Aprile 10th, 2014 Riccardo Fucile
PRIMA DI ESSERE ELETTO SI FECE ASSUMERE DA PAPA’ COME DIRIGENTE: COSI’ 300.000 EURO DI CONTRIBUTI E 40.000 EURO DI TFI SONO PAGATI DALLO STATO
Mentre i precari, gli esodati e i baby pensionati d’oro tremano, Matteo Renzi sorride e
consolida la sua straordinaria anzianità pensionistica costruita grazie a una furbata svelata dal Fatto Quotidiano, nella disattenzione generale.
Renzi non si dimette dalla società di famiglia, come gli avevamo chiesto il giorno del suo insediamento.
I dieci anni di anzianità e i 40 mila euro di Tfr versati dai contribuenti di Firenze all’azienda di famiglia che lo ha assunto alla vigilia della candidatura nel 2003 potevano bastare.
Invece il premier mantiene la sua dorata aspettativa aprendosi la strada verso il raddoppio della pensione con il vitalizio da parlamentare, se un domani sarà eletto.
Abbiamo già raccontato la storia: Renzi si è fatto assumere un giorno prima dell’ufficializzazione della sua candidatura a presidente della Provincia da parte del suo partito.
Il 27 ottobre 2003 l’azienda di famiglia Chil Srl trasforma improvvisamente il suo contratto di co.co.co in uno da dirigente.
Da quel momento Renzi, in caso di elezione, ha diritto ai contributi pensionistici figurativi.
Il giorno dopo, il 28 ottobre, la Margherita ufficializza la sua candidatura alla presidenza
Renzi incasserà i vantaggi dell’assunzione solo a giugno del 2004 quando sarà eletto ma c’era una ragione di tanta fretta: il patto Pds-Margherita che lanciava Leonardo Domenici al comune e Renzi alla provincia si chiudeva in quei giorni.
I Renzi pagano al dirigente di famiglia lo stipendio per otto mesi quando possono metterlo in carico alla provincia e poi al comune per altri 5 anni.
La legge infatti prevede che sia l’ente locale a pagare i contributi e a versare il Tfr anno per anno.
Grazie a quella furbata, Provincia e Comune hanno pagato circa 300 mila euro di contributi fino all’inizio di quest’anno per costruire la pensione e il Tfr di Renzi.
Dal 2004 al 2013 i contribuenti di Firenze hanno versato nelle casse della società di famiglia Chil, poi divenuta Eventi 6, per Renzi poco meno di 40 mila euro (solo per il Tfr).
Se accogliesse il nostro consiglio di dimettersi per mettere fine a questa situazione imbarazzante, Renzi potrebbe incassare i soldi versati per lui dai suoi concittadini anche domani.
A parte il Tfr pronto nella cassa di famiglia, Renzi potrà contare su un’anzianità contributiva che i suoi coetanei si sognano
Se regge fino alla fine della legislatura, Renzi, a 43 anni, avrà accumulato 14 anni di anzianità .
Il Fatto ha chiesto allo staff di Renzi i dati sul suo trattamento economico.
Il presidente, spiega il suo staff, non ha ancora preso il suo primo stipendio.
Gli uffici stanno mettendo a punto la busta paga che può variare tra due regimi possibili.
Il premier dovrà optare tra il trattamento dei ministri non parlamentari e quello previsto per il presidente del Consiglio.
In questo secondo caso lo stipendio sale a una volta e mezzo quello dei ministri: circa 115 mila euro all’anno.
Una somma persino bassa per l’impegno e le responsabilità dell’incarico che non garantisce nessun vitalizio.
Solo se sarà eletto deputato Renzi potrà in futuro cumulare pensione e vitalizio.
I tecnici di Palazzo Chigi spiegano che la presidenza “verserà per Renzi solo i relativi contributi all’Inps ma non verserà i contributi per il precedente impiego privato. I contributi connessi a quanto erogato in relazione all’incarico di Presidente – proseguono i tecnici di Palazzo Chigi – potranno essere ricongiunti, a domanda del presidente Renzi, presso la cassa previdenziale ove sono stati versati quelli relativi all’incarico privato oppure, in alternativa, il presidente potrà fare richiesta di corresponsione della ‘indennità una tantum in luogo di pensione’ ove l’incarico di membro del governo abbia avuto una durata superiore all’anno”.
In pratica, se il governo cadesse per esempio nel febbraio 2016 Renzi potrebbe chiedere di incassare subito l’una tantum invece di lasciare i contributi all’Inps.
A Palazzo Chigi Renzi dovrà dire addio alla manna dei contributi figurativi sui quali stava costruendo una pensione gratuita e invidiabile.
Se sarà eletto deputato però tornerà nel magico mondo del ‘figurativo’.
In quel caso l’onorevole Matteo Renzi potrebbe chiedere alla Camera di versare al posto della società Eventi 6 i contributi a carico del datore di lavoro, circa il 25 per cento.
Mentre il dirigente in aspettativa Renzi — a differenza di quanto accadeva quando era sindaco — dovrà almeno versare la sua quota del 9 per cento.
In compenso, quando sarà vecchio, Renzi potrà cumulare pensione privata e vitalizio della Camera.
Se invece Renzi si dimettesse dalla società di famiglia non avrebbe più diritto a questo privilegio in caso di elezione al Parlamento.
Si torna sempre lì, ai privilegi garantiti da un’assunzione a ridosso della candidatura. Una furbata che ad altri è fruttata molto meno ed è costata molto di più.
L’ex ministro Josefa Idem è indagata per truffa per 8 mila euro di contributi perchè si è fatta assumere dal marito poco prima della nomina ad assessore.
Il sindaco di Noventa Vicentina, Marcello Spigolon, a ottobre sarà processato perchè si è fatto assumere qualche mese prima dell’elezione.
Ulrich Veith, sindaco di Malles Venosta, si è visto sequestrare 80 mila euro dalla Procura di Bolzano che vuole processarlo per truffa a ottobre.
“Il mio caso è diverso da quello di Renzi. Io avevo un lavoro a tempo indeterminato in Svizzera – spiega Veith al Fatto – ma sono stato così ingenuo da dimettermi il giorno dopo l’elezione, invece di chiedere l’aspettativa, perchè pensavo che il comune mi pagasse i contributi come per un dipendente”.
Quando ha capito il sistema italiano, Veith è corso ai ripari e si è fatto assumere dal negozio del fratello.
Ma in Italia rischia più un ingenuo che si dimette di un furbo che si fa assumere.
Marco Lillo
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Aprile 10th, 2014 Riccardo Fucile
TRA TASI E ABOLIZIONE DELLA DETRAZIONE PER IL CONIUGE SI ARRIVERA’ A 100 EURO MENSILI IN MENO NELLE TASCHE DEGLI ITALIANI, SOLO PARZIALMENTE COPERTI DAGLI 80 PROMESSI DA RENZI
Il calcolo è presto fatto. Ottanta euro di bonus Irpef meno 35 euro di tasse uguale 45.
Questo quello che potrebbe restare al mese nelle tasche di chi riceverà quella che Matteo Renzi ha definito come una quattordicesima per chi guadagna meno di 25 mila euro lordi l’anno.
Una sottrazione colpa di una tassa sugli immobili (la Tasi), introdotta dal governo Letta, che rischia di rovinare la festa a molti.
Chi lo sostiene è la Uil in un Focus che fa i conti in tasca agli italiani.
Ecco i dettagli: “Le tasse si mangeranno nei prossimi otto mesi oltre il 40 per cento del bonus degli 80 euro previsti dal governo Renzi. Se con una mano – si legge – il contribuente beneficerà dell’aumento mensile con l’altra dovrà tirare fuori 35 euro in più al mese rispetto allo scorso anno tra l’introduzione della Tasi e le addizionali Irpef regionali.
Il focus della Uil prende in esame il lavoratore medio dipendente, quello insomma che beneficerà del bonus, che guadagna 18 mila euro lordi l’anno e ha una casa di proprietà in una zona semiperiferica.
Una condizione modesta che gli consente di entrare in pieno nel target del governo e di beneficiare del bonus che con ogni probabilità verrà esposto alle voracità dei Comuni molti dei quali stanno mettendo in atto aumenti della Tasi e addizionali e delle Regioni che sono costrette a ricorrere al rincaro delle aliquote.
E dunque calcolando la spesa sull’intero anno si scopre che il lavoratore dipendente medio si troverà in tasca 640 euro in più ai quali però dovrà sottrarre 278 euro (Tasi più addizionali comunali Irpef) per un totale di 362 euro.
Ciò significa la riduzione al 56% dei benefici.
Il guadagno in busta paga, dunque, si dimezza.
Se poi consideriamo che 65 euro verranno decurtati dalla mancata detrazione per il coniuge a carico, i 45 euro rimasti (degli 80 promessi da Renzi) diventeranno un – 20 euro.
Senza considerare tutti gli aumenti dei generi di prima necessità …
Insomma una presa per i fondelli.
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Aprile 10th, 2014 Riccardo Fucile
IL SINDACATO AUTONOMO CSA: “SENZA PUDORE”
A poco più di un mese dalle elezioni, con un Consiglio dichiarato illegittimo dal Tar, la Regione
Piemonte sarebbe tenuta a limitare la sua attività ai soli «atti indifferibili e urgenti: invece, la giunta Cota ha approvato lunedì una delibera per la nomina di sette nuovi dirigenti, quattro quest’anno e tre nel 2015.
Un provvedimento che sta suscitando dure polemiche e che qualcuno ha già definito «colpo di Cota»: quale urgenza di nominare dei dirigenti?
Ma le limitazioni imposte dai giudici amministrativi non sono l’unico motivo di dubbio. Per le nomine si attingerà infatti da graduatorie vecchie di 8 anni, mentre la legge stabilisce una validità di soli tre anni, con una deroga per gli iscritti a partire dal 2007: quella da cui si pescheranno i nuovi dirigenti è datata luglio 2006.
Per la giunta queste nomine sarebbero «indispensabili, per garantire Ia funzionalità delI’Ente. prevedere un numero minimo di nuove figure dirigenziali in organico»: una necessità difficile da valutare, visto che la delibera non solo non specifica chi sono i nuovi nominati, ma non indica neppure in quali aree dovrebbero assumere il ruolo.
La giunta Cota, nel motivare la decisione, fa inoltre riferimento al piano occupazionale 2014-2018, recepito lo scorso dicembre, che però non faceva il minimo accenno alla nomina di dirigenti, anzi: indicava come prioritari «la stabilizzazione del personale precario in servizio presso l’Ente, e l’attivazione di procedure concorsuali pubbliche».
A stabilire in tre anni la durata in vigore delle graduatorie nelle amministrazioni pubbliche è il Testo Unico sul pubblico impiego.
Tuttavia, nel 2013 è stata concessa una deroga, considerando idonei anche gli iscritti nelle graduatorie pubblicate a partire dal primo gennaio 2007.
Dunque, se anche si volesse assumere, si dovrebbe indire un concorso.
Invece la Regione attinge ad una graduatoria del 2006, mantenuta in piedi prima dalla giunta Bresso e poi dalla giunta Cota, che ne ha sancito la validità «a tempo illimitato»: provvedimenti che, inspiegabilmente, non sono stati impugnati a Roma dal Governo, nonostante sia addirittura la Costituzione (nel famoso, per altri motivi, Titolo V) a sancire che le modalità di assunzione del personale pubblico siano materia esclusiva dello Stato.
«Un’assurdità giuridica», così la definisce il sindacato autonomo Csa Ente Regione Piemonte, che ne ha già chiesto l’anno scorso l’abrogazione con una petizione che, spiega il coordinatore Luigi Serra, «è tuttora ferma nei meandri del Consiglio».
Il Csa è anche il primo a scagliarsi contro la delibera per la nomina dei dirigenti: «Mi dicono – riferisce Serra – che il provvedimento avrebbe avuto anche parere negativo della segreteria di giunta. Nonostante questo, è stata approvata. Non c’è pudore. Gli amministratori, a cui nel corso di questa legislatura nulla è mai importato degli aspetti organizzativi e del ricambio generazionale della dirigenza rinsaviscono di colpo».
(da agenzia)
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Aprile 10th, 2014 Riccardo Fucile
IL NUOVO CANTORE DELLE EPICHE GESTA DI LO-RENZI IL MAGNIFICO
Ci sono cose che voi umani, soltanto semplici e un po’ inutili umani, non potere fare, ma Aldo Cazzullo sì.
Il prossimo vicedirettore del Corriere della Sera (dicono), impaziente erede assieme a Mario Calabresi di Ferruccio de Bortoli, verga con piglio descrittivo: “Sono le dieci di sera, Matteo Renzi prima di cena fa il punto della situazione mentre segue la performance del ministro Guidi a Ballarò”.
Il racconto è di Cazzullo, ripetiamo, ma per evitare equivoci va precisato che non stava scolando i bucatini nel tinello di Palazzo Chigi, ma s’aggirava circospetto nell’appartamento presidenziale con la stessa vitalità di un arazzo.
Il lettore sarà folgorato da queste doti mimetiche di Cazzullo, che segue, scorta e pedina il povero Matteo.
Chissà dove e chissà come era nascosto nella stanza con il premier, magari ridotto a cimice nell’asola della camicia.
Ma nonostante l’abilità di Cazzullo — apprendiamo dal Corriere della Sera — Renzi lo becca in servizio, non se ne cura essendoci abituato, e gli chiede un consiglio per sfruttare la fortunata occasione : “La prossima tappa sarà una campagna on line, tu cosa taglieresti?”.
Più che riportare con adulazione il Renzi-pensiero, il baldo Aldo non può fare nulla e consegna al lettore svariate righe di virgolettati di Renzi, interrotti da affettuosi intercalari del tipo: “La linea è quella di un rinnovamento radicale” (si parlava di nomine nelle società del Tesoro, ma va bene pure per la spesa al supermercato, ndr).
In estasi cazzulliana, Cazzullo lascia a Renzi l’ultima carezza: “Mi spiace per quelli che remano contro: anche stavolta sono rimasti delusi”.
Ma Cazzullo , no: Cazzullo è un solluchero. A breve potrà scalare il Corriere della Sera, grazie alla divisa renziana che gli casca a pennello, e affollare le librerie con un libro-intervista al medesimo Renzi, ovviamente verranno pubblicate soltanto le risposte, le domande sono cose che interessano soltanto ai semplici e un po’ inutili umani, non ai cazzulliani.
Il baldo Aldo sarà emozionato: per cotanta opera editoriale il titolo è volutamente dimesso, “Magari”. L’ultimo l’aveva chiamato “Basta piangere”.
Poi ha incontrato Renzi, e ha smesso.
Ma solo di piangere.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Aprile 10th, 2014 Riccardo Fucile
DAI PORTICI A EROE DEL WEB, SIMBOLO DI TANTI DIMENTICATI
È noi, è uno di noi, è la nostra storia mutilata, è la nostra vergogna. 
Sulla Rete è diventato il monumento, virtuale e realissimo, di cosa significa essere “italiano a 65 anni, vecchio per il lavoro e giovane per la pensione».
Il suo «Help» corre a decine di miglia di cliccate sui siti.
Lui non c’entra: è stata una ragazza a fotografarlo e a metterlo su Facebook urlando la propria rabbia, l’indignazione.
«Un signore mi ha detto di avermi visto sul sito della Gabanelli. Servisse a qualcosa per gli 80 mila come me…» racconta lui.
Si chiama Renato. Curatissimo, dai capelli alla punta delle scarpe, impeccabile, seduto su un seggiolino con una ciotola in mano.
Chiede l’elemosina, sorride, ringrazia.
«Quattro, cinque ore nelle città dove non mi conoscono. Mi vergogno. Raccolgo dieci-quindici euro, mi bastano. Poi prendo un treno… pago il biglietto, ci mancherebbe… e vado nei centri di accoglienza Caritas in qualche altro posto dove non mi conoscono. A Reggio Emilia, a Modena, a Forlì, a Cesena. Alla mattina mi sposto di nuovo».
Renato va dove non lo conoscono, ma sul web è diventato tristemente famoso: quasi 40 mila condivisioni per la sua foto con il piattino in mano per le strade di Bologna.
È l’italiano diventato povero, senza lavoro, senza pensione, senza casa, senza niente. «Uno di quelli della riforma Fornero. Lavoravo in una società di marketing di Ferrara. Collaboratore esterno. Ha chiuso quasi cinque anni fa e io, a 61 anni suonati, non ho trovato chi mi prendesse. Ho resistito due anni poi non ce l’ho più fatta a pagare l’affitto. Adesso vivo così».
Questo signore ferrarese dai capelli bianchi e i modi gentilissimi lo trovi in via Ugo Bassi, di fronte al Comune, sotto il portico davanti all’Unicredit.
«Una banca, non ci avevo pensato… C’è un buon passaggio».
Non è nemmeno un esodato, è un dimenticato, un libero professionista finito sulla strada. Non impreca. Analizza «quel che hanno combinato Mario Monti e la ministra Fornero».
«Come si possono fare tagli lineari, senza discernere le persone, le situazioni? Che abbaglio ha preso il presidente Napolitano».
Traccia «analogie» «anomalie», «tipologie». Parla dell’assegno di «chomage» in Francia, dell’SOS Bahnhof nelle stazione tedesche.
«Io mi vergogno di sentirmi un peso, che nessuno mi chieda se sono disposto a fare qualsiasi tipo di lavoro. Non voglio diventare un barbone, d’estate per due mesi faccio le pulizia in Riviera. Sette giorni su sette, vitto e alloggio compresi. Con i soldi arrivo fino a Natale. Dovevo andare in pensione l’anno scorso, la riforma mi ha rimandato ai 67 anni, fra un anno e un mese. Speriamo…».
Come si comportano i bolognesi? «Cosa vuole mai… Sembra che anche loro si vergognino di vedermi. Lo capisco. Fa male. Ho già fatto i conti se arrivo alla pensione, sono 800 euro al mese mi hanno detto all’Acli, una camera ammobiliata, il mangiare, non bevo, non fumo, qualche vestito l’ho da un amico. Finisce che mi resta pure qualcosa. Vivo per questo».
Non ha parenti, figli, è solo. «Gli amici di un tempo li ho persi tutti. Capisco anche loro. Nella mia vita di adesso è molto difficile condividere le cose con chi è emarginato come te. Il problema è non lasciarsi andare. Rimanere quello che sei. Non diventare uno che non esiste. Ogni mattina quando mi faccio la barba, mi dico che nello specchio c’è il signor Renato di una volta. E riparto. I centri di accoglienza bisogna sceglierli nelle città non tanto grandi, sono meglio. Sono pulitissimi, frequentati da gente come te e si mangia benissimo. Ma benissimo davvero. Vedesse quante famiglie italiane ci vanno. Famiglie intere. Molti si vergognano, prendono i pacchi di cibo e se ne vanno».
E lei? «Io… mi compro la biancheria intima, le scarpe. Vanno bene i vestiti della Caritas, ma certe cose…».
Giù in Strada Maggiore, accanto ad «Acqua e Sapone», una signora italiana con gli occhiali ha anche lei un cartello che non ha più lavoro.
Non alza mai gli occhi da terra. Più avanti, appena passata Scienze Politiche, verso sera arriva un signore in mountain bike, pone per terra un posacenere e si siede. Elemosina.
Nascosto nell’angolo più buio.
(da “il Corriere di Bologna”)
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Aprile 10th, 2014 Riccardo Fucile
AVEVA RAGIONE IL CAVALIERE A PREOCCUPARSI: LE SUE CONTINUE CRITICHE RIVOLTE ALLA SENTENZA AVREBBERO DOVUTO COSTARGLI GLI ARRESTI DOMICILIARI… MA A NESSUNO CONVENIVA FARNE UN MARTIRE E LUI HA SALDATO 10 MILIONI DI EURO
Silvio Berlusconi è affidabile? Sì per il sostituto procuratore generale di Milano Antonio Lamanna, “pubblica accusa” nell’udienza del Tribunale di Sorveglianza di Milano, che deve decidere come il condannato di Arcore sconterà la pena per la sentenza definitiva del processo Mediaset.
Un anno per frode fiscale, di cui secondo i giudici della Cassazione era “dominus assoluto”, perchè gli altri tre sono stati condonati grazie all’indulto.
Da cinque a quindici giorni per la decisione.
Dovranno passare almeno cinque giorni, al massimo quindici, perchè Berlusconi sappia con chi spenderà la sua “affidabilità ”: cioè se, lui 78 anni il 29 settembre, dovrà prendersi cura di anziani (magari più giovani di lui) o se potrà fare il “motivatore di disabili“ come ha chiesto.
L’ex Cavaliere, con un passato da intrattenitore sulle navi da crociera, potrebbe sfoggiare le sue doti di leader, sfoderare il sorriso delle migliori occasioni e infondere ottimismo.
Oppure — per quanto questa possibilità sia remotissima — passare i prossimi mesi in compagnia di Francesca Pascale, Dudù e pochi altri che saranno autorizzati a fargli visita.
Motivatore di disabili o assistenza agli anziani?
All’udienza, come era ampiamente previsto, mancava solo lui. C’erano pochissimi sostenitori, il solito presidio delle forze dell’ordine e tantissimi giornalisti.
L’udienza è durata circa un’ora, tempi decisamente lunghi rispetto alla media delle udienze (oggi sono state vagliate oltre 50 posizioni), ed è stata blindata, naturalmente. Sarà il presidente del Tribunale di Sorveglianza Pasquale Nobile de Santis a comunicare alla stampa il “verdetto”: bisognerà comunque attendere che il provvedimento sia notificato al condannato e ai suoi legali.
Niccolò Ghedini e Franco Coppi, che si sono dileguati nei meandri della cittadella giudiziaria senza rilasciare dichiarazioni, hanno sostenuto di fronte al giudice Beatrice Crosti la proposta affinchè il loro assistito possa scontare la pena appunto con i disabili.
Una richiesta che dovrà essere valutata dal magistrato, che sul tavolo ha anche la relazione dell’Uepe (l’Ufficio esecuzione penale) che ha ipotizzato l’utilizzo di Berlusconi in una struttura in Brianza dove prestare assistenza agli anziani disabili. Per facilitare il giudice nella scelta — che potrà comunque decidere per la detenzione domiciliare — l’ex premier ha versato come stabilito dalla sentenza definitiva i 10 milioni di euro all’Agenzia delle Entrate.
Che la “pubblica accusa” non abbia richiesto gli arresti domiciliari sa tanto di decisione politica, ovvero il non voler dare l’impressione di infierire.
Così come la proposta “minimale” del tribunale, orientato ad assegnarlo a una fattispecie di servizio sociale che si risolverebbe in un impegno di mezza giornata la settimana presso una struttura per anziani.
Sarebbe opportuno che il medesimo tribunale, poichè la legge dovrebbe essere uguale per tutti, rendesse pubblici a quali lavori e per quante ore settimanali vengono sottoposti altri condannati in affidamento analogo.
Se altri lavorano tutto il giorno o per mezza giornata tutta la settimana, perchè in questo caso ciò non avviene?
Sono previsti controlli notturni (anche due a notte) come avviene in altri casi?
Sarebbe interessante sapere se, di fronte a un condannato meno famoso che avesse continuato a non riconoscere la sentenza e ad attaccare i giudici, sarebbe stato usato lo stesso metro di giudizio.
Qualcosa ci dice che sarebbe finito agli arresti domiciliari.
E lo stesso Berlusconi, che tutto è, salvo che sciocco, ne era convinto.
Ecco perchè, in fondo, la decisione è stata molto “politica”.
E fa comodo a tutti.
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Aprile 10th, 2014 Riccardo Fucile
LA DECISIONE FINALE SPETTERA’ ORA AL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA CHE DOVRA’ VALUTARE L’AMMISSIBILITA’ DELLA RICHIESTA DEI LEGALI
L’affidamento in prova ai servizi sociali come pena alternativa al carcere è un’ipotesi sempre più probabile per Silvio Berlusconi.
Il procuratore generale di Milano Antonio Lamanna ha infatti dato il via libera alla richiesta degli avvocati dell’ex premier.
La decisione spetta ora al tribunale di sorveglianza che nel pomeriggio ha valutato, nel corso di un’udienza di un’ora e mezza, la posizione del leader azzurro, che lo scorso agosto era stato condannato in via definitiva a quattro anni di reclusione per frode fiscale nel processo sui diritti tv Mediaset.
La decisione del collegio, presieduto dal giudice Pasquale Nobile de Santis, sarà comunicata nel giro di cinque giorni.
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Aprile 10th, 2014 Riccardo Fucile
LA RICHIESTA PRESENTATA NELLA MEMORIA DIFENSIVA, ALLE ORE 17 L’UDIENZA
Motivare persone rassegnate alla disabilità , con studi adeguati e attività all’aperto. Restituire
speranze a chi non ne ha più e far trovare “nuovi stimoli”.
Silvio Berlusconi, nella memoria difensiva presentata dagli avvocati Ghedini e Coppi propone ai giudici che dovranno decidere sull’esecuzione della sua pena, la soluzione migliore: rendersi disponibile per lavorare nella periferia di Milano, in una cascina ancora in costruzione, dove un’associazione benefica svolge attività di aiuto per persone diversamente abili.
L’udienza davanti ai giudici è alle 17; sarà il giudice Beatrice Crosti a leggere la relazione, poi la parola passerà all’accusa il pg Antonio Lamanna e quindi alla difesa.
Che riproporrà quanto già scritto nella memoria depositata lunedì.
Nel documento Berlusconi si giustificherebbe dei continui attacchi alla magistratura, dicendo che le sue motivazioni sarebbero solo politiche in vista delle elezioni di maggio.
La proposta dell’Uepe, Ufficio esecuzione penale esterna, sarebbe quella di una casa di cura per anziani nell’hinterland milanese, non troppo lontana da Arcore, dove fare volontariato per mezza giornata solo una volta la settimana.
Un programma non troppo impegnativo, dunque, che, se accolto dai giudici, intaccherebbe solo marginalmente l’agibilità politica del leader di Forza Italia nella campagna elettorale in vista delle elezioni europee del 25 maggio.
Nessuna possibilità , invece, per l’ex premier di candidarsi a Strasburgo dopo che la Corte europea dei diritti umani ha bocciato la richiesta di un intervento che gli avrebbe permesso di essere in lista, proprio per via della condanna Mediaset.
Sarà comunque il giudice a decidere per l’affidamento o la detenzione domiciliare.
Ipotesi e supposizioni, si racconta, logorano lo stato d’animo dell’ex premier, già preoccupato per la difficile situazione di Forza Italia.
I giudici potrebbero decidere nelle prossime ore e interrompere la lunga attesa di Silvio.
Occhi puntati sull’Italia anche dall’estero: il giornale inglese The Guardian ha pubblicato un videogioco online dove i lettori possono scegliere la pena per l’ex Cavaliere.
La presenza in aula del leader di Forza Italia non è necessaria, e, da quanto si è saputo, potrebbe decidere di attendere il termine dell’udienza ad Arcore.
A difenderlo saranno due donne, Maria Odescalchi e Michela Andresano, sostitute di Ghedini e Coppi perchè più esperte in casi del genere.
Dopo l’udienza, il presidente del Tribunale di Sorveglianza Pasquale Nobile de Santis, il giudice relatore Beatrice Crosti, e due docenti universitarie esperte di diritto penitenziario e criminologia avranno cinque giorni di tempo (termine non tassativo) per pronunciarsi sulla richiesta di affidamento ai servizi sociali presentata dall’ex premier dopo la condanna dell’ottobre scorso a 4 anni di reclusione per frode fiscale (di cui 3 coperti da indulto) per il caso Mediaset.
Sempre che i giudici non decidano per la detenzione domiciliare, Berlusconi entro dieci giorni dal decreto dei giudici di Sorveglianza, dovrà sottoscrivere, davanti al direttore dell’Uepe di Milano, il verbale e le “prescrizioni” dell’affidamento.
Si tratta di regole superabili solo con l’autorizzazione del Tribunale che prevedono, tra le altre cose, l’obbligo di non allontanarsi da un territorio che spesso coincide con la regione di residenza, l’obbligo di ritirarsi prima delle 23 e di non uscire prima delle 7, il divieto di incontrare pregiudicati e tossicodipendenti e quello di espatrio (eventualità impossibile per il leader di FI a cui è stato ritirato il passaporto dopo la condanna definitiva).
In questo caso si aggiungerebbe anche il divieto di incontrare minorenni dopo la condanna di primo grado a 7 anni per prostituzione minorile per il caso Ruby (l’appello è stato fissato per il 20 giugno).
Berlusconi dovrà anche incontrare periodicamente un assistente sociale indicato dall’Uepe che stilerà delle reazioni periodiche sui colloqui con l’ex premier.
Concluso l’affidamento, il magistrato di sorveglianza stilerà una valutazione finale sull’andamento della misura alternativa e dichiarerà estinta la pena.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Aprile 10th, 2014 Riccardo Fucile
IL PROVVEDIMENTO NELL’AMBITO DELL’INCHIESTA SULLA FONDAZIONE MAUGERI DOVE L’EX GOVERNATORE E’ ACCUSATO DI ASSOCIAZIONE A DELINQUERE
Sequestro preventivo da 49 milioni di euro per Roberto Formigoni, l’ex governatore lombardo finito nelle indagini milanesi su San Raffaele e Fondazione Maugeri.
Su richiesta dei pm Laura Pedio, Antonio Pastore e Gaetano Ruta il gip Paolo Guidi ha disposto il sequestro, effettuato dai militari del nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Milano, che riguarda anche i conti correnti di cui Formigoni dispone col coinquilino e amico storico Alberto Perego (anch’egli coinvolto nella stessa inchiesta).
Il provvedimento riguarda tutti i conti correnti, a eccezione di uno, la villa in Sardegna ad Arzachena, frazioni di altre proprietà immobiliari e tre auto.
Gli importi sequestrati verrano trasferiti i sul Fondo unico giustizia come recupero del profitto dei reati contestati a Formigoni nell’inchiesta.
L’ex governatore lombardo, oggi senatore del Nuovo centrodestra di Angelino Alfano, è accusato di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e appropriazione indebita.
La villa in Sardegna venne ceduta nel 2011 a un prezzo ritenuto di favore dagli inquirenti a un coinquilino di Formigoni nella comunità del Memores Domini.
L’unico conto non risparmiato è quello in cui l’attuale senatore percepisce l’indennità parlamentare mensile.
Secondo la tesi dei pm “le utilità a favore del presidente di Regione Lombardia” in cambio della “protezione globale” che garantiva erano davvero tante: 3,7 milioni in yacht, 800 mila euro in vacanze ai Caraibi, e poi spese varie, ristoranti. Invano il Celeste aveva cercato di difendersi sostenendo che si trattava di spese di gruppo, ma mai riuscito a produrre una ricevuta una.
Dalle analisi dei conti correnti fatte da chi indaga non risulterebbero, a fronte delle entrate, uscite se non per importi modestissimi. E neanche nessuna restituzione di denaro come lui aveva affermato per l’acquisto di biglietti aerei, per esempio, al faccendiere Pierangelo Daccò, già condannato in appello per il crack San Raffaele.
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