Luglio 28th, 2020 Riccardo Fucile
INSTABILITA’ PERMANENTE, DISOCCUPAZIONE E CRISI DA COVID SI ABBATTONO SU UN PAESE AL COLLASSO ECONOMICO… DODICESINO GOVERNO IN DIECI ANNI
Economia stagnante, alti tassi di disoccupazione, confini roventi — da un lato la Libia, in guerra permanente; dall’altro l’Algeria, off-limits per via dei contagi di Covid-19 che continuano a salire.
La Tunisia è il primo Paese di provenienza dei migranti sbarcati illegalmente in Italia, pari al 35 per cento delle nazionalità dichiarate.
È un Paese in cerca di stabilità da quasi 10 anni, che dalla Rivoluzione dei Gelsomini ad oggi ha cambiato ben 11 governi e ora si appresta a formarne uno nuovo.
È un Paese da cui sempre più giovani — spesso istruiti e frustrati da un futuro impossibile — scelgono di fuggire. Lampedusa è vicina e con lei l’azzardo del sogno europeo.
La crisi legata al Covid ha aggravato una situazione già complessa. Non ci sono ancora dati ufficiali, ma il tonfo del turismo a causa delle limitazioni imposte dalla pandemia sarà di quelli sordi e spietati: si teme un calo fino al 70% per uno dei pochi settori che portava ossigeno a un’economia in affanno.
Sul fronte politico, da ieri la Tunisia ha un nuovo premier incaricato, Hichem Mechichi, ministro dell’Interno del governo dimissionario di Elyes Fakhfakh. Al 46enne, giurista di formazione, uomo dell’amministrazione statale, spetta ora la sfida di far convergere intorno alla sua squadra il maggior numero di consensi per poter avere la fiducia in Parlamento. Ha 30 giorni di tempo per formare il nuovo esecutivo.
“Il presidente della Repubblica mi ha incaricato di formare il prossimo governo. Lo ringrazio per la sua fiducia. In realtà , questa fiducia è una grande responsabilità e un’importante sfida, soprattutto nella situazione attuale del Paese. Mi adopererò per formare un governo che possa rispondere alle aspirazioni di tutti i tunisini e alle loro rivendicazioni legittime tanto attese”, ha dichiarato subito dopo aver ricevuto l’incarico dal presidente Kaies Saied.
Il quadro politico è caratterizzato da forti divisioni, ed è anche per questo che la scelta è ricaduta su Mechichi, considerato un indipendente.
Gli occhi sono puntati sulle prossime mosse del partito islamico Ennhadha, prima forza politica in Parlamento, che con il suo abbandono della coalizione ha causato di fatto la caduta del governo del premier Fakhfakh, spinto alle dimissioni anche per il suo coinvolgimento in un caso di presunto conflitto di interessi.
“Il premier incaricato Mechichi dovrà riuscire a formare una nuova coalizione. Probabilmente, visto il calo nei sondaggi dei partiti finora al governo a favore dei nostalgici del regime di Ben Alì, non si arriverà a nuove elezioni ma si troverà un compromesso per appoggiare il nuovo governo”, osserva Fabio Frettoli, analista politico su questioni nordafricane, autore di una recente analisi sulla “Tunisia in cerca di stabilità ” per Ispi, Istituto per gli Studi di Politica Internazionale.
“Dal 2011 in poi, se da un lato il Paese è migliorato dal punto di vista della democrazia interna, tutta la questione economica è andata sempre di più ad aggravarsi. Il debito interno è aumentato e soprattutto nelle zone interne per la popolazione è difficile raggiungere standard di vita decenti. È un problema che va a toccare soprattutto i cittadini più giovani, quelli che naturalmente tendono di più ad emigrare”, prosegue l’analista.
“Oggi, per i giovani tunisini, è sempre più difficile mettere su famiglia e coltivare un progetto di vita”, osserva Frettoli.
“Nel sud del Paese ci sono state anche recentemente, a fine giugno, nuove proteste per la mancanza di lavoro. In città come Kasserine, Qairouan e Sidi Bouzid, la città da cui partirono le proteste del 2011, oltre il 30% della popolazione vive in povertà ”.
Con il tempo si sta inceppando il meccanismo che spingeva la popolazione delle zone interne, storicamente più povere, a trovare delle opportunità sulle coste. Ora la situazione è satura anche lì e la via del mare — malgrado la minaccia di essere rimpatriati — ha visto rafforzato il suo richiamo.
La Tunisia è uno dei pochi Paesi con cui l’Italia ha accordi di rimpatrio — gli ultimi sono fermi all’intesa siglata dall’ex ministro degli Interni Angelino Alfano.
Sul funzionamento di questi accordi sono stati sollevati dubbi in passato, anche da parte del deputato tunisino di Ennhadha Oussama Sghaier.
Il conflitto regionale in corso in Libia, del resto, destabilizza anche la Tunisia che è oggetto di ingerenze esterne sempre più manifeste, al punto che il presidente Saied ha pubblicamente parlato di “complotto straniero” ordito da “alcuni partiti politici” in quello che è sembrato un riferimento al partito islamico Ennhadha, considerato vicino alle istanze dei Fratelli musulmani al potere in Turchia, in Qatar e nel governo di accordo nazionale (Gna) con sede a Tripoli.
“Storicamente, prima del conflitto, la Libia è sempre stata una valvola di sfogo per la manodopera tunisina. Con lo scoppio della guerra, questa valvola di sfogo alimentata dal petrolio è venuta completamente meno, e con essa altri scambi commerciali tra i due Paesi”, spiega Frettoli. “Sull’altro confine, l’Algeria sta assistendo a un aumento di casi di Covid-19 molto marcato, il che riduce ancora di più lo scambio di merci e persone”.
In queste condizioni, migliaia di tunisini scelgono la via della fuga via mare. Secondo Ispi, si stima che approssimativamente 95.000 persone abbiano lasciato la Tunisia dall’inizio delle proteste a oggi, l’84% delle quali con un alto livello di educazione. Secondo fonti del Viminale citate dalla Stampa, “c’è il rischio di un esodo tale da ricordare quello dall’Albania del 1991, un problema serissimo da affrontare a livello di governo”.
Per Frettoli, tuttavia, “non siamo di fronte a un livello di crisi delle strutture governative pari a quello verificatosi in Albania che possa giustificare questo tipo di allarme”. Di sicuro c’è l’intenzione di rafforzare il dialogo con un interlocutore che, malgrado le incertezze, è chiaramente più stabile rispetto alle autorità libiche. Come dire: meglio serrare i ranghi dove si può, vista l’ingovernabilità della vicina Libia.
(da agenzie)
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Luglio 28th, 2020 Riccardo Fucile
RACCONTA CHE NEGLI ANNI ’80 ERA DI MODA PORTARE I SOLDI ALLE BAHAMAS (GLI EVASORI FORSE…) … DIMENTICA CHE L’ANAC LO MULTO’ PER NON AVERLI DICHIARATI E PASTICCIA CON PAROLE E DATE
In un’intervista concessa oggi a Francesco Bei per Repubblica, Fontana scansa con sdegno l’ipotesi che i cinque milioni di euro giacenti sul conto svizzero e proveniente dalle Bahamas (da dove sono rientrati con lo scudo fiscale per i denari illecitamente detenuti all’estero) provengano da evasione.
Mio padre era un dipendente della mutua — dice — e mia madre una super fifona: figuriamoci se frodava l’erario. Certo, è una cifra importante. Non so perchè i miei portassero soldi ai Caraibi, aggiunge, ma negli anni Ottanta era di moda (sì, c’erano i Duran Duran, il piumino Moncler e il conto alle Bahamas).
Comunque, a metà degli anni Ottanta con quei soldi ci potevi quasi comprare Maradona (il Napoli lo pagò 14 miliardi di lire). È inevitabile sollevare un po’ di curiosità .
Nella stessa intervista, Fontana spiega di avere ereditato il conto, di averlo dichiarato nel rispetto delle leggi e di aver pagato il dovuto. Ma sempre stamattina, sul Corriere, Luigi Ferrarella racconta della multa da mille euro comminata dall’Anac (Anticorruzione) poichè Fontana nel 2016 aveva omesso la dichiarazione sul suo stato patrimoniale (relativa al 2015, anno in cui i soldi del conto svizzero vengono sanati). Ferrarella ipotizza che mille euro di multa erano una sanzione molto abbordabile, in cambio del silenzio su una eredità così particolare, e così particolarmente imbarazzante per un uomo delle istituzioni.
In seguito Fontana dichiarerà tutto, ma senza più l’obbligo di indicare la voluntary disclosure, cioè di aver sanato soldi illecitamente depositati all’estero.
Comunque Ferrarella fissa nel 1997 l’inizio dei depositi alle Bahamas (non negli anni Ottanta) e nel 2005 la data di creazione dei due trust da cinque milioni.
Fin qui tutto lecito. Anche le amnesie. Se ce ne fossero, anche le frottole.
Certo, stiamo parlando di un amministratore leghista, prima gli italiani, abbasso l’euro, i ladroni di Bruxelles eccetera, con cinque milioni di euro che dall’Italia vanno alle Bahamas e dalla Bahamas in Svizzera (“Curioso vedere quanti benpensanti e moralisti di sinistra saran beccati coi milioni nascosti in Svizzera”, scriveva Matteo Salvini su Twitter nel 2015, l’anno in cui Fontana accede al voluntary disclosure e, omettendone la dichiarazione, evita di farsi beccare coi milioni in Svizzera).
Ci sarebbero poi tutte le date — quella in cui Fontana scopre della commissione dei camici all’azienda di moglie e cognato, quella in cui viene contattato dai giornalisti di Report, quella dell’incredibile bonifico da 250 mila euro al cognato, e come minimo fa una gran confusione – ma sono passaggi sui cui s’è già scritto molto e non si vuole annoiare chi legge.
“Non tollererò che qualcuno metta in dubbio la mia integrità e quella dei miei famigliari”, ha detto ieri Fontana in Consiglio regionale.
Però non è tanto tollerabile nemmeno che ci si voglia fare passare tutti per allocchi.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 28th, 2020 Riccardo Fucile
IL PASSAGGIO DAL NOTAIO E IL CONFLITTO DI INTERESSI… SONO STATI I LEGALI DELLA CENTRALE ACQUISTI DELLA LOMBARDIA A EVIDENZIARE L’ANOMALIA
E’ stato l’ufficio legale di Aria, la centrale acquisti di Regione Lombardia, a dare il parere negativo e quindi a non accettare la donazione di camici da parte della Dama, società di cui il cognato del governatore della Lombardia Attilio Fontana, Andrea Dini, è amministratore delegato e la moglie ha una quota del 10%.
E’ un particolare che emerge dalle indagini sulla vicenda della fornitura di 75 mila camici e altri dpi per oltre mezzo milione di euro e trasformata in corso d’opera in donazione.
Donazione di “non modico valore” che, secondo il codice, necessita dell’atto pubblico notarile e della presenza di due testimoni.
Quindi non era sufficiente la mail mandata da Dini lo scorso 20 maggio all’allora dg di Aria Filippo Bongiovanni per revocare il contratto di fornitura. In più, a contribuire al rigetto del cospicuo regalo è stato anche il conflitto di interessi.
Inoltre, da quanto si è saputo, i pm che coordinano l’inchiesta in cui tra gli indagati per frode in pubbliche forniture c’è pure Fontana, oltre a Dini, Bongiovanni (entrambi accusati anche di turbata libertà nella scelta del contraente) e a una funzionaria di Aria, ieri avrebbero concluso un primo giro di audizioni.
Tra le persone ascoltate, da quanto si è saputo, c’è stato anche un fornitore di tessuti per camici. La Procura, infine, ha acceso un faro pure sul conto in Svizzera con depositati 5,3 milioni del presidente della Lombardia, denaro ereditato dalla madre e poi scudato, da cui sarebbe dovuto partire il bonifico di 250 mila euro, poi bloccato in quanto operazione sospetta dall’Uif della Banca d’Italia, a titolo di risarcimento al cognato per il mancato profitto derivato dalla trasformazione della fornitura in donazione.
(da agenzie)
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Luglio 28th, 2020 Riccardo Fucile
IL COMITATO TECNICO SCIENTIFICO NON SI RIUNISCE DA MAGGIO: “IL VIRUS ARRIVA DAL NORD”
In Sicilia i test per il Coronavirus e i controlli si fanno solo sui migranti: nel resto dell’isola si vive un’atmosfera da tana libera tutti: il Comitato Tecnico Scientifico non si riunisce da fine maggio, e da allora gli esperti chiamati a consigliare Palazzo d’Orlèans non sanno nulla delle disposizioni che il governatore vorrebbe adottare. Intanto, spiega oggi Repubblica Palermo, mentre la Regione punta i riflettori sui migranti, i mezzi di trasporto, le piazze e le spiagge diventano sempre più un luogo di assembramento e le precauzioni sono ormai un ricordo del passato:
Nessuno dei cluster siciliani, d’altro canto, è riconducibile ai migranti. Il virus arriva da nord. Come nel caso del più grande focolaio siciliano, quello dell’hinterland catanese. Secondo quanto hanno ricostruito i medici del contact tracing team, il “contagio 0” catanese sarebbe avvenuto qualche settimana fa durante un corso di formazione.
Lì un uomo di Misterbianco, vicino alla comunità evangelica, è entrato in contatto con un professionista proveniente dal Nord Italia, poi risultato positivo. Da quel momento in poi, come hanno ricostruito gli esperti, il Covid-19 si è diffuso nel gruppo di fedeli di Misterbianco, Pedara, Sant’Agata Li Battiati, Mascalucia, Valverde e Zafferana Etnea. L’altro focolaio attivo è all’istituto ortopedico di Ganzirri, a Messina, dove si contano nove “positivi” tra pazienti e operatori.
I migranti, invece, sono i più controllati. Quelli che arrivano direttamente a Lampedusa, dopo una prima visita, vengono sottoposti, all’interno dell’hotspot, al test rapido.
I “positivi” vengono isolati, i “negativi” vengono trasferiti in altri centri per la quarantena, dove prima di entrare vengono spesso sottoposti a un altro controllo.
C’è da dire, come dimostrano le cronache, che spesso i test rapidi non sono attendibili. «Per l’ultimo sbarco – racconta il sindaco di Pozzallo, Roberto Ammatuna – abbiamo fatto direttamente in banchina il test sierologico. Ma non finisce qua, perchè dentro l’hotspot i migranti vengono sottoposti ai tamponi: uno all’inizio della quarantena, uno a metà e uno alla fine». E se ieri una nuova fuga si è verificata a Porto Empedocle, dove diversi migranti sono scappati da un tendone della Protezione civile che ne ospitava 520 negli spazi destinati a 100 persone, il caso scoppiato domenica a Caltanissetta racconta sufficientemente la distanza fra controlli e allarme: «Sono tutti negativi», ha infatti specificato a caldo il sindaco Roberto Gambino.
(da agenzie)
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Luglio 28th, 2020 Riccardo Fucile
“SERVONO ACCORDI BILATERALI PER ARGINARE IL FENOMENO” .. MA PER QUELLO DOVREMMO AVERE UN MINISTRO DEGLI ESTERI
I flussi migratori provenienti in questi giorni dalla Tunisia “creano seri problemi di ordine pubblico”, “aggravati dalla pandemia in atto, che mettono a dura prova le forze dell’ordine”.
Per arginare questo flusso servirebbero “degli accordi politici internazionali bilaterali ovvero multilaterali con Tunisi”.
A parlare, in una intervista esclusiva all’Adnkronos, è il Procuratore capo di Agrigento Luigi Patronaggio, che in questi giorni sta indagando sul nuovo flusso migratorio proveniente dal Maghreb.
Sono migliaia i tunisini sbarcati solo a Lampedusa affollando l’hotspot che può ospitare solo 95 persone. Secondo Patronaggio “i tunisini” a differenza di altri migranti provenienti dall’Africa subsahariana “non fuggono da situazioni di persecuzione politica o razziale ma che cercano in Italia solamente migliori condizioni di vita”.
“In questi giorni la Procura di Agrigento ha effettuato ovvero convalidato un numero elevatissimo di fermi ed arresti per favoreggiamento della immigrazione clandestina e per reingresso illegale di cittadini stranieri già espulsi o dichiarati indesiderati in Italia”, spiega Patronaggio nell’intervista.
“In particolare, l’attività del Roan della Guardia di Finanza – spiega ancora il magistrato – ha permesso di fermare 5 cittadini tunisini che avevano tentato di fare sbarcare loro connazionali sull’isolotto di Lampione. Sono al vaglio della Procura le posizioni di altri 22 cittadini tunisini che, utilizzando il cosiddetto sistema della ‘nave madre’, hanno tentato di introdurre sul territorio altri loro connazionali, alcuni dei quali minorenni”.
La Squadra Mobile di Agrigento, inoltre, “ha proseguito in modo efficace e costante la sua attività di identificazione ed arresto di cittadini stranieri ospiti nei centri di accoglienza della provincia aventi precedenti provvedimenti di espulsione o allontanamento”, prosegue Luigi Patronaggio.
“Il fenomeno della immigrazione clandestina di queste ultime settimane ha riguardato quasi esclusivamente cittadini tunisini che con grossi barconi da pesca hanno di fatto “accompagnato”, in modo affidabile e sicuro, loro connazionali a Lampedusa o addirittura fino sulle coste agrigentine”, spiega il Procuratore parlando degli ultimi sbarchi a Lampedusa che proseguono senza sosta. Su uno degli ultimi gommoni arrivati c’era persino un barboncino bianco tenuto al guinzaglio da una signora con il cappello a falde larghe di paglia.
“Talvolta sui barconi tunisini sono stati imbarcati anche subsahariani o bengalesi”, dice ancora Patronaggio. Ma la rotta tunisina “ha delle peculiarità ” che la “differenziano da quella libica”, in quanto è utilizzata da cittadini tunisini che non fuggono da situazioni di persecuzione politica o razziale ma che cercano in Italia solamente migliori condizioni di vita e di lavoro”.
Il magistrato ricorda che è “un tipo di immigrazione che probabilmente potrebbe essere arginata o regolamentata con successo da accordi politici internazionali bilaterali ovvero multilaterali con Tunisi”
“Si ritiene, infatti, sulla scorta delle conoscenze processuali acquisite, che non è complesso identificare gli organizzatori di questi traffici e le loro basi logistiche e predisporre conseguentemente efficaci servizi di prevenzione e controllo”.
(da agenzie)
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Luglio 28th, 2020 Riccardo Fucile
“LA VERA DISOBBEDIENZA CIVILE E’ QUELLA DI CAPPATO, NON CERTO QUELLA DI SALVINI”
Ferruccio De Bortoli ricorda un provvedimento che la Lega aveva proposto e fatto approvare poco più di un anno fa, quando il partito di Matteo Salvini era al governo.
Un provvedimento che, tra le altre cose, era stato parecchio sponsorizzato dal Carroccio, proprio perchè ben si inseriva all’interno della propaganda relativa al partito dell’ordine e del rispetto delle leggi che la Lega punta a essere, almeno di fronte al proprio elettorato. L’ex direttore del Corriere della Sera mette in correlazione quel provvedimento con l’atteggiamento che Matteo Salvini ha tenuto in Senato.
Nel corso del convegno sul Covid-19 in Italia organizzato da Vittorio Sgarbi e da Armando Siri nella biblioteca della Minerva in Senato, il leader della Lega si è rifiutato anche in maniera ostinata e provocatoria di indossare la mascherina tricolore che gli era stata consegnata. Un gesto che ha fatto discutere anche gli ospiti della trasmissione In Onda di Luca Telese e David Parenzo, su La7.
Ferruccio De Bortoli, in particolare, ha affermato: «Strano che proprio Salvini che, con il suo partito, si era reso protagonista della lodevole iniziativa di introdurre l’ora di educazione civica obbligatoria nelle scuole si renda protagonista di questo mancato rispetto delle regole. Speriamo che questo suo gesto non trovi spazio nei manuali che serviranno per l’insegnamento».
Una battuta che ha fatto sorridere sia i due conduttori, sia Marianna Aprile in collegamento. Sorriso forzato anche per Annalisa Chirico che, invece, era in studio e aveva appena dichiarato di essere stata presente allo stesso incontro in Senato e di non aver indossato la mascherina allo stesso modo.
Le regole del Senato, ma più in generale quelle previste dal prontuario anti-Covid, impongono che nei luoghi chiusi ci sia l’obbligo di indossare la mascherina. Un obbligo che Salvini, come abbiamo ampiamente documentato, non ha rispettato, proprio in uno dei luoghi dell’istituzione — il Senato — che lui stesso rappresenta.
Sulla stessa linea d’onda di De Bortoli anche Marianna Aprile, che ha chiarito: «Non si usi a proposito del gesto di Salvini la definizione di disobbedienza civile. Quella è disobbedienza incivile, mentre la disobbedienza civile è quella che hanno fatto Marco Cappato e Mina Welby, assolti dal tribunale di Massa per aver aiutato a morire Davide Trentini».
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 28th, 2020 Riccardo Fucile
LO SCONCIO DELL’ITALIA CHE CONTINUA A FINANZIARE QUESTI CRIMINALI
Due migranti sudanesi sono stati uccisi, e altri cinque feriti, in una sparatoria avvenuta la scorsa notte a Khums, est di Tripoli, durante le operazioni di sbarco.
I migranti erano stati intercettati in mare e riportati a terra dalla Guardia Costiera libica. Lo rende noto l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) riferendo che “le autorità locali avrebbero iniziato a sparare nel momento in cui alcuni migranti, scesi da poco a terra, avevano cercato di darsi alla fuga”.
I cinque migranti feriti sono stati portati in ospedali della zona, mentre la maggior parte dei sopravvissuti all’incidente è stata trasferita in centri di detenzione.
“Le sofferenze patite dai migranti in Libia sono intollerabili”, ha affermato Federico Soda, capo missione Oim in Libia. “L’utilizzo di una violenza eccessiva ha causato ancora una volta delle morti senza senso, in un contesto caratterizzato da una mancanza di iniziative pratiche volte a cambiare un sistema che spesso non è in grado di assicurare alcun tipo di protezione”.
L’Oim ribadisce che “la Libia non è un porto sicuro” e lancia nuovamente un appello all’Unione Europea e alla comunità internazionale “affinchè si agisca con urgenza per fermare i ritorni in Libia di persone vulnerabili”.
”È necessario mettere in atto uno sistema alternativo che permetta che le persone soccorse o intercettate in mare siano portate in porti sicuri – si legge in una nota -. E’ altresì necessario che ci sia una maggiore solidarietà tra gli Stati europei e gli Stati mediterranei che si trovano in prima linea”.
“Un orrore di cui il nostro paese è consapevolmente responsabile” scrive su Twitter Matteo Orfini, parlamentare del Pd.
(da agenzie)
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Luglio 28th, 2020 Riccardo Fucile
AVEVA 100 ANNI… PROTAGONISTA CON STREHLER, RONCONI E VISCONTI
Gianrico Tedeschi, decano del teatro italiano, è morto la notte scorsa nella sua casa di Crabbia di Pettenasco, sul lago d’Orta.
Attore teatrale e televisivo insieme raffinato e popolare, apprezzatissimo intrattenitore negli anni dei grandi varietà e volto noto al grande pubblico anche grazie a Carosello, aveva compiuto 100 anni il 20 aprile scorso, ricevendo per l’occasione un messaggio di auguri dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Da molti anni viveva a Crabbia sul lago d’Orta, nella casa dove aveva festeggiato anche il suo centesimo compleanno insieme alla moglie Marianella Laszlo, anche lei attrice, e alle due figlie: Sveva, che ha seguito le sue orme, ed Enrica, docente universitaria di sociologia, che ha raccolto la testimonianza del lavoro d’attore del padre in un dialogo-biografia dal titolo Semplice, buttato via, moderno.
Il ‘teatro per la vita’ di Gianrico Tedeschi in cui attraversa il secolo scorso intrecciando ricordi di vita personale e artistica. Così racconta la passione per il teatro: “Mio papà era appassionato di teatro ci portava tutte le domeniche e io, che avevo sei anni, mi annoiavo da morire. Poi una volta mi ha portato al Teatro Dal Verme a vedere Ermete Zacconi in Spettri di Ibsen. La sua recitazione mi ha talmente impressionato che da lì ho cominciato ad andare volentieri a teatro”.
Nato a Milano nel 1920, dopo il diploma parte per la guerra come ufficiale e partecipa alla campagna di Grecia. Dopo l’8 settembre finisce in un lager nazista ed è lì che inizia a recitare con i compagni di prigionia, tra cui Giovanni Guareschi e Enzo Paci.
Come lui stesso ricorda: “Sono diventato attore perchè sono stato in campo di concentramento”. Da allora non ha più smesso, dopo la Liberazione riesce a entrare in Accademia a Roma e nel 1947 debutta a teatro, scelto e diretto da Giorgio Strehler.
Inizia così una carriera di successo, che lo vede lavorare con registi che vanno da Luchino Visconti a Luca Ronconi, alternando autori e generi compresa la rivista e la commedia musicale tra cui un celeberrimo My fair lady nel 1964 con Garinei e Giovannini. Partecipa agli storici sceneggiati televisivi, diventa amato personaggio di un Carosello di dolciumi, lavora anche in radio con Raffaella Carrà e nel cinema con, tra i tanti, Bragaglia, Steno, Dessin e Rossellini.
In 70 anni di teatro ha recitato con Ruggero Ruggeri e Salvo Randone, passando per Anna Magnani, Marcello Mastroianni, Romolo Valli e tantissimi altri, ma anche Renato Rascel e Domenico Modugno, per arrivare ad avere accanto giovani come Massimo Popolizio, Sergio Rubini o Marina Massironi.
Con Strehler è stato Pantalone in Arlecchino servitore di due padroni nel ’74 e Peachum nell’Opera da tre soldi, poi La locandiera e Tre sorelle con Visconti, i lavori di Testori con Ruth Shammah, il Bernhard del Riformatore del mondo con la regia di Maccarinelli. Senza dimenticare un eccezionale Cardinale Lambertini di Testoni che ne dimostra la vitalità e curiosità di artista, e pronto a misurarsi anche col varietà e la commedia leggera, capace di cantare e muoversi danzando accanto a Delia Scala in My fair lady nel ’64 o a Ornella Vanoni in Amori miei.
Attore di grande versatilità , è tra i protagonisti della grande prosa televisiva interpretando I giocatori, Tredici a tavola, La professione della signora Warren, prende parte ai celebri sceneggiati della Rai, da Delitto e castigo (1963), a Il gabbiano (1969) e Demetrio Pianelli (1963). Offre prove brillanti anche nello spettacolo leggero: nel 1961 affianca Bice Valori e Lina Volonghi nel varietà di Antonello Falqui Eva ed io e nel 1977 partecipa a Bambole, non c’è una lira. Protagonista di Carosello, presta più volte il suo volto buffo e arguto per vari sketch pubblicitari, in particolare quelli delle caramelle. Nel 1972 partecipa anche alla trasmissione radiofonica Gran varietà , condotta da Raffaella Carrà , nel ruolo del Conversevole della Domenica, un oratore che si esprime in un linguaggio ricercato per un pubblico che lo comprende solo a tratti.
Nel 2000 rinnova il suo successo teatrale interpretando la malinconica pièce Le ultime lune di Furio Bordon (precedentemente affidato a Marcello Mastroianni, alla sua ultima apparizione teatrale), che porta in scena per dieci stagioni, seguito poi dall’impietoso Oldfiel in La compagnia degli uomini buoni di Bond con Ronconi, che gli vale il premio come miglior attore dell’anno nel 2011, quando aveva 91 anni. Nel 2016 l’ultimo spettacolo, Dipartita finale, accanto a Franco Branciaroli, Ugo Pagliai, Massimo Popolizio. Aveva 96 anni, e a chi gli chiedeva se non gli costasse fatica, rispondeva: ”Al contrario, la scena dà forza”.
(da agenzie)
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Luglio 28th, 2020 Riccardo Fucile
A FINE 2016 IL RESPONSABILE ANTICORRUZIONE DEL COMUNE DI VARESE E’ STATO COSTRETTO A COMUNICARE ALL’ANAC CHE FONTANA, NONOSTANTE VARI SOLLECITI, NON AVEVA PRESENTATO LA DICHIARAZIONE SUL PROPRIO STATO PATRIMONIALE
Mentre Attilio Fontana dimostra di avere una curiosa memoria selettiva sia nel suo intervento al consiglio di Regione Lombardia sia nell’intervista rilasciata a Repubblica in cui sostiene che i soldi in Svizzera non siano frutto di evasione fiscale, Luigi Ferrarella sul Corriere della Sera ci racconta di quando l’ANAC multò per mille euro l’allora sindaco di Varese. Indovinate per cosa?
Tradotto dall’ostrogoto burocratico, per capire di che si tratti bisogna intanto guardare l’articolo 47 del decreto legislativo n.33 del 2013, che prevede l’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 10.000 euro (in misura ridotta a 1.000 euro se pagata entro 60 giorni, un po’ come avviene per le contravvenzioni stradali), oltre alla pubblicazione appunto solo della notizia del provvedimento sul sito internet dell’amministrazione, a carico dei componenti degli organi di indirizzo politico che siano responsabili della «mancata o della incompleta comunicazione delle informazioni e dei dati di cui all’articolo 14 del medesimo decreto».
Quali sono e di chi? Sono i dati sulla situazione patrimoniale complessiva, al momento dell’assunzione in carica, dei «titolari di incarichi politici, di amministrazione, di direzione o di governo».
Fontana dal 2006 sino al 21 giugno 2016 era stato sindaco di Varese, dunque tenuto a depositare anche per il 2016 la dichiarazione sul proprio stato patrimoniale relativa al 2015.
Ma a fine 2016 il responsabile anticorruzione del Comune è costretto a comunicare all’Anac che Fontana, a dispetto anche di molti inviti a livello amichevole, non l’ha presentata. L’Anac chiede lumi, e alla fine di gennaio 2017 di nuovo il responsabile anticorruzione del Comune conferma che Fontana ha continuato a non trasmettere la dichiarazione di legge benchè gli sia stata sollecitata molte volte.
E a quel punto la dirigente dell’«Uvot-Ufficio vigilanza sugli obblighi di trasparenza», all’interno di Anac, sanziona l’ex sindaco leghista con 1.000 euro.
La prospettiva di questo costo, peraltro alleviato dall’assenza di pubblicità sul motivo della sanzione, nel 2016 deve evidentemente essere apparsa a Fontana di gran lunga preferibile al possibile costo reputazionale (per un politico sottoposto a standard di trasparenza ben più pregnanti che per un cittadino comune) del dover indicare–come altrimenti avrebbe dovuto fare se avesse ottemperato a presentare la dichiarazione 2016 sull’annualità 2015 – la disponibilità improvvisa di un nuovo cespite: i soldi in Svizzera della «voluntary disclosure» operata nel 2015 per sanare il «mancato assolvimento degli obblighi di monitoraggio fiscale dal 2009 al 2013».
Cioè il fatto di aver utilizzato la legge per il rientro dei capitali illecitamente detenuti all’estero, legge che Fontana, a titolo di erede dopo la morte in giugno della 92enne madre Maria Giovanna Brunella, nel settembre 2015 usò per «scudare» 5 milioni e 300.000 euro detenuti in Svizzera da due «trust» (strumento giuridico di origine anglosassone per proteggere il patrimonio), creati alle Bahamas nel 2005 (dopo un inizio nel 1997) quando Fontana presiedeva il Consiglio regionale, e nei quali la madre dentista figurava «intestataria», mentre Fontana risultava in uno il «soggetto delegato» e nell’altro il «beneficiario economico».
(da “NextQuotidiano”)
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