Dicembre 7th, 2020 Riccardo Fucile
MASSIMO RIPEPI ORA SI E’ AUTOSOSPESO DAL PARTITO (DOPO LO SCOPPIO DELLO SCANDALO): SONO I DIFENSORI DELLA FAMIGLIA TRADIZIONALE
“Dopo un colloquio con i vertici di Fratelli d’Italia ho inviato richiesta di sospensione dal partito.
Adesso voglio dimostrare la mia estraneità a quanto mi viene sollevato e non può in alcun modo essere coinvolto Fratelli d’Italia in una accusa così infamante e infondata”. Massimo Ripepi, consigliere comunale a Reggio Calabria e capo di una comunità religiosa, che, stando a un documento del Tribunale locale dei minori, avrebbe consigliato ai genitori di tacere e non denunciare gli abusi subiti da una bambina, si è autosospeso da Fratelli d’Italia. Qual è la storia?
Massimo Ripepi fino a ieri era consigliere comunale di Fratelli d’Italia a Reggio Calabria. Ma non solo: Ripepi è pastore a capo della comunità religiosa della Chiesa Cristiana “Pace”. La stessa frequentata dai genitori della bambina abusata.
Pace è un un movimento cristiano fondato dall’autoproclamato apostolo Gilberto Perri, e poi guidato dall’eletto con FdI. Cosa c’entrano gli abusi? Secondo quanto emerge da un decreto del Tribunale dei minori che ha revocato la responsabilità genitoriale alla mamma e al papà della bimba sarebbe stato lui a dissuadere i due dal denunciare le violenze sessuali subite dalla minore. La piccola ora è stata affidata ai servizi sociali.
Il decreto del Tribunale dei minori, scrive il Fatto, che ne riporta anche alcuni passaggi, è stato trasmesso alla Procura di Reggio Calabria. Tutto inizia quando la mamma della bambina viene ricoverata in ospedale in Pneumonologia e non può accudirla. Anche il padre non riesce a gestire la situazione da solo. Allora i genitori chiedono aiuto al pastore della comunità religiosa, Ripepi:
L’esponente di Fratelli d’Italia, non indagato, stando a quanto si legge nel decreto avrebbe invitato i due genitori ad affidare la piccola alla “nonna e ciò malgrado tutti fossero a conoscenza del fatto che quest’ultima vivesse con il figlio, in passato condannato per violenza sessuale su minori”. Così è andata.
Ma una volta tornata a casa, la bambina ha raccontato alla madre i “particolari raccapriccianti degli abusi” subiti e lo zio, a giugno, è stato arrestato.
Poco prima i due genitori erano tornati dal pastore Ripepi, “venendo però dissuasi dal denunciare”.
La madre della piccola, infatti, “veniva messa in guardia dal Ripepi dal rischio di provocare, con una denuncia, il suicidio del fratello (lo zio, ndr ), del cui sangue sarebbe stata ‘responsabile davanti a Dio’ ”. La bambina, allora, si è confidata con i coetanei e ciò ha suscitato quelle che i giudici definiscono “le ire del Ripepi” nei confronti della donna “rimproverata di essere una madre di merda perchè incapace di far stare zitta la figlia”. “È una vicenda che suscita orrore e sgomento” per i consiglieri di centrosinistra che hanno chiesto a Fratelli d’Italia una “presa di posizione” e allo stesso Ripepi “le dimissioni immediate per indegnità dal consiglio comunale”.
Ripepi si è autospeso dal partito ma detiene tuttora la sua carica in comune dove presiede la commissione Vigilanza. Perchè i genitori avrebbero ceduto alle sue parole mettendo in pericolo la bambina?
Secondo quanto scrive Repubblica:
Vittime del carisma dell’uomo, i due hanno piegato la testa. In silenzio hanno accettato anche i rimproveri e le scenate del religioso, quando la storia è divenuta di pubblico dominio in comunità perchè la bambina ha iniziato a confidarsi con i coetanei. Ci sono voluti mesi perchè decidessero di uscire da quell’ambiente, altri ancora perchè iniziassero un percorso psicologico presso un centro antiviolenza. Di fronte alle operatrici e alle psicologhe, la storia alla fine è venuta fuori. I genitori si sono decisi a sporgere denuncia e immediatamente è intervenuto il tribunale dei minori, che ha deciso di tutelare in primo luogo la bambina.
Ripepi però respinge le accuse. Spiega che la mamma della piccola “in preda alla disperazione, ha fatto di tutto per cercare un capro espiatorio su cui scaricare sue esclusive responsabilità . La madre si è messa alla ricerca di persone che potessero aiutarla a riavere l’affidamento della figlia, sostenendo che fossi stato io a sconsigliarla di rivolgersi all’autorità giudiziaria”. Secondo la sua versione, Ripepi le aveva detto “di decidere lei liberamente cosa fare. Di questo ho già da tempo informato il pubblico ministero precedente”
Massimo Ripepi e la giornalista “figlia di Satana”
Massimo Ripepi è stato anche condannato con decreto penale per diffamazione nei confronti di una giornalista, Caterina Tripodi, per averla definita “Satana”, “figlia di Satana”, “Jezabel”, “Killer di anime”.
Al decreto penale Ripepi si è opposto. Ma quando sul Quotidiano del Sud sono stati ricordati anche i suoi inciampi legali, dall’ammonimento orale per stalking ai danni di un’ex adepta ad un processo per diffamazione scaturito dall’opposizione ad un decreto penale di condanna, lui ha ben pensato di lanciare una crociata contro la giornalista che ne ha scritto.
Nei suoi sermoni, Caterina Tripodi — principale notista politica del quotidiano locale — è diventata la “figlia di Satana” reclutata dal demonio per una missione molto precisa: “distruggere Massimo Ripepi perchè Dio lo vuole sindaco per cambiare una città gestita dai figli di Satana”.
Le frasi nei confronti della giornalista sono state riportate da Giornalisti Italia, che ha segnalato anche la «Piena solidarietà alla collega del “Quotidiano del Sud” Caterina Tripodi, ancora una volta vittima di frasi denigratorie e offensive da parte del consigliere comunale di Reggio Calabria, Massimo Ripepi», espressa dal Sindacato Giornalisti della Calabria e dal Gruppo Cronisti Calabria, attraverso le parole di Carlo Parisi, segretario del Sindacato Giornalisti della Calabria e segretario generale aggiunto della Fnsi, Michele Albanese, presidente del Gruppo Cronisti Calabria e responsabile Fnsi per la legalità , e Lucio Musolino, rappresentante della Calabria nell’Osservatorio nazionale sulla legalità della Fnsi.
Racconta il quotidiano che Ripepi ha replicato ad un articolo pubblicato dal Quotidiano del Sud che, oltre ad un’analisi politica relativa alla scelta del candidato a sindaco di Reggio, riportava (per dovere di cronaca) quelli che sono stati definiti “i nuovi guai giudiziari” di Ripepi, “già richiamato dal questore per stalking”.
Nelle ore successive alla sua replica, infatti, molti frequentatori della sua chiesa (che lo chiamano “papà ” e che pendono dalle sue labbra) si sono scatenati sui social aggredendo, questa volta sì ferocemente, la collega Tripodi definita “figlia di Satana”, “reclutata da Satana”. E ancora: “Vuole distruggere Massimo Ripepi perchè Dio lo vuole sindaco per cambiare una città gestita dai figli di Satana”
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 7th, 2020 Riccardo Fucile
LE DIFFERENZE RISPETTO ALL’ITALIA: LA GESTIONE AFFIDATA A STRUTTURE GOVERNATIVE
Tra il dire e il fare c’è di mezzo…la task force. Capire come incanalare i fiumi di denaro che arriveranno se e quando sarà effettivamente operativo il Recovery fund europeo da 750 miliardi di euro, è una sfida con cui si stanno confrontando tutte le capitali Ue, soprattutto quelle più a Sud.
Lo scorso agosto si è insediata la Recovery and resilience task force, un’articolazione della Commissione europea che ha il compito di supportare gli Stati membri nell’elaborazione dei rispettivi piani che attingeranno ai fondi europei. Sarà quindi l’ interlocutore dei governi nel confronto sulle misure da adottare in ciascun Paese e avrà il compito di monitorare l’effettiva attuazione dei piani.
La task force lavorerà con la Dg Ecfin, che fa capo al commissario Paolo Gentiloni, ma risponderà direttamente alla presidente Ursula von der Leyen. Se tutto fila liscio, e non è detto visto la posizione assunta da Polonia e Ungheria, i primi fondi potrebbero arrivare agli stati all’inizio della prossima estate.
Fino allo scorso settembre quasi tutti i paesi erano ancora fermi alla casella di partenza. “In diversi Stati membri il problema principale — aveva affermato un funzionario europeo — è mettere in piedi una struttura interna che gestisca il piano, dotata di personale e competenze adeguate e con la necessaria copertura politica». Negli ultimi due mesi però qualcosa si è mosso.
Come è noto all’Italia, principale beneficiaria, almeno come valori assoluti, vengono messi a disposizione poco più di 200 miliardi, di cui però “solo” 80 sono trasferimenti, il resto prestiti.
Il governo ha per ora immaginato una task force composta da sei manager coadiuvati da ben 100 tecnici, anche se sembra che nelle ultime ore si stia pensando ad una struttura più snella.
Le risorse dovrebbero essere concentrate su una selezione di 60 progetti. Oggi il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha spiegato che “c’è un percorso veloce e cristallino per valorizzare al massimo quella che per l’Italia è una occasione storica, con 209 miliardi che devono cambiare le nostre vite”.
E gli altri cosa fanno?
I due paesi più direttamente confrontabili con l’Italia, per dimensioni dell’economia ed entità delle somme da gestire, sono Francia e Spagna. Madrid ha a disposizione circa 140 miliardi di euro, 73 miliardi sotto forma di trasferimenti e 66 come prestiti.
Il governo, per ora incerto se ricorrere anche ai prestiti, ha indicato alcune priorità di destinazione dei fondi. Le voci sono investimenti per la conversione verde delle attività produttive, per la digitalizzazione dell’economia, per nuove infrastrutture di trasporto e per promuovere la ricerca tecnologica.
Dopo un dibattito piuttosto acceso, Madrid ha deciso che la gestione dei fondi sarà affidata unicamente al governo, senza il supporto di soggetti esterni. Nella cabina di regia entrerà quindi un gruppo di ministri, sotto la guida del primo ministro Pedro Sanchez.
La Francia dovrebbe ottenere da Bruxelles fino a 50miliardi di euro di trasferimenti. Non avrà invece accesso ai prestiti, anche perchè Parigi ai tassi con cui si finanzia oggi sui mercati (negativi anche sulle lunghe scadenze) non avrebbe nessuna convenienza a riceverli. Il paese sembra essere quello dove lo stato dei lavori è più avanzato.
A settembre è stato presentato il piano “France Relance” da 100 miliardi di euro, che incorpora i fondi in arrivo da Bruxelles.
Il piano è molto focalizzato sulle imprese e per questo ha già ricevuto critiche nel paese. Venti miliardi sono infatti destinati alla riduzione delle tasse sulle aziende e altri 35 ad investimenti in competitività ed innovazione.
Contestualmente alla messa a punto del piano è stato creato il commissariato al Piano per gestirne l’attuazione. A capo della struttura c’è Franà§ois Bayrou, politico, ex ministro dell’Istruzione e della Giustizia che riferirà direttamente al governo e, in particolare, al ministro dell’Economia Bruno Le Maire.
Come in Spagna quindi la gestione del piano avviene all’interno dell’esecutivo, anche se Bayrou sarà naturalmente affiancato da tecnici. Va detto che questa struttura era già rodata: il commissariato risorge dopo essere andato “in pensione” nel 2006 e aver operato per oltre 4o anni.
In Germania, invece, la discussione sugli aiuti che arriveranno dall’Europa è molto meno sentita. Berlino infatti dovrebbe ricevere circa 23 miliardi di euro di trasferimenti. Briciole rispetto al Konjunkturpaket da 130 miliardi che il governo di Angela Merkel ha approvato lo scorso giugno per aiutare famiglie, imprese ed enti locali.
La manovra per il 2021 presentata dal ministro delle Finanze Olaf Scholz (Spd) prevede altri debiti per 96 miliardi di euro.
In pratica, il pacchetto che il governo ha approvato nel giugno scorso è un Recovery plan interno, finanziato autonomamente, che ha puntato su 50 misure per uscire dalle crisi. Ora Berlino dovrà decidere quali di queste finanziare con i soldi europei.
(da “IL Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 7th, 2020 Riccardo Fucile
ORA SI ATTACCA AL RECOVERY FUND, DOMANI AL PRIMO TRAM CHE PASSA… SE SI ANDASSE A VOTARE NON ARRIVEREBBE NEANCHE AL 3%: PIU’ VISIBILITA’ CERCA E MENO VOTI PRENDE
Il vertice convocato ieri nel tardo pomeriggio dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte con i capi
delegazione in vista del Consiglio dei ministri di oggi sul Recovery Fund si è concluso con un colpo di scena: i rappresentanti di Italia Viva hanno lasciato il tavolo per protestare contro il metodo utilizzato dal premier.
Secondo i racconti dei ministri citati dal Corriere della Sera, Boschi e Rosato hanno lanciato un “assalto” al tavolo di maggioranza e il premier sarebbe rimasto “basito”, avendo compreso, secondo le parole di un esponente del governo “che il problema di Renzi non è tanto il merito delle cose, quanto la volontà di far saltare Conte”.
Un’ipotesi tutta da verificare, ma che dà l’idea del livello della crisi.
Ad essere contestata, secondo quanto spiega oggi Matteo Renzi in un’intervista a Repubblica, è la formula della task force scelta da Conte. “Il Recovery è l’ultima occasione che abbiamo per progettare il futuro del nostro Paese. Penso che la maggioranza debba fare una riflessione seria su cosa fare e su come farlo”, dice il leader di Italia viva, e aggiunge: “A luglio ho chiesto pubblicamente a Conte, in aula, di avere un dibattito parlamentare su questo tema, anche utilizzando agosto se necessario. Per mesi abbiamo ricevuto solo silenzio e task force. Poi all’improvviso, dopo tante dirette Facebook, in una intervista al direttore di Repubblica il premier comunica agli italiani che è tutto già pronto e che ci saranno dei tecnici a gestire il tutto”. E ancora: “Del merito non sappiamo niente. Sul metodo siamo contrari“.
“Questo modo di fare non è solo sprezzante: è sbagliato”, sostiene Matteo Renzi. “Siamo contrari a sovrastrutture di centinaia di consulenti che stanno al Recovery Fund come i navigator stanno al reddito di cittadinanza. Il futuro dell’Italia dei prossimi vent’anni non lo scrivono Conte e Casalino nottetempo in uno stanzino di Palazzo Chigi”.
Il leader di Italia Viva intima: “Spero che il premier si fermi prima di mettere ai voti una scelta non condivisa”. Per votare sì, Renzi pone una condizione: “L’Italia ha già decine di migliaia di funzionari pubblici, migliaia di dirigenti, venti ministeri. Il problema non è assumere altra gente, ma capire qual è la visione dei prossimi anni. Se la risposta è un’altra inutile task force di 300 consulenti, se la votino da soli“.
Può anche aver ragione sul metodo, il problela sta proprio nella visione che ha lui, ormai ruota di scorta degli interessi industriali
(da agenzie)
Al vertice di ieri non è mancata la reazione del Pd. Il segretario Nicola Zingaretti ha ottenuto che la cabina di regia voluta da Conte sul Recovery, che avrà poteri speciali per accelerare gli investimenti, non potrà sostituire i ministeri di spesa nè le Regioni. Una mossa che a Palazzo Chigi arriva come un altro avvertimento e che si aggiunge alla spaccatura già presente nel Movimento Cinque Stelle a proposito della riforma sul Mes.
(da agenzie)
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Dicembre 7th, 2020 Riccardo Fucile
TAJANI, GHEDINI, RONZULLI, MULE’, SCHIFANI PRO-LEGA DA UNA PARTE, BRUNETTA, POLVERINI, NAPOLI, CARFAGNA E PRESTIGIACOMO DALL’ALTRA
Lo sfogatoio della riunione del gruppo alla Camera di mercoledì sera è stata la cartina di tornasole di tensioni, malumori, ripicche, scontri ideologici e personali che ormai dominano in un partito come Forza Italia diviso fra due anime, quella che preme per un centrodestra unito a tutti i costi e quella che aspira ad un ruolo autonomo.
Ma il confronto anche molto aspro non ha ancora portato a una rottura.
Anzi, faticosamente si sta lavorando ad una mediazione che tenga tutti o quasi dentro, vista la necessità di allinearsi al leader, Silvio Berlusconi.
Il vicepresidente azzurro Tajani dall’inizio sostiene le ragioni del no di Berlusconi alla riforma del Mes, spiegando che la contrarietà nasce da lontano e non dipende dal diktat di Salvini (col quale comunque il patto sarebbe stato siglato nei giorni scorsi).
Con lui sta quasi tutto lo stato maggiore di FI: da Ghedini alla Ronzulli, dalla Bernini a Schifani, da Mulè a Giacomoni.
Dall’altra parte c’è soprattutto Gianni Letta, che ha costruito la linea «responsabile» di FI suggellata con il voto sullo scostamento di Bilancio, la Gelmini, un nutrito gruppo di deputati come Polverini, Napoli, Occhiuto, Russo, Prestigiacomo, Ruggieri, l’area vicina a Mara Carfagna. E, naturalmente, Brunetta. Che ha tuonato contro la scelta di respingere la riforma del Mes e lo ha fatto con toni talmente alti da indispettire Berlusconi, che sarebbe sbottato ponendo un aut-aut: o rientra nei ranghi, o non può più essere responsabile economico del partito.
(da agenzie)
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Dicembre 7th, 2020 Riccardo Fucile
DA UNA CHE A PAROLE CHIEDE SEMPRE CONDANNE ESEMPLARI UN BELL’ASSIST AGLI IRRESPONSABILI… CHI METTE A RISCHIO LA VITA DEGLI ALTRI E’ EQUIPARABILE A UN DIVIETO DI SOSTA, UNA MULTA E VIA
Lei chiede sempre condanne esempliate per tutti. Ma se si tratta di negazionisti o furbetto del
lockdown allora diventa ‘sensibile’, perchè sa che quello è un potenziale luogo da sfruttare elettoralmente.
Che ha detto la capa di Fdi
“Il coordinatore del Comitato tecnico scientifico, Agostino Miozzo, propone di perseguire penalmente chi produce un’autocertificazione falsa. Per Miozzo la già pesante sanzione amministrativa non è sufficiente e bisogna trascinare i cittadini davanti un giudice penale. Mi auguro che il Governo non voglia dare seguito a questa proposta assurda.
Parole che la presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, ha affidato a Facebook.
C’è un piccolo problema: chi in tempi di pandemia viola le regole dichiarando il falso mette a repentaglio non solo la sua ma la salute di tutti. E con 60 mila morti per Covid non esattamente giusto paragonarlo a un divieto di sosta
(da agenzie)
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Dicembre 7th, 2020 Riccardo Fucile
DAI TAMPONI GRATIS PER TUTTI AL PATENTINO DI NEGATIVITA’
Il professore dell’Università di Padova, ideatore del modello di Vo’ Euganeo, aiuterà i sardi a sbarazzarsi del virus attraverso «un piano preciso per utilizzare i tamponi rapidi e concludere lo screening con quelli molecolari»
Andrea Crisanti volerà in Sardegna da gennaio come consulente della Regione guidata da Christian Solinas, «subito dopo l’Epifania», per implementare un piano per debellare il Coronavirus «entro l’estate». Il direttore di Microbiologia all’Università di Padova, in un’intervista a L’Unione Sarda, spiega che il suo ruolo consisterà nell’organizzare «un piano preciso per utilizzare i tanti tamponi rapidi che abbiamo disponibili, concludere lo screening con quelli molecolari e diminuire così il numero di infetti». Una sorta di modello Vo’ Euganeo, «test di massa per arrivare a zero trasmissioni».
Le tre fasi del piano
Crisanti anticipa una delle prime misure concrete che vuole implementare, ovvero incrementare il numero di tamponi analizzati quotidianamente: «Dobbiamo raddoppiare, arrivare a diecimila esiti al giorno ma credo che in quattro, cinque mesi questo si possa fare».torna a ripetere: «Possiamo dividere il nostro piano in tre parti. La prima: pianificare in maniera capillare l’analisi con i test rapidi, poi eliminare i casi residui con quelli molecolari. E infine il terzo step: mantenere lo scenario ottimale».
Il microbiologo si è posto come obiettivo quello di rendere l’isola Covid free entro la prossima estate. Uno scopo che, per Crisanti, è raggiungibile poichè in Sardegna «partiamo già con una condizione favorevole visto che abbiamo un Rt sotto l’uno. Poi c’è una bassa densità di popolazione e questo agevola per svolgere i test». L’età media, particolarmente alta nella regione, non preoccupa invece Crisanti: «È chiaro che la popolazione è più vulnerabile ma ai fini della trasmissione ormai l’età alta non c’entra molto»
Torna l’idea del patentino di negatività
La sfida sarà quella di liberare la Sardegna dal virus e mantenerla Covid free: «L’isola, nell’estate scorsa, è stata vittima di decisioni che non hanno preservato il suo patrimonio». Crisanti già immagina un sistema di ingressi controllati e rispolvera l’idea di un patentino di negatività : «Far entrare solo chi dimostra di avere un test negativo e in mancanza di questo far trascorrere quattro, cinque giorni in casa».
(da agenzie)
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Dicembre 7th, 2020 Riccardo Fucile
L’INFETTIVOLOGO GALLI METTE IN GUARDIA SULLA TERZA ONDATA
Il calcolo è di Massimo Galli, direttore del reparto malattie infettive del Sacco di Milano. “E’ un conto
che mi fa fatica fare: piu’ di 20mila morti li avremmo potuti in larga misura evitare”.
Lo ha detto l’infettivologo ad Agora’ su Rai 3, a proposito delle conseguenze causate dall’allentamento del rispetto delle misure anti-Covid in estate.
Meglio stringere i denti ora per scongiurare una terza ondata?
“Ovviamente si’ – ha risposto – sono cose che stiamo ripetendo da giorni. Se riesci a stabilire una tendenza favorevole, vuol dire che le misure prese stanno dando risultati ma non vuol dire che il virus sia scomparso. Non cantiamo la stessa canzone che è stata cantata piu volte, anche spesso stonando, del periodo estivo… il mancato rispetto delle note di questa canzone ci ha portato alla terribile ripresa autunnale”.
L’infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano calcola in termini di vittime le libertà estive che si è concessa l’Italia. E mette in guardia dalla terza ondata: «La sicurezza di tutti comincia dai comportamenti dei singoli, di ognuno di noi»
Il conteggio è doloroso, forse approssimativo dato che si parla di morti e ogni singola perdita ha un peso importantissimo. Ma se a farlo è Massimo Galli, uno dei più accreditati esperti italiani nella lotta alla pandemia di Coronavirus, c’è da prendere seriamente la stima: «È un conto che mi fa fatica fare. Più di 20mila morti li avremmo potuti in larga misura evitare». Il riferimento e all’allentamento delle misure estive in Italia, che secondo il medico avrebbero contribuito alla violenza con cui si è abbattuta la seconda ondata pandemica.
Il direttore del reparto di Malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano, ai microfoni di Agorà , ha ribadito l’importanza delle restrizioni previste per le festività natalizie al fine di scongiurare una terza ondata: «Se riesci a stabilire una tendenza favorevole, vuol dire che le misure prese stanno dando risultati, ma non vuol dire che il virus sia scomparso
(da agenzie)
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Dicembre 7th, 2020 Riccardo Fucile
L’EFFETTO DEL DPCM SUI PREZZI DEI VOLI
Nemmeno le compagnie low cost vengono in soccorso dei fuorisede. I prezzi dei voli sono fuori controllo e, tra aereo, transfer e tampone, tornare a casa diventa un lusso. Ecco quali sono i prezzi della vergogna
Se lavori al Nord e vuoi tornare al Sud per Natale devi sapere che non sarà affatto facile. Dal costo dei voli a quello dei treni, passando per i biglietti del bus che porta in aeroporto fino al tampone necessario per trascorrere in sicurezza le festività in famiglia (così da scongiurare contagi da Covid).
Il più caro in assoluto — secondo un’indagine di Open effettuata il 6 dicembre alle ore 12 simulando l’acquisto di un volo di andata il 20 dicembre e uno di ritorno il 3 gennaio — è il Milano-Bari con Alitalia. Occorreranno 517 euro.
Subito dopo ci sono il Milano-Lamezia, con Wizzair, a 359 euro andata e ritorno o un Milano-Catania a 376 euro. Voli che, in altri periodi dell’anno, possono costare anche pochi euro.
L’effetto rincaro, già tipico delle festività tanto più con alcuni trasporti contingentati per rispettare il distanziamento, è stato probabilmente accelerato dal Dpcm di Natale che ha vietato lo spostamento tra le regioni dal 21 dicembre al 6 gennaio.
E, infatti, il problema prezzi non riguarda solo gli aerei. Non va meglio con i treni veloci — tra l’altro è falso dire che siano strapieni, infatti sono ancora molti i posti disponibili nonostante la capienza ridotta al 50 per cento — dove si raggiungono i 379 euro per arrivare a Napoli da Milano o i 353 euro per andare a Palermo sempre dal capoluogo lombardo. Una traversata, o meglio un viaggio della speranza, che dura circa 15 ore e che prevede, ovviamente, l’attraversamento dello Stretto. Non proprio un bell’affare.
Con i costi non scherza nemmeno Ryanair, la compagnia low cost irlandese, dove un Bologna-Palermo raggiunge i 359 euro mentre un Milano-Catania i 422. Senza considerare, poi, il Milano-Bari a 321 euro: attenzione, in questo caso solo da Bergamo perchè da Malpensa è già tutto esaurito. Per raggiungere il capoluogo pugliese, forse, la soluzione migliore resta quella del bus a 139 euro andata e ritorno.
Costano poco meno, le tratte da Roma: per Catania 223 euro con Wizzair, per Palermo 245 con Alitalia. Ancora a prezzi molto alti i biglietti aerei offerti da Alitalia da Milano per Lamezia a 472 euro, per Palermo a 468 e per Catania a 408 mentre per raggiungere Bari, con Wizzair, si spende poco meno, 315 euro.
Insomma, ancora una volta si assiste a un aumento considerevole dei costi dei biglietti aerei e dei treni che, solitamente, non hanno prezzi così elevati.
A questo si aggiunga il costo di un tampone (consigliato) e del trasporto da e per l’aeroporto, cioè almeno altri 70 euro.
In altre parole, un fuorisede che vuole raggiungere Bari da Milano dovrà sborsare circa 600 euro. E intanto, mentre si attende l’intervento del ministero dei Trasporti con le cosiddette tariffe sociali, resta il dato di fatto che tornare a casa per Natale è un lusso.
(da Open)
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