Settembre 19th, 2022 Riccardo Fucile
“E PENSO A COME LA SI POSSA USARE PER TIRARE FUORI IL BENE DAL MALE, LA GIOIA DI VIVERE DALLE DIFFICOLTÀ”
“Napoli in qualche modo mi ricorda Buenos Aires. Perché mi parla del Sud”. E’ uno dei passaggi della lunga intervista esclusiva che Papa Francesco ha rilasciato al Il Mattino, per i 130 anni del quotidiano partenopeo.
Un dialogo, quello con il direttore Francesco De Core ed Angelo Scelzo, ex vicedirettore della Sala Stampa Vaticana (una sua dichiarazione nel servizio, ndr.), che parte da Napoli e dal ricordo delle visite del Pontefice in città.
Come ho detto a Napoli tre anni fa – ricorda Francesco – il Mediterraneo è matrice storica, geografica e culturale del dialogo. Ho visto con i miei occhi gli occhi dei migranti. Ho visto la paura e la speranza”.
Il Papa cita la piaga della malavita organizzata, l’infanzia rubata ai bambini privati della loro innocenza, il sacrificio di don Peppe Diana e Giancarlo Siani, fa riferimento alla Terra dei fuochi. Ma ora è “il tempo di reimpostare la rotta sottolinea il Pontefice – Napoli è in qualche modo un paradigma della questione meridionale”.
“Se penso a Napoli, alla sua storia, alle difficoltà che l’hanno attraversata, penso alla straordinaria capacità creativa dei napoletani. E penso a come la si possa usare per tirare Fuori il bene dal male, la gioia di vivere dalle difficoltà”.
“L’allegria. Il pensare positivo. La resilienza. La generosità. Sono queste le doti di Napoli che ammiro di più dice Francesco. Insieme alla capacità di vedere davvero i poveri, di guardarli negli occhi e di non restare indifferenti. Penso che dai napoletani ci sono tante cose da imparare”.
(da Rai)
argomento: Politica | Commenta »
Settembre 19th, 2022 Riccardo Fucile
LE ARMI AMERICANE ED EUROPEE IN MANO ALL’ESERCITO DI ZELENSKY STANNO RICACCIANDO “L’ARMATA LESSA” VERSO IL CONFINE RUSSO E IL CREMLINO RIDIMENSIONA GLI OBIETTIVI MILITARI E POLITICI
Quanto territorio ha riconquistato l’Ucraina grazie all’avanzata sferrata da inizio settembre? Circa 60.000 chilometri quadrati, secondo quanto calcolato dall’Institute for the study of the war (ISW), un centro studi americano che segue da vicino il conflitto scoppiato a febbraio con aggiornamenti quotidiani e mappe che mostrano l’evolversi della situazione sul terreno.
Sessantamila chilometri quadrati – per dare un’idea – sono un territorio più vasto della Sicilia e della Sardegna messe assieme.
E la situazione è in continua evoluzione dopo che le armate di Mosca sono state costrette ad arretrare e il Cremlino a ridimensionare i suoi obiettivi sia militari che politici.
La prima fase
Allo scoppio del conflitto, il 24 febbraio 2022, l’obiettivo strategico di Putin è abbattere il governo di Zelensky sostituendolo con un regime amico. Per questo il primo attacco viene sferrato nella zona di Kiev, in particolare sull’aeroporto di Hostomel individuato come testa di ponte per lo sbarco di truppe aviotrasportate. Il blitz però fallisce e benché la capitale subisca massicci bombardamenti e le città circostanti siano oggetto di una brutale occupazione (ad esempio Bucha) i russi non avranno mai il controllo della regione.
Ad aprile la massima espansione russa
Tra marzo e aprile l’Ucraina vive il suo momento di massima difficoltà militare. Mosca concentra i suoi attacchi nel settore nord e a sud est, avanza nel Donbass e soprattutto conquista la fascia costiera attorno a Mariupol – città attorno alla quale si scatena una furiosa battaglia. Ad aprile le truppe di Mosca hanno saldato la Crimea, invasa nel 2014 al Donbass, l’Ucraina perde ogni sbocco sul mar d’Azov e Odessa, ultimo porto rimasto a Kiev è più volte bombardata.
La controffensiva di settembre
Grazie all’arrivo massiccio di armi dall’Occidente. l’Ucraina riesce non solo a resistere ma anche a riorganizzarsi. I russi, a loro volta, mostrano gravissime insufficienze nell’organizzazione sul terreno, nella preparazione, nella catena di rifornimento logistico. Il conflitto sembra svoltare a partire da settembre quando le armate di Kiev, dopo aver fatto credere una imminente offensiva a sud, nel settore di Kherson, sferrano un attacco a est, in direzione del Donbass e arrivando in prossimità del confine con la Russia. In pochi giorni vengono liberati migliaia di chilometri quadrati di territorio.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Settembre 19th, 2022 Riccardo Fucile
GLI INQUIRENTI, DOPO IL BLITZ IN REGIONE, CERCANO DOCIUMENTI SULLA MANCATA MANUTENZIONE CHE AVREBBE CAUSATO L’ALLUVIONE
Nelle Marche sono in corso le ricerche dei carabinieri nei documenti dei comuni colpiti dall’alluvione del 15 settembre. Nello specifico, i forestali si trovano dalle 9 di questa mattina nel comune di Ostra (AN), dove sono morte quattro delle 11 vittime accertate dell’alluvione.
Le forze dell’ordine sono alla ricerca alle di documenti che forniscano maggiori informazioni sugli interventi disposti per la manutenzione del corso del fiume Misa, la cui esondazione ha messo in ginocchio le province di Ancona e Pesaro Urbino.
Rimane da capire, infatti, se i lavori sono stati effettuati, in che maniera e da chi. Perquisizioni simili sono in corso anche a Sassoferrato e Senigallia. Nell’ambito dell’investigazione i carabinieri sentiranno anche gli operatori tecnici e il personale preposto alla salvaguardia del fiume, così come la popolazione alluvionata.
Le indagini
I carabinieri del Nucleo Investigativo di Ancona si erano già presentati negli uffici della Regione – inclusi quelli della Protezione Civile – venerdì 17. A guidare le indagini sono la procuratrice Valentina D’Agostino e la pm Valeria Cigliola.
Un’ulteriore inchiesta era stata aperta a giugno dalle forze dell’ordine sulle imprese che dovevano occuparsi della pulizia di alcuni tratti fluviali del Misa.
Un funzionario regionale era stato arrestato e su quattro dipendenti pendono accuse di corruzione, truffa e rivelazione di segreto d’ufficio. Pare, infatti, che la ditta abbia sfalciato più vegetazione del dovuto per poi rivenderla a una compagnia produttrice di biocarburante. L’alveo del fiume avrebbe dovuto essere pulito di più, gli argini alzati, e gli edifici dovrebbero essere costruiti più lontani.
Resta poi il giallo sulle vasche di laminazione dove si dovrebbe cumulare l’acqua in caso di esondazioni. Il progetto esiste dagli anni ’80, ha subito numerose modifiche, ma l’infrastruttura in quarant’anni non ha mai visto la luce.
Dal 1980 ad oggi l’Italia ha speso 51 miliardi in interventi emergenziali contro il dissesto idrogeologico
Quello delle Marche è solo l’ultimo disastro causato da dissesto idrogeologico, ma a storia dell’Italia ne è piena. Alluvioni e frane sono costati al nostro Paese 51 miliardi dal 1980 al 2020. Lo rivelano i dati dell’Eea (la European Environment Agency) che evidenziano come il nostro sia lo Stato che ha speso di più tra quelli presi in considerazione. Per fare fronti ad alluvioni, terremoti, frane e smottamenti, la Germania ha speso 36 miliardi, mentre la Francia 35. Le vittime sono 21 mila in Italia, 27 mila in Francia e 42 mila in Germania.
Se alla spesa emergenziale si somma anche quella stanziata per fare fronte alle ondate di calore, quella dei tre Paesi in oggetto si attesta a 90, 98, e 108 miliardi. I dati della Wmo, l’organizzazione meteorologica mondiale – riportati da la Repubblica – mostrano che nelle singole alluvioni si muore molto meno rispetto a 50 anni fa – le vittime totali si sono ridotte di un terzo – anche se il numero di eventi di questo tipo è quintuplicato. In Italia sono in 8 milioni a vivere in aree ad alto rischio di dissesto idrogeologico.
(da La Repubblica)
argomento: Politica | Commenta »
Settembre 19th, 2022 Riccardo Fucile
LE IMMAGINI SEMBRANO SMENTIRE LA VERSIONE DEI QUATTRO POLIZIOTTI, CHE PARLANO DI UN NORMALE CONTROLLO: PORTA DI CAMERA SFONDATA, UNA SCOPA SPEZZATA, IL SANGUE SULLA MAGLIETTA DI HASIB. TUTTI ELEMENTI CHE FANNO PENSARE A UNA LOTTA VIOLENTA
La fotografia del corpo di Hasib Omerovic disteso sull’asfalto, dopo essere precipitato dalla finestra della sua camera da letto, non è l’unica istantanea scattata quel giorno.
Ci sono alcune fotografie che raccontano ciò che è accaduto in quella casa al primo piano di via al civico 24 di via Girolamo Aleandro, tra il lotti popolari di Primavalle: sono immagini che mal si coniugano con la tesi dei poliziotti, secondo cui Hasib si sarebbe improvvisamente lanciato dalla finestra.
Piuttosto sembrano confermare il racconto di Sonita, la sorella della vittima, una ragazza che potrebbe non essere ritenuta attendibile per la sua disabilità. A supporto della versione di Sonita ci sono le immagini finite sulla scrivania del pm Stefano Luciani che indaga per falso e tentato omicidio.
Il sospetto è che si sia trattato di un intervento muscolare, di una spedizione organizzata dagli agenti per intimorire il trentaseienne, nella convinzione che potesse aver infastidito una parente, forse la nipote, di uno dei quattro poliziotti coinvolti.
La sequenza di fotografie sono a supporto del racconto della sorella di Hasib. La ragazza dice di aver aperto la porta, «una donna con degli uomini vestiti normalmente sono entrati in casa, la donna ha chiuso la serranda della finestra del salone, hanno chiesto i documenti di Hasib» . Ed effettivamente, dicono i parenti del ragazzo mostrando la prima foto, «sul tavolo del salone abbiamo ritrovato in bell’ordine una serie di documenti e altri effetti personali di Hasib».
«Hanno fatto le foto, lo hanno picchiato con il bastone», continua il racconto che Sonita ripete da quel giorno come un mantra. La seconda immagine mostra infatti «il bastone di una scopa spezzato all’interno della camera da letto». «Hasib è caduto e hanno iniziato a dargli i calci, è scappato in camera e si è chiuso in camera loro hanno rotto la porta, gli hanno dato pugni e calci», prosegue la ragazza rendendo altre tre foto sospette.
La prima ritrae «la serratura della porta d’ingresso della camera di Hasib: è completamente divelta ed è stata rinvenuta smontata, a terra, dietro a un secchio della camera”. I segni sullo stipite mostrano con ogni evidenza che la porta è stata sfondata, mentre la seconda e la terza foto, quelle che ritraggono i resti di un ventilatore adagiati per terra e «la tubatura esterna del termosifone della camera da letto di Hasib sradicata dal muro», sembrano elementi caratteristici di una colluttazione.
E poi ci sono tutti gli altri elementi, le altre foto, le macchie che sporcano di sangue il ponte di Brooklyn e lo skateboard stampati sulla felpa grigia indossata da Hasib, le macchie ematiche sulle lenzuola verdi e le immagini che certificano l’unica verità: Hasib disteso sull’asfalto, dopo un volo di 9 metri.
«Lo hanno preso dai piedi e lo hanno buttato giù», dice Sonita. Una dichiarazione che ha portato la procura a ipotizzare il reato di tentato omicidio.
(da La Repubblica)
argomento: Politica | Commenta »
Settembre 19th, 2022 Riccardo Fucile
NEL FILMATO SI VEDE IL CORPO GETTATO IN MARE LEGATO A UN SALVAGENTE E A UN GIUBBOTTINO ROSA, MENTRE I NAUFRAGHI PIANGONO E PREGANO… LA BARCA ERA PARTITA DALLA TURCHIA ED È ARRIVATA A POZZALLO
Corpi gettati in mare davanti agli occhi dei propri familiari, urla e preghiere di rassegnazione. Nelle immagini c’è l’orrore dell’ultima tragedia nel Mediterraneo centrale, rimasta scolpita nel volto dei 26 naufraghi sbarcati al porto di Pozzallo, lunedì scorso.
A postare il video, rimosso dopo poche ore, è stata l’attivista per i diritti umani Nawal Soufi, punto di riferimento per la comunità siriana nel mondo, da anni impegnata a dare voce ai profughi che cercano di raggiungere la salvezza in Europa.
In quelle immagini c’è il momento più doloroso di un lungo viaggio durato 14 giorni, da quando il 29 agosto l’imbarcazione con 34 migranti siriani era partita dal porto di Antalya in Turchia.
In assenza di soccorsi, sei delle persone a bordo sono morte di sete: due erano bambini di uno e due anni, un ragazzino di 12 e tre donne.
Nel video il momento più atroce del viaggio. Il corpo di una donna viene gettato in mare legato a un salvagente e a un giubbottino rosa
Segue il pianto dei naufraghi a bordo, l’urlo di dolore e la preghiera: «Allah akbar», Dio è grande, mentre altri ripetono: «La ilaha illa allah», non avrai altro Dio all’infuori di me, comandamento che in questo caso viene ripetuto dai compagni di viaggio quasi fosse un coro, per ribadire che l’uomo non può nulla davanti alla volontà di Dio.
La ricostruzione dell’ultima tragedia nel Mediterraneo è ora affidata ai magistrati della Procura di Ragusa, che nei prossimi giorni continueranno ad ascoltare le testimonianze dei superstiti, 20 uomini, quattro donne e due minori che si trovano all’interno dell’hotspot adiacente al porto siciliano.
I superstiti, arrivati in stato di shock su un mercantile che li aveva soccorsi a 80 miglia da Siracusa, disidratati e con segni di desquamazione della pelle, sono stati assistiti dal personale dell’Unhcr. Una donna e la sua bambina, soccorsi in mare, sono invece adesso a La Valletta.
A bordo del barcone partito dalla Turchia c’erano anche le mamme dei piccoli morti, che mentre allattavano erano costrette a bere acqua di mare per sopravvivere. «Pensare di gettare o vedere il corpo del proprio figlio in mare è per noi qualcosa di impensabile, eppure è questa la realtà che queste persone sono chiamate ad affrontare», dice Chiara Cardoletti, rappresentante per l’Italia dell’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati.
«Una traversata durata 14 giorni che oggi dimostra come non ci sia una responsabilità condivisa tra gli Stati europei», aggiunge la rappresentante dell’Unhcr. Nawal Soufi è nel frattempo in contatto con i familiari della donna gettata in mare: «Ho rimosso il video perché mancano ancora dei tasselli, ma racconterò tutta la storia e lo pubblicherò nuovamente », dice l’attivista conosciuta anche come l’angelo dei profughi.
Nawal proprio nei giorni scorsi aveva raccontato sul suo blog il dramma della piccola Louijn, la bimba di quattro anni partita dal Libano e morta di sete nel tentativo di raggiungere l’Europa.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Settembre 19th, 2022 Riccardo Fucile
MATTEO SALVINI SUL PRATONE DI PONTIDA SI TRASFORMA IN CETTO LA QUALUNQUE PROMETTENDO DI TUTTO DI PIU’: “STOP BOLLETTE, AUTONOMIA, FLAT TAX, QUOTA 41, GIUSTIZIA GIUSTA E DECRETI SICUREZZA
Fonti del partito “sparano” 100mila presenti, una cifra gonfiata, visto che gli spazi vuoti sul piazzale resteranno visibili e che nel 2019, l’ultima Pontida vide circa 75mila presenze, su un pratone che oggi ha visto pure una maggiore delimitazione degli spazi disponibili per il pubblico.
La folla si fa sentire, qualche coro ‘Matteo-Matteo’ lo scalda e lui allora lancia la proposta. “Se anche la Rai tirasse un po’ la cinghia – dice – potremmo abolire quel canone che è finito in bolletta, come fanno tante televisioni pubbliche”. Una proposta che nessuno aveva mai sentito dal leghista e che qualcuno scambia quasi per la promessa sorpresa, annunciata nelle scorse ore.
Poco prima però aveva rivelato di aver preparato un patto con i suoi uomini di governo. “Questo è l’impegno dei ministri e governatori a firmare i sei punti per prendere per mano questo Paese e cioè stop bollette, autonomia, flat tax, Quota 41, decreti sicurezza e giustizia giusta.
«Certo, dall’opposizione siamo bravi tutti…». Probabile che a Giorgia Meloni ieri mattina siano fischiate le orecchie. Sul pratone del raduno di Pontida, il convitato di pietra è lei, lei è al centro dei discorsi di molti, ed è il suo successo annunciato a gettare preoccupazione sulla convinzione da tutti condivisa che «si torna a governare».
Causa Covid, l’ultimo raduno si è svolto nel 2019 e il pratone è cambiato. Il verde dell’Insubria, delle Orobie e della Carnia è quasi scomparso, sostituito quasi totalmente dal più salvinianamente connotato azzurro. Tra le eccezioni, il presidente del Friuli-Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, con polo verdina e scarpe in tinta. Del resto, i governatori il loro segnale lo danno. Luca Zaia non rinuncia affatto all’identità veneta, i suoi consiglieri sono tutti con maglietta amaranto e Leone di San Marco e lui ricorda che «questo governo non ha scelte: chiunque va a governare, non avrà scelta».
E indica la scritta «autonomia subito» esposta da alcuni dei suoi. Attenzione: «L’autonomia – dice il presidente veneto – vale anche la messa in discussione di un governo». Lo stesso Fedriga non suona il violino quando dice che la «Lega è una e unita» ma «deve rispondere agli impegni che prende con il suo popolo e con la sua gente». Con un’aggiunta: «Non basta vincere, ma bisogna portare risposte a questo Paese».
Vincere, certo. Ma il vincere perdendo voti a vantaggio dell’alleato fa paura. Il pratone è pieno, ma per alcuni insofferenti vuol dire poco: «Pontida la riempivamo anche quando eravamo al 4%». Perché il voto è mobile, e lo si coglie anche sul prato che fu del giuramento. Lorenzo fa l’ultimo anno delle superiori e lo ammette: «Avevo pensato di passare a Fratelli d’Italia, ma da noi a Firenze le loro giovanili sono troppo di destra».
Lui e la sua famiglia, fino al lockdown erano tutti renziani: «Ora stiamo con la Lega, ma attenzione: a Firenze il Terzo polo potrebbe prendere parecchi voti». E lo stesso pensa il veneto Alessandro, di pochi anni maggiore. Ma le sorprese non finiscono, anzi.
Valeria, 72 anni, Pozzo d’Adda, ha votato Lega fin da quando esiste: «Ma ora non seguo più come prima. E ci sono cose nuove. Mi piace Italia sovrana e popolare, Marco Rizzo dice cose interessanti».
La famiglia di Paola, da San Benedetto del Tronto, vive di pesca: «Ma da noi l’hanno distrutta, a San Benedetto son rimaste tre lampare. Tre… Si devono tutti dare una svegliata».
Brizio Maggiore risponde indirettamente ai tanti che sul pratone sbuffano dicendo che l’avanzata della Lega al Sud sarà ancora da rimandare dopo il 25 settembre. Lui, classe 1991, assessore a Calimera e consigliere provinciale a Lecce è convinto del contrario: «La Lega anche da noi non è più considerata un partito di altrove, è un partito nazionale come gli altri. Giorgia? Ben venga. L’importante è che vinca il centrodestra».
Senza però regalare nulla. Giulio Centenaro ha la maglietta con il «Leon» dei consiglieri regionali. E avvisa i naviganti, anche se alleati: «Il presidenzialismo non è scritto nella Costituzione, l’autonomia sì». Questo per dire che cosa? «Che si deve fare prima l’autonomia che il presidenzialismo, anche perché cambiare la Costituzione è più lunga». Guido Crosetto è servito.
(da Il Corriere della Sera)
argomento: Politica | Commenta »
Settembre 19th, 2022 Riccardo Fucile
PER RENDERE ESECUTIVA LA PROPOSTA DELLA COMMISSIONE È NECESSARIO CHE ALMENO 15 STATI MEMBRI RAPPRESENTANTI IL 65% DELLA POPOLAZIONE DIANO IL VIA LIBERA… CON IL 13,4% DELLA POPOLAZIONE UE, L’ITALIA PUÒ SPOSTARE GLI EQUILIBRI
La trattativa con Bruxelles per scongiurare il taglio dei fondi è già partita ed entrerà nel vivo nelle prossime 6-8 settimane, ma Viktor Orban è consapevole che potrebbe non andare a buon fine.
Per questo sa che la vera partita potrebbe giocarsi tra la metà di novembre e quella di dicembre: per vincerla avrà bisogno del sostegno di alcuni governi amici e il posizionamento del prossimo esecutivo italiano rischia di rivelarsi determinante.
Roma potrebbe aiutarlo a costruire quella minoranza di blocco necessaria per respingere il tentativo della Commissione di chiudere il rubinetto dei fondi di coesione. E i segnali ricevuti giovedì con il voto degli eurodeputati di Lega e Fratelli d’Italia vanno proprio nella direzione auspicata dal premier ungherese. L’ultima mossa di Bruxelles preoccupa seriamente Orban.
Soltanto tre giorni fa aveva definito «una noiosa barzelletta» il report del Parlamento europeo, che lo accusa di aver trasformato l’Ungheria in una «autocrazia elettorale».
Si tratta di una critica durissima, perché secondo la maggioranza degli eurodeputati l’Ungheria non può più essere definita una democrazia. In realtà questa contrapposizione è pane per i denti del leader che siede da più tempo al tavolo del Consiglio europeo e che si è sempre nutrito dello scontro con le istituzioni Ue.
Ieri, però, la reazione del suo governo è stata decisamente diversa. Il taglio dei fondi proposto dalla Commissione non è un affondo ideologico, ma una misura concreta dagli effetti tangibili. Vale 7,5 miliardi, che corrispondono al 5% del Pil annuale ungherese: un colpo capace di mettere in ginocchio l’economia del Paese.
Per questo Orban è convinto che il provvedimento vada fermato a tutti i costi: cercando un compromesso con Bruxelles oppure, qualora questo non bastasse, aggrappandosi ai governi pronti a sostenerlo.
Per cercare di dirimere le controversie sullo Stato di diritto con Polonia e Ungheria, l’Unione europea aveva sin qui utilizzato l’arma dell’articolo 7.
Una procedura che può portare persino alla perdita del diritto di voto in Consiglio, ma che si è rivelata inefficace.
Per far scattare la maxi-sanzione è necessario un via libera all’unanimità e i due Paesi si sono sempre coperti a vicenda, disinnescando ogni possibile provvedimento nei loro confronti. Ma con il nuovo meccanismo di condizionalità le cose sono cambiate: per approvare il taglio dei finanziamenti del bilancio Ue non è necessario raggiungere l’unanimità in Consiglio, basta la maggioranza qualificata.
Per far diventare immediatamente esecutiva la proposta della Commissione è sufficiente che almeno 15 Stati membri rappresentanti il 65% della popolazione diano il via libera. Per Orban diventa dunque fondamentale costruire una cosiddetta minoranza di blocco, che si forma riunendo almeno quattro Stati che rappresentino più del 35% della popolazione europea.
Nonostante la rottura dei rapporti dovuta alle diverse posizioni sulla crisi ucraina, Polonia e Ungheria restano alleate nella battaglia contro “le ingerenze” di Bruxelles sullo Stato di diritto in una logica “simul stabunt, simul cadent”. Oggi a te, domani a me.
Per lo stesso motivo, anche altri Paesi che ricevono molti soldi dal bilancio Ue e che hanno qualche problema con lo Stato di diritto potrebbero essere tentati dal difendere Orban: Bulgaria, Romania, Repubblica Ceca e Slovacchia, in passato, si erano già schierate in questo senso.
Ma il loro voto contrario non basta, Orban ha bisogno di altri alleati. Si guarda al nuovo governo svedese, certo, ma soprattutto a quello italiano che uscirà dalle urne di domenica.
Con il 13,4% della popolazione Ue, l’Italia può spostare gli equilibri al tavolo del Consiglio. «La destra starà con chi rispetta lo Stato di diritto o con Orban?» si è chiesto il sottosegretario agli Affari Ue, Enzo Amendola, che oggi rappresenta il governo italiano al Consiglio Affari Generali, l’organismo che dovrà prendere la decisione.
(da la Stampa)
argomento: Politica | Commenta »
Settembre 19th, 2022 Riccardo Fucile
C’E’ CHI LO ACCUSA: “GLI HO TELEFONATO ALLE 3 DI NOTTE E MI HA DETTO CHE ERA A CASA”
L’assessore marchigiano alla Protezione Civile Stefano Aguzzi è andato a un dibattito elettorale mentre l’alluvione delle Marche cominciava a Cantiano nella provincia di Pesaro e Urbino.
E secondo un consigliere regionale si trovava a casa sua a Fano invece che nella sala operativa della Protezione Civile ad Ancona quando il nubifragio ha colpito il capoluogo.
Ma lui smentisce oggi in un’intervista rilasciata a Repubblica: «A Senigallia avevo parlato col sindaco che era in contatto con quello di Cagli. Ad Enel Green Power avevo fatto aprire la diga del Furlo per far svuotare un po’ il fiume sulla Cagli-Cantiano. Dopo sono passato lì al cinema Gabbiano».
Dove, secondo lui, è rimasto solo un quarto d’ora. Ma gli organizzatori hanno interrotto il dibattito dopo mezz’ora. Avvertendo gli astanti della piena che stava colpendo la zona di Senigallia.
«Guardi, scriva quello che vuole. Ero consapevole che la situazione non era buona a Cagli-Cantiano, ma quella non è la vallata del Misa. Quando a Senigallia il sindaco mi ha detto di essere preoccupato perché pioveva in montagna, sono andato nella Sala operativa di Ancona dove sono rimasto tutta la notte».
L’autore dell’intervista Fabio Tonacci sostiene che a un consigliere regionale che lo ha chiamato alle 3 di notte Aguzzi ha risposto di trovarsi a casa sua a Fano. «Non è vero, sono andato a dormire nel pomeriggio del giorno dopo», replica Aguzzi.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Settembre 19th, 2022 Riccardo Fucile
IGNORATE LE PAROLE DEL FREELANCE SULLA MINA RUSSA CHE GLI HA CAUSATO LE FERITE
Il giornalista freelance Mattia Sorbi è tornato in Italia e, dopo diversi giorni di silenzio, si torna a parlare della sua storia.
Ferito da una mina, Mattia era stato inizialmente soccorso dai soldati russi e poi trasportato da questi in un ospedale ucraino nei territori occupati.
Le prime immagini di Mattia sono state diffuse dai canali della propaganda del Cremlino, condividendo un video montato con l’obiettivo di addossare le colpe a Kiev.
Dopo le prime interviste rilasciate in Italia, prima alla RAI e poi a Repubblica e Radio24, la propaganda del Cremlino si è rimessa in moto attraverso l’ambasciata russa in Italia, ignorando scientemente le parole di Mattia.
Il tweet dell’ambasciata
«Il giornalista italiano ferito è stato soccorso da soldati russi, portato a Cherson controllato dai russi, operato, fatto rientrare in Italia con la partecipazione diretta della Croce Rossa russa… Forse i russi non sono così terribili come sono ritratti in Occidente?» scrive in un tweet l’ambasciata russa in Italia condividendo uno screenshot tagliato dell’intervista rilasciata da Mattia Sorbi a Repubblica.
Il canale istituzionale del Cremlino, di fatto, ha omesso intenzionalmente le parole del giornalista freelance che mettono in cattiva luca gli invasori.
Nell’intervista rilasciata a Repubblica Mattia riconosce l’operato dei russi nei suoi confronti, nessuno nega che sia stato soccorso e portato in ospedale. L’ambasciata, di fatto, omette la domanda sulla presunta “trappola ucraina” e la risposta del giornalista freelance: «Assolutamente no: il check point non mi conosceva, impossibile, e l’idea del viaggio è mia. Al massimo sono stati superficiali».
La narrazione russa
Mattia commenta, infine, la narrazione degli invasori russi: «Ero in ospedale, gli ufficiali russi mi hanno chiesto la dinamica e ho detto della mina, poi hanno detto la loro teoria, e io sono stato zitto ad ascoltare».
A Radio24, Mattia contesta la propaganda russa: «È stato orchestrato questo rimpallo di responsabilità sicuramente dall’intelligence russa che poi ha utilizzato la stampa. Questo è giusto sottolinearlo, che è la solita propaganda russa».
Nell’intervista a Repubblica non sono mancate le critiche anche per la parte ucraina che lo definisce una “spia russa”: È la posizione di un sito in cui sono in buona compagnia, c’è anche Kissinger.
La posizione ufficiale dello Stato è di apertura nei miei confronti, da giornalista accreditato. La destra di Pravi Sektor si diverte a schedare chi ha fatto il mio lavoro nel Donbass; ma io a Donetsk nel 2014 lavoravo per la tv ucraina News24 e per i russi di Tvzvezda: l’importante era essere pagato per il mio lavoro, e le radio italiane pagavano poco ai tempi».
Chi ha piazzato la mina?
C’è un altro elemento che non convalida la narrazione della propaganda russa, omesso anche questo dell’ambasciata: l’autista, durante il tragitto, si era «perso completamente». Una situazione che li aveva portati nelle zone di pericolo: «Siamo finiti oltre la linea rossa e non ce ne siamo accorti». A Radio24, Mattia sostiene che la mina sia stata piazzata dai russi, non dagli ucraini: «I russi avevano messo quelle mine perché controllavano due casolari che io avevo visto».
(da Open)
argomento: Politica | Commenta »