Luglio 13th, 2020 Riccardo Fucile
IL SOGNO INFRANTO DI HASIB: VIVE IN ITALIA DA QUANDO AVEVA SEI ANNI MA NON HA LA CITTADINANZA ITALIANA PERCHE’ I DECRETI SICUREZZA HANNO RADDOPPIATO I TEMPI DI ATTESA FINO A 22 ANNI
Il suo sogno è diventare ufficiale di navigazione. Solcare i mari, come faceva lo zio Anisur. Nostromo in Bangladesh, di ritorno dalle spedizioni lo portava a bordo della nave, accompagnandolo in un viaggio fantastico ma raggiungibile.
Per questo Hasib Hossain, nato nella città portuale di Chittagong, ha studiato. A 6 anni, con la mamma e la sorella, ha raggiunto il papà a Mirano. A 15 si è iscritto al Venier e ha studiato, ha studiato tantissimo, regalandosi un bellissimo 100 alla maturità .
«Sono così felice. I prof mi hanno augurato il meglio per il futuro» dice Hasib, pieno di orgoglio.
Ma questa non è una storia a lieto fine. Perchè Hasib, eccellenza italiana della scuola italiana, non potrà coronare il suo sogno.
Hasib, nato con il mare a riempirgli gli occhi tutti i giorni, diplomato con il massimo dei voti in una scuola che forma gli ufficiali di navigazione di domani, non potrà navigare.
«Perchè, seppur abbia trascorso a Mirano 14 anni su 20, non ho ancora la cittadinanza italiana. Ma io sono cresciuto qui, ho frequentato le scuole qui, i miei amici vivono qui» spiega, rassegnato di fronte a un’ingiustizia più grande di lui.
«Due anni fa ho inviato all’allora ministro dell’interno Minniti una lettera firmata dal mio dirigente e dai miei prof, per fargli presente la situazione. Avevo bisogno della cittadinanza per lavorare e pagare le tasse allo Stato italiano».
Una raccomandata rimasta lettera morta.
A dividere Hasib dal suo sogno è la burocrazia. «I miei hanno dovuto attendere 10 anni per chiedere la cittadinanza per loro e per me, per poi aspettare altri due anni. Ma nel frattempo ero diventato maggiorenne e la domanda è decaduta. Intanto al governo è arrivato Salvini, che ha raddoppiato l’attesa dopo i 10 anni. Sarò italiano solo a 22 anni». Solo allora Hasib potrà iniziare il percorso verso il suo sogno. Aspetterò i 22 anni facendo lavori di ufficio in un’agenzia marittima» chiude.
(da “NuovaVenezia”)
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Luglio 13th, 2020 Riccardo Fucile
DA “LE AUTOSTRADE VANNO TUTTE NAZIONALIZZATE, COME AVVIENE IN EUROPA” A “SONO PER LA GESTIONE PRIVATA DELLE AUTOSTRADE”
Sì alla revoca, ma no a una gestione pubblica delle autostrade. Lo ha detto questa mattina Giorgia Meloni in visita al nuovo Ponte di Genova in compagnia del governatore della Regione Liguria, Giovanni Toti.
La leader di Fratelli d’Italia ha sottolineato come il suo partito sia favorevole alla rimozione delle concessioni date — negli anni — alla società Autostrade, guidate da Atlantia (la holding della famiglia Benetton), ma si è detta contraria a un intervento dello Stato nella gestione dei vari tratti autostradali che rimarrebbero scoperti. Per questo chiede nuovi bandi, più stingenti.
«Io sono a favore della revoca e sono per rimettere a gara la gestione dell’infrastruttura a condizioni diverse, con vincoli stringenti per contraenti e concessionari — ha detto Giorgia Meloni na margine della sua visita al nuovo ponte di Genova -. Non sono per la nazionalizzazione, sono per la gestione privata, ma con condizioni che convengano al pubblico. Che ci guadagnino solo i privati con utili miliardari senza dover fare niente non è giusto».
Ma andiamo ad ascoltare cosa diceva la stessa Giorgia Meloni il 15 agosto del 2018, all’indomani della tragedia del Ponte Morandi.
Dopo quasi due anni, dunque, la posizione dei Giorgia Meloni sembra essere diametralmente opposta. Non tanto per la revoca della concessioni ad Autostrade — aspetto a cui è rimasta coerente -, ma per quel che riguarda l’intervento dello Stato.
Il 15 agosto del 2018, infatti, affermava fermamente: «Basta concessioni private sulle concessioni delle autostrade. Le con concessioni vanno revocate tutte. Le autostrade vanno nazionalizzate, come accade in quasi tutta la civilissima Europa e come accade nella civilissima Germania».
Poi disse che si trattava di una battaglia che FdI avrebbe portato in Parlamento. Oggi, però, si dice contro alla Nazionalizzazione.
(da “Giornalettismo”)
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Luglio 13th, 2020 Riccardo Fucile
ALL’ITALIA LA REVOCA AD AUTOSTRADE COSTEREBBE 12-13 MILIARDI: CE LI METTANO CONTE E I PARLAMENTARI GRILLINI E NESSUNO AVREBBE NULLA DA OBIETTARE… TROPPO FACILE FARE I BULLI CON I SOLDI DEGLI ALTRI
Le ultime dichiarazioni di Giuseppe Conte sembrano accelerare verso la revoca delle concessioni
autostradali di Autostrade per l’Italia (Aspi).
Un tema che fa discutere la maggioranza, tra chi spinge come M5S, e chi frena come Pd e Italia Viva, che mettono in guardia
Sugli effetti giuridici e formali dell’eventuale rottura HuffPost ha interrogato l’avvocato di Genova Davide Maresca, esperto in materia di aiuti di Stato, concorrenza e regolazione delle infrastrutture di trasporto.
Cosa accade con la revoca?
Lo Stato attraverso il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti è il concedente di Autostrade per l’Italia, quindi è il contraente, un contraente un po’ diverso rispetto a quelli normali però. Se io e lei abbiamo un contratto non posso disdirlo da un giorno all’altro. Invece lo Stato, per il fatto che è un contraente particolare, può disdire i contratti da un giorno all’altro.
In che modo?
Ci sono due modi: o dichiarare la decadenza o dichiarare la revoca. La decadenza si dichiara quando si ritiene che l’altra parte, cioè il concessionario, in questo caso Aspi, abbia commesso un inadempimento al contratto talmente grave da non consentire la prosecuzione del rapporto. La revoca invece si dichiara quando c’è un mutamento del pubblico interesse da parte dello Stato che dice ‘Io non ho più fiducia in te, io non voglio più’. Sono due ipotesi alternative.
Nel caso della revoca qual è lo scenario?
Nel caso della revoca il concessionario, siccome lo Stato agisce sulla base di un suo moto di impulso puramente discrezionale, il concessionario ha diritto a un indennizzo pieno, cioè pari al valore degli asset su cui ha investito e anche su cui non ha potuto contare con la cessazione del contratto.
E con la decadenza?
In questo caso l’indennizzo che è dovuto al concessionario (in questo caso Aspi) deve essere diminuito del valore del danno che l’inadempimento ha creato allo Stato.
La situazione attuale qual è?
Somiglia molto di più a una minaccia di decadenza che a una revoca perchè si imputa ad Aspi di essere inadempiente al contratto. C’è da aggiungere una regoletta che era stata inserita nell’articolo 35 dello scorso decreto Milleproroghe che ha ridotto l’indennizzo in caso di revoca e decadenza togliendo la voce del lucro cessante. Oggi Aspi si ritroverebbe ad avere un indennizzo pari solo agli investimenti non ammortizzati, cioè solo la parte di danno emergente.
Ciò fa ‘ballare’ molto il valore dell’indennizzo?
Sì, parla del 50 per cento se uno fa i calcoli della serva. Da 20 miliardi che possono essere diventano 12-13.
Di solito una decadenza e la possibilità di andare in compensazione in uno Stato di diritto dovrebbe conseguire esclusivamente a un pronunciamento di un giudice?
Certo. Era superflua anche l’indagine ispettiva interna al Mit voluta da Toninelli, peraltro del tutto inusuale, perchè è chiaro che lo Stato non potesse che dare ragione a se stesso e poi si doveva comunque andare davanti a un giudice.
L’indennizzo quanto vale, allora, 20 miliardi?
Si tratta di un tema tecnico, molto specifico e non di facile calcolo come dicono sia quelli che sostengono che ad Aspi vadano 20 miliardi sia quelli che sono certi che ad Aspi non vada un centesimo. In realtà occorre valutare bene, rispetto alle regole vigenti durante tutto l’arco del contratto e che sono cambiate tante volte, qual è il valore dei beni che devono essere ancora ammortizzati da Aspi e che erano stati autorizzati ed eseguiti bene. Non è così banale come si vuole far credere e dunque mi sembra strano che si giunga a un indennizzo senza un contenzioso.
Un contenzioso di fronte alla giustizia civile, che secondo la clausola di competenza della convenzione tra Stato e Aspi, quindi il Foro di Roma, quanto potrebbe durare?
Un primo grado di 4-5 anni, altrettanto in appello e un po’ meno in Cassazione. Una decina d’anni complessiva.
Nel frattempo cosa accade?
Secondo le regole previgenti al decreto Milleproroghe, articolo 35, Aspi non avrebbe avuto l’obbligo di consegnare l’autostrada fino al pagamento dell’indennizzo. Il Milleproroghe invece mette la regola secondo cui Anas può subentrare in via transitoria e temporanea alla vecchia concessionaria nelle more dell’aggiudicazione a un nuovo soggetto.
Sotto il profilo giuridico comunitario queste previsioni legislative reggono?
Questa norma del Milleproroghe forse è costituzionalmente accettabile, ma non sotto il profilo del diritto comunitario, che non consente di intervenire su situazioni giuridiche preesistenti ex post. Quindi ok Anas, ma poi Aspi darà battaglia nelle sedi comunitarie.
Ad oggi le leggi italiane tutelano più lo Stato e quelle europee tutelano più Aspi?
Diciamo che le leggi italiane pre-caduta del Ponte Morandi erano neutre o forse tutelavano Aspi. Dopo la caduta sono state completamente cambiate a favore dello Stato, ma le leggi europee tutelano la certezza del diritto secondo cui non si possono cambiare le regole in corsa, ma non entrano nel merito di come vanno calcolate le cose. Ad ogni modo, se le regole erano precedenti devono essere mantenute perchè si predilige il principio di parità di trattamento.
Sono derogabili in alcune situazioni?
Sì, ma bisogna vedere se è una di queste. Il diritto comunitario si basa sul principio di neutralità tra pubblico e privato, non è che predilige i ‘cattivi’, per dirlo con una battuta.
Chi potrebbe vagliare la questione della validità delle regole ex post fissate dallo Stato?
La Corte di giustizia europea. Ancora la questione non c’è andata, ma prima o poi ci andrà .
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 13th, 2020 Riccardo Fucile
LA CROCIATA DEL M5S CONTRO BENETTON E’ ONDIVAGA
Ancora non è arrivata la decisione ufficiale (e finale) del governo sulla revoca — o sulla proroga — delle concessioni ad Autostrade. E mentre il clima resta incandescente, anche all’interno della maggioranza stessa, c’è un vecchio (non per età , ma per militanza) cuore pentastellato che ricorda alcune posizioni ondivaghe da parte dell’attuale Ministro degli Esteri.
Gianluigi Paragone accusa Di Maio di aver provato a salvare Alitalia chiedendo l’aiuto proprio ad Atlantia, la holding del gruppo Benetton che gestisce anche Autostrade per l’Italia.
Ricostruiamo la vicenda prima di capire l’accusa. Era il mese di luglio del 2019, quando Ferrovie dello Stato scelse — senza esito positivo — Atlantia come partner per completare il pacchetto di acquisizione di Alitalia.
Il tutto provocò un grande scossone nel governo — all’epoca era ancora quello gialloverde — visto che questa apertura sconfessava tutta la narrazione fatta da quel maledetto 14 agosto del 2018, quando crollò il Ponte Morandi. E a questa vicenda fa riferimento Gianluigi Paragone.
«Mi sembra che il Paese abbia aspettato troppo questo teatrino — dice Gianluigi Paragone in collegamento con Coffee Break, su La7 -. Voglio ricordare che forse un passaggio di questo teatrino fu anche contraddistinto dall’invito di Luigi Di Maio alla famiglia Benetton per salvare Alitalia. Non vorrei che oggi questo ritardo, oggi, fosse figlio di certi equivoci di certe posizioni nel governo».
Insomma, una netta stoccata con cui Paragone accusa Di Maio.
(da agenzie)
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Luglio 13th, 2020 Riccardo Fucile
PER AUTOSTRADE UN DEFALT DA 19 MILIARDI, A RISCHIO INVESTITORI E RISPARMIATORI ITALIANI
La famiglia Benetton “ha sempre rispettato le istituzioni: quando in passato è stata sollecitata ad
entrare in diverse società , così come oggi”. È quanto filtra da ambienti vicini agli imprenditori di Ponzano Veneto, che ricordano così il ruolo avuto negli anni negli investimenti in Alitalia, Autostrade e altre società in via di privatizzazione.
La posizione della famiglia è una replica alle parole durissime che Giuseppe Conte ha pronunciato in un’intervista al Fatto Quotidiano: “La mia sensazione – ha detto il premier – è che Autostrade, forte dei vantaggi conseguiti nel tempo e di una concessione irragionevolmente rinforzata da un intervento legislativo, abbia scommesso sulla debolezza dei pubblici poteri nella tutela dei beni pubblici. A un certo punto Aspi si è irrigidita confidando, evidentemente, nella caduta del mio primo governo. Con questo nuovo governo si è convinta di avere forse delle carte da giocare e ha continuato a resistere. Solo all’ultimo si è orientata per una soluzione transattiva. La verità è che le varie proposte transattive fatte pervenire da Aspi non sono soddisfacenti”. Ed ancora: “Quando ho letto la proposta – spiega Conte – ho pensato a uno scherzo. I Benetton non prendono in giro il presidente del Consiglio e i ministri, ma i famigliari delle vittime del ponte Morandi e tutti gli italiani”.
È di 19 miliardi l’effetto default che l’eventuale revoca della concessione di Autostrade potrebbe provocare: circa 10 miliardi sono i debiti che la mancanza di risorse dovuta alla riduzione della penale prevista dal Milleproroghe avrebbe su Autostrade per l’Italia mentre circa 9 miliardi sarebbe l’impatto a cascata su Atlantia.
Si tratta di importi in gran parte detenuti da investitori istituzionali e grandi istituzioni finanziarie italiane ed europee, oltre che – per 750 milioni – relativi ad un prestito obbligazionario retail Aspi detenuto da 17.000 piccoli risparmiatori.
L’articolo 35 del decreto Milleproroghe – secondo quanto spiegato dall’Ad di Atlantia – avrebbe un impatto di default perchè mancherebbero le risorse per il ripagamento di quasi 10 miliardi di debito complessivo.
A cascata l’impatto si ripercuoterebbe sul ripagamento di 9 miliardi di debito di Atlantia (che controlla l′88% del capitale di Autostrade per l’Italia ed è garante inoltre di circa 5 miliardi di debito della controllata).
L’ammontare di debito complessivo in default (oltre 19 miliardi) avrebbe serie conseguenze sui mercati obbligazionari e bancari europei visto che la maggior parte del debito è rappresentato da titoli quotati detenuti da grandi investitori di debito internazionali, oltre che da grandi istituzioni finanziarie europee (come Bei) e italiane (come Cdp), oggetto anche di prestiti Ltro della Bce.
A rischio anche un prestito obbligazionario retail (per 750 milioni) detenuto da circa 17.000 piccoli risparmiatori italiani.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 13th, 2020 Riccardo Fucile
“LA STORIA NON SI CANCELLA, LA SOFFERENZA SIA PATRIMONIO COMUNE”
Un gesto storico. Il presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella e il presidente della Repubblica di Slovenia Borut Pahor si tengono per mano a Trieste davanti alla foiba di Basovizza.
Lo fanno dopo aver deposto una corona di fiori nel luogo dove i partigiani jugoslavi scaraventarono nel 1945 duemila nostri connazionali. Restano un minuto in silenzio così. E’ un segno di pace dal grande valore simbolico, spontaneo e fuori dal protocollo, che prova a sanare una ferita lunga oltre settant’anni.
E’ anche la prima stretta di mano pubblica dopo il lockdown e Pahor è il primo statista della dissolta ex Jugoslavia a compiere una visita ufficiale al memoriale, commemorando così le vittime, che erano militari e civili.
E questa è una fotografia che rimarrà nell’album di questa terra di confine bellissima, lacerata da violenze lontane e da divisioni mai sopite.
La foiba si trova sull’altopiano carsico nei pressi di un pozzo minerario in disuso profondo circa 200 metri.Dal 1980 è classificata come monumento di interesse nazionale. Nel 1991 venne visitata dal presidente Cossiga. Dal febbraio 2007 vi sorge il nuovo sacrario in onore dei Martiri delle Foibe.
Successivamente il gesto si è ripetuto presso il monumento ai Caduti sloveni, un cippo che ricorda quattro giovani antifascisti slavi condannati dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato. Ferdo Bidovec, Fran Marusic, Zvonimir Milos, Alojz Valencic vennero fucilati dal regime il 6 settembre 1930, condannati a morte per un attentato al giornale locale del fascismo che fece anche una vittima.
Avevano fra 22 e 34 anni e per gli sloveni sono i primi eroi della resistenza al fascismo. Anche qui Mattarella e Pahor si sono tenuti per mano, dopo aver deposto una corona di fiori. Stavolta è stato il presidente Pahor a chiedere la mano del presidente, alla foiba era stato invece Mattarella a fare il primo passo. Mentre si recava al monumento Pahor si è toccato più volte il cuore.
In Prefettura Mattarella e Pahor hanno consegnato allo scrittore Boris Pahor, 107 anni, l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana e l’onorificenza slovena dell’Ordine per Meriti Eccezionali.
Lo scrittore aveva sette anni all’epoca dell’incendio, di cui fu testimone. “Dedico le onorificenze a tutti i morti che ho conosciuto nel campo di concentramento e alle vittime del nazifascismo e della dittatura comunista”, ha detto lo scrittore.
E quindi è stato firmato un Protocollo di intesa che prevede un percorso che si concluderà con la restituzione del Narodni Dom, (Casa del Popolo) – incendiato da alcune avanguardie squadriste il 13 luglio 1920 – alla minoranza slovena in Italia. La proprietà viene ceduta a una fondazione costituita dalle due associazioni che rappresentano la minoranza slovena, l’Unione Culturale Economica Slovena (Skgz), e la Confederazione delle Organizzazioni Slovene (Sso).
“La storia non si cancella”, ha detto Mattarella. “E le esperienze dolorose sofferte dalle popolazioni di queste terre non si dimenticano. Proprio per questa ragione il tempo presente e l’avvenire chiamano al senso di responsabiltà a compiere una scelta tra fare di quelle sofferenze patite da una parte e dall’altra l’unico oggetto dei nostri pensieri coltivando i sentimenti di rancore, oppure al contrario farne patrimonio comune nel ricordo e nel rispetto, sviluppando collaborazione, amicizia, condivisione del futuro. Al di qua e al di là della frontiera, il cui significato di separazione è ormai per fortuna superato per effetto della comune scelta di integrazione nell’Unione europea, al di qua e al di là del confine sloveni e italiani sono decisamente per la seconda strada, rivolta al futuro. In nome dei valori oggi comuni: libertà democrazia pace”
Nel corso della visita i due presidenti incontreranno i rappresentanti delle comunità slovene e italiane e visiteranno il Narodni Dom. Al termine Mattarella incontrerà , presso la sede della Regione, i rappresentanti delle associazioni degli esuli.
“Di fronte a sfide come la pandemia in corso i nostri Paesi sono oggi chiamati a collaborare ancor più strettamente: confidiamo che l’ormai imminente Consiglio Europeo, attraverso strumenti consolidati e soluzioni innovative di grande respiro, sappia nuovamente dimostrare che l’Europa sa interpretare la vita dei propri cittadini e li affianca nelle difficoltà . Slovenia e Italia sapranno lavorare insieme per raggiungere anche questo importante risultato” ha sottolineato Mattarella in un intervento apparso oggi sul “Piccolo”.
(da agenzie)
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Luglio 13th, 2020 Riccardo Fucile
AVEVA ADERITO AL MOVIMENTO DEL GOVERNATORE FONTANA
Cinque persone sono finite in manette, questa mattina, a Busto Arsizio. Tra di loro anche il
consigliere comunale Paolo Efrem, eletto nella lista Busto Grande, accusato di aver emesso false fatture con l’aggravante di aver agevolato le cosche della ‘ndrangheta nelle loro infiltrazioni per la gestione del comparto rifiuti nella cittadini dal Varesotto.
L’ordinanza, firmata dal gip Sara Cipolla che ha guidato le indagini, riguarda anche Vincenzo Rispoli, capo del clan di Legnano-Lonate Pozzolo.
Le manette per Paolo Efrem e altre quattro persone sono arrivate questa mattina, al termine della prima fase di indagini sulla gestione dei rifiuti a Busto Arsizio. Secondo l’inchiesta, infatti, nel comune del Varesotto ci sarebbero state infiltrazioni da parte di un clan legato alla ‘Ndrangheta che avrebbe messo le mani sulla gestione della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti. Il tutto, secondo l’accusa, anche grazie all’intermediazione di alcuni personaggi di spicco, anche della politica.
E il nome di Paolo Efrem, figlio di genitori eritrei migrati in Italia nel 1973, salì agli onore della cronaca nel 2018 quando, in un’intervista, diede ragione a Matteo Salvini sulla chiusura dei confini per la gestione dei migranti. Una dichiarazione che fece scalpore per via delle sue origini eritree.
Efrem aveva cambiato il nome del gruppo in Busto Grande-Lombardia Ideale e aderendo al movimento nato su iniziativa del governatore Attilio Fontana
(da agenzie)
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Luglio 13th, 2020 Riccardo Fucile
MARCUCCI: “PROPOSTA ASPI E’ UN PASSO AVANTI”
“I populisti chiedono da due anni la revoca della concessione ad Autostrade. Facile da dire, difficile da fare. Perchè se revochi senza titolo fai un regalo ai privati, ai Benetton, ai soci e apri un contenzioso miliardario che crea incertezza, blocco cantieri, licenziamenti. Questa è la verità ”.
A scriverlo su Facebook, a proposito della questione delle concessioni autostradali, è Matteo Renzi.
“A dire la verità si perdono forse punti nei sondaggi, ma si salvano le nuove generazioni da miliardi di debiti – prosegue il leader di Italia viva -. La strada è un’altra. Se proprio lo Stato vuole tornare nella proprietà , l’unica possibilità è una operazione su Atlantia con un aumento di capitale e l’intervento di Cdp.
Operazione trasparente, società quotata, progetto industriale globale. Non ci sono alternative serie e credibili. Il populismo urla slogan, la politica propone soluzioni”.
Marcucci (Pd): “Proposta Aspi passo avanti”.
“Mi pare che l’ultima proposta depositata da Aspi sia un indubbio passo avanti. Se andrà ulteriormente limata, lo dirà il Governo entro martedì. Io mi limito ad un’osservazione: la decisione deve essere coerente con l’interesse pubblico, e non orientata da pregiudizi in un senso o nell’altro senso, come pure ho sentito dire dalla senatrice 5 stelle Lezzi. Tengo a precisare nuovamente che il Pd non ha bloccato il dossier e come si è ampiamente visto la nostra squadra al governo non ha lavorato per rinnovare automaticamente la concessione ai Benetton”. Lo dice il capogruppo del Pd in Senato, Andrea Marcucci in un’intervista a Qn.
“Il dossier delle cose non affrontate purtroppo è lungo – osserva – ma c’è soprattutto un metodo che non mi convince. Se un problema divide la maggioranza, bisogna comunque affrontarlo. Rinviare i problemi non significa risolverli, anzi spesso è il contrario”
Padoan (Pd): “Per dare giudizio su proposta separare emotività ”.
“Questa proposta è una proposta che deve essere vista sotto due punti di vista. Primo punto di vista è quello specificatamente tecnico, che riguarda, secondo me, miglioramenti importanti sia in termini di impegni di investimento, che in termini di impegni di remunerazione delle vittime della tragedia, che in termini di politica tariffaria a beneficio degli utenti. E’ chiaro che questa vicenda è intrisa di molta emotività ed anche molto politica à .. Bisognerebbe fare uno sforzo e separare i due aspetti per dare un giudizio significativo”. Queste le parole di Pier Carlo Padoan, parlamentare del Pd e ed ex ministro dell’Economia ad Agorà Rai Estate Tre.
(da agenzie)
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Luglio 13th, 2020 Riccardo Fucile
BASTA MARIONETTE MANOVRATE DALL’INTEGRALISMO CINQUESTELLE… SE BENETTON VA CACCIATO ALLORA METTETE IN GALERA QUEI FUNZIONARI E POLITICI DEL MINISTERO CHE, FINO AL CONTE 1 COMPRESO, NON HANNO CONTROLLATO LA MANCATA MANUTENZIONE DI AUTOSTRADE… LA RESPONSABILITA’ NON E SOLO DEL GESTORE MA ANCHE DI CHI PER LEGGE DOVEVA CONTROLLARLO
Giuseppe Conte alza i toni contro Autostrade per l’Italia, “per nulla” soddisfatto delle proposte di
negoziato che la concessionaria del gruppo Atlantia ha formulato al Governo per non incorrere nella revoca delle concessioni dopo il crollo del Ponte Morandi.
In due interviste al Fatto Quotidiano e alla Stampa il presidente del Consiglio avvicina l’ipotesi della revoca, che sarà decisa probabilmente nel Cdm di martedì. Dice al Fatto Quotidiano
“La mia sensazione è che Autostrade, forte dei vantaggi conseguiti nel tempo e di una concessione irragionevolmente rafforzata da un intervento legislativo, abbia scommesso sulla debolezza dei poteri pubblici nella tutela dei beni pubblici. Solo all’ultimo si è orientata verso una soluzione transattiva. La verità è che la varie proposte transattive fatte pervenire da Aspi non sono soddisfacenti”
“Sabato è arrivata una risposta ampiamente insoddisfacente, per non dire imbarazzante: tutto meno che un’accettazione piena e incondizionata delle richieste del Governo” . Peccato che a detta di tutti ha accettato invece le proposte del Governo in gran partem quelle che Conte fino a ieri riteneva dirimenti: portare da 2,9 a 3,4 miliardi il contributo a fondo perduto e scendere sotto il 50% dell’azionariato.
Poi Conte ripete come una macchinetta il verbo del M5s: “I Benetton non prendono in giro il presidente del Consiglio e i ministri, ma i familiari delle vittime del Ponte Morandi e tutti gli italiani. Non hanno ancora capito che, dopo molti mesi, questo governo non accetterà di sacrificare il bene pubblico sull’altare dei loro interessi”… “Sarebbe davvero paradossale se lo Stato entrasse in società con i Benetton. Non per questioni personali, che non esistono, ma per le gravi responsabilità accumulate dal management scelto e sostenuto dai Benetton nel corso degli anni dal crollo del Morandi e anche dopo”.
E allora perchè lo avevi chiesto fino a un giorno fa?
Il premier non teme il contenzioso che deriverebbe dalla revoca della concessione, perchè, spiega, “quel crollo, le 43 vittime, i gravi danni causati alla comunità genovese, costituiscono un gravissimo e oggettivo inadempimento del concessionario. In aggiunta, abbiamo una lunga lista, accumulata nel tempo, di cattive o mancate manutenzioni, ordinarie e straordinarie, della rete autostradale”… “Non è lo Stato che deve soldi ai Benetton, ma viceversa”
Certo, se lo Stato non avesse la responsabilità di non aver controllato come da legge i lavori non eseguiti dal gestore, compreso il periodo in cui era ministro Toninelli.
Finira’ che questa battaglia ideologica costerà ai contribuenti italiani 20 miliardi che pagheranno i governi futuri.
(da agenzie)
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