Gennaio 14th, 2016 Riccardo Fucile
RENZI VORREBBE SCEGLIERE IL MINISTRO DI NCD MA ALFANO SI IMPUNTA SU D’ASCOLA, AVVOCATO DI TARANTINI E SCOPELLITI
Mai Befana fu così bella. Perchè aveva il volto di Maria Elena Boschi.
Il giorno dell’Epifania la ministra si è presentata a casa di Dorina Bianchi, con cui è nato un rapporto di amicizia e confidenza.
Inevitabilmente il discorso, a un certo punto, vira sul prossimo giro di valzer di poltrone. La certezza è che il premier lo ha fissato il 21 gennaio, comunque il giorno dopo il voto finale sulle riforme al Senato, consapevole che qualcuno sarà scontentato.
Meglio evitare fibrillazioni su uno dei voti più importanti della legislatura.
Incassate quelle, si rinnoveranno le presidenze delle commissioni al Senato e si coglierà l’occasione per riempire le caselle mancanti del governo.
Guai a chiamarlo rimpasto, perchè sa di vecchia politica. Si chiama “integrazione”: “Dorina — dice la Boschi alla Bianchi – se fosse per noi non ci sarebbe problema al tuo incarico da ministro per gli Affari Regionali. Renzi vuole una donna lì. Il problema è che il nome lo deve fare Alfano perchè spetta a Ncd ma Alfano non ti propone”.
Pure Matteo Renzi, chiacchierando qualche tempo fa con Lupi, a margine di un dibattito alla Camera, tagliò corto: “Il nome ve lo dico io. Deve essere la Scopelliti, è giovane, brava”. Se Alfano proponesse la Bianchi, andrebbe bene lo stesso.
Il problema è il nome proposto da Alfano, che ha suscitato smorfie non proprio di entusiasmo dalle parti del giglio magico: Andrea Costa, che attualmente è sottosegretario a via Arenula.
Le smorfie sono legate non tanto a Costa, che ha pure una faccia di bravo ragazzo, ma al fatto che, nel gioco a incastri, nei desiderata di Alfano a via Arenula dovrebbe andare Nico D’Ascola, per soddisfare gli appetiti poltronisti dei “calabresi” del Senato, da tempo insoddisfatti: “Noi — dice un Ncd di rango — abbiamo il problema del Senato. Il gruppo non tiene. Riforme, unioni civili, va tenuta la quadra con qualche incarico”.
I nomi di Ncd al Senato, come noto, non rappresentano proprio il nuovo che avanza. D’Ascola per anni è stato socio di Niccolò Ghedini nel suo studio romano ed è stato protagonista, nei tempi del berlusconismo, quando difesa politica e giudiziaria erano tutt’uno, della difesa di Claudio Scajola, ma soprattutto di Gianpaolo Tarantini in uno di processi sul giro di escort attorno a palazzo Grazioli. Tra gli altri politici eccellenti difesi da D’Ascola, l’ex presidente della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti, condannato per abuso e falso a sei anni e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Proprio il suo ruolo al tempo stesso di parlamentare e avvocato di politici che certo non si sono contraddistinti sul terreno della legalità e all’antimafia per parecchi è imbarazzante: “Alfano — prosegue la fonte Ncd — si è impuntato ma Renzi non è proprio entusiasta”.
Da queste caselle dipende il resto del risiko. Che riguarda le commissioni parlamentari. Perchè, se vince Alfano con Nico D’Ascola al governo, a quel punto la commissione giustizia di Palazzo Madama andrebbe al Pd e i Trasporti a Ncd. Altrimenti, nel caso di una donna agli Affari regionali, Costa resterebbe a via Arenula e Nico D’Ascola sarebbe il candidato al posto che attualmente è del forzista Nitto Palma.
E ai Trasporti o Ranucci o Stefano Esposito che però non sembra smaniare per l’incarico. Al momento, l’intenzione è di confermare le commissioni in quota minoranza Pd, a partire da Massimo Mucchetti, per evitare destabilizzazioni. E di confermare anche Maurizio Sacconi al Lavoro e Roberto Formigoni all’Agricoltura.
A scorrere l’elenco dei nomi, si capisce la logica che anima l’operazione a palazzo Chigi: gestire il passaggio in modo low profile, tecnico più che politico, senza enfasi perchè non si tratta di un rimpasto.
E, forse, perchè qualche nome poco entusiasmante va digerito sennò al Senato si balla. Raccontano i ben informati che i verdiani hanno capito che resteranno tutti a bocca asciutta nonostante Verdini avesse promesso mari e monti.
Ciro Falanga sognava la presidenza della commissione Giustizia, Eva Longo quella Trasporti, pure Auricchio ambiva a una poltrona.
Ora, insoddisfatti, hanno mandato qualche segnale a Forza Italia per tornare. A proposito, nel pacchetto di promozione degli insoddisfatti calabresi, Alfano ha chiesto che rientri al governo il noto Antonio Gentile, che Renzi fece dimettere dopo la vicenda delle presunte pressioni sull’Ora della Calabria per impedire che desse notizie sull’indagine del figlio. Una decina i calabresi al Senato che ballano.
Tre i verdiniani insoddisfatti. La Befana, per chi ci crede, finisce il 6 gennaio.
Poi è Quaresima.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 14th, 2016 Riccardo Fucile
I PARTITI PADRONALI SONO SOLO UN ARGINE CONTRO L’INTELLIGENZA
Con un’iniziativa senza precedenti, se non forse in qualche villaggio della savana governato da uno stregone particolarmente eccentrico, il sindaco cinquestelle di Civitavecchia ha chiesto al prefetto di sospendere tutti, ma proprio tutti, i consiglieri d’opposizione, rei di avere bloccato l’assegnazione di un appalto dove le ditte in lizza erano un po’ pochine: una.
Si spera che il prefetto non assecondi le smanie del primo cittadino.
Nel caso lo facesse, Civitavecchia sperimenterebbe l’ebbrezza di un consiglio comunale nelle grinfie del partito unico, con un sindaco fuori controllo che parla a un’aula mezza vuota.
Fosse venuto in mente a Renzi, il grillino Di Battista ci avrebbe imbastito sopra un monologo della durata di due tempi regolamentari più recupero sulla deriva della democrazia.
Come era fin troppo prevedibile, il movimento di Grillo sta fallendo nella mancata selezione della classe dirigente.
Se in Italia procedi con la pesca a strascico, non tiri su la Svezia, ma pur sempre l’Italia. Bisogna avere il coraggio di riconoscere che il governo dell’uomo qualunque è una boiata pazzesca.
Che «uno vale uno» è una boiata pazzesca.
Che eleggere il primo cazzone che ha cento amici su Facebook è una boiata pazzesca.
Per fare politica ci vogliono persone che escano da una competizione dura dentro partiti strutturati. Ci vuole la Prima Repubblica, ma con una variante fondamentale, giustamente pretesa dai Cinquestelle: il limite dei due mandati, unico vero argine contro la corruzione. Mentre i partiti padronali e i movimenti di protesta sono solo un argine contro l’intelligenza.
Massimo Gramellini
(da “La Stampa”)
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Gennaio 14th, 2016 Riccardo Fucile
IL CASO QUARTO HA RIDIMENSIONATO DI MAIO E LUI ORA SI SENTE IN CORSA
Nel mezzo disastro campano l’unico Cinquestelle ad aver visto accresciuto il proprio peso personale nel Movimento è Alessandro Di Battista. Chi l’ha incrociato martedì mattina, quando il bubbone di Quarto era ormai esploso, l’ha definito carico e concentrato, quasi allegro, come se sentisse che il suo momento, lungamente atteso, fosse lì, a portata di mano.
L’esercizio della leadership, questa vicenda lo dimostra, è cosa riservata alla Casaleggio Associati. Ma per la frontmanship, cioè per un posto da candidato premier del Movimento, la partita è aperta. E lui, “Dibba”, si sente in corsa.
Era partito nel 2013 con le scarpette leggere, senza l’incarico di peso riservato ai due compagni-rivali Di Maio e Fico, benedetti subito dalla vicepresidenza della Camera e dalla presidenza della Vigilanza Rai.
S’era fatto notare e apprezzare un po’ da tutto il parlamento col primo intervento in aula. Poi tante uscite avventate, tanta teatralità , tutto piegato alla maggior gloria di quella camminata un po’ figacciona e un po’ indaffarata: trafelata, ma con garbo.
Così, quando martedì se n’è presentata l’occasione, ha preso per mano Di Maio e Fico e come due pugili suonati li ha portati davanti al pubblico per difenderli, ma dalla faccia sembrava compatirli, e per rafforzare la posizione del Movimento, ma con l’espressione voleva quasi scusarsi.
L’idea del video a tre è venuta a lui. E quando, in chiusura della performance, Di Maio e Fico già respiravano l’aria fuori dall’incubo, eccola, la perfidia.
Lui, che Rosa Capuozzo l’ha incontrata una sola volta in tutta la sua vita. Lui, che da questa vicenda non è stato toccato nè interessato neanche di striscio.
Lui, Alessandro Di Battista, fresco come una rosa ritto tra due gladioli appassiti, ha lanciato l’appello: «Mi raccomando, non vi fermate, pubblicate tutte le intercettazioni, noi siamo perchè si pubblichino, tutte, sempre».
In cauda venenum.
Francesco Maesano
(da “La Stampa”)
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Gennaio 14th, 2016 Riccardo Fucile
FA DISCUTERE L’ELENCO DI POLITICI SGRADITI AI CINQUESTELLE PER I CONFRONTI IN TV
Tra Partito democratico e Movimento 5 Stelle è guerra aperta. Sul campo della legalità , con il Pd che giudica tardiva e contraddittoria la scomunica di Rosa Capuozzo, sindaco di Quarto. E con Beppe Grillo, che pubblica l’elenco di 84 tra consiglieri, assessori e sindaci pd indagati o arrestati nell’ultimo anno.
Ma anche il fronte mediatico è sempre più caldo.
Perchè se i 5 Stelle hanno deciso di tornare in massa in tv, dall’altra parte si denuncia la mancanza di contraddittorio. E, anzi, si denuncia la presenza di una vera black list, per evitare alcuni personaggi politici «sgraditi».
Ieri Beppe Grillo si è fatto un giro a Pitti Uomo a Firenze, con tanto di fuga rocambolesca per liberarsi dall’assedio dei giornalisti e autostop: ha chiesto e ottenuto un passaggio in auto da una sconosciuta.
Il leader dei 5 Stelle, che ha parlato di «ripresa economica sfolgorante, ma solo per la classe medio-alta», lascia cadere un commento lapidario sulla Capuozzo: «Il caso è chiuso». Decisamente no, visto che si aspettano ancora gli sviluppi giudiziari e le conseguenze politiche sono ancora sotto gli occhi di tutti. Grillo e i suoi provano a contrattaccare.
Ma c’è il caso «black list» che fa discutere.
Alcuni esponenti lamentano di essere stati esclusi dai talk show perchè invisi ai 5 Stelle. E in effetti ci sarebbero alcuni politici di fronte ai quali i grillini rifiutano di sedersi.
Tra loro Andrea Romano, Daniela Santanchè, Denis Verdini, Antonio Razzi, Domenico Scilipoti, Vincenzo D’Anna.
Michele Anzaldi, pd, giudica «gravissima» l’esistenza di una black list e invoca l’intervento dell’Ordine dei giornalisti.
In realtà , è abbastanza comune che nei talk show i partiti contrattino con la trasmissione per escludere interlocutori sgraditi. Anche se i 5 Stelle sono tra i più diffidenti ed esigenti.
Il consigliere Rai Franco Siddi spiega: «Non ho evidenza che esista una black list, ma se ci fosse sarebbe inaccettabile».
È guerra anche sui social, con i 5 Stelle che scagliano contro la deputata pd Pina Picierno l’hashtag #timandiamolapicierno. Tra i tanti: «Hanno arrestato il sindaco Pd di Brenta #timandiamolapicierno».
Ma c’è anche un effetto sondaggi, sulle vicende di questi giorni. Secondo i dati Euromedia di Alessandra Ghisleri per Ballarò, Luigi Di Maio perde il 3,7% di fiducia. Non solo: il 13,2% degli elettori M5S dice di essere indeciso sulla conferma del suo voto al Movimento.
Alessandro Trocino
(da “il Corriere della Sera”)
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Gennaio 14th, 2016 Riccardo Fucile
GRILLO PRONTO A CACCIARE I 15 ELETTI FEDELI ALLA CAPUOZZO…SENATORI M5S CONTRO IL “DIRETTORIO DI RAGAZZINI”
Quarto, Campania: per una settimana l’epicentro della politica italiana.
Loro, i quindici consiglieri comunali di maggioranza, resistono attorno al sindaco Rosa Capuozzo come le avevano giurato nella notte tra domenica e lunedì, un’ora dopo la richiesta del M5S di rassegnare le dimissioni.
Lei entra e esce dalla casa muncipale. Ingresso laterale, labbra serrate e in tasca una lista di assessori nuovi di zecca. Ieri era in procura, per aggiungere dettagli al quadro dei magistrati. Poi di nuovo barricata nel suo studio.
Altrove i vertici del M5S aspettano; dopo aver espulso lei sono pronti a cacciare dal Movimento anche la sua maggioranza per provare a chiudere col fantasma della cittadina campana.
Grillo non ne può più. Ieri si è sostituito ai suoi ragazzi provati dai riflettori con un’uscita al Pitti Immagine Uomo, area cappotti. «Il caso è chiuso», ha ripetuto, «scrivete un po’ quel che vi pare».
In paese invece il caso è ancora aperto.
Da quando le cronache cittadine sono finite nelle pagine dei giornali nei bar del centro si vola alto, inserendo Quarto tra gli equilibri del Senato e il gradimento dei leader. Ieri l’ultima svolta: contro l’ex M5S De Robbio e l’ex Pd Ferro è arrivata la richiesta di arresto dei Carabinieri per le collusioni tra politica e camorra.
E martedì 19 alle otto di sera Rosa Capuozzo sarà a Roma. Verrà ascoltata dalla commissione parlamentare antimafia.
«Purtroppo la vicenda vissuta qui a Quarto non è stata ben compresa dai vertici nazionali del nostro movimento» dice Giorgio Fontana, uno dei quindici pretoriani. «Vogliamo proseguire l’esperienza e ci prenderemo l’espulsione, se dovesse arrivare».
Il sindaco, dal suo bunker, scrive un messaggio per ribadire il ribadito: «In merito agli ultimi eventi relativi alla pubblicazione delle conversazioni via whatsapp che ho avuto col vice presidente della Camera tengo a precisare che le stesse rappresentano unicamente la condivisione coi vertici del M5S delle difficoltà politiche che stavamo affrontando».
Non certo un assist al leader Cinquestelle che l’ha messa alla porta, quanto un tentativo di uscire definitivamente dalla questione e provare a ripartire in autonomia nel suo comune.
A Roma, intanto, sono riprese le sedute di psicoanalisi collettiva dei tempi dell’ingresso alle Camere, tra accuse reciproche e malumori generalizzati.
Tutti contro il direttorio. Ma i più arrabbiati sono i senatori.
«Ragazzini», «gestione deludente», «comunicazione dilettantistica», sono i commenti più lusinghieri.
Mentre qualcuno, ai piani alti del Movimento, sintetizza: «Maledetto il giorno che ce la siamo presa, quella città ».
Francesco Maesano
(da “La Stampa”)
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