Ottobre 19th, 2015 Riccardo Fucile
SONO 80 I PARLAMENTARI DEM CHE SI OPPONGONO A RENZI… INIZIATIVE PUBBLICHE PER SPIEGARE GLI EMENDAMENTI
La minoranza prova a riprendersi almeno un pezzetto di scena. E lo fa su un tema molto sentito
dagli italiani, la tassa sulla casa.
Bersani, Speranza e Cuperlo si sono convinti che la base del Pd, quella con il cuore a sinistra, non comprenda le ultime scelte di Renzi.
Per i leader dell’opposizione interna i militanti si stanno chiedendo perchè mai un partito progressista dovrebbe realizzare il sogno proibito di Berlusconi, togliere la tassa sulla prima casa anche ai proprietari di castelli e ville di gran lusso.
E così, pur sapendo in partenza che sono destinati a perderla, i non-renziani rimasti nel Pd preparano la «grande battaglia».
Con la segreta speranza di ritrovare, grazie alla legge di Stabilità , la sintonia perduta con il «popolo dem». Se la lunga sfida sulle riforme aveva destato l’incomprensione persino dei militanti che arrostiscono le salsicce alle feste, sul tema della casa Bersani e compagni contano di risalire la china del consenso interno.
Ma per raggiungere l’obiettivo ci vuole un piano, che la sinistra sta mettendo a punto.
Appena il testo della manovra sarà reso pubblico, la minoranza costruirà una «proposta organica», una contromanovra che spieghi la filosofia degli emendamenti.
Il documento verrà presentato in conferenza stampa e poi illustrato agli elettori.
Si pensa a una convention nazionale e ad una serie di incontri pubblici sul territorio, in cui coinvolgere iscritti e simpatizzanti per ribadire «la differenza tra un centrosinistra con radici uliviste e il partito della nazione di Renzi»
Così Roberto Speranza ha spiegato ai suoi le mosse della «battaglia di principio» con cui l’opposizione interna proverà a marcare – in vista del congresso del 2017 – la differenza antropologica dal renzismo.
Una sfida che la minoranza intende combattere fino all’ultimo. Ben sapendo che, alla fine, agli ottanta parlamentari che non hanno ancora ceduto al leader toccherà allinearsi, perchè chi non votasse la fiducia sarebbe costretto a seguire le orme di Alfredo D’Attorre fuori dal Pd…
A Renzi la minoranza ha chiesto un segnale di apertura, ma su Imu e Tasi il leader si è mostrato irremovibile e ai disobbedienti, dunque, non resterà che votare i propri emendamenti in dissenso.
L’area che fa capo a Speranza avrebbe voluto un referendum tra gli iscritti, ma la parola ha già creato attriti in passato e così, anche per non andare in rotta di collisione con il più dialogante Gianni Cuperlo, l’ex capogruppo si è limitato a chiedere di «consultare gli elettori».
Già sul documento i due blocchi di minoranza hanno faticato a muoversi compatti. Bersani e Speranza erano per uscire con un testo critico, prima ancora che Renzi presentasse la legge di Stabilità .
Ma Cuperlo ha preferito procedere per gradi e il documento è slittato. Questioni di metodo, perchè sul merito il fronte del dissenso parte unito.
L’emendamento chiave è la richiesta di esentare due terzi delle abitazioni di minor valore, per far pagare le imposte al restante terzo: le case più costose.
Un ritocco che consentirebbe di recuperare un miliardo e mezzo, da investire contro la povertà .
«Saremmo il quinto Paese al mondo, dopo Niger, Togo, Yemen e Thailandia, a riconoscere l’esenzione totale sulla prima casa» spiega la senatrice Cecilia Guerra, rivelando uno degli argomenti che la minoranza userà nella campagna di sensibilizzazione.
Ed ecco alcuni slogan con cui la minoranza proverà a confutare le politiche di Renzi. Eliminare la tassa sulla casa ai milionari non è equo e non stimola l’edilizia.
Alzare il limite del contante a 3.000 euro aiuta i traffici della criminalità .
I soldi che vengono recuperati con la spending review della sanità , devono restare in quel settore. E infine, per scongiurare le catastrofi naturali bisogna investire sulla prevenzione.
Monica Guerzoni
(da “il Corriere della Sera”)
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Ottobre 19th, 2015 Riccardo Fucile
SE N’E’ ACCORTO ANCHE LUI CHE COSI’ I RICCHI PAGHERANNO DI MENO…GLI EMENDAMENTI: FRANCHIGIA SULLA PRIMA CASA, CONTANTE A 1000 EURO, SOLDI PER LA SANITA’
La “contromanovra” per ora è un pacchetto di dieci emendamenti e un documento dal titolo «Più equità , più investimenti ».
Ma domani la sinistra dem si riunisce per mettere a punto la strategia.
Dovrebbero essere un centinaio i parlamentari del Pd disposti a una battaglia per portare a casa il risultato di cambiare la legge di stabilità del governo.
Lotta dura ma dentro il Pd, non in vista di una scissione.
Una trincea nel partito di Renzi i cui confini sono tracciati dall’ex segretario Pier Luigi Bersani, da Gianni Cuperlo e Roberto Speranza. Bersani parla di «incostituzionalità » della scelta di cancellare per tutti la tassa sulla prima casa.
E questo diventa il primo pomo della discordia.
«Le scelte sul fisco — ripete — sono contro la Costituzione. Dire che a parità di welfare abbassare le tasse è buono e giusto, è come dire “viva la mamma”.
Ma cosa vogliamo fare dell’articolo 53 della Costituzione che parla di progressività ? ». Contrattacca la ministra Maria Elena Boschi: «Non è la prima volta che Bersani fa polemica ».
E i renziani ironizzano: «Ormai è una barzelletta, e siamo al congresso permanente». Il premier Renzi ieri ha chiesto ai presidenti del Pd di Camera e Senato, Ettore Rosato e Luigi Zanda, di riunire i gruppi parlamentari sulla manovra.
Ecco quindi il primo emendamento della sinistra, già pronto e che riprende una vecchia proposta bersaniana: franchigia per tutti nella tassa sulla casa fino a 400 euro, poi si paga l’eccedenza che sarà in base alla collocazione catastale e alla metratura.
Federico Fornaro, che l’ha materialmente scritto con Cecilia Guerra, calcola un risparmio grazie a questa modulazione di 1 miliardo e mezzo.
«Si arriverebbe a esentare dal pagamento — spiega Fornaro — il 64% dei proprietari». Queste risorse potrebbero andare ad aggiungersi al Fondo sulla sanità oppure al budget a disposizione per combattere la povertà che è per ora di 600 milioni.
L’altro cardine della “contromanovra” di sinistra è l’altolà all’aumento del contante da mille a tremila euro.
Una misura su richiesta della destra, dell’Ncd, dei verdiniani e di Forza Italia secondo la minoranza del Pd — e a cui il partito non può sottostare.
Non solo per ragioni di evasione fiscale evidentemente più semplice, ma anche per il rischio di corruzione e per le porte aperte alla piccola criminalità .
Lo sottolinea anche Rosy Bindi, presidente della commissione Antimafia. La sentrice Guerra ricorda che in Francia il tetto di cash era di tremila euro, poi per combattere il finanziamento al terrorismo da settembre è stato ridotto a mille euro.
Cuperlo ricorda il “no” del ministro Padoan di un anno fa. «Perchè ora chiede il leader della sinistra dem — ha cambiato idea e linea? ».
Speranza si appella agli iscritti: «Sarebbe interessante consultare il Pd, i nostri iscritti, sul taglio delle tasse sulla casa in legge di stabilità , su questo meccanismo da Robin Hood al contrario per cui si fa un regalino a chi ha già di più».
Giovanna Casadio
(da “La Repubblica”)
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Ottobre 19th, 2015 Riccardo Fucile
AL BALLOTTAGGIO CINQUESTELLE E PD, CON MARCHINI AGO DELLA BILANCIA
Il sondaggio Datamedia per conto de Il Tempo vede tra i partiti la seguente situazione: il primo
è il Movimento Cinque Stelle che aumenterebbe i propri consensi di 20 punti percentuali rispetto alle Comunali del 2013: 32,4 per cento.
Al ballottaggio con il M5s andrebbe oggi, in ogni caso, il Pd, che però parte dal 22,2 per cento.
Le altre forze politiche sono tutte sotto la doppia cifra: Forza Italia al 9,4, Fratelli d’Italia all’8,1, la lista Marchini al 7, Sel al 6,7, Noi con Salvini al 5,2, la lista Marino al 4,5.
Ovviamente, anche se non è un meccanismo scientifico, la legge elettorale dei Comuni spinge i partiti a coalizzarsi.
Il centrodestra unito, dunque, raccoglierebbe il 22,7.
Il centrosinistra (se il Pd si alleasse di nuovo con Sel e la lista Marino) si attesterebbe al 33,4.
Alfio Marchini, dunque, potrebbe diventare sempre di più corteggiato.
Se si votassero solo i leade, la preferita sarebbe Giorgia Meloni che raccoglie il 26,4 per cento delle preferenze nell’area di centrodestra.
Dietro di lei c’è Alessandro Di Battista, il favorito tra i Cinque Stelle, con il 21,5 per cento.
Qui il problema è sempre il solito: le regole del M5s dicono che visto che è deputato non può candidarsi al Campidoglio.
Da capire — ma non è stato misurato — se la stessa dote elettorale si trasferirebbe su un altro candidato, come l’avvocato e consigliere comunale Virginia Raggi, indicata come possibile portabandiera grillina alle Comunali 2016.
Dopo Meloni e Di Battista, a sorpresa, riecco Ignazio Marino, a dispetto di scivoloni, dimissioni, ritiro della fiducia da parte del Pd: Marino è indicato dal 16,7 per cento. Seguono, poi, Alfio Marchini (10 per cento), il vicepresidente della Camera Roberto Giachetti (4,8) e il presidente dell’Autorità anticorruzione Raffaele Cantone (3,8). Questi ultimi due sono stati inseriti tra i papabili per rappresentare il centrosinistra anche se il primo ha sempre escluso questa possibilità e l’impegno del secondo appare improbabile.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 19th, 2015 Riccardo Fucile
NESSUNA ISTIGAZIONE AL SABOTAGGIO: “ORA MI SENTO CITTADINO QUALUNQUE, MA LA VAL DI SUSA RESTA UNA QUESTIONE APERTA”
Erri De Luca è stato assolto dall’accusa di istigazione a delinquere nel processo per alcune interviste in cui sosteneva che la “Tav va sabotata”.
Il pm aveva chiesto una condanna di otto mesi di reclusione.
Per il giudice Immacolata Iadeluca il “fatto non sussiste“.
La sentenza è stata accolta dagli applausi dei numerosi No Tav presenti in tribunale a Torino.
“E’ stata impedita una ingiustizia, quest’aula è un avamposto sul presente prossimo” ha commentato De Luca dopo la pronuncia del dispositivo della sentenza. “Ora — continua lo scrittore — mi sento tornato un cittadino qualunque. Ma la Valle di Susa resta una questione che mi riguarda. Di questo processo mi rimane la grande solidarietà delle persone che mi hanno sostenuto, in Italia e in Francia.
”La sentenza ribadisce il valore dell’articolo 21 della Costituzione. Ho letto sui giornali della telefonata di Hollande a Renzi, ma non credo che abbia influito sulla sentenza”.
Lo scrittore, prima della pronuncia, aveva rilasciato dichiarazioni spontanee con le quali aveva confermato la sua “convinzione che la linea sedicente ad Alta Velocità va intralciata, impedita e sabotata per legittima difesa del suolo, dell’aria e dell’acqua” e si era detto “disposto a subire condanna penale per il suo impiego, ma non a farmi censurare o ridurre la lingua italiana”.
Alberto Mittone, legale della Ltf, società che gestisce la linea No Tav, ha spiegato di rispettare “la decisione del giudice, non ne faremo una battaglia campale, ma nei momenti di tensione sociale ci sono dei limiti che soprattutto gli intellettuali dovrebbero rispettare”.
Dall’altra parte c’è il commento di Gianluca Vitale, avvocato di De Luca: “Questa sentenza riporta le cose al posto giusto e dimostra che non avremmo dovuto essere qui. Mi auguro che la Procura e la Digos di Torino capiscano che c’è un limite anche all’attività di repressione. La libertà di pensiero deve essere tale in Valle di Susa come nel resto del Paese”.
Tutto era cominciato il 1° settembre 2013 quando Erri De Luca aveva risposto alle domande di una giornalista dell’Huffington Post sul rischio terrorismo in Val di Susa in relazione alla presenza del movimento No Tav.
A De Luca veniva chiesto di commentare le dichiarazioni dell’allora procuratore capo di Torino Giancarlo Caselli dopo l’arresto di due militanti sulla cui auto erano state trovate bottiglie di plastica con la benzina, tubi in plastica, cesoie e altro.
Era l’ultimo episodio di cronaca riconducibile alla protesta: a metà maggio c’era stato un blitz notturno al cantiere attaccato con bengala e molotov, un atto su cui era stata avviata un’indagine per terrorismo.
Caselli aveva criticato la “complicità ” di intellettuali sostenitori della causa.
E l’autore napoletano — un passato nel servizio d’ordine di Lotta Continua — il 5 dicembre 2005, dopo uno spettacolo a Torino, era andato a incontrare i militanti del presidio di Venaus, allora “avamposto” dell’opposizione al progetto della Torino-Lione, sgomberato quella stessa notte dalle forze dell’ordine.
Da allora ha seguito la causa dei valligiani.
Così in quell’intervista all’Huffington De Luca negò l’esistenza di rischi eversivi e poi affermava che quanto trovato sull’auto era “pericoloso materiale da ferramenta. Proprio quello che normalmente viene dato in dotazione ai terroristi” aggiungendo che “la Tav va sabotata. Ecco perchè le cesoie servivano: sono utili a tagliare le reti. Nessun terrorismo”. Alla fine Ltf presentò denuncia.
Dopo l’inchiesta dei pm Andrea Padalino e Antonio Rinaudo, De Luca finisce a processo (durato 5 udienze, con 4 testimoni) e comincia la mobilitazione a suo sostegno: Domenico Procacci gli dedica il Nastro d’oro vinto a Taormina, le mobilitazioni diventano più frequenti, vengono organizzate letture dei suoi libri, tra cui il pamphlet
La parola contraria, l’hashtag #Iostoconerri diventa virale nei giorni delle udienze, al Salone del libro a Torino molti scrittori indossano la maglietta preparata dalla Feltrinelli e in Francia vengono lanciate molte petizioni, ultime quelle dei cineasti e degli avvocati, a cui aderiscono anche politici e componenti del governo.
Il presidente della Repubblica Franà§ois Hollande afferma che uno scrittore non dovrebbe essere perseguito per quanto scrive.
Secondo il Journal du dimanche Hollande e altri “responsabili dello Stato” hanno chiesto a Matteo Renzi di far ritirare la denuncia, ma la ricostruzione è stata smentita da Palazzo Chigi.
Di sicuro c’è il tweet che il ministro della Giustizia francese Christiane Taubira ha pubblicato alla vigilia della sentenza: “Erri de Luca, quanto tutto sarà scomparso dietro all’ultimo sole, resterà la piccola voce dell’uomo, parlando ancora Tennessee Williams”.
Andrea Giambartolomei
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 19th, 2015 Riccardo Fucile
GRILLO RIVOLTO AL GRUPPO DI DI MAIO: “SENZA DI ME NON ERAVATE NIENTE, SIETE DEI MIRACOLATI”… LA SOLITA MINESTRA: COME I CINQUESTELLE AUMENTANO IN CONSENSI, ARRIVANO I DUE A FARGLIELI PERDERE
Da un lato Grillo che, da attore consumato, finge di annunciare grandi cambiamenti e storiche
aperture.
Dall’altro il pragmatismo di Casaleggio che fa capire con chiarezza chi porta – e continuerà a portare per un po’ – i pantaloni in casa Movimento 5 Stelle: «Non passiamo il testimone a nessuno». Se fosse un hashtag, il messaggio rivolto agli aspiranti leader Di Maio e Di Battista suonerebbe più o meno così: #comandiamonoi. «Perchè candidare le persone per mezzo della tv?», domanda malizioso Grillo.
Ma ai militanti, e soprattutto agli elettori, il segnale da mandare è un altro. Opposto.
Ci pensa il front-man, Grillo: «Non avete bisogno di un guru (Casaleggio, ndr) o di un elevato (così si è ribattezzato ironicamente lui stesso, ndr), adesso tocca a voi» ha rassicurato i fedelissimi arrivati a Imola nonostante la pioggia (nella giornata conclusiva di Italia 5 Stelle erano più dei ventimila di sabato, ma certamente non i 200 mila annunciati).
Ed è per questo che ha buttato lì l’ipotesi – l’altra sera aveva parlato di «un sogno» – di togliere il suo nome dal simbolo del M5S.
Già dalle prossime elezioni? «Può darsi», si tiene vago l’ex comico, che in realtà non ha alcuna intenzione di fare questo passo.
Il blog e il Movimento continueranno a essere una cosa sola.
Ma soprattutto candidature e liste continueranno a passare sotto il rigido controllo della Casaleggio Associati.
Il “guru” assicura: «A ridosso delle elezioni, anche quelle Comunali, saranno gli iscritti a decidere i candidati con le votazioni online».
Già , ma chi detiene il controllo della famosa piattaforma? Ovviamente la Casaleggio.
E allora la domanda è d’obbligo: siete disposti ad affidare la gestione della piattaforma ai militanti? «Ora devo andare».
E il fino a quel momento loquace Casaleggio evita di dire quel che pensa: non se ne parla proprio.
Su questo fronte punta il dito il solito Pizzarotti, unica voce critica in un Movimento che – almeno nelle dichiarazioni ufficiali – non osa contraddire i due capi.
«Va bene la consultazione online, ma questo è un metodo che ha i suoi limiti. Bisogna incontrarsi, discutere. Il mondo è fatto di persone, non è virtuale».
E lancia l’idea di «un grande meet-up nazionale», che si occuperà – tra le altre cose – di scrivere il programma.
Ne avrebbe discusso ieri in un incontro riservato con Luigi Di Maio e la perfetta sintonia tra i due è riscontrabile anche nelle parole al miele che il sindaco di Parma ha dedicato al vicepresidente della Camera: «In questo momento Luigi è il meglio che il Movimento possa offrire».
Ma allora, se i grandi capi vogliono continuare a tenere tra le loro mani il bastone del comando (Casaleggio ha già fissato le priorità del governo a 5 Stelle: «Lotta alla corruzione e abolizione della prescrizione»), perchè Grillo continua a promettere «che questo Movimento è proiettato verso il cambiamento» e che lui e Casaleggio si faranno da parte?
Il motivo è chiaro: gli ultimi sondaggi dimostrano che l’effetto-traino del leader ha avuto un effetto esplosivo sul M5S nella fase iniziale, ma ora sta scemando.
Addirittura pare essere diventato un ostacolo.
Sondaggisti e politologi ritengono che Grillo sia troppo divisivo. Per non parlare delle tante ambiguità su questioni come l’immigrazione e le unioni civili.
Il capogruppo in Senato, Gianluca Castaldi, ha confermato la disponibilità a votare il ddl Cirinnà : «Ho chiesto di iniziare a discuterla martedì e chiuderla giovedì, ma il Pd non vuole».
La posizione di Grillo è un po’ diversa e anche per questo ieri, a precisa domanda, non ha risposto.
Meglio farsi da parte e mandare avanti i volti nuovi, giovani e “preparatissimi”.
Meglio lasciare il palcoscenico (ieri sera niente comizio conclusivo, ma solo un saluto a ritmo di blues) e passare dietro le quinte.
Dove c’è la vera stanza dei bottoni.
Marco Bresolin
(da “La Stampa”)
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Ottobre 19th, 2015 Riccardo Fucile
IL PASTICCIO DI RENZI: ELIMINARE LA TASI SULLE PRIME CASE FA PURE VENIRE MENO LA SUA CODA, L’ADDIZIONALE DELLO 0.8 PER MILLE CHE PUO’ ESSERE CARICATA SULLA SECONDA ABITAZIONE
Tassa sulla prima casa azzerata (Tasi), sulle seconde scontata (Imu).
Succede a Roma e Milano e in altri 458 piccoli Comuni dal prossimo anno, regalo inatteso della legge di Stabilità .
Nella capitale e nella città dell’Expo l’ulteriore bonus vale in media la metà della Tasi abolita sulle prime.
Portando il complessivo risparmio sul mattone a livelli davvero interessanti.
Un effetto probabilmente non voluto dal governo, ma che a questo punto è complicato bloccare.
A meno di non tradire una promessa fatta ai sindaci. «Nessun aumento delle tasse sulle seconde case per compensare l’eliminazione di Imu e Tasi sulle prime», scandiva Piero Fassino, presidente Anci, il 12 ottobre scorso, al termine di un incontro con il governo sulla legge di Stabilità .
Non pensando però al regalo. Eliminarlo significa alzare le tasse. Avallarlo comporta un buco per le finanze locali (e altre potenziali tasse, facendo leva sulle addizionali). Compensarlo vuol dire trovare ulteriori coperture in Finanziaria da 350 milioni.
Un rompicapo.
Come siamo arrivati sin qui?
Eliminare la Tasi sulle prime abitazioni vuol dire far fuori pure la sua coda: l’addizionale dello 0,8 per mille che può essere caricata sulle prime o sulle seconde case.
I sindaci di 460 Comuni l’hanno piazzata sulle seconde, tra cui Roma e Milano che pesano per la metà .
Come anticipato da Repubblica venerdì scorso, la legge di Stabilità cancella sia la Tasi che l’addizionale.
Scontando così pure le seconde case (e i negozi, perchè lo 0,8 per mille può essere messo anche lì) di quelle città che la applicano.
Tradotto in cifre, il bonus vale in media 142 euro all’anno a Roma e 128 a Milano (il calcolo è della Uil-Servizio Politiche territoriali).
Laddove, rispettivamente, l’abolizione della Tasi sulla prima casa restituisce 391 euro e 300 euro.
Sommando le due cifre (chi ha una seconda casa ne ha pure una prima) e ipotizzando che i due immobili siano nella stessa città , il risparmio supera i 500 euro per i romani e i 400 euro per i milanesi.
In media, ovvio. Con tre o quattro magioni, magari di pregio, si sale ancora più su.
Ci sarà un ripensamento del governo?
Il premier Renzi ha sempre e solo parlato di prima casa.
Valentina Conte
(da “La Repubblica”)
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Ottobre 19th, 2015 Riccardo Fucile
“QUEST’AULA E’ UN PUNTO DI RESISTENZA”…. L’APPELLO DI DECINE DI INTELLETTUALI DI TUTTO IL MONDO
“I miei colleghi stranieri continuano a non capire il perchè di questo processo, io sono
tranquillo”, dichiara Erri De Luca entrando nell’aula del tribunale di Torino che oggi intorno alle 13 dovrebbe pronunciare la sentenza sul caso dello scrittore che il 1 settembre del 2013 in una intervista all’Huffington Post disse “la Tav va sabotata”.
Parole che ha voluto ripetere in una dichiarazione spontanea in aula: “Confermo la mia convinzione che la linea sedicente ad Alta Velocità va intralciata, impedita e sabotata per legittima difesa del suolo, dell’aria e dell’acqua”.
“Ritengo inapplicabili al mio caso le attenuanti generiche. Se quello che ho detto è reato, l’ho ripetuto e continuerò a ripeterlo”, ha ribadito Erri De Luca al giudice.
“La mia parola contraria sussiste e aspetto di sapere se costituisce reato”.
De Luca è imputato per istigazione a delinquere dopo essere stato denunciato dalla società franco-italiana incaricata di sovrintendere alla Torino-Lione, la Ltf.
La procura, per voce dei pm Rinaudo e Padalino, ha chiesto 8 mesi di carcere.
Fin dal primo giorno del processo la Francia si è mobilitata per Erri De Luca, oggi in aula a Torino per la sentenza sul caso Tav.
Una mobilitazione che ha coinvolto non soltanto intellettuali, artisti e ministri ma anche lo stesso Hollande che nei mesi scorsi aveva fatto sapere di appoggiare l’appello in favore dello scrittore.
Il presidente francese è andato oltre.
Secondo il Journal Du Dimanche, che ha intervistato De Luca alla vigilia della decisione dei giudici, Hollande ha chiamato personalmente Matteo Renzi per invocare clemenza nei confronti dell’autore imputato per istigazione a delinquere dopo aver pronunciato la frase “la Tav va sabotata”.
Tuttavia, riporta il Journal Du Dimanche, il premier italiano non ha mostrato “alcuna indulgenza”.
“Ho ricevuto un sostegno enorme dalla Francia, a tutti i livelli. E’ come se fossi un cittadino francese in ostaggio presso un altro Stato. Sono cittadino italiano e lo rivendico, ma voi mi avete quasi adottato”, dice Erri De Luca all’intervistatore del Jdd.
Nelle ultime settimane un nuovo appello per Erri De Luca ha coinvolto 66 registi e attori, italiani e francesi, da Claudio Amendola a Vittorio Gassmann, da Domenico Procacci a Valerio Mastandrea e Marco Risi, tra gli altri:
Abbiamo letto “La parola contraria”, un libro pubblicato dalle edizioni Gallimard (e da Feltrinelli in Italia, ndr), dove difende la sua libertà di parola. Mentre la Francia si è recentemente mobilitata per la libertà di espressione, come potremmo lasciare che uno scrittore finisca in prigione per le sue dichiarazioni pubbliche?
Ma sono ormai 500 gli esponenti del mondo della cultura che, in tutto il mondo, hanno fatto sapere di appoggiare la libertà di parola di Erri De Luca: tra loro Salman Rushdie, Paul Auster, Ken Loach, Isabelle Huppert, Roberto Saviano, Stefano Benni, Ascanio Celestini, Ginevra Bompiani,Massimo Carlotto, Mauro Corona, Pierluigi Battista, Gad Lerner.
(da “Huffingtonpost”)
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