Gennaio 22nd, 2020 Riccardo Fucile
LA CITOFONATA DEL SEQUESTRATORE DI PERSONE FA SCOPPIARE L’INCIDENTE DIPLOMATICO… E’ UNA INDECENZA CHE AGENTI DI POLIZIA DEBBANO SCORTARE UN INDAGATO PROVOCATORE NEI SUOI TOUR DI ISTIGAZIONE ALL’ODIO
Il deputato Sami Ben Abdelaali parla a nome dell’Assemblea di Tunisi: “Siamo sbalorditi, i
rapporti internazionali fra Italia e Tunisia per fortuna vanno bel al di sopra degli incitamenti discriminatori del leader leghista”
“Siamo sbalorditi, la Tunisia non merita un trattamento del genere”. A nome del Parlamento tunisino, il deputato Sami Ben Abdelaali chiede a Matteo Salvini scuse ufficiali nei confronti della famiglia tunisina coinvolta nel “blitz” al quartiere Pilastro di Bologna.
Ieri, l’ex ministro dell’Interno in campagna elettorale in Emilia Romagna, ha inscenato un tour nella periferia bolognese citofonando – mentre veniva ripreso dalla telecamere e circondato dalle forze dell’ordine – a una famiglia tunisina di via Deledda su indicazione di alcuni residenti e chiedendo: “A casa sua si spaccia?”.
Dopo le contestazioni dei giovani del quartiere, del Pd e dello stesso sindaco di Bologna Merola, contro il leader leghista si è sollevata un’ondata di indignazione anche fra i deputati del Parlamento tunisino.
“In Tunisia quest’azione vergognosa di Salvini ha scatenato una grande protesta – spiega Sami Ben Abdelaali – unita a manifestazioni di solidarietà nei confronti della famiglia tunisina e del minore citati per nome dall’ex (per fortuna) ministro dell’Interno”.
“Siamo sbalorditi per l’attacco diffamatorio nei confronti di una famiglia di lavoratori, oltretutto sferrato da una persona che in Italia ha ricoperto incarichi di governo. Anche se un parente di questa famiglia ha avuto precedenti penali, questo non giustifica una tale campagna di odio. Chi sbaglia deve pagare, ma non possiamo tollerare il discredito sull’intera comunità tunisina che è sana e lavoratrice”, aggiunge Abdelaali, ex presidente di un istituto bancario siciliano, residente a Palermo e sposato con una siciliana, eletto al Parlamento tunisino nelle liste dei tunisini all’estero.
“Trattare così nostri immigrati è una vergogna – conclude – difendo la dignità e diritti dei nostri cittadini. Se ci fosse stato un problema si poteva segnalare alle autorità competenti, senza alcun bisogno di messinscene a favore di telecamere. Salvini capisca che queste azioni per ottenere qualche voto in più non sono più di moda, i rapporti internazionali fra Italia e Tunisia vanno bel al di sopra dei suoi incitamenti discriminatori”.
(da agenzie)
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Gennaio 22nd, 2020 Riccardo Fucile
IN EFFETTI E’ RIUSCITO NELL’IMPRESA DI PORTARE SALVINI AL GOVERNO E RIDURRE I VOTI DI UN TERZO: NON ERA FACILE… QUATTRO GIORNI PRIMA DELLE REGIONALI PER TIRARSI FUORI DALLA DEBACLE ANNUNCIATA
«Il mio compito di capo politico finisce qui». Oggi pomeriggio, alle 17, al Tempio di Adriano Luigi Di Maio annuncia le sue dimissioni dalla guida del M5S.
Uno strappo totale. Molto di più del classico «passo di lato», come ormai si usa dire.
Il ministro degli Esteri lascerà anche il ruolo di responsabile della delegazione grillina al governo. Al suo posto è molto probabile la promozione di Stefano Patuanelli, titolare dello Sviluppo Economico e in ottimi rapporti con il premier Giuseppe Conte. In alternativa si fa il nome di Alfonso Bonafede.
L’annuncio è atteso a margine della presentazione dei facilitatori regionali pentastellati, l’ultimo tassello della riforma del Movimento, votata lunedì su Rousseau.
Finisce così – almeno per ora – l’èra del leader Di Maio, iniziata il 30 settembre del 2017, a Italia 5 Stelle a Rimini. Un successo bulgaro – 30mila voti su 37mila – che segnò il passaggio dello scettro da Beppe Grillo a l’enfant prodige di Pomigliano. «Auguri: ora sono cavoli tuoi», fu la battuta del fondatore.
Che ora rimarrà garante di un Movimento senza guida. Da statuto, il reggente del principale partito della maggioranza diventa Vito Crimi, attualmente sottosegretario all’Interno. «Vito lavorava in una cancelleria di un tribunale, dunque sarà un ottimo burocrate», provavano a sdrammatizzare ieri i vertici di un M5S che ora si trova senza capo. Di Maio è «stanco delle pugnalate» dei ribelli, ma anche dell’atteggiamento dei «colonnelli» che stanno portando i pentastellati nell’alveo del centrosinistra.
Quel «perimetro riformista» che l’ex vicepremier ai tempi del governo gialloverde con Matteo Salvini proprio non riesce a digerire.
Di Maio ieri ha passato la giornata alla Farnesina con i collaboratori più stretti per limare, parola per parola, il suo messaggio «d’addio».
E soprattutto ha lanciato un messaggio in Emilia Romagna: ha disdetto qualsiasi appuntamento elettorale previsto nel fine settimana in vista delle regionali. Dietro la mossa d’anticipo dell’ormai ex capo politico c’è la volontà di «non prendere altri schiaffi» domenica notte, quando le urne dei due appuntamenti regionali relegheranno il Movimento a percentuali intorno al 5%. «Io mi schierai per non presentarci, la rete decise altro, ma io non farò da parafulmine».
Prima dell’annuncio ufficiale nel pomeriggio, Di Maio ha convocato per le 10 i ministri e i sottosegretari M5S a Palazzo Chigi. Si consuma così una storia già scritta e nell’aria da tempo. L’implosione del Movimento si innesta con la fuga dei parlamentari.
(da “il Messaggero”)
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