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DE LUCA IMBARCA TUTTI: EX FORZA ITALIA, “FIGLI DI” E INDAGATI

Aprile 23rd, 2015 Riccardo Fucile

EX COSENTINIANI, ESPONENTI FINO A IERI VICINI A CALDORO, SINDACI AUTODECADUTI, RAMPOLLI IMPORTANTI

Ex berlusconiani, ex nostalgici, figli di, sindaci autodecaduti, persone inquisite e sotto processo.
Vincenzo De Luca è un politico generoso. Accoglie tutti a braccia aperte.
Il candidato Pd alla Regione Campania è pronto a dare ospitalità  anche ai dem che, per una ragione o l’altra, non dovessero entrare nella lista di partito.
Per loro ci sarà  un posto nelle civiche ‘De Luca presidente’ e ‘Campania Libera’.
A cominciare da Franco Alfieri, imputato di corruzione in una vicenda di appalti, sindaco Pd di Agropoli che si è fatto decadere con l’artificio del ricorso a una multa, l’apripista di un escamotage copiato da altri colleghi, come il sindaco di San Sebastiano al Vesuvio, Pino Capasso, le cui ambizioni di carriera in Regione però non hanno trovato sbocco.
Al contrario di Alfieri: la direzione Pd di Salerno ha detto sì alla sua candidatura, interpretando in maniera garantista il codice etico.
Ma da Roma hanno fatto sapere che non sarebbe il caso. La direzione regionale di domenica scioglierà  il nodo.
Mal che vada, Alfieri si candiderà  in una delle civiche deluchiane.
Farà  compagnia a Paola Raia, ex cosentiniana, poi confluita in ‘Forza Campania’, il movimento di Nicola Cosentino e Vincenzo D’Anna, ed ora indipendente.
Secondo più fonti qualificate la consigliera regionale uscente ha sostenuto Andrea Cozzolino alle primarie democrat.
I 6 x 3 della Raia con lo slogan deluchiano “Mai più ultimi” già  sono affissi a Napoli.
Tra i consiglieri regionali un tempo con Caldoro e oggi con De Luca, ecco poi Carlo Aveta, eletto nella Destra. Nelle foto sui social ricorda le gite a Predappio.
Aveta ha rinunciato al vitalizio (gli sarebbe maturato tra una ventina d’anni) ed è uno dei pochissimi consiglieri neanche sfiorato dalle indagini della Procura di Napoli sulla Rimborsopoli della Campania: ha contrattualizzato i collaboratori, li ha pagati regolarmente. Persino la Corte dei conti lo ha tenuto fuori dagli inviti a dedurre.
Passa dal centrodestra al centrosinistra di De Luca anche l’ex questore e parlamentare Franco Malvano, che fu il candidato sindaco di Forza Italia a Napoli nel 2006 e su nomina di Caldoro è il presidente della commissione antiracket regionale.
Con De Luca inoltre troviamo Tommaso Barbato. L’ex senatore mastelliano che nel 2008 quasi mise le mani addosso a Nuccio Cusumano durante le votazioni per la sfiducia a Romano Prodi, ha annunciato tramite Facebook la candidatura in ‘Campania Libera’.
E’ sotto inchiesta per un presunto voto di scambio alla vigilia delle ultime elezioni politiche, mentre le indagini sulle clientele Udeur nell’Arpac gli attribuirono 43 raccomandazioni.
Capitolo lista Pd.
Sgomita per un posto a Salerno il sindaco di Giffoni Valle Piana Paolo Russomando. Si è fatto decadere in un modo più fantasioso di quello del primo cittadino di Agropoli: ha fatto causa al Comune per danni da buca stradale.
Ha già  aperto un comitato elettorale di fronte a piazza della Concordia. A trenta metri da quello di Alfieri.
Poi c’è l’elenco dei ‘rampolli’. E’ quello più ricco.
E al suo intero, forzando un po’, c’è pure Mario Casillo, che in verità  ha una consiliatura alle spalle e punta, legittimamente, alla riconferma.
Ma fino a quando andrà  alle riunioni politiche accompagnato dal padre Franco Casillo, un potente ex consigliere regionale del vesuviano dai trascorsi demitiani, se ne ricorderà  la parentela.
Casillo, che con la sua corrente ‘areadem’ è stato determinante per la vittoria di De Luca alle primarie, è tra gli indagati della Rimborsopoli della Regione Campania: il pm Novelli ne ha chiesto il rinvio a giudizio per peculato.
Potrebbero entrare nelle liste dem tra Napoli e Salerno Enza Amato, segretaria di circolo a Fuorigrotta e figlia del consigliere regionale uscente Tonino Amato, Carmela Fiola, figlia del consigliere comunale di Napoli Ciro Fiola, Federico Conte, figlio dell’ex ministro della Prima Repubblica Carmelo Conte.
E’ tramontata la candidatura di Rosa Casillo, figlia dell’ex senatore Tommaso Casillo. Tornerà  in campo il padre. Ma in ‘Campania Libera’.

Vincenzo Iurillo
(da “il Fatto Quotidiano”)

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“LA GIORNALISTA MI HA DATO 20 EURO PER DIRE CHE RUBO 1000 EURO AL GIORNO”: LA CONFESSIONE DELLA GIOVANE ROM

Aprile 23rd, 2015 Riccardo Fucile

BUFERA SU MATTINO 5, STASERA DA SANTORO L’INTERVISTA INTEGRALE… MEDIASET NEGA, SALVINI INCASSA

«La giornalista di Mediaset mi ha fermato fuori da scuola e mi ha dato 20 euro per dire che, rubando, guadagno 900 euro al giorno».
A dirlo alle telecamere di Servizio Pubblico è la giovane rom che era stata intervistata lo scorso 8 aprile da Mattino Cinque.
In quell’occasione, la trasmissione di Canale 5 aveva mandato in onda un filmato in cui la ragazza, che vive nel campo nomadi di Castel Romano, raccontava di guadagnare quasi 1000 euro al giorno grazie a borseggi e rapine.
“Casualmente”, ospite del programma condotto da Federica Panicucci e Federico Novella era Matteo Salvini, leader della Lega Nord, che, commentando il servizio, aveva dichiarato: «Bisognerebbe radere al suolo i campi rom».
In sospetta sinergia la polemica era stata ripresa anche dai quotidiani Libero e Il Giornale.
Adesso la giovane rom svela il retroscena.
Un’anticipazione dell’intervista, realizzata dalla giornalista Giulia Cerino, è visibile sul sito www.serviziopubblico.it. Il filmato completo sarà  trasmesso domani nel corso di Servizio Pubblico, il programma condotto da Michele Santoro, in diretta dalle 21.10 su La7, dal titolo: «Bombardiamoli!».
Mediaset nega, la rom conferma: la verità  non si saprà  mai, intanto Salvini ha lucrato sulla vicenda, obiettivo raggiunto.

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ITALICUM, LUNEDI’ SI VA ALLO SCONTRO SUL VOTO SEGRETO

Aprile 23rd, 2015 Riccardo Fucile

“RENZI STAI SERENO”: MA IL PREMIER TANTO TRANQUILLO NON E’

L’Italicum fa un altro passo verso l’approvazione finale. Ieri la commissione Affari costituzionali della Camera ha approvato il testo nella versione uscita dal Senato e l’ha trasmessa all’aula dove approderà  lunedì prossimo.
Passo facile e previsto, visto che le opposizioni non hanno partecipato al voto.
Ma annunciano battaglia in aula dove tutto può accadere.
Anche una sconfitta per Matteo Renzi che però avverte gli avversari: «Non ho paura delle elezioni».
Maria Elena Boschi vorrebbe però evitare lo scontro. «Mi auguro che da lunedì, in aula le opposizioni partecipino, anche perchè uno dei relatori, il presidente della commissione Sisto, è proprio di Forza Italia», dice il ministro per le Riforme.
Aleggiano nell’aria la minaccia del voto segreto accarezzato dalle opposizione e quella della fiducia prospettata dal governo.
«Mi auguro che tutti i gruppi parlamentari – auspica la Boschi – decidano di discutere senza ricorrere al voto segreto, che è una possibilità  e non un obbligo, e che la battaglia avvenga a viso aperto».
La Boschi comunque assicura che «la maggioranza è stata compatta in commissione e lo sarà  anche in aula» (per forza, ha sostituito chi non era d’accordo…)
Il vicecapogruppo del Pd Ettore Rosato aggiunge un altro mattoncino alle certezze governative: «Sono sicuro che nessuno nel Pd chiederà  il voto segreto in aula», assicura.
Sul piede di guerra, invece, Renato Brunetta. «Evidentemente il governo ha paura del voto segreto sull’Italicum, e per questo noi lo chiediamo. Noi pensiamo che i parlamentari debbano esprimersi su un provvedimento così delicato nella pienezza delle loro coscienze», dice il capogruppo forzista, commentando l’appello della Boschi.
Commento concluso da una minaccia: «Se Renzi metterà  la fiducia peggio per lui, ci saranno delle reazioni, di regolamento e non di regolamento, all’altezza della violenza che il premier sta realizzando sul Parlamento».
L’appello del ministro è respinto al mittente anche dai grillini: «Ci vediamo in aula», twitta Danilo Toninelli.

Silvio Buzzanca
(da “La Repubblica”)

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INDAGATA LA SOCIETA’ EXPO PER LE ASSUNZIONI: FAVORI OTTENUTI DA MARONI

Aprile 23rd, 2015 Riccardo Fucile

COINVOLTO ANCHE IL DIRETTORE GENERALE DELL’AZIENDA…MARONI E’ INDAGATO PER CONCUSSIONE

Ancora guai per Expo, a una settimana dall’inaugurazione.
La Procura di Milano ha iscritto nel registro degli indagati la stessa società  che gestisce l’evento.
Si tratta dell’inchiesta che vede coinvolto con il reato di concussione per induzione il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni difeso dall’avvocato Domenico Aiello, neo nominato dallo stesso governatore nel cda di Expo spa.
Al centro dell’indagine, coordinata dal pm Eugenio Fusco, due assunzioni pilotate da Maroni e dal suo entourage.
La prima, quella di Mara Carluccio, nella società  Eupolis, partecipata dalla stessa Regione.
La seconda, invece, coinvolge Expo ed è quella di Maria Grazia Paturzo, ex collaboratrice del Viminale, che ha ottenuto un contratto di collaborazione per due anni con uno stipendio di 5 mila euro al mese.
Per la vicenda Paturzo, oltre a Maroni, da luglio è indagato anche il dg di Expo Michelangelo Malangone.
Anche qui l’accusa nasce dopo che la legge Severino ha sdoppiato il reato di concussione.
Attualmente infatti esiste la concussione per costrizione e l’induzione indebita. In sostanza anche l’indotto, in questo caso il dg di Expo, è ritenuto punibile perchè cedendo alle pressioni potrebbe aver ottenuto vantaggi.
Stando alle carte dell’accusa Maroni avrebbe esercitato pressioni indebite su Malangone per far ottenere all’ex collaboratrice Maria Grazia Paturzo i biglietti per un viaggio a Tokyo, al quale avrebbe dovuto partecipare anche il presidente della Regione.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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LA GIORNATA MONDIALE DEL LIBRO E DEL DIRITTO D’AUTORE

Aprile 23rd, 2015 Riccardo Fucile

NUMEROSE LE INIZIATIVE DI PROMOZIONE ALLA LETTURA NELLE VARIE CITTA’

La Giornata Mondiale del Libro e del Diritto d’Autore, proclamata come ogni anno per il 23 aprile, è divenuta ormai un appuntamento fisso fondamentale nel calendario delle manifestazioni culturali italiane.
La Conferenza generale dell’UNESCO rende tributo mondiale a libri e autori in questa data, incoraggiando tutti, ed in particolare i giovani, a scoprire il piacere della lettura e mostrare un rinnovato rispetto per il contributo insostituibile di quelle persone che hanno promosso il progresso sociale e culturale dell’umanità .
L’idea di questa celebrazione è nata in Catalogna, dove il 23 aprile, giorno di San Giorgio, una rosa viene tradizionalmente data come un dono per ogni libro venduto.
Il successo Mondiale del Libro e del Diritto d’Autore dipende principalmente del sostegno ricevuto da tutte le parti interessate (autori, editori, insegnanti, bibliotecari, istituzioni pubbliche e private, ONG umanitarie e mass media), che sono mobilitate in ogni paese dalle Commissioni Nazionali UNESCO, Club UNESCO, Centri e Associazioni, delle Scuole Associate e Biblioteche, e da tutti coloro che si sentono motivati a lavorare insieme per questa celebrazione.
Numerose le iniziative nelle varie città  per promuovere la lettura e la diffusione dell’editoria.

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TRIPOLI NON CI STA: “NON CI POTETE BOMBARDARE”, COME VOLEVASI DIMOSTRARE

Aprile 23rd, 2015 Riccardo Fucile

“NON ACCETTEREMO CHE L’EUROPA BOMBARDI LE NOSTRE COSTE, DOVETE COLLABORARE CON NOI”: L’AVVISO DEL GOVERNO NON RICONOSCIUTO DI TRIPOLI

Il governo di Tripoli non accetterà  che l’Unione Europea bombardi le coste libiche per colpire gli scafisti e ha tutta l’intenzione di “affrontare” questa minaccia: è l’avvertimento lanciato dal ministro degli Esteri dell’esecutivo guidato dalla coalizione islamista Alba della Libia, Muhammed el-Ghirani.
Intervistato dal Times of Malta, il ministro ha fatto notare che nessun europeo si è premurato di consultare il governo di Tripoli e ha tenuto a precisare che la misura non deve essere presa in modo unilaterale.
Il governo di Tripoli, lo ricordiamo, si contende il controllo del paese con il governo insediato a Tobruk, nell’est del paese, riconosciuto dalla comunità  internazionale. Tripoli, in sostanza, vuole un riconoscimento dell’Unione europea, almeno nella forma di una collaborazione per fermare il flusso dei migranti.
Il rebus della Libia resta quello di uno “Stato fallito”, dove a regnare è il caos: due governi, due parlamenti, centoquaranta tribù, duecentotrenta milizie armate – oltre l’Isis.
“Abbiamo fatto del nostro meglio per indurre l’Europa a collaborare con noi sull’immigrazione illegale ma loro continuano a rispondere che non siamo il governo riconosciuto dalla comunità  internazionale. Ora loro non possono decidere di lanciare queste azioni, devono parlare con noi”, ha sottolineato.
“Non si può decidere di colpire e basta”, ha insistito el-Ghirani, “anche perchè se si colpisce un sito, come sapranno che non hanno colpito un innocente, un pescatore, forse che l’Europa ha una precisione millimetrica? ”
Secondo il sito Libya Herald, nei giorni scorsi il premier del governo di salvezza nazionale di Tripoli, Khalifa Ghwell, ha tenuto una riunione con diversi esponenti di governo e funzionari del settore immigrazione per discutere la questione.
Il ministro dell’interno, Mohammed Sheiter, ha riferito di circa 8.000 migranti di varie nazionalità  detenuti nei centri libici.
Il premier ha quindi espresso la disponibilità  del governo ad affrontare la questione, nonostante la mancanza di risorse adeguate, sottolineando la necessità  da parte dell’Ue di rispettare la sovranità  libica.
I migranti che tentano di raggiungere l’Europa vengono imbarcati nei porti controllati dai miliziani che sostengono il governo di Tripoli, ossia Zuwara, Zawia, Tajoura, Garabulli e Misurata.
Si stima, ha sottolineato il sito, che siano 2.000 i migranti che partono ogni giorno da questi porti.
Un traffico gestito da leader locali che sostengono i miliziani di Fajr Libia.
Da parte sua, la guardia costiera libica ha denunciato mancanza di mezzi per contrastare i trafficanti, sostenendo di aver chiesto barche e altre risorse all’Ue e all’Italia, per riuscire a garantire il controllo delle coste, non ottenendo finora alcuna risposta.

(da “Huffingronpost”)

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PAITA, “FATALE” L’INCARICO RICEVUTO DA BURLANDO: E’ LEI AD AVERE LA RESPONSABILITA’ DEL MANCATO ALLARME

Aprile 23rd, 2015 Riccardo Fucile

I MAGISTRATI ALL’ATTACCO: “L’ASSESSORE HA UN RUOLO OPERATIVO”

Sono due i documenti su cui sembrerebbe concentrarsi la Procura del capoluogo ligure nell’attribuire una responsabilità , non solo politica, a Raffaella Paita, attuale assessore regionale alla Protezione civile e anche candidata del Pd alla presidenza della Regione Liguria, indagata per omicidio e disastro colposo per l’alluvione del 9 ottobre 2014 che in città  provocò una vittima e portò l’ennesima devastazione.
I pubblici ministeri Gabriella Dotto e Patrizia Ciccarese, nell’avviso di garanzia notificato oltre che alla Paita anche a Gabriella Minervini, ex dirigente della Protezione civile regionale, citano tra le altre norme una direttiva del presidente del Consiglio del 27 febbraio 2004 nella quale vengono delegati come massimi esponenti della Protezione civile i presidenti delle Regioni, cui vengono affidati ruoli tecnici e operativi in caso di previsioni di calamità  e gestione delle emergenze.
Il problema (per la Paita) è che poi questi ruoli sono stati delegati agli assessori alla Protezione civile, come in Liguria testimonia il decreto regionale dell’1 luglio 2014, con cui il governatore Burlando assegnò la delega appunto alla Paita.
Consegnandole di fatto i poteri tecnici che lei sostiene di non avere .
Secondo la Procura, insomma, l’assessore non avrebbe avuto solo un ruolo politico, non avrebbe dovuto aspettare che i tecnici le dicessero di emanare l’allerta, ma avrebbe potuto attivarsi da sola, considerate le comunicazioni arrivate dall’Arpal sia il giorno 8 sia il giorno successivo, quello dell’alluvione.
In effetti la delibera regionale recita: “L’adozione e la dchiarazione dei diversi livelli di allerta da parte della Regione sulla base dei diversi livelli di criticità  e quindi di attivazione delle diverse fasi dei piani di emergenza, compete al presidente o a soggetto a tal fine da lui delegato”.
In pratica con la quella delega ricevuta da Burlando, la Paita risulterebbe “incastrata” alle sue responsabilità , non solo politiche.

(da “il Secolo XIX”)

argomento: Giustizia | Commenta »

BOSSETTI E’ IL NUOVO MITO LEGHISTA? CAMPAGNA DI RADIO PADANIA PER L’ACCUSATO DI AVER UCCISO YARA

Aprile 23rd, 2015 Riccardo Fucile

E INDOVINATE SU CHI PUNTANO IL DITO: SUL MAROCCHINO FIKRY, GIA’ SCAGIONATO… MA CALDEROLI PRENDE LE DISTANZE

Hai voglia a voler separare cronaca e politica, quando nel partito c’è un segretario federale come Matteo Salvini, che sui social commenta, quasi in tempo reale, i fatti di cronaca nera più eclatanti, invocando castrazione chimica e condanne esemplari. Accade così che a pochi giorni dalla prima udienza del processo per l’omicidio di Yara Gambirasio, in programma lunedì, ieri Radio Padania Libera abbia dedicato al caso buona parte del suo programma mattutino «Onda Libera».
Fin qui nulla di strano, visto che il caso, in cui Massimo Bossetti è unico imputato, è tra gli argomenti più gettonati dai media.
C’è il partito di maggioranza, di quelli che ritengono il muratore colpevole, schiacciato da una serie di gravi indizi – a partire dal suo Dna rilevato sugli abiti di Yara – ma anche un’opposizione che avanza più di un dubbio sulla tesi della procura. Una minoranza che comprende anche la radio della Lega.
Rispolverando anche un nome già  uscito di scena – con tanto di archiviazione e risarcimento – come quello di Mohammed Fikri, accusato in un primo momento dell’omicidio.
Che la trasmissione di ieri sarebbe andata in una direzione ben precisa lo si poteva già  capire dagli ospiti.
Oltre al conduttore, Giulio Cainarca, giornalista che in passato aveva evidenziato più di un dubbio sulla colpevolezza di Rosa Bazzi e Olindo Romano, condannati per la strage di Erba (un caso, anche questo, in cui in un primo momento era stato additato un altro nordafricano, Azouz Marzouk), in cuffia ci sono Luca D’Auria e Noemi Brembilla, avvocati tra i fondatori dell’associazione «Justice of mind», che chiede l’introduzione di esperti terzi di cognizione, una sorta di psicologici, in sede processuale per evitare che giudici e giurati possano fare «ragionamenti basati su criteri automatici», ovvero dare fin da subito scontato un giudizio.
Domani l’associazione ha in programma un convegno a Milano, per discutere anche del caso Bossetti. D’Auria ha le idee chiare: «Il Dna non è altro che un indizio. Non essendo ripetibile l’esame, al 95% Bossetti ha la strada spianata verso l’assoluzione».
Tesi giuridica assai originale.
A metà  trasmissione ecco il collegamento con Claudio Salvagni, il difensore di Bossetti. Che ovviamente fa il suo.
Le considerazioni di Cainarca non aiutano a riequilibrare il dibattito: «Mi ha colpito la scoperta di come Fikri abbia comprato un furgone simile a quello di Bossetti, per poi rottamarlo pochi mesi dopo l’omicidio».
E ancora: «Ci sarà  una spiegazione logica se i cani molecolari puntano nel cantiere di Mapello? Nelle migliaia di pagine agli atti questo viene chiarito?».
Un assist perfetto per Salvagni: «No. In realtà  non c’è alcuna spiegazione».
Sulla vicenda i lumbard bergamaschi si dividono.
«Personalmente non mi sono ancora fatto un’idea sul caso. Mancano gli elementi per poter giudicare – dice il segretario provinciale, Daniele Belotti ».
No, per carità …
Ufficialmente la linea è di equidistanza, si preferisce mandare avanti altri.
Salvini, poche settimane fa, in un’intervista a Panorama, aveva detto la sua sul caso: «Al momento i fatti sono contro Bossetti. Le prove scientifiche mi sembrano abbastanza evidenti”
Più cauto anora il senatore Roberto Calderoli: «Un’idea me la sono fatta, ma è meglio lasciare fare il proprio lavoro a chi deve decidere».
Poi il vicepresidente del Senato racconta un aneddoto: «Ho incontrato di persona Bossetti durante la visita in carcere ad Antonio Monella (l’imprenditore di Arzago d’Adda condannato a sei anni e due mesi per aver ucciso un ladro, ndr ). Sinceramente non me la sono sentita di stringergli la mano».

(da “Il Corriere della Sera”)

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BALLE RENZIANE, I DRONI ARMATI CHE L’ITALIA NON HA: “IMPOSSIBILE AVERLI PRIMA DI UN ANNO”

Aprile 23rd, 2015 Riccardo Fucile

 I NOSTRI 12 VELIVOLI UTILI SOLO PER LA RICOGNIZIONE…IL RISCHIO DEI MIGRANTI USATI COME SCUDI UMANI

L’ipotesi di usare i droni per colpire e affondare i barconi dei trafficanti di esseri umani, prima che partano dalle coste nordafricane, è solo una chiacchiera inutile e illusoria.
Non solo e non tanto perchè in questo momento all’Italia (come a quasi tutti i grandi Paesi dell’Ue, con l’eccezione del Regno Unito) manca la tecnologia necessaria per armare i 6 Predator B, anche detti Reaper, a disposizione delle nostre Forze Armate. Quanto perchè, anche nell’ipotesi impossibile che gli Usa ci dessero domani il know-how per renderli letali, «occorrerebbero da 6 mesi a un anno per applicarlo e avere un embrione di capacità  operativa».
L’ipotesi di non restituire i barconi
Lo dicono al Corriere autorevoli fonti militari, basite di fronte a tanto sproloquio nella concitata conversazione politica e mediatica, seguita al terribile naufragio di domenica.
Prima di spiegare in dettaglio le ragioni dell’impraticabilità  dell’impiego dei droni, le fonti ricordano che l’unica opzione possibile contro i barconi sarebbe di tenersi e affondare quelli da dove sbarcano gli immigrati, natanti che invece vengono normalmente restituiti.
Non è molto ma sarebbe già  qualcosa, se si pensa che nel solo 2014, dati del ministero della Difesa, i mercanti di anime sono rientrati in possesso di ben 800 tra grosse scialuppe, gommoni e pescherecci.
«Non si possono bombardare»
Certo potrebbero esser presi in considerazione altri modi per eliminare gli scafi della morte.
«Ma è difficile – spiegano i nostri interlocutori – immaginare bombardamenti aerei, sia per la difficoltà  di identificare gli obiettivi, sia per il rischio che i migranti possano essere usati come scudi umani. Tantomeno è realistico pensare a operazioni a terra direttamente nei porti, dove avremmo comunque bisogno della collaborazione di autorità  locali, che o non ci sono o sono in conflitto fra loro».
L’opzione sottomarini
Un’altra ipotesi presa in considerazione è l’uso dei sottomarini, impiegati in passato dalla nostra Marina per tracciare le rotte degli immigrati e usati anche nella campagna contro Gheddafi.
Teoricamente potrebbero consentire azioni mordi e fuggi di squadre speciali, con il sommergibile in attesa al largo: ma quante missioni sarebbero necessarie e con quali costi, per avere un impatto significativo?
Ma torniamo ai droni, presunto miracoloso toccasana su cui in queste ore si esercitano il colto e l’inclita.
L’Italia ne possiede dodici, sei Predator di prima generazione e altrettanti nella versione Reaper, acquistati tra il 2009 e il 2011 e tutti usati per sorveglianza e ricognizione. Tra Afghanistan, Kosovo e normale manutenzione, solo un paio sono operativi in Nord Africa.
I missili?
Nel 2011 il nostro Paese ha avviato le procedure per ottenere dagli Usa l’autorizzazione (cioè la tecnologia) ad armare i Reaper di missili.
La decisione spetta a una Commissione del Senato americano, che non l’ha ancora presa.
I nostri governi non hanno insistito più di tanto: non c’erano ragioni di urgenza e c’erano ovviamente problemi di costo. Ora l’emergenza migranti può spingerci a chiedere e forse ottenere un’accelerazione, che comunque non significherebbe segnale verde immediato: «Avremmo comunque davanti un lavoro lungo e complesso, dall’addestramento tecnico alle prove sperimentali. Non potremmo impiegarli in modo efficace prima di un anno».
Gli alleati europei
Nè grande aiuto può venire su questo fronte dagli alleati europei, nessuno dei quali possiede droni armati.
Parigi per esempio non potrebbe neppure dare una mano per la ricognizione, visto che i suoi 6 Reaper sono tutti impiegati nel Mali a copertura della missione francese.
Fa eccezione Londra, che però opera con alcuni Reaper armati solo insieme agli americani: improbabile, anzi impossibile che Usa e Gran Bretagna, troppo indaffarati sul fronte Isis e al Qaeda, ci aiutino con i droni ad affondare i barconi degli scafisti.

Paolo Valentino
(da “il Corriere della Sera“)

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