIE COSTRETTE A TENERE A CASA I FIGLI CON HANDICAP: LA REGIONE AVEVA TAGLIATO 400.000 EURO A UN CENTRO DI CASSINO… SOTTRATTI ALLA SPESA SOCIALE 150 MILIONI
“Quando Chiara saliva sul pulmino, per prima cosa mi sedevo dieci minuti. Avevo bisogno di riposarmi. Poi tornavo a casa e mi dedicavo agli altri figli, oppure ai miei genitori di 80 anni. O qualche volta mi concedevo persino il lusso di una vetrina. Ora non so più dove sbattere la testa”.
La signora Ivana Russo è un fiume in piena.
Cinquantenne, moglie di un macchinista in pensione e madre di tre figli. Abitano in un piccolo centro della provincia di Frosinone, Pontecorvo, a due passi da Cassino. Chiara è la primogenita: “Ha avuto problemi durante il parto, 30 anni fa”.
Chiara ha una grave disabilità : “È aggressiva, ha bisogno di continua assistenza, a casa spacca tutto. Io l’ho presa come una missione, mi aiuta tanto la fede. Ma sono stanca, e soprattutto ora che il centro ha chiuso non so più come fare. E io sono fortunata: ci sono mamme che hanno tentato il suicidio”.
Sabato scorso il Consorzio dei Comuni del Cassinate per la programmazione e la gestione dei servizi sociali si è visto costretto a chiudere il Centro diurno di Pontecorvo.
Trenta ragazzi con disabilità grave, trenta famiglie alle spalle.
Mentre i consiglieri Pdl del Lazio organizzavano festini e degustavano ostriche, la spesa corrente per il sociale veniva tagliata di 150 milioni di euro in un anno.
“Si è passati dai 387 del 2011 ai 230 del 2012”, calcola Giulia Rodano dell’Idv.
Di questi, 50 sono quelli che non arriveranno mai ai Comuni. E tanto meno ai Consorzi.
“Lo stanziamento era già stato decurtato di 400 mila euro all’inizio del 2012 — spiega al Fatto Emilio Tartaglia, direttore del Consorzio —. Ma i quattro milioni stanziati dall’assessorato alle Politiche sociali, con tanto di mandato al Consiglio regionale, non sono mai stati erogati”.
E adesso, con le dimissioni della Polverini, chissà cosa accadrà .
“C’è il rischio che taglino ulteriormente — prosegue Tartaglia la ‘Lettera A’ della Legge regionale 38/96: fondi che la Regione dà ai Comuni. Potrebbero arrivare altri 200 mila euro in meno”.
Da luglio il Consorzio non paga gli stipendi ai 350 operatori, ma soprattutto non paga Inps e Inail: “Il nostro fabbisogno è di 250/300 mila euro al mese (meno di quanto ha speso in un anno il Pdl per la stampa dei manifesti, ndr), tutto va in stipendi, i politici membri del Consorzio non prendono nulla”.
E così la riapertura del Centro, prevista per l’11 settembre, è slittata a chissà quando. I trenta ragazzi, che erano stati addirittura in soggiorno estivo a Terracina, per un “percorso di autonomia”, adesso sono costretti a restare a casa. Ieri alcuni genitori hanno “occupato” simbolicamente il Centro.
“Io non ci sono potuta andare — spiega la signora Ivana — proprio perchè avevo Chiara a casa. Altrimenti avrei dovuto pagare una ragazza, specializzata s’intende, per guardarmela”.
La beffa, oltre il danno.
“Ma sono disposta a incatenarmi sotto la Regione Lazio. Chiara piange, perchè vede gli altri ragazzi andare ‘a scuola’ e lei non ci può andare.
Lì facevano una sacco di attività , psicomotricità , persino le recite.
Ora a casa diventa aggressiva e spacca tutto”.
Tragica ironia della sorte: nei giorni precedenti al suo ricovero al Sant’Andrea, l’ormai ex governatrice Polverini aveva ricevuto una lettera proprio dalla signora Ivana. “Ho parlato con la sua segreteria, mi hanno fatto mandare un fax, poi ho richiamato e mi hanno assicurato che la presidente l’aveva letta”.
Risposte? Zero. Neanche un bigliettino d’auguri.
Alla Regione Lazio evidentemente non c’era tempo per la salute degli altri.
“Cosa ho pensato quando ho letto le notizie di questi giorni? — continua la mamma di Chiara — Che mi vergogno di essere italiana. Mi sembra di elemosinare qualcosa che invece è un mio diritto. Mi sento come quelle persone che chiedono la carità davanti alla chiesa. È un miracolo che la Polverini si sia dimessa. Anzi, credo che sia troppo facile dimettersi dopo che per anni ha affiancato personaggi come quelli”.
Quello di Pontecorvo non è un caso isolato.
I tagli e la mancata erogazione dei fondi regionali stanno mettendo in ginocchio un intero sistema di assistenza alla disabilità e al disagio psichico.
“Quando andavamo a bussare alle porte degli assessori o dei consiglieri , la risposta era sempre la stessa: non c’è un euro — racconta Anna Maria De Angelis, presidente dell’Associazione regionale per la salute mentale —. Percepivamo il fetore di sprechi e spudoratezze, ma non immaginavamo che esistesse un tale buco nero. Una piccola parte dei soldi caduta a pioggia tra i partiti della Regione Lazio sarebbe stata più che sufficiente per assicurare i sussidi, le attività di risocializzazione, i soldi ai centri diurni, la continuità terapeutica per non dire dell’aumento di organico nei servizi, i Centri di Salute Mentale, i piani di zona”.
“Cosa chiederei alla Polverini o ai consiglieri della Regione? — conclude Ivana Russo — Guardate negli occhi i nostri figli, guardateli dritti negli occhi”.
Senza maschere da maiali, stavolta.
Silvia D’Onghia
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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