Ottobre 25th, 2020 Riccardo Fucile
UN CONSIGLIO: USATE IDRANTI CON CONCENTRATO DI COVID, TANTO NON ESISTE, COSI’ SI RINFRESCANO
A Berlino una manifestazione dei negazionisti del coronavirus è andata fuori controllo dopo pochi minuti. E al Tagesspiegel, un portavoce non ha nemmeno saputo confermare, verso l’ora di pranzo, gli arresti in corso per le vie del centro, documentate da numerosi video. Un bilancio sarà reso noto lunedì.
Ma, intanto, in mattinata è trapelata la notizia che nella notte tra sabato e domenica l’Istituto Robert Koch, ente governativo che centralizza i dati sul coronavirus, è stato attaccato “da ignoti” con delle bottiglie incendiarie. Una guardia di sicurezza è riuscita a spegnere le fiamme, penetrate anche all’interno dell’edificio.
A mezzogiorno, ad Alexanderplatz si sono ritrovati in più di duemila per protestare contro le restrizioni. Quando una ventina di agenti ha negato l’autorizzazione per l’avvio del corteo perchè quasi nessuno portava la mascherina, i manifestanti hanno forzato il blocco e si sono messi in cammino verso Karl-Marx-Allee, nella parte orientale della città , urlando slogan contro “la dittatura della sanità ”.
L’obiettivo era un cinema Kosmos, dove si sta tenendo – quasi tutto in digitale – il vertice mondiale della sanità (World Health Summit).
La protesta è stata proclamata da “Querdenker”, associazione che ha indetto molte manifestazioni contro le restrizioni in giro per la Germania, ma anche dall’avvocato Markus Haintz e da medici negazionisti come Bodo Schiffmann. La polizia ha reso noto di aver mobilitato complessivamente 600 agenti
Haintz sarebbe stato arrestato nel pomeriggio, almeno a giudicare da un video condiviso su Telegram da Attila Hildmann, uno dei più noti istigatori anti-restrizioni. Al grido di “circondiamo gli sbirri”, i manifestanti sono riusciti nel primo pomeriggio a circondare gli agenti, che erano palesemente pochi per contenere un corteo dalle intenzioni poco pacifiche. Un giornalista del Tagesspiegel sostiene di aver riconosciuto tra i protestatari “famosi estremisti di destra che erano presenti all’assalto al Reichstag” del 29 agosto scorso.
Vari tentativi della polizia di sciogliere la manifestazione sono falliti: i negazionisti non si sono mossi per ore dalla Karl-Marx-Allee e si sono persino agganciati l’uno all’altro continuando a gridare slogan come “noi siamo il popolo” o “resistenza, resistenza”.
A una camionetta dei pompieri e a un’ambulanza è stato impedito il passaggio. Mentre il cronista della Bild Til Biermann riportava teorie raccolte tra i manifestanti, come “i letti degli ospedali negli Usa sono in realtà vuoti, tutti i morti da Covid-19 sono morti di influenza” e ricordava l’attacco incendiario all’Istituto Koch, è stato aggredito da un pugno di persone che gli hanno tenuto una mano davanti alla telecamera e gli hanno urlato teorie cospirazioniste (“è tutto controllato dal capitale e da Bill Gates” la meno delirante). Il diverbio si è concluso con coretti di “Luegenpresse”, “stampa bugiarda” – slogan dell’era nazista, prediletto in questi anni dalle piazze xenofobe come Pegida.
Alle 16 si è tenuta un’altra manifestazione più contenuta. Lì è comparso Attila Hildmann, che ha urlato al pugno di manifestanti le sue parole d’ordine contro le restrizioni. Alle 17 ne era stata programmata un’altra ancora, imponente, al Grosser Stern, nella parte occidentale della capitale. Erano previste diecimila persone. Ma non si è presentato nessuno: la protesta è stata annullata pochi minuti prima dagli organizzatori.
(da agenzie)
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Ottobre 25th, 2020 Riccardo Fucile
IERI SERA A ROMA SI E’ ASSISTITO A UNA SCENEGGIATA DI RINCORSA A DISTANZA… EMBLEMATICO IL CASO DEL PONTE
Ieri sera a Roma tutto ha avuto inizio pochi minuti prima della mezzanotte, quando sono stati accesi alcuni fuochi d’artificio. In quel momento un gruppo di manifestanti, circa un centinaio, ha attaccato le forze dell’ordine, per poi disperdersi nelle vie intorno a piazzale Flaminio, con un fitto lancio di pietre e bottiglie verso gli agenti.
Alcuni cassonetti sono stati messi in mezzo alla strada, altri dati alla fiamme, mentre diversi motorini sono finiti a terra. Esplosi anche diversi petardi e bombe carta.
Le forze dell’ordine hanno risposto con alcune cariche a distanza, disperdendo i manifestanti. Bilancio: danni ad auto e alcuni agenti feriti.
Gli organizzatori: ultras da stadio e Forza Nuova, il solito binomio.
La diretta sui canali social
Chi, come noi, ha assistito alla diretta social è rimasto allibito, in modo particolare chi ha una certa dimestichezza con le manifestazioni di piazza.
In piazza c’erano 200 manifestanti che dopo si sono ridotti a una cinquantina.
Il segnale è stato l’esplosione di fuochi artificiali a cui è seguito lancio di sassi e bottiglie, la polizia che “spinge” i manifestanti con una carica di alleggerimento verso piazzale Flaminio, nessun contatto fisico.
Se lo scopo era quello di indirizzarli in tal senso ci si chiede perchè non ci fossero reparti della mobile pronti a “chiuderli” in modo da circoscrivere il loro raggio di azione.
Invece si è assistito un un inseguimento a piedi a distanza, sempre un centinaio di metri, con i manifestanti che lanciavano oggetti e la polizia che ogni tanto si fermava per “ricompattarsi” e gli automezzi blindati che seguivano gli agenti a piedi .
A nessuno è venuto in mente di indirizzarli alle spalle dei manifestanti chiudendo le vie di fuga.
La sceneggiata è andata avanti per mezzora fino ad arrivare a un ponte lungo un centinaio di metri, dove si è raggiunto il massimo.
A parte che nessun manifestante con un briciolo di cervello avrebbe mai preso un ponte dove rischi di trovarti in un imbuto con le forze dell’ordine che ti aspettano dall’altra parte e non puoi più andare nè avanti nè indietro, abbiamo assistito alla scena degli inseguitori che si “fermano” all’inizio del ponte in attesa degli automezzi (circa 10 minuti) poi solo quando arrivano avanzano sul ponte,
Nel frattempo i 50 manifestanti sono scomparsi su tre vie di fuga a loro disposizione. Ovviamente dall’altra parte del ponte non c’era nessun contingente di polizia.
Tutto questo in un’era tecnologica dove bastano dieci secondi per far convergere eventuali rinforzi.
Allora i casi sono due: o l’ordine non era di bloccarli ma solo di “accompagnarli” lasciando che facessero danni per poi pubblicizzarsi sui media o le forze di polizia non sono state coordinate come logica esige.
A voi trarre le conclusioni
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Ottobre 25th, 2020 Riccardo Fucile
TREDICI RAGIONI, UNA PIU’ VERA DELL’ALTRA
Sembra quasi impossibile da affermare perchè se ci guardiamo indietro nulla può sembrare più spaventoso della primavera scorsa, eppure, ogni giorno che passa, la sensazione che la fase di ritorno dell’epidemia sia più maligna, più complessa, più devastante della prima è sempre più opprimente.
Ed è così, in effetti, per molti motivi che ho provato ad isolare:
1) perchè il virus non è più invisibile. La grave mancanza di tamponi nella prima fase ha nascosto una verità ormai evidente: il virus è tra noi e lo è in maniera capillare, massiccia, infestante. Prima sembrava che toccasse agli altri, che fosse sfortuna, disattenzione, che fosse una questione di coordinate geografiche. Oggi, la maggior disponibilità di esami e tamponi anche per gli asintomatici, ci racconta una realtà diversa. Abbiamo tutti, in buna parte dell’Italia, amici, figli, parenti, colleghi a casa in quarantena o positivi o preoccupati. E noi come loro. Non ci sono focolai, ma un unico focolaio esteso e ben infiltrato. Si ammalano i famosi e i vicini di scrivania. I nostri gradi di separazione dal virus sono diminuiti spaventosamente. Sentiamo il suo fiato sul collo. E anche se non abbiamo paura di stare male o di morire, abbiamo paura di farci i conti.
2) come popolo siamo sfilacciati, disuniti, sgangherati. A marzo, nella paura, c’è stata almeno coesione. Oggi le bandiere tricolore sui balconi hanno lasciato spazio alle guerriglie per strada. Alle discussioni sulle mascherine, alle piazze negazioniste, alle liti sui treni e al bar. Non ci sentiamo più compatti, atterriti dalla stessa paura. Siamo nemici, ostili, arrabbiati. A marzo cercavamo cure, soluzioni, conforto. Oggi cerchiamo le colpe.
3) i virologi, i professori, gli esperti continuamente interrogati, si sono trasformati in oracoli inaffidabili, destabilizzanti, talvolta irresponsabili. Più virali di quel che studiano al microscopio, si sono lasciati contagiare senza possibilità di guarigione dal virus della tv, dell’esposizione mediatica, della fama. Hanno tolto tempo e ore preziose al loro lavoro per lanciare messaggi incoerenti con i loro stessi messaggi del giorno prima, hanno battibeccato tra di loro in tv come showgirl al tramonto, hanno perso, tragicamente, autorevolezza. Alcuni hanno scelto di dire quello che il loro governatore volevano che dicessero, chi non l’ha fatto come Crisanti è stato fatto fuori. I virologi politicizzati, quelli che minimizzavano, sono stati il male peggiore, nella fase estiva, e oggi anzichè essere ignorati dai giornalisti perchè evidentemente inaffidabili e pessimi profeti, continuano a occupare colonne di siti e giornali, a sedere nei salotti tv come se niente fosse. E noi, frastornati, guardiamo basiti i selfie compulsivi in ospedale di Bassetti o Remuzzi che dice “Non c’è evidenza scientifica che il lockdown funzioni” o la new entry Palù che, forse geloso dell’allievo che supera il maestro, dà dello zanzarologo all’ex allievo Crisanti, come farebbe una soubrette a Domenica Live. Il risultato è che non crediamo più a nessuno, doveva salvarci la scienza e invece non abbiamo più riferimenti, siamo in balia di un narcisismo accademico, presuntuoso, arrogante.
4) stiamo peggio perchè abbiamo meno soldi e sappiamo che con i bonus compri il pane, ma non c’è più futuro sugli scaffali. Chi cavalca questa terribile incertezza, minimizza il tema sanitario, tacendo una verità angosciante e indiscutibile, e cioè che “non c’è economia senza salute”. Stiamo provando a convivere col virus, tutti vorremmo poter gestire i contagi con freddezza burocratica, ma la verità è che l’epidemia travolge a cascata ogni settore della vita e del sistema.
E quando la curva dei contagi sale, si può tentare di far finta di nulla quanto si vuole, si possono tenere scuole, ristoranti, stadi aperti, ma presto o tardi gli ospedali andranno in tilt. E se gli ospedali vanno in tilt la gente ha paura, smette di uscire, di andare al ristorante, allo stadio, di salire sui treni. Non esiste un circuito virtuoso in cui l’economia e un’epidemia che oltre una certa soglia di contagi entra nelle terapie intensive possano convivere senza fermarsi, quando è ora di fermarsi. Continuare a illudere la gente che l’economia e la salute siano compartimenti stagni è ingannevole e destabilizzante. E oggi, molti italiani sono destabilizzati da questo messaggio.
5) le vacanze e quel “liberi tutti” colpevole e superficiale hanno creato l’illusione che il peggio fosse passato. Ci abbiamo creduto, tutti. O quasi tutti. Abbiamo creduto al clinicamente morto, al virus mutato, alle cariche virali ammosciate, a tutto. Abbiamo viaggiato, ballato, brindato e ora ci ritroviamo increduli, con un conto salatissimo da pagare e la sensazione di aver mangiato solo gli antipasti. Siamo arrabbiati e disillusi. E sappiamo che le vacanze come le abbiamo vissute quest’estate non ci saranno più concesse per una periodo indefinito e angosciante.
6) i complottisti, i negazionisti, i no-mask in questi mesi, hanno avuto tempo e modo di infestare il web e i bar di bugie, fante-teorie, menzogne ridicole e teorie pericolose. Mentre sfilavano le bare di Bergamo tacevano, quando è iniziato il meccanismo di rimozione sono andati a infettare tutta quella fetta di popolazione più irrazionale, sciocca, narcisista, con ambizioni rivoluzionarie, purchè le rivoluzioni non siano più impegnative che andare a insultare Burioni su fb. Il risultato è un esercito di ignoranti che “ci vogliono controllare”, “è un virus politico”, “non hanno fatto le autopsie”. E se rispondi “Istat dice che a marzo 2019 a Bergamo ci sono stati 1000 morti, a marzo 2020 6000, ti servono 5000 autopsie?” loro bofonchiano “Eh sì vedrai…”, lasciando intendere che loro sanno e tu no.
7) è peggio perchè la gente si ricorda della prima ondata, delle persone lasciate a casa a morire, delle bombole di ossigeno che mancavano, di quelli che morivano boccheggiando come pesci. Di quelli che arrivavano in ospedale ormai malconci, con polmoniti nella fase acuta, con i tamponi mai fatti. “C’è l’assalto ai pronto soccorso”, dicono. L’assalto è la paura di rimanere senza cure. Ed è una paura legittima.
8 ) è peggio perchè pensavamo di non rivedere più errori, trascuratezza, l’impreparazione della prima ondata. Invece scopriamo che ancora una volta non siamo preparati. Che la politica è rimasta immobile, che non si è pensato a prevenire il problema di trasporti, della mancanza di una rete territoriale capace di occuparsi dei malati a casa, dell’ ideazione di un piano razionale per gestire tracciamenti e quarantene. Ci sentiamo increduli e traditi.
9) traditi, soprattutto, dalla politica che ha pensato all’ondata delle elezioni regionali prima ancora che a quella del virus. L’immagine del sindaco De Magistris che ieri, in diretta tv, guardava la sua Napoli nel caos di un’oscena guerriglia con l’aria compiaciuta di chi stava assistendo non alla disfatta della sua città , ma alla disfatta dell’odiato De Luca, è il sunto di tutto. E De Luca, da parte sua, rimarrà lo sceriffo che ha riposto la pistola per farsi rieleggere e l’ha ritirata fuori dalla fondina dopo che è stato eletto. Dopo che aveva raccontato ai campani la favoletta spavalda e rassicurante della Campania più preparata del Nord, del Nord che s’è fermato a contare i morti, degli ospedali migliori d’Italia pronti a fronteggiare il virus, della macchina perfetta della sanità campana. Il giorno dopo la sua rielezione era già “Obbligo di mascherine all’aperto”, tre settimane dopo “Chiudo tutto”. Oggi è l’imbarazzo di dover rimettere i panni dello sceriffo mentre è scoppiata la rissa al saloon.
10) è peggio perchè la politica ha paura di decidere. Perchè la politica teme l’impopolarità più dei morti. E deciderà quando l’acqua sarà alla gola.
11) è tutto peggio di prima perchè non sappiamo dove andremo. Perchè siamo provati, stanchi, pessimisti. Perchè ci spaventa questa costante sensazione di vivere al presente, ci angoscia l’idea del tempo e delle opportunità rubati ai nostri figli. Non vediamo scadenze, non vediamo futuro.
12) è peggio perchè è autunno. Perchè la primavera, certi giorni, era una carezza che entrava dalle finestre. Oggi abbiamo le finestre chiuse, il cielo opaco, la pioggia sui vetri. Ci attende l’inverno e sarà un inverno senza neve con cui divertirsi, senza ponti per viaggiare, senza programmi per Capodanno, senza una nuova stagione da vivere, attraversandola. Ci scorrerà accanto, saremo scaldati dai termosifoni, scopriremo cos’è il Natale senza i nonni, senza l’ultimo maglione da arraffare nel negozio pieno, senza l’aperitivo coi colleghi, le messe piene, i bambini spaventati dal Babbo Natale al centro commerciale.
13) è peggio perchè non siamo terrorizzati. Siamo accasciati. Perchè pensavano fosse uno tsunami e invece è una marea bassa ma uniforme. E non sappiamo quanto salirà .
(da TPI)
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Ottobre 25th, 2020 Riccardo Fucile
L’ANALISI DELL’UNIVERSITA’ DELL’IHME DI WASHINGTON
Impennata di contagi, crescita dei morti, sovraccarico degli ospedali. Quasi nessuno, anche tra gli addetti ai lavori, si aspettava uno scenario così preoccupante della pandemia da Coronavirus già a ottobre.
E il futuro sembra non essere dei più rosei: secondo uno studio dell’Institute for health metrics and evaluation, finanziato dalla Fondazione di Melinda e Bill Gates, se non ci sarà una svolta rapida nella gestione della pandemia, in Italia le cose potrebbero andare molto peggio.
Secondo le proiezioni — che migliorano o peggiorano a seconda se si considerano eventuali interventi più restrittivi o misure di allentamento — già a fine novembre in Italia potrebbero esserci 450 morti in un giorno. Un dato triplicato rispetto a oggi (ieri ne sono stati registrati +151).
Essendo un dato giornaliero, si tratta di una previsione da prendere con le pinze, essendo molte le variabili che entrano in gioco nel day by day (in primis i ritardi nelle notifiche da Regioni e province). E infatti, in un certo modo, le previsioni dell’Ihme sembrano addirittura ottimistiche: per il 24 ottobre, l’Istituto aveva previsto 66 vittime, contro le 151 effettivamente registrate.
Secondo gli studiosi, potremmo avere un picco di oltre 650 vittime in 24 ore a metà dicembre. Il governo, che in queste ore è alle prese con la stesura del nuovo Dpcm, non è estraneo a previsioni di questo tipo. Già l’impennata di vittime registrata ieri, 24 ottobre, ha allertato l’esecutivo, che si aspetta una crescita significativa nei numeri già nei prossimi giorni.
Le previsioni dell’Imhe sembrano essere molto più generose anche stando ai contagi, che per ieri prevedevano circa 8.176 nuovi contagi (ne abbiamo avuti quasi 20 mila). Anche qui, qualora le cose non cambiassero, il picco si registrerebbe a metà dicembre, con oltre 36 mila casi in 24 ore.
Lo studio dà ragione anche a chi, in questi giorni, sta già gridando al sovraffollamento dei reparti in alcune aree territoriali (come la Lombardia). In tutta Italia, qualora non dovessero essere disposti ulteriori posti letto, a fine novembre potremmo arrivare a oltre 3 mila pazienti in terapia intensiva, per un totale di 1.310 posti attualmente disponibili (ma potenziabili). I posti letto per i ricoveri ordinari, invece, potrebbero superare quelli disponibili attorno al 26 novembre.
(da agenzie)
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Ottobre 25th, 2020 Riccardo Fucile
“PIU’ CHE IL COPRIFUOCO, SERVONO LOCKDOWN MIRATI”
La seconda ondata era prevedibile, ma non in questi numeri. Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute, si unisce alla fila di esperti che hanno ammesso stupore per l’impennata di casi da Coronavirus (ieri quasi 20mila nuovi contagi e 151 decessi) registrata già a metà ottobre.
Nonostante la presa alla sprovvista, per Ricciardi i colpevoli sono facilmente individuabili: le Regioni.
«Molte Regioni non hanno fatto ciò che dovevano fare quest’ estate per adeguare il sistema, e oggi ne paghiamo le conseguenze», ha detto in un’intervista di Mauro Evangelisti su Il Messaggero. I presidenti dei vari territori non avrebbero seguito il piano in 5 punti di Roberto Speranza, dice, e ora siamo in ritardo su tutta la linea.
«In una scala da 1 a 10 il mio livello di preoccupazione arriva a 9», ammette Ricciard. Cosa fare, quindi? «Lockdown mirati per evitare un lockdown nazonale», ripete. Chiusure non solo nelle città , ma anche nelle province o nelle Regioni che lo necessitano. Anche perchè le misure legate alla sola fascia oraria «non hanno alcuna evidenza scientifica».
Un cambio di rotta repentino, dunque, è quello che serve. Per evitare che altre persone muoiano in primis, ma anche per far sì che gli ospedali riescano presto a riadeguarsi per trattare pazienti non Covid. «Rischiamo di pagare, già adesso, un prezzo altissimo», dice Ricciardi. «Il potenziamento degli ospedali, che doveva essere fatto da giugno in poi, è mancato. Oggi gli ospedali riservati ai pazienti Covid sono già saturi, cosa che compromette l’assistenza ai pazienti di altre patologie».
(da agenzie)
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Ottobre 25th, 2020 Riccardo Fucile
“QUANDO SONO ENTRATO ERAVAMO IN 18, ORA CE NE SONO 84”
«Tra tanti “sommersi” che ho visto in questa avventura, io sono tra i “salvati”. E tanto basta». Dopo tre settimane di lotta contro il Coronavirus, il direttore de La Stampa Massimo Giannini è tornato a casa.
Pur essendo ancora positivo al tampone — racconta in un editoriale sul suo giornale — non ha sintomi da 3 giorni. A causa del numero crescente di malati, dovrà finire il decorso della Covid-19 a casa sua.
«C’è un drammatico bisogno di posti letto, per ricoverare i tanti, troppi pazienti gravi che arrivano in continuazione», scrive il giornalista, che ha annunciato di essere positivo lo scorso 5 ottobre. «Quando sono entrato io, solo al mio piano, eravamo in 18. Ora ce ne sono 84. Oltre la metà ha meno di 54 anni, ed è intubata e pronata». Sua madre, dice, è purtroppo ancora ricoverata.
Nel lungo articolo, Giannini ringrazia i medici, gli infermieri e tutti i sanitari che lo hanno accompagnato «fuori dal buio»: «Sono grato a tutti i sanitari che ho incontrato e conosciuto, tra terapia intensiva, sub-intensiva e reparto “pulito-sporco”, come si chiama nel nuovo gergo clinico imposto dal virus. La competenza, il sacrificio, la dedizione, la cura, la solidarietà : stavolta non salvano solo l’esistenza degli altri. Mettono in gioco la loro in ogni turno folle».
(da agenzie)
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Ottobre 25th, 2020 Riccardo Fucile
GIOVANNI GRASSO: “NESSUN CONTATTO CON IL PRESIDENTE”
“Ho il Covid sintomatico”. E’ positivo al coronavirus il portavoce del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, Giovanni Grasso.
Lo ha annunciato lui stesso. “Venerdì sera avevo la febbre alta, sabato ho fatto il tampone e stamattina ho avuto il responso: positivo. Da stamattina non ho febbre e sto discretamente bene. Tengo sotto controllo la saturazione dell’ossigeno e i valori sono assolutamente nella norma. Mercoledì pomeriggio avevo fatto il tampone ed ero risultato negativo. Per fortuna giovedì e venerdì, giorni in cui ero potenzialmente infettivo, non ho avuto contatti diretti con il Presidente”.
Grasso si trova in isolamento a casa sua. La moglie e il figlio sono negativi. “Al Quirinale – racconta – sono già partite le previste procedure di sanificazione e controllo”. “Questo virus è veramente infido”, commenta. Dieci giorni fa erano risultati il cuoco del Quirinale, e successivamente due suoi collaboratori. Tutti i locali erano stati sanificati e il personale era stato sottoposto a tampone.
Giovanni Grasso, 58 anni, cura da diversi anni la comunicazione del capo dello Stato e durante il lock down era stato protagonista del famoso incidente quando andò in onda per sbaglio uno spezzone di un discorso di Mattarella in cui si faceva riferimento ai capelli lunghi del Capo dello Stato: “Eh, Giovanni, non neanche io ho il tempo di andare dal barbiere”.
(da agenzie)
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Ottobre 25th, 2020 Riccardo Fucile
AVEVANO INVITATO ALLA CAUTELA E A ORGANIZZARSI, QUANDO IL GOVERNO ABBASSAVA LA GUARDIA PER ANDARE DIETRO ALLE BALLE SOVRANISTE DEL “LIBERI TUTTI”
“Se una gazzella vede un leone, non pensa che sia un ornitorinco solo per controllare l’ansia che sente dentro di sè. Incredibile: pensa che sia un leone”.
Parole del sociologo Luca Ricolfi, snocciolate in un’intervista di luglio con HuffPost, che ci ricordano i momenti della vita in cui si preferisce di gran lunga sentirsi dire che “andrà tutto bene”, anzichè dare credito ai grilli parlanti che sussurrano amare prospettive, anche quando, a conti fatti, si rivelano veritiere. Perchè lì, a proposito di Covid, parafrasando la vecchia canzone di Caterina Caselli, la verità “fa male, si sa”.
È accaduto con la fase-due, a partire da maggio inoltrato, e poi ancor di più con l’avvento dell’estate, quando le misure di contenimento si sono allentate e in molti hanno iniziato a credere che la pandemia fosse un mostro sulla via del declino, una questione sul punto di essere alle nostre spalle, o comunque gestibile tanto da permetterci di tornare alla nostra vita di prima.
In quel momento c’era chi, a costo di risultare impopolare o guastafeste, aveva cercato di aprire gli occhi sul prezzo che avremmo pagato per la nostra vita estiva a tratti spensierata, fatta di spiagge, discoteche, mangiate al ristorante e uso un po’ barocco della mascherina. Insomma, una serie di esperti che, in un modo o nell’altro, ci avevano avvertito sul costo salatissimo di una guardia abbassata, ma che si è preferito far finta di non sentire.
Il sociologo Ricolfi a luglio: “Non si può escludere che con l’arrivo della stagione fredda l’osservanza delle regole comportamentali non basti più, e l’epidemia riparta”
“Siamo nel momento più buio della notte”, ci raccontava Ricolfi il 10 luglio scorso, spiegando che seppur le cose effettivamente non stessero andando malissimo, era massima “l’incertezza interpretativa sui pochissimi dati che ‘Lor Signori’ hanno la benevolenza di comunicare a noi umili sudditi di questa sfortunata Repubblica”. A suo avviso, quello che era certo è che “nella prima metà di giugno, ossia in coincidenza della liberalizzazione degli spostamenti fra comuni, è successo qualcosa di grave e di nuovo”. Egli faceva notare che, sulla base di dati elaborati dalla Fondazione Hume, “fino ad allora, di settimana in settimana, il numero di province critiche diminuiva, da allora ha smesso di diminuire e, nelle ultime due settimane, ha cominciato a salire in modo sistematico e preoccupante”. Sul quel che sarebbe successo in autunno si definiva “assai meno sicuro” e si faceva una domanda: “Oltre a far ripartire l’economia, non dovremmo preoccuparci — proprio per il bene dell’economia — di evitare l’arrivo di una seconda ondata?”. Ma cosa, a quel tempo, lo rendeva poco incline all’ottimismo? “L’andamento del numero di persone sottoposte a tampone”. Nonostante le autorità nazionali avessero compreso che occorreva farne molti di più, “la maggior parte delle Regioni sta riducendo il numero di tamponi. Se ne facessero di più, anzichè di meno, i dati del numero di contagiati sarebbero ancora più inquietanti. E io non mi ritroverei ad essere fra i pochi che, da tre settimane, segnalano il pericolo”. Quando il sociologo parlava era un momento, lo ricordiamo tutti, in cui l’epidemia sembrava sotto controllo, ma lui ci aveva tenuto a indicarne i motivi: “Nè l’autodisciplina della popolazione adulta (quella giovanile è già fuori controllo), nè la tempestività delle autorità sanitarie nello spegnere i nuovi focolai, ma è semplicemente il fatto che i fattori climatici stanno contrastando e bilanciando quelli comportamentali”. Essendo, quando è stata rilasciata l’intervista, tempo di vacanze, Ricolfi aveva detto un’altra cosa che ora non può passare in sordina: “Posso sbagliare, naturalmente, ma per me è semplicemente incredibile che chi ci governa non abbia ancora voluto accettare una cosa di puro buonsenso: il turismo internazionale è incompatibile con una pandemia”. A tal proposito, però, secondo lui, “la responsabilità maggiore non ce l’ha il nostro governo (per una volta solidarizzo con Conte) ma ce l’hanno gli organismi internazionali, in primis l’Organizzazione mondiale della sanità e l’Unione Europea. Nessun paese può chiudere o limitare drasticamente i collegamenti internazionali se non lo fanno anche la maggior parte degli altri paesi”. E poi la sua sentenza sul quello che avremmo vissuto, in autunno e in inverno, se fosse arrivato il nuovo sciame epidemico: “Una catastrofe”.
L’infettivologo Galli a maggio: “La seconda ondata c’è stata in altri Paesi che hanno aperto”
Ben prima, a maggio, in occasione dell’apertura della fase-due, era stato il direttore del dipartimento di Malattie infettive dell’Ospedale Sacco di Milano, Massimo Galli, a indicare, in un’intervista a Repubblica, i rischi a cui da quel momento ci esponevamo e che ci avrebbero portato alla seconda ondata, ipotesi, spiegava, che “spaventa l’Organizzazione mondiale della sanità ” e che “c’è stata in altri Paesi che hanno aperto, anche se non ha portato situazioni drammatiche”. Si era passati alla fase-due “per motivi di assoluta necessità ”, ammetteva, ricordando però che eravamo “di fronte a un esperimento di riapertura che si fonda principalmente su mascherine e distanziamento”. Dov’era il punto? “Se l’apertura avviene è perchè non ci sono alternative, ma dobbiamo viverla con il massimo senso di responsabilità nei nostri comportamenti”. In sostanza, anche lui non negava la necessità di “non far morire le attività economiche”, ma avvertiva dei grandi rischi, soprattutto legati ai luoghi di maggior contagio, a suo avviso in primis il contesto familiare. “Il rischio è che si prenda il virus fuori e lo si porti in casa. Anche le aziende possono esserlo, molte si sono attrezzate autonomamente per limitare i focolai. Oggi per la prima volta sono uscito con mia moglie per una passeggiata, sono stato al parco Sempione. Ho trovato moltissime persone in giro, e questo non mi stupisce. È normale che la gente sia ormai portata a farlo, anche se benissimo non va: ho visto tanti giovani in gruppo, più o meno ammassati, qualcuno senza mascherina. Questo non va bene”.
Il virologo Crisanti ad agosto aveva proposto il suo Piano tamponi, ma non è stato attuato
Un altro “grillo parlante” da tempi non sospetti è Andrea Crisanti, direttore del Dipartimento di Medicina Molecolare della Università di Padova, che già ad agosto aveva proposto al governo un Piano, caduto nel dimenticatoio, che prevendeva il tracciamento di tutti gli appartenenti agli ambienti dei positivi e fino a 400mila tamponi per spegnere sul nascere i focolai. Il virgolo, che è famoso non solo per essere il fautore del progetto dei tamponi di massa per la Regione in Veneto, ma, suo malgrado, per la frase sul possibile “lockdown a Natale” che ha fatto andare preventivamente di traverso a molti sui social il panettone, è in ancora in attesa di un riscontro dall’esecutivo Conte. Il suo documento indicava una strategia per evitare la seconda ondata, che ora stiamo vivendo. “Ora — ha commentato al Sole24ore qualche giorno fa — a distanza di quasi tre mesi vengono emanati nuovi decreti del presidente del Consiglio, destinati ad impattare sulla nostra qualità della vita e sulle nostre attività lavorative, subiti pazientemente con la speranza che possano contribuire a diminuire il contagio”. Secondo lui, “si persiste nell’errore di non chiedersi come, ridotto il contagio con misure progressivamente restrittive, si faccia a mantenerlo a livelli bassi. La mancata risposta a questa domanda ci condannerà a una altalena di misure restrittive e ripresa di normalità che avrà effetti disastrosi sull’economia, l’educazione e la vita di relazione”. Una soluzione per convivere con il virus? “Portarlo al livelli trasmissione bassa in modo da mantenere una qualità di vita decente e portare avanti l’economia”, ha spiegato giorni fa ad Agorà su Raitre, e sa solo in un modo: “Interrompendo le catene di trasmissioni, ma con 10-12.000 casi al giorno nessun sistema è in grado di farlo”. E ora che i nuovi contagi sono quasi 20.000? La risposta viene da sè
Gimbe ad agosto: “Per la prima volta da inizio aprile incremento ricoveri in terapia intensiva”
All’elenco di chi invitava a frenare gli entusiasmi da “fuori pericolo” va aggiunta sicuramente la Fondazione Gimbe, che già in un comunicato del 13 agosto faceva notare “spie rosse che invitano a non abbassare la guardia e mantenere un grande senso di responsabilità individuale e collettiva”. L’analisi veniva dalle rilevazioni epidemiologiche effettuate dal 5 all’11 agosto. “Si conferma — dichiarava il presidente Nino Cartabellotta — non solo un trend in netta crescita dei nuovi casi e, in misura minore dei pazienti ospedalizzati con sintomi, ma per la prima volta da inizio aprile si registra un incremento dei ricoveri in terapia intensiva”. Lui parlava di “trend in progressivo aumento dei nuovi casi, siano essi autoctoni, di importazione (stranieri) o di rientro da italiani andati in vacanza all’estero”. Secondo i dati Gimbe, se nelle prime tre settimane di luglio i nuovi casi erano stabili (circa 1.400 per settimana), nelle ultime due erano progressivamente aumentati da: 1.736 nella settimana 22-28 luglio a 1.931nella settimana 29 luglio—4 agosto e a 2.818 nella settimana 5—11 agosto. “Purtroppo — rilevava il Cartabellotta — se da un lato Governo e Regioni cercano di mettere in campo nuove azioni per frenare la risalita dei contagi, la comunicazione pubblica continua ad essere influenzata da messaggi che minimizzano i rischi, ignorando totalmente dinamiche e tempistiche che condizionano la risalita della curva epidemiologica e facendo leva sull’analfabetismo scientifico di una parte della popolazione”. Infine, invitava tutti gli esperti a “fornire comunicazioni pubbliche equilibrate, oggettive e, nell’incertezza, seguire il principio di precauzione”. Altrimenti, diceva, “sull’avvio dell’anno scolastico incombe lo spettro di nuovi lockdown”.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 25th, 2020 Riccardo Fucile
SI POTRANNO SVOLGERE I CONCORSI, NULLA DI NUOVO SUI CENTRI COMMERCIALI E CIRCOLAZIONE TRA REGIONI… PREVISTI QUATTRINI ALLE CATEGORIE DANNEGGIATE
Nella notte, il premier Giuseppe Conte ha firmato il nuovo Dpcm che resta in vigore da domani, lunedì 26 ottobre, almeno fino al 24 novembre con misure più restrittive per cercare di contenere la nuova ondata di contagi in Italia.
Il decreto definitivo contiene minime modifiche, che sembrano però andare incontro alle richieste formulate ieri dalle Regioni. Addio cene fuori al ristorante, ma è salvo il pranzo domenicale.
Resta, infatti, lo stop alle 18 per le consumazioni in bar e ristoranti, ma viene consentita la loro apertura la domenica e i festivi, a differenza di come riportava la precedente versione del Dpcm.
Sciolti, dunque, i nodi che hanno creato discussioni e rallentamenti.
I centri commerciali resteranno aperti nel weekend e la Didattica a distanza per le scuole superiori è prevista almeno al 75 per cento: con questa aggiunta le Regioni potranno anche estenderla al 100 per cento come hanno richiesto con insistenza.
Si potranno ancora svolgere i concorsi pubblici e privati e c’è apertura ad una stretta anche sui trasporti con decreto però del ministro competente. Altra precisazione: nella nuova versione del Dpcm non c’è la chiusura dei confini regionali
Ristoranti e bar chiusi alle 18 ma aperti la domenica
Nella versione definitiva del Dpcm firmata questa notte dal premier resta la chiusura di bar, ristoranti, gelaterie e pasticcerie alle 18 ma è stata elimanata la parte relativa alla chiusura nei giorni festivi e la domenica: potranno restare aperti quindi ma sempre fino alle 18, come tutti gli altri giorni. Le attività dei servizi di ristorazione (fra cui bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie) durante la settimana resteranno aperte dalle 5 fino alle 18. Il consumo al tavolo è consentito per un massimo di 4 persone per tavolo, salvo che siano tutti conviventi; dopo le 18 è vietato il consumo di cibi e bevande nei luoghi pubblici e aperti al pubblico. Resta consentita senza limiti di orario la ristorazione negli alberghi e in altre strutture ricettive limitatamente ai propri clienti, che siano ivi alloggiati. Resta sempre consentita la ristorazione con consegna a domicilio nel rispetto delle norme igienico-sanitarie sia per l’attività di confezionamento che di trasporto, nonchè fino alle 24 la ristorazione con asporto, con divieto di consumazione sul posto o nelle adiacenze, nei limiti e alle condizioni di cui al periodo precedente.
Impianti sciistici aperti ai professionisti o su delega delle Regioni
A rischio le settimane bianche. Al momento “sono chiusi gli impianti nei comprensori sciistici”. Con una eccezione: possono essere “utilizzati solo da parte di atleti professionisti e non professionisti, riconosciuti di interesse nazionale dal Comitato olimpico nazionale italiano (Coni), dal Comitato Italiano Paralimpico (CIP) e/o dalle rispettive federazioni per permettere la preparazione finalizzata allo svolgimento di competizioni sportive nazionali ed internazionali o lo svolgimento di tali competizioni”. Gli impianti sono aperti agli sciatori amatoriali solo subordinatamente all’adozione di apposite linee guida Regioni o dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome, idonei a prevenire o ridurre il rischio di contagio e comunque in coerenza con i criteri di cui all’allegato 10, tenuto conto delle diverse tipologie di strutture ricettive”, riporta la versione definitiva del Dpcm firmata dal premier.
Gli spostamenti
La versione definitiva del Dpcm “raccomanda fortemente” di “non spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, salvo che per esigenze lavorative, di studio, per motivi di salute, per situazioni di necessità , per svolgere attività o usufruire di servizi non sospesi”. Rispetto all’ultima bozza, tuttavia, salta la specifica secondo cui era raccomandato di non spostarsi “dal Comune di residenza, domicilio o abitazione”. Il punto, nel corso delle riunioni di ieri, era stato tra i più discussi anche perchè nel governo circolava l’ipotesi del divieto di spostamenti tra le Regioni. Divieto che, nel testo firmato da Conte, non viene introdotto.
Salta divieto concorsi pubblici e privati
Si potranno ancora svolgere i concorsi pubblici e privati. Nel testo del Dpcm firmato dal premier Giuseppe Conte è infatti saltato il divieto di svolgimento previsto nella bozza. Alla lettera z dell’articolo 1 del testo circolato ieri, infatti, si afferma che “è sospeso lo svolgimento delle procedure concorsuali pubbliche e private e di quelle di abilitazione alla professione…ad esclusione di quelle per il personale sanitario e della protezione civile…fatte salve le procedure in corso”.
Confermata Dad per le superiori almeno al 75 per cento
La versione definitiva del dpcm conferma la Didattica a distanza al 75% negli istituti superiori. Nello specifico, le istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado adottano forme flessibili nell’organizzazione dell’attività didattica, incrementando il ricorso alla didattica digitale integrata, per una quota pari almeno al 75% delle attività , modulando ulteriormente la gestione degli orari di ingresso e di uscita degli alunni, anche attraverso l’eventuale utilizzo di turni pomeridiani e disponendo che l’ingresso non avvenga in ogni caso prima delle 9.
Possibile chiusura piazze alle 21
Ancora un’ulteriore freno alla movida. Delle strade o piazze nei centri urbani, dove si possono creare situazioni di assembramento, può essere disposta la chiusura al pubblico, dopo le ore 21, fatta salva la possibilità di accesso, e deflusso, agli esercizi commerciali legittimamente aperti e alle abitazioni private.
Stop a palestre e piscine
Per lo sport resta tutto come deciso ieri. Stop da domenica o lunedì delle attività di palestre, piscine, impianti nei comprensori sciistici, centri natatori, centri benessere, centri termali, “fatta eccezione per l’erogazione delle prestazioni rientranti nei livelli essenziali di assistenza, nonchè centri culturali, centri sociali e centri ricreativi”.
Eventi sportivi senza pubblico
Dopo lo stop a palestre e piscine il nuovo Dpcm conferma la sospensione degli “eventi e le competizioni sportive di ogni ordine e disciplina, svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato; restano consentiti gli eventi e le competizioni sportive, nonchè le sedute di allenamento degli atleti agonisti, riguardanti gli sport individuali e di squadra – riconosciuti dal Comitato olimpico nazionale italiano (Coni), dal Comitato italiano paralimpico (Cip) e dalle rispettive federazioni sportive nazionali, ovvero organizzati da organismi sportivi internazionali all’interno di impianti sportivi utilizzati a porte chiuse, ovvero all’aperto senza la presenza di pubblico, nel rispetto dei protocolli emanati dalle rispettive Federazioni sportive nazionali”.
Sospesi cinema e teatri. Le discoteche restano chiuse
Confermata la chiusura di cinema e teatri. “Sono sospesi gli spettacoli aperti al pubblico in sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche e in altri spazi anche all’aperto; restano comunque sospese le attività che abbiano luogo in sale da ballo e discoteche e locali assimilati, all’aperto o al chiuso”.
La raccomandazione: non ricevere persone in casa
Non divieti, ma raccomandazioni da tenere in casa per una maggior tutela. “Con riguardo alle abitazioni private, è fortemente raccomandato di non ricevere persone diverse dai conviventi, salvo che per esigenze lavorative o situazioni di necessità e urgenza”, riporta il nuovo Dpcm con misure anti Covid del governo Conte.
Vietate le feste
E ancora: “Sono vietate le feste nei luoghi al chiuso e all’aperto, ivi comprese quelle conseguenti alle cerimonie civili e religiose”. Il governo, infatti, avrebbe spiegato che il nuovo Dpcm prevede niente più banchetti e feste non solo dopo le cerimonie religiose (da matrimoni a comunioni) ma anche dopo quelle civili.
Chiuse sale bingo e parchi divertimento
Sospese anche le attività di sale giochi, sale scommesse e sale bingo e casinò. Come anche quelle dei “parchi tematici e di divertimento; è consentito l’accesso di bambini e ragazzi a luoghi destinati allo svolgimento di attività ludiche, ricreative ed educative, anche non formali, al chiuso o all’aria aperta, con l’ausilio di operatori cui affidarli in custodia e con obbligo di adottare appositi protocolli di sicurezza predisposti in conformità alle linee guida del Dipartimento per le politiche della famiglia”, si legge nel nuovo Dpcm.
Manifestazioni solo statiche, no cortei
Cortei vietati, ma ok ai sit-in purchè vengano rispettate le distanze di sicurezza. “Lo svolgimento delle manifestazioni pubbliche è consentito soltanto in forma statica, a condizione che, nel corso di esse, siano osservate le distanze sociali prescritte e le altre misure di contenimento”, riporta il Dpcm firmato nella notte.
Vietate le sagre e le fiere
“Sono vietate le sagre, le fiere e gli altri analoghi eventi. Restano consentite le manifestazioni fieristiche di carattere nazionale e internazionale, previa adozione di Protocolli validati dal Comitato tecnico-scientifico di cui all’ art. 2 dell’ordinanza 3 febbraio 2020, n. 630, del Capo del Dipartimento della protezione civile, e secondo misure organizzative adeguate alle dimensioni ed alle caratteristiche dei luoghi e tali da garantire ai frequentatori la possibilità di rispettare la distanza interpersonale di almeno un metro”, riporta il nuovo Dpcm.
Musei aperti con fruizione contingentata
I musei restano aperti ma con regole ben precise. Si legge: “Il servizio di apertura al pubblico dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura è assicurato a condizione che detti istituti e luoghi, tenendo conto delle dimensioni e delle caratteristiche dei locali aperti al pubblico, nonchè dei flussi di visitatori (più o meno di 100mila l’anno), garantiscano modalità di fruizione contingentata o comunque tali da evitare assembramenti di persone e da consentire che i visitatori possano rispettare la distanza tra loro di almeno un metro. Il servizio è organizzato tenendo conto dei protocolli o linee guida adottati dalle Regioni o dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome”.
Stretta sulle visite in Rsa
Attenzione massima nelle Rsa. L’accesso di parenti e visitatori nelle strutture di ospitalità e lungo degenza, residenze sanitarie assistite (Rsa), hospice, strutture riabilitative e strutture residenziali per anziani, autosufficienti e non, “è limitata ai soli casi indicati dalla direzione sanitaria della struttura, che è tenuta ad adottare le misure necessarie a prevenire possibili trasmissioni di infezione”, spiega il nuovo Dpcm.
(da agenzie)
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