Maggio 27th, 2019 Riccardo Fucile
PENALIZZATE LEGA E FDI
C’è un mondo in cui la Lega si arresta appena al 18,1%, mentre il PD è il primo partito del paese con le preferenze del 31,4% dei votanti.
No, non parliamo di “feudi rossi”, nè facciamo fantapolitica: è solamente il dato più eclatante che salta all’occhio vedendo i dati di voto dei nostri connazionali residenti all’estero.
In un’ipotetica cartina europea infatti, le forze socialiste, occuperebbero quasi tutti i paesi europei, a eccezione di Bulgaria, Romania, Ungheria, Slovenia, Estonia e Lituania. Segno che la retorica di Matteo Salvini, che appare quasi infallibile in Italia, fatica a sfondare tra persone che vivono, studiano e lavorano in altre realtà .
Ma non solo, i nostri connazionali all’estero, in linea con il trend riscontrato in molti paesi UE, premiano le istanze ecologiste dei Verdi, che figurano addirittura come quarto partito dietro all’M5S, sfiorando addirittura il 10% (9,8%).
Un dato eclatante, se si conta che in Italia il partito ha ottenuto appena il 2.3% delle preferenze.
Buoni risultati anche per la lista +Europa che si attesta sull’8,4% (contro una media nazionale del 3.1%) e addirittura per la Sinistra.
Se in Italia, a sinistra del PD c’è ormai il vuoto, grazie ai voti dei nostri connazionali all’estero la lista di sinistra più radicale e anti-neoliberista otterrebbe il 4%, l’agognata soglia per superare lo sbarramento elettorale.
Fratelli d’Italia, il partito della Meloni invece, non raggiungerebbe il quorum, attestandosi su un misero 2.5%, molto lontano dal 6.5% della media nazionale.
Insomma, un’altra politica sembra ancora possibile. A patto che non si rimanga in Italia.
(da Globalist)
argomento: elezioni | Commenta »
Maggio 27th, 2019 Riccardo Fucile
PIEMONTE: VINCE CIRIO MA BUON RISULTATO DI CHIAMPARINO… VERSO LA CONFERMA NARDELLA, DECARO E GORI… IL M5S PERDE LIVORNO
Il Piemonte verso il centrodestra, Firenze, Bergamo e Bari che restano al centrosinistra.
Sono i verdetti del voto amministrativo secondo le proiezioni della Rai. Lo spoglio è iniziato alle 14 ed è ancora in fase iniziale. Ma vediamo come sono i trend in queste prime ore.
Per la regione Piemonte le proiezioni Rai confermano gli exit poll diffusi a chiusura delle urne, delineando una netta vittoria del centrodestra: Alberto Cirio dovrebbe attestarsi al 49,2%, con Sergio Chiamparino del centrosinistra staccato di circa 13 punti. Più indietro Giorgio Bertola, candidato M5s, con il 13,5%.
Chiamparino ha già ringraziato gli elettori in vista della sconfitta: “Naturalmente un commento sul voto regionale sarà possibile solo sulla base dello spoglio reale, ma è evidente che se gli exit poll venissero confermati, la vittoria di Alberto Cirio e del centrodestra sarebbe netta. In attesa dei risultati ufficiali, che consentiranno di fare valutazioni più approfondite, voglio ringraziare chi mi ha votato e tutti coloro che mi hanno sostenuto ed aiutato in questa campagna elettorale”.
A Firenze, lo spoglio in fase embrionale, dà un uscente Dario Nardella (Pd ed erede di Renzi a Palazzo Vecchio) ampiamente in testa, dato confermato anche dalla seconda proiezione Rai che dà Nardella vincente al primo turno: 52 per cento contro il 30 di Bocci.
Centrosinistra avanti – secondo le proiezioni – anche a Bergamo, dove Giorgio Gori è lanciato verso la riconferma al primo turno. Con il 57,9 per cento, secondo le proiezioni Rai. E a Bari il sindaco uscente di centrosinistra, Antonio Decaro, sarebbe secondo le proiezioni vicino al 69 per cento: quindi vittoria al primo turno.
A Livorno ad accedere al secondo turno dovrebbero essere il candidato di centrodestra Andrea Romiti e centrosinistra Luca Salvetti, mentre i 5Stelle – del sindaco uscente Nogarin – lottano per la terza posizione.
Anche Reggio Emilia è destinata al ballottaggio, con Luca Vecchi del Pd però in largo vantaggio (44 a 30%) sul candidato del centrodestra Roberto Salati. A Modena il candidato Pd Gian Carlo Muzzarelli potrebbe vincere senza ballottaggio. A Ferrara si prospetta un ribaltone con il candidato leghista Fabbri verso la vittoria.
A Perugia – capoluogo di una regione scossa dall’inchiesta sulle nomine nella sanità – si va verso la conferma al primo turno per il sindaco uscente Andrea Romizi,
A Campobasso, le proiezioni danno i candidati di M5s (Roberto Gravina) e centrodestra (Maria Domenica D’Alessandro) verso il ballottaggio.
A Lecce il Partito democratico con Carlo Maria Salvemini sarebbe nettamente avanti ma sotto il 50 per cento: al 48 per cento contro il 33 del centodestra.
Il centrodestra potrebbe anche conquistare la città di Potenza con Mario Guarente (47,5% sempre secondo le proiezioni), ma forse dovrà andare al ballotaggio con Valerio Tramutoli.
(da agenzie)
argomento: elezioni | Commenta »
Maggio 27th, 2019 Riccardo Fucile
ALLEANZA PPE-PSE-ALDE, MA C’E’ ANCHE L’INCOGNITA VERDI
Una cosa è certa, anzi confermata visto che si sapeva da prima del voto: Matteo Salvini, Marine Le Pen e la famiglia dei sovranisti sono fuori dai giochi delle alleanze nel Parlamento europeo per la legislatura 2019-2024.
Lo dice chiaramente Manfred Weber in conferenza stampa a Bruxelles. “Nessuna collaborazione con gli estremisti di sinistra o destra, voglio lavorare con chi crede nell’Europa”, scandisce lo Spitzenkandidaten del Ppe, formalmente il candidato alla presidenza della Commissione europea, carica che però passerà dalle trattative tra i leader. Weber invita “socialisti e liberali” a intavolare la discussione per la formazione di una maggioranza e per decidere le prossime cariche europee.
In un secondo momento cita come possibili interlocutori anche i Verdi, la novità di queste elezioni, secondo partito in Germania.
Ma sono proprio gli ecologisti il ‘pivot’ delle nuove intese: socialisti e liberali (l’Alde che accoglierà gli eletti de La Republique en marche di Macron e prenderà il nuovo nome di Renaissance) vogliono includerli nell’alleanza.
Il Ppe preferirebbe di no: ne teme i programmi, troppo lontani dalle scelte strategiche anche della stessa Cdu in Germania.
E’ questa la base dalla quale si comincerà a discutere da domani.
Da qui discenderanno gli accordi sulle nomine ai vertici dell’Unione Europea.
Weber parla di “stabilità ”. Una parola che fa arrabbiare Frans Timmermans. Subito dopo il collega del Ppe, lo Spitzenkandidaten socialista parla nell’emiciclo dell’Europarlamento, adibito a sala stampa in questa notte elettorale, con un palco in stile ‘Eurovision song contest’.
“Non sono d’accordo sulla parola ‘stabilità ‘ — dice — l’Europa invece ha bisogno di dinamismo. Dobbiamo lavorare con tutti i partiti progressisti per fare una coalizione e solo dopo aver stabilito i programmi possiamo iniziare il ‘game of thrones’ per i posti al vertice dell’Ue. Senza un programma non si va da nessuna parte”.
Dopo Timmermans, parla Marghrete Vestager. Commissaria alla Concorrenza, una degli Spitzenkandidaten dei liberali. Stasera per la prima volta Vestager lancia ufficialmente la sua corsa per la presidenza della Commissione Europea.
“Cercherò i voti in Parlamento”, dice prima di entrare nell’emiciclo, evidentemente scommettendo sulla possibilità che sia una donna a prendere il posto di Jean Claude Juncker, cosa possibile nel nuovo giro di nomine.
Vestager sfoggia l’asse con Timmermans: “Sono d’accordo con lui quando dice che le coalizioni si possono fare solo con chi vuole costruire qualcosa”. Ancora: “Ho lavorato per cinque anni a rompere i monopoli nell’Ue, il voto di oggi dice che il monopolio si è rotto”.
Effettivamente, il Ppe è ancora primo gruppo in Parlamento ma perde 36 seggi, passando da 216 eurodeputati a 180. I socialisti e democratici ne perdono 33, da 185 a 152. Per la prima volta, Ppe e socialisti non hanno più la maggioranza da soli.
Di contro, nonostante che Macron arrivi secondo in Francia dopo il Rassemblement National di Marine Le Pen, l’Alde — meglio, Renaissance — guadagna 36 seggi: da 69 a 105. Mentre i Verdi passano da 52 a 67 eurodeputati: 15 in più.
E allora, i socialisti — reduci dal crollo in Germania, i Verdi li scalzano al terzo posto — non vorrebbero accodarsi alla coalizione ‘old style’ sognata dal Ppe. Stessa cosa dicasi per l’Alde.
Non vogliono insomma finire nel quadretto della ‘vecchia Europa’ che va rinnovata, insistono. Anche perchè i sovranisti sono fuori dai giochi, ma in Francia, in Italia sono forti. L’euroscetticismo non si può dire sconfitto.
Nello stesso Ppe, vincono i partiti più nazionalisti ed euroscettici. Viktor Orban, il nazionalista del Ppe, stravince con oltre il 50 per cento. In Polonia, Fidesz di Jaroslaw Kaszynski, attuale alleato del Ppe (Ppe, Ecr e Alde hanno eletto Antonio Tajani all’Europarlamento nel 2017), batte la la coalizione europeista che si era formata proprio nel tentativo di metterlo ai margini, dai socialisti ai liberali di Donald Tusk, il presidente uscente del Consiglio europeo. Fidesz va oltre il 42 per cento, la coalizione europeista si ferma sotto il 40.
E che dire di Nigel Farage? Il padre della Brexit, colui che dal referendum di tre anni fa ha infettato l’Ue con il virus dell’euroscetticismo approfittando dello scontento seminato dalla crisi economica, balza a oltre il 30 per cento.
Significa che sulle macerie della Brexit, ancora progetto incompiuto che sta mietendo vittime su vittime tra i leader dei partiti tradizionali in Gran Bretagna (ultima Theresa May che ha annunciato le dimissioni per il 7 giugno), Farage porta all’Eurocamera una sostanziosa pattuglia di eletti: tutti con la bandiera del no all’Ue, eppure tutti stipendiati dall’Ue fino a quando Londra riuscirà a definire il suo addio al continente, sempre che ci riesca.
Il Ppe è il partito più straziato da questo voto. Primo partito, seppure in calo, ma con spinte diverse al suo interno. E dunque un peso politico minore o difficile da imporre.
Il voto di stasera sancisce che insieme all’Ecr e all’Alde il Ppe non ha più la maggioranza. Ecco perchè Weber si rivolge a socialisti e liberali. Con loro, la maggioranza ci sarebbe: 437 sul totale di 751. Con i Verdi arriverebbe addirittura a 504. Ma riusciranno a coinvolgerli?
Loro intanto puntato i piedi, dicono che non appoggeranno candidati alla Commissione europea che siano stati in corsa alle elezioni. Dunque no a nomi terzi scelti dai leader, che cominceranno a parlarne martedì sera al vertice informale a Bruxelles.
E soprattutto: “priorità alle politiche per il clima”. Difficile da accettare per la stessa Angela Merkel, che all’ultimo consiglio europeo ha bloccato la decarbonizzazione al 2050, insieme alla Polonia, altro paese europeo con una forte industria del carbone.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Europa | Commenta »
Maggio 27th, 2019 Riccardo Fucile
“IL CAPO POLITICO NON PUO’ ESSERE ANCHE NELL’ESECUTIVO”
Alla domanda se il posto di Di Maio come capo politico del M5S sia in bilico, Paola Nugnes, senatrice grillina ‘ribelle’, risponde: “In ogni partito, in ogni azienda, a seguito di un risultato di questo tipo sarebbe necessaria una revisione della struttura dirigenziale” e quindi anche “della leadership di Luigi Di Maio. Il capo politico non può essere anche nell’esecutivo: questo inficia la divisione dei poteri che è alla base della democrazia”.
“È stata – ha aggiunto – la forzatura di un verticismo esasperato. Se uno si prende la responsabilità delle scelte poi si prende la responsabilità delle conseguenze”.
“A mio parere – prosegue Nugnes – dovrebbe essere fatta una ristrutturazione più profonda, rimettendo mano allo statuto del 2017, che ha abiurato allo statuto 2009 e ha cambiato la natura del Movimento. E va rivisto anche il regolamento dei gruppi. Se questa riflessione non sarà fatta il futuro del M5S sarà diverso da quello che avevamo immaginato, e sarà un futuro lontano da me”.
E su una eventuale candidatura del presidente della Camera Roberto Fico alla guida del M5S, la parlamentare campana ha le idee chiare: “Me lo auspico”.
Slitta a mercoledì intanto l’assemblea dei parlamentari M5s che Luigi Di Maio aveva dato mandato ai capigruppo di Camera e Senato di convocare ad horas, per questa sera alle 20.
Chi, fra gli eletti, si trova ancora sui territori al termine della campagna parlamentare per le europee si sarebbe infatti lamentato. Nessuna recriminazione verso Luigi Di Maio, viene subito spiegato, ma questa richiesta indica un messaggio chiaro: i parlamentari, tutti, vogliono potere essere messi nelle condizioni di partecipare all’analisi del momento, dopo il risultato del voto, alle decisioni e alla strategia futura del Movimento.
Nessuna volontà di rompere M5S o di cambiare struttura e nemmeno di incrinare il fronte del Governo, ma la domanda di maggior coinvolgimento d’ora in poi.
(da agenzie)
argomento: governo | Commenta »
Maggio 27th, 2019 Riccardo Fucile
DEI SETTE ALLEATI ANNUNCIATI, SOLO IL PARTITO CROATO RIESCE AD OTTENERE UN SEGGIO
L’Armata Brancaleone approntata dal MoVimento 5 Stelle per andare alle elezioni europee fallisce completamente l’approdo: dei sette alleati, oltre al M5S, soltanto il croato Zivi Zid (Barriera Umana) di Ivan Vilibor riesce a tenersi stretto un seggio. Gli altri vengono tutti respinti con perdite.
Ad esempio il partito polacco Kukiz’15 di Pawel Kukiz non avrà nemmeno un seggio: sfuma così il sogno del Giuliano Ferrara di Varsavia, che dopo una carriera da punk aveva fatto un partito contro l’aborto, di contare qualcosa in Europa.
La stessa sorte (strano) anche per gli estoni di Elurikkuse Erakond, così come i greci di Akkel (Partito dell’agricoltura e allevamento) di Evangelos Tsiobanidis e il finlandese Liike Nyt (Movimento adesso) di Karolina Kahonen.
In più. rimane in dubbio l’alleanza con Nigel Farage del Brexit Party che nel Regno Unito ha fatto il 31.71% e che dovrebbe avere, secondo i dati del Parlamento europeo, 29 seggi nel gruppo dell’Europa della libertà e della democrazia diretta(Efdd), dove attualmente siedono i membri del M5S.
I grillini potrebbero però guardare ora ai movimenti che ancora non hanno trovato una collocazione nell’emiciclo. Tra questi il partito satirico tedesco Die Partei, che dovrebbe ottenere due seggi nel Parlamento europeo.
Formalmente il M5S è ancora Europa della Libertà e della Democrazia Diretta (Efdd), che stando alle proiezioni del Parlamento europeo raccoglierebbe 53 seggi, ma i cinquestelle hanno già dichiarato la volontà di formare un nuovo gruppo politico e rischiano perciò di rimanere senza una famiglia politica.
(da agenzie)
argomento: elezioni | Commenta »
Maggio 27th, 2019 Riccardo Fucile
DI MAIO DUE ORE IN CONCLAVE POI IL CLAMOROSO FUGGI FUGGI A BOCCHE CUCITE
Sono le due di notte. Un telefono squilla nella galleria dei presidenti, primo piano della Camera. Un commesso risponde: “Ah, sì, sì… ok”. Attacca, alza lo sguardo e si rivolge ai tre o quattro cronisti che gli stanno davanti: “Su non c’è rimasto più nessuno”.
Il tracollo elettorale del Movimento 5 stelle si conclude come peggio non potrebbe: con una comunicazione senza volto e senza firma e con una fuga alla chetichella nella piovosa notte romana.
Luigi Di Maio era arrivato agli uffici del gruppo a Montecitorio un paio d’ore prima. Si chiude in conclave con un paio di ministri (Elisabetta Trenta e Alfondo Bonafede) i capigruppo, Stefano Buffagni, Manlio Di Stefano, Laura Castelli. Il clima è così rilassato che i cronisti sono tenuti prudentemente a due piani di distanza.
Si accalcano nella sala della Lupa, affaccio sul cortile interno. In breve diventa rovente per la quantità di riflettori e il calore di un centinaio di persone che vi stazionano. Invano. Una telefonata anonima conclude un’attesa nervosa e inutile. I 5 stelle spariscono.
Dalle urne, con il risultato di un anno fa dimezzato, peggio ancora del 21,1% delle scorse europee che costrinse Beppe Grillo al maalox. Dalla comunicazione: appena Matteo Salvini capisce che gli alleati sbandano, tentennano, intasa con la sua presenza tutte le trasmissioni, occupa tutti gli spazi, sciorina l’agenda dei prossimi giorni di governo. E fisicamente, dalla sala stampa allestita alla Camera. La comunicazione scende dopo i primi exit poll. Spiega che ha pesato l’astensione al sud, che si parlerà quando le proiezioni avranno raggiunto un campione superiore al 50%, che il reddito non ha funzionato come sperato. Che la soglia critica sarebbe stata quella del 20%.
Dopodichè i 5 stelle scompaiono. Letteralmente.
Nessuna comunicazione, ore di buio assoluto e di incertezza totale, in attesa almeno di una seconda fila che metta la faccia e due parole per spiegare, motivare quanto successo.
Sono le telecamere di Piazza Pulita a immortalare la fuga. Bugani e Bonafede che accelerano il passo nella notte tra le stradine attorno a Montecitorio, trincerandosi in un no comment prima di chiudere la telecamera dietro un portone.
Si sgretola come argilla la speranza che l’attacco a sinistra e una ritrovata aggressività nelle ultime settimane avesse ridato fiato alle trombe elettorali pentastellate. L’ennesimo tracollo della gestione Di Maio, dopo le avvisaglie in serie nelle elezioni regionali.
Il capo politico lascia filtrare all’Adnkronos alcune riflessioni buone per tutte le stagioni: “Ora testa bassa e lavorare, ma restiamo pur sempre l’ago della bilancia”. Con i suoi avrebbe anche commentato la pesante penalizzazione derivante dall’astensionismo nel Sud, la necessità di strutturarsi sul territorio.
Spedisce un messaggio di congratulazioni a Matteo Salvini, ma non ci parla. Anche per questo ordina il silenzio radio. “Vuole prima capire che ha intenzione di fare la Lega”, spiega a denti stretti uno dei suoi, ribadendo che i 5 stelle a staccare la spina all’esperienza gialloverde non ci pensano nemmeno, “perchè ci sono tante cose da fare ancora, c’è un contratto da rispettare”.
L’alleato ha concesso l’onore delle armi, ma la paura di venire schiacciati da quello che politicamente si presenta come il nuovo capo del governo preoccupa, e non poco. Di Maio come Conte, che teme di rimanere schiacciato nella morsa di un cambio di equilibri di difficilissima gestione. Senza contare gli scricchiolii che la leadership del ragazzo di Pomigliano d’arco inizia a scricchiolare, dopo la serie di capitomboli inanellati nell’ultimo anno.
Come se non bastasse, il bottino elettorale dei cinque compagni di strada trovati per formare un gruppo a Bruxelles, salvo sorprese, ammonterebbe a un solo eletto, in Croazia. Non un solo partito, proprio un solo seggio.
Che ci sarebbe quasi da ridere se non si fosse sulla soglia del dramma. Rialzarsi, dopo oggi, non sarà facile. La fase due dei 5 stelle al governo, annunciata in pompa magna, inizia così. Con un tonfo la cui eco stenterà a affievolirsi. Con una telefonata anonima che annuncia che non c’è più nessuno. E con una fuga clamorosa nella notte.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: elezioni | Commenta »
Maggio 27th, 2019 Riccardo Fucile
RIMBALZO E SORPASSO, ZINGARETTI PUNTA A COSTRUIRE UNA ALTERNATIVA
“Rimbalzo” e “sorpasso” sono le due parole che circolano maggiormente nel quartier generale del Pd, nelle prime ore della lunga nottata post elettorale.
La prima dà il segno del nuovo segretario a questo risultato: la percentuale esatta si capirà solo a notte fonda e sarà valutata più nel dettaglio domani, ma è un dato di fatto che il Partito democratico con Nicola Zingaretti torna a salire, dopo una lunga fase discendente durata cinque anni, da quel leggendario 40,8% delle europee del 2014 al 18,7 dello scorso anno e le cifre ancora più basse dei sondaggi successivi. “Finisce l’inverno dello scontento”, twitta con efficacia Paolo Gentiloni.
Il calcolo che viene fatto, però, non è tanto in termini assoluti per il risultato della lista aperta, scelta che comunque “si è rivelata vincente”, come sottolinea Zingaretti nella sua prima dichiarazione post voto, dicendosi per questo “molto soddisfatto”.
Quello che interessa di più i dem è il confronto con gli avversari.
“Il bipolarismo è tornato a essere centrato sulla forza elettorale e la presenza del Pd”, scandisce il segretario. Se fino a qualche mese fa i commentatori scommettevano su un dualismo praticamente esclusivo tra Lega e M5S e davano il Pd praticamente per morto, oggi il quadro è totalmente diverso.
L’ampio divario delle politiche (14 punti), allargatosi ancora di più nei mesi successivi, è stato definitivamente colmato. Basterebbe quest’ultimo dato a regalare un sorriso ai dem.
E al Nazareno guardano con attenzione anche all’andamento di +Europa e Verdi, possibili alleati in una coalizione di centrosinistra rinnovata: la somma non raggiunge ancora il 30%, nè tanto meno il risultato della Lega, ma comincia ad avvicinarsi.
Tanto che Roberto Morassut si spinge a dire che “il Pd è pronto ad affrontare un voto anticipato”. Ed Ettore Rosato butta la palla in avanti: “Ora abbiamo un altro obiettivo, quello di recuperare il gap con la Lega, un gap costruito sulle menzogne e sulla capacità di Salvini di promettere di tutto a fronte di una incapacità di governare”.
Il leader della Lega diventa l’avversario principale, se non l’unico a cui guardare. “Il voto ci consegna la sfida di costruire l’alternativa a Matteo Salvini — spiega Zingaretti — che esce come il vero leader di un Governo immobile e pericoloso”.
E ancora: “È la destra estremista la leader indiscussa dell’esecutivo”.
È un modo per mettere ulteriore zizzania tra i due alleati, anche se il segretario dem non parla più — almeno nell’immediato post voto — di una crisi imminente con relative elezioni anticipate. Anzi, a proposito del voto per le politiche pronuncia un più scettico “quando sarà ”.
Ma la caduta di un Governo che “esce ancora più fragile e con divisioni interne” non sembra rientrare al momento nello spettro ottico del Nazareno. Che però sembra rivolgersi ai residui elettori grillini: quanto ancora volete restare imbrigliati in questa situazione?
Zingaretti allarga quindi lo sguardo al resto del Continente, per dire che “l’aggressione sovranista alle istituzioni europee è fallita. Nel Parlamento europeo c’è un’ampia e solida maggioranza che ha voglia di cambiare l’Europa, ma difendendo il sogno europeo”.
E allora, se Salvini e i suoi alleati saranno “marginali” nei prossimi equilibri a Bruxelles, il Pd costituirà invece “la prima o la seconda delegazione all’interno del gruppo dei Socialisti e Democratici — annuncia Zingaretti — e da quella posizione faremo di tutto per garantire il ruolo che spetta a un Paese come il nostro”.
Certo, i problemi rimangono. “Una marea di problemi”, sorridono al quartier generale dem. Perchè se il Pd è il primo partito in buona parte delle grandi città , il Sud rimane una terra profondamente ostile e le previsioni sulle regionali in Piemonte, dove lo spoglio inizierà solo domani, sembrano deludere le speranze di una rimonta di Chiamparino.
Quello che contava però stasera era dare l’impulso a una comunicazione per una volta positiva sul risultato dem.
I fatti gli hanno dato ragione e per stasera al Nazareno va bene così. Domani ci sarà modo di approfondire l’analisi, anche osservando i dati delle elezioni comunali, dove i dem si giocano battaglie importanti.
(da “Huffingotpost”)
argomento: Partito Democratico | Commenta »
Maggio 27th, 2019 Riccardo Fucile
IN EUROPA LA SUA PERCENTUALE NON SERVIRA’ A UNA MAZZA
Matteo Salvini vince le elezioni europee in Italia, ma in Europa il suo gruppo parlamentare non ha i numeri per diventare l’ago della bilancia ed entrare a far parte della maggioranza.
E così il rischio è quel 34% preso in Italia non serva a nulla una volta varcate le soglie dell’Europarlamento. Perchè come diceva qualche giorno fa Salvini da Lilli Gruber, all’opposizione non si riesce a fare molto.
Salvini vuole cambiare tutto in Europa, ma non ha i numeri per farlo
«La Lega è il primo partito in Europa, Marine Le Pen è il primo partito in Francia, Nigel Farage è il primo partito in Regno Unito. È il segno di un’Europa che cambia, si è stufata dell’Europa serva dei poteri forti, delle èlite, della finanza, delle multinazionali e quindi da domani il nostro lavoro raddoppia».
Così il leader della Lega durante la conferenza stampa di ieri notte continuava a raccontare la favoletta che con la vittoria del suo partito ora il nostro Paese sarebbe andato a chiedere alla Commissione Europea di allentare i vincoli sul patto di stabilità , di poter fare più deficit, di poter sforare il tetto del 3% e tante altre belle cose.
La realtà delle cose però è diversa. Non solo perchè la Commissione Juncker rimarrà in carica fino a novembre ma anche perchè al di là del successo di Salvini, Le Pen e Farage (ma i britannici dovranno lasciare l’Europarlamento con la Brexit) i dati sono diversi.
Il gruppo parlamentare della Lega a Bruxelles, l’ENF non è la seconda o la terza forza dell’Europarlamento: è la quinta formazione politica.
Questo significa che i sovranisti non avranno alcuna possibilità di formare una maggioranza alternativa nè di andare in maggioranza
Dopo due mandati a Bruxelles Salvini non ha ancora capito come funziona l’Unione Europea
Anche durante la conferenza stampa di oggi Salvini ha detto che la nuova Commissione europea e il nuovo parlamento europeo “saranno amici dell’Italia” perchè “è cambiata la geografia in Europa”.
Il punto però è che gli alleati e i futuri alleati della Lega non hanno i numeri governare. Secondo Salvini il gruppo parlamentare degli euroscettici dovrebbe avere tra i 100 e i 150 parlamentari, a fronte di 751 seggi disponibili. In che modo possano “avanzare una proposta di governo” non è chiaro.
E non è nemmeno chiaro come l’esito del voto possa consentire una revisione (in tempi brevi) dei parametri europei.
Anche perchè altri sovranisti europei, alleati e colleghi di Salvini non hanno alcuna intenzione di allentare i vincoli fiscali europei.
Salvini dice che grazie al voto ha un “mandato forte per andare a ricontrattare con la Commissione le politiche sul lavoro, l’agricoltura e l’immigrazione”.
Ma intanto una letterina da Bruxelles arriverà , e lo dice proprio il vicepremier: «è in arrivo una lettera della commissione Europea sull’economia del nostro Paese e penso che gli italiani diano mandato a me e al governo di ridiscutere in maniera pacata parametri vecchi e superati».
Il punto è che la vittoria di ieri, quel 34,4%, può essere speso unicamente a livello nazionale. Nel senso che con la vittoria alle europee Salvini può al massimo cambiare i rapporti di forza all’interno dell’alleanza di governo imponendo una linea diversa, forzando i termini del famoso contratto.
Ma quando oggi il ministro dell’Interno dice “bisogna rivedere le politiche per permettere la crescita” non dice come e con quali numeri lo vorrebbe fare.
Perchè l’Unione Europea è ancora un’istituzione democratica dove si decide a maggioranza. Il “mandato chiaro” di cui parla oggi Salvini è quello che è stato già dato al governo quando ha ottenuto la fiducia in Parlamento un anno fa. E per la verità come non c’era stato un mandato “chiaro” il 4 marzo 2018 anche oggi l’elettore non ha dato un segnale “chiaro” altrimenti Salvini (e il suo gruppo a Bruxelles) avrebbero la maggioranza.
Salvini dovrebbe spiegarci però cosa farà da oggi su certi argomenti che stanno davvero a cuore agli italiani.
Che farà per le clausole di salvaguardia dell’Iva?
Dove troverà i 23 miliardi di euro per evitare un aumento dell’Iva al 25,2%?
Dove troveranno i soldi per la Flat Tax?
Questo non ce lo può dire la Commissione, ce lo deve il governo.
(da “NextQuotidiano“)
argomento: elezioni | Commenta »
Maggio 27th, 2019 Riccardo Fucile
COME I GRILLINI HANNO PRESO LA TRANVATA DEL M5S ALLE EUROPEE
Un anno di governo per una batosta del genere. Non se lo aspettavano gli elettori del MoVimento 5 Stelle di vedere il loro partito addirittura sotto al PD. Eppure è successo.
Il M5S è il terzo partito dopo Lega e Partito Democratico e le cose non si mettono bene per Luigi Di Maio. C’è chi se la prende con il Capo Politico per alcune scelte “prese in solitudine” (a partire da quella delle capilista) altri invece puntano il dito contro la “svolta a sinistra” impressa al partito nelle ultime settimane.
Qualche coraggiosone invece dà la colpa all’astensione e cerca di vedere il bicchiere mezzo pieno: il M5S come “ago della bilancia”.
Non certo in Europa però, dove gli alleati europei con cui Di Maio voleva fare il suo fantasmagorico eurogruppo non brillano.
Per dire: quei simpatici polacchi di Kukiz ’15 si fermano al 3,8%. In Italia c’è ben poco di cui essere soddisfatti per il partito che ha la maggioranza relativa in Parlamento (e nel governo).
Diciasette punti sotto la Lega di Salvini, tre o quattro punti sotto il risultato delle Europee del 2014 e soprattutto quindici punti sotto le politiche di un anno fa: un disastro totale.
Il primo ad uscire dal bunker oggi è Beppe Grillo che in un tweet scrive «oggi Radio Maria e Canti Gregoriani». Cinque anni fa Beppe parlava di Maalox.
«Se è così è un vero disastro. Non so quanto si possa reggere con il Pd sopra, la Lega che vola, la Le Pen primo partito in Francia» aveva detto ieri sera il senatore grillino Gianluigi Paragone.
Ma la voglia di fare un processo a Di Maio è tanta. Sul Fatto Quotidiano Luca De Carolis racconta che Alessandro Di Battista avrebbe “una voglia matta” di rientrare in partita.
E anche il Presidente della Camera Roberto Fico potrebbe farsi sotto per prendere il posto del Capo Politico e vicepremier.
Oggi Di Maio si butterà a testa bassa nel lavoro, c’è da affrontare un dramma ben più grave: quei 1800 lavoratori di Mercatone Uno che si sono trovati disoccupati dalla sera alla mattina mentre il ministro era impegnato a fare il giro delle sette chiese televisive per le europee.
Ma mentre i vertici del MoVimento sono in subbuglio la base ha le idee piuttosto chiare. E quasi nessuno dà la colpa a Di Maio.
Mario Improta, in arte Marione, se la prende in una vignetta con l’intero partito, colpevole di aver abbandonato i valori fondanti a favore di un approccio “democristiano” alla politica.
Ma altrove la pensano diversamente. La colpa non è dei portavoce eletti o di Di Maio ma dell’elettorato. Non è certo la prima volta che accade, lo avevamo visto dopo la sconfitta in Abruzzo e quella a Taranto dove i grillini aveva scatenato il proprio odio sui cittadini che avevano “votato male” augurando letteralmente la morte a quelli che avevano fatto vincere gli altri.
Le Europee non fanno eccezione. E non è tanto il successo ampiamente annunciato della Lega e di Salvini, che doppia il M5S, quanto il fatto di trovarsi dietro all’odiato PD e tallonati da una rediviva Forza Italia.
Sembra quasi che ai pentastellati svegliarsi oggi come secondo partito sarebbe andato quasi bene, a patto che il primo non fosse il PD. Ed è tutta qui la spiegazione della sconfitta. Il M5S e il suo elettorato hanno pacificamente accettato, in nome del governismo, di assumere un ruolo di subalterni nei confronti della Lega e di Matteo Salvini.
Trovarsi sotto al PD invece significa essere stati sconfitti dalla Casta. E questo è inaccettabile.
Perchè con Lega e M5S al primo e secondo posto ancora si poteva raccontare la storiella della “vittoria del governo Conte”. Ma così è proprio impossibile. Ed è dura, durissima, da mandare giù.
Come al solito i grillini se la prendono con gli elettori ingrati che non hanno capito la portata del cambiamento. E allora basta con il Reddito di Cittadinanza, che non se lo meritano quei — pochi — italiani che lo hanno ottenuto. Basta tagliarsi lo stipendio.
Gli italiani« si meritano la legge Fornero, gli ospedali chiusi, nessun RDC, nessun contratto a tempo indeterminato, nessuna Quota 100, nessun decreto spazzacorrotti». Insomma «vi meritate il peggio perchè il meglio non lo avete capito». E modestamente il meglio sono le 5 Stelle.
Ed è incredibile come lo stesso Paese che un anno fa aveva mandato a casa la Casta, i corrotti, i ladri e i farabutti dopo il voto di domenica si conferma che “la maggior parte del Popolo è ancora legato alla Mafia e alla Corruzione”.
Servono camion e camion di Maalox per mandare giù la vista del PD poco sopra al M5S. Tempo qualche ora e sicuramente qualche sveglione dirà che il PD ha perso molto di più del M5S.
Lo sconforto è tanto. C’è chi propone di far cadere il governo e tornare all’opposizione “in attesa che gli italiani imparino a votare”. Il che scritto da elettori del partito il cui leader si raccomandava di ciucciare bene le matite prima del voto fa sorridere.
A deludere maggiormente sono gli elettori del Sud, dove anche se il M5S tiene (29,16%) non brilla perchè è tallonato a breve distanza proprio dalla Lega che si ferma al 23,45%, un successo clamoroso per il partito di quello che insultava i terroni.
Gli elettori del M5S però non si sono accorti delle numerose batoste alle regionali: in Abruzzo, in Sardegna o in Basilicata.
Il motivo? I vertici hanno sempre minimizzato la portata di quelle sconfitte dicendo che il partito a quelle elezioni non aveva mai brillato (un po’ come alle elezioni comunali). Il paradosso del M5S era e rimane (nonostante le promesse di rinnovamento di Di Maio) quello di un partito nazionale che non esiste a livello locale.
E da ieri nemmeno a livello europeo visto che è rimasto senza gruppo, torneranno con Farage?
«Fare del bene non porta a niente» è il refrain del lamento del pentastellato disgustato da questa gentaglia. Dove la gentaglia sono i concittadini.
E c’è chi in preda allo sconforto scrive che ieri è morto il sogno che l’Italia potesse diventare un Paese normale (forse non cogliendo la citazione dalemiana).
Coraggio grillini domani è un altro giorno.
(da “NextQuotidiano”)
argomento: elezioni | Commenta »