Agosto 23rd, 2023 Riccardo Fucile
ACCOLTI DA UN CLIMA “MOLTO OSTILE”, I FAUTORI DEL “SETTE CONTRO UNA” ORA HANNO PAURA… TRASFERITI CON URGENZA IN ALTRI ISTITUTI SEGRETATI… LA POLIZIA PENITENZIARIA TEME DISORDINI
I sei giovani arrestati a Palermo con l’accusa di aver violentato in gruppo una ragazza di 19 anni lo scorso 7 luglio hanno chiesto di essere allontanati dal carcere palermitano, sostenendo di aver ricevuto minacce nell’attuale struttura, l’istituto penitenziario Lorusso di Pagliarelli (Palermo).
Lo hanno annunciato i legali stessi degli indagati, spiegando che sarebbe arrivata una richiesta ufficiale in tal senso da parte della polizia penitenziaria del carcere.
Secondo quanto riporta la Repubblica, alla richiesta verrà immediatamente dato seguito: i sei arrestati saranno trasferiti verso altre strutture, non note. A quanto emerge, sin dal primo giorno di detenzione la popolazione carceraria di Palermo si sarebbe mostrata «molto ostile» nei loro confronti. Di qui la decisione dopo adeguata valutazione da parte del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del ministero della Giustizia.
La nota della direzione
«Si chiede l’immediato allontanamento da questo istituto dei detenuti atteso che l’elevato clamore mediatico della vicenda ha determinato la piena conoscenza dei fatti anche alla restante popolazione detenuta, ragion per cui sono invisi alla stessa inclusi i detenuti delle sezioni protette dove sono si trovano», ha scritto a corredo la richiesta la direzione del carcere Pagliarelli. Oltre al clamore mediatico c’è infatti anche un problema organizzativo. I sei detenuti hanno anche il divieto d’incontro «che con non poche difficoltà – spiega la direzione della struttura – si riesce a garantire, atteso che i detenuti coinvolti nella vicenda sono sei. Alla luce di quanto sopra per prevenire possibili azioni destabilizzanti per l’ordine e la sicurezza si chiede con urgenza di valutare l’immediato allontanamento da questa sede degli stessi».
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 23rd, 2023 Riccardo Fucile
NON C’E’ PIU’ LIMITE AL PEGGIO, L’IMMAGINE DI UN PAESE SENZA VALORI MORALI: IL CORPO DI UNA GIOVANE COME OGGETTO
Un buffet di dolci a bordo piscina in un hotel in Gallura e sulla tavola una ragazza in costume da bagno ricoperta di cioccolato stesa accanto ai pasticcini. È l’immagine che si è trovato davanti a Ferragosto un manager milanese in vacanza al Voi Colonna Hotel di Golfo Aranci.
Il corpo come oggetto
Il turista, racconta La Nuova Sardegna, ha pubblicato sul suo profilo Linkedin la foto del buffet e un commento in cui parla espressamente di “corpo femminile come oggetto” e punta il dito contro la catena Voi Hotels e il gruppo Alpitour a cui l’albergo è collegato.
Ed è subito esplosa la bufera sui social. “Rimango senza parole guardando questa scena – scrive il manager lombardo -. Dopo il primo momento di sgomento mi domando: Voi Hotels sta per Vera ospitalità italiana, ma cosa significa? Cosa ne pensano i manager di Alpitour di questa rappresentazione del corpo femminile? (In hotel dopo avere espresso il mio disappunto mi hanno detto che era la ‘statua di cioccolato’)”.
La reazione degli ospiti
Nel post l’ospite dell’hotel si chiede come può una catena alberghiera che promuove i valori della tradizione ma anche dell’innovazione, “permettere che nelle proprie strutture ci siamo questi comportamenti, dove il corpo di una donna, di una lavoratrice, sia equiparato a quello di una stoviglia per assecondare l’occhio malizioso dì qualcuno”. Sconcertato non solo solo il manager lombardo. “Sono in vacanza con mia figlia di 14 anni – racconta – ed il suo commento è stato: ‘papà che schifo, questo non è un paese dove potersi realizzare'”.
Le scuse dell’hotel
Voi Hotels replica subito sui social al post del turista. “Desideriamo, prima di tutto, porgere a lei, alla sua famiglia e in particolare a sua figlia, nonché ai nostri clienti, le più sincere scuse a nome di tutto il management Voi Hotels – scrivono su Linkedin – Ci rammarichiamo profondamente per l’incidente verificatosi e desideriamo ribadire con fermezza che non abbiamo mai avuto alcuna intenzione di rappresentare valori diversi da quelli che abbracciamo. Stiamo intraprendendo azioni immediate per affrontare questo episodio in modo costruttivo e per garantire che in futuro nessun cliente debba sentirsi offeso in alcun modo”.
Sentirsi offeso? Come se la vicenda fosse un “sentire” personale e non una rappresentazione della donna offensiva e degradante.
(da La Repubblica)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 23rd, 2023 Riccardo Fucile
DECINE DI GRUPPI DI MALATI MENTALI SFIGATI ALLA CACCIA MORBOSA DEL FILMATO DELLA VIOLENZA… ASPETTIAMO DI VEDERLI ELENCATI CON FOTO, NOMI E COGNOMI SUI GIORNALI, IN MODO CHE MOGLI, MADRI, FIDANZATE E COLLEGHI DI LAVORO POSSANO RENDERSI CONTO DELLA MERDA UMANA CON CUI HANNO A CHE FARE
“Per alcune delle attività che dobbiamo svolgere sulle piattaforme, abbiamo la necessità della loro collaborazione perché sono loro a detenere i dati dei loro utenti. La collaborazione si è sviluppata nel corso del tempo, ed è strutturata, con alcune di queste piattaforme, mentre è più recente, con altre. Mi chiede di Telegram, una piattaforma che fino a poco tempo fa non condivideva informazioni con le forze dell’ordine mentre recentemente ha modificato tale policy, quando si procede per reati molto gravi, come terrorismo o pedopornografia. Ricordiamo comunque come tutte le piattaforme, in regime di autotutela, nel momento in cui rilevano autonomamente contenuti illeciti, ne dispongono l’immediata rimozione.
A spiegarlo è Barbara Strappato, direttrice della Prima divisione della Polizia postale – che interviene sulla caccia al video sullo stupro di Palermo diffuso nelle chat di Telegram – e aggiunge: «Ma non sempre l’immediata rimozione del video rappresenta un’urgenza (come per esempio nelle immagini che riguardano le immagini con minori), altre volte lasciare il video in rete è strategico perché ci può aiutare nelle attività di approfondimento investigativo che svolgiamo. Insomma, la polizia postale potrebbe avere altri obiettivi, pur continuando a effettuare il monitoraggio al fine di «capire cosa succede in un gruppo», Insomma, anche se i gruppi non vengono chiusi immediatamente è possibile che la vigilanza della polizia sia già attiva. Anche perché, se mai dei video o delle immagini della violenza dovessero essere diffuse davvero, scatterebbe il reato.
Quand’è che si delinea un reato on line
«Chi condivide un materiale illecito, a prescindere dalla piattaforma, commette un reato. Non solo per chi pubblica per primo, ma anche per chi condivide e inoltra, insomma lo fa circolare, che sia sulla stessa piattaforma o altrove». E l’anonimato, non è mai garantito. Soprattutto quando si parla di fatti particolarmente gravi».
La procedura, spiegano alla polizia postale può essere lunga e laboriosa, ma alla fine si arriva a individuare chi l’ha postato per primo e chi l’ha condiviso
Pene uguali anche per chi «condivide»
Un altro errore comune è ritenere che chi ha postato per primo il contenuto sia punibile con pene più severe rispetto a chi in un secondo tempo condivide a ruota il contenuto. La gravità del reato è considerata la stessa.
In ogni caso, la sola partecipazione ai gruppi in cui vengono condivise informazioni personali altrui senza il consenso dei protagonisti – in termini tecnici si tratta di «doxxing» – può comportare gravi problemi.
Il consiglio? «Da una parte – dice Barbara Strappato – dovremmo limitare il più possibile le informazioni personali che ci rendono soggetti vulnerabili online. Dall’altra, per proteggere la privacy noi possiamo intervenire. Per qualunque informazione che non sia facilmente reperibile con una rapida ricerca online, può integrare la fattispecie di reato. E comunque, si può sempre richiedere la rimozione del dato sensibile, perché il Garante della privacy ha anche queste competenze».
Lo «stupro di gruppo a Palermo» e quell’attenzione morbosa
Sono nate chat specifiche, con decine di migliaia di iscritti, nate proprio per diffondere il video dello stupro di Palermo: una violenza sessuale ai danni di una ragazza di 19 anni, per il quale sono stati già stati interrogati davanti al giudice sette ragazzi. In questi giorni su Telegram si sono moltiplicati i gruppi con nomi espliciti.
L’allarme del Garante
Il Garante per la privacy mette in guardia sulle conseguenze, anche di natura penale, della diffusione e condivisione dei dati personali della vittima dello stupro di Palermo e dell’eventuale video realizzato. L’Autorità – con due provvedimenti d’urgenza – ha rivolto un avvertimento a Telegram e alla generalità degli utenti della piattaforma, affinché venga garantita la necessaria riservatezza della vittima, evitando alla stessa un ulteriore pregiudizio connesso alla possibile diffusione di dati idonei a identificarla, anche indirettamente, in contrasto, peraltro, con le esigenze di tutela della dignità della ragazza. Il Garante ricorda che la diffusione e la condivisione del video costituiscono una violazione della normativa privacy, con conseguenze anche di carattere sanzionatorio, ed evidenzia i risvolti penali della diffusione dei dati personali delle persone vittime di reati sessuali (art. 734 bis del codice penale).
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 23rd, 2023 Riccardo Fucile
IL TENTATIVO DI SCARICARE LA COLPA SU ANGELO FLORES: “ERA L’UNICO CHE LA CONOSCEVA, CI HA DETTO CHE ERA CONSENZIENTE”… E QUANDO LEI IN LACRIME VI IMPLORAVA DI LASCIARLA STARE, NON VE NE SIETE ACCORTI CHE NON LO ERA? NEANCHE LE PALLE DI NON TROVARE SCUSE, VIGLIACCHI FINO IN FONDO, NESSUNA PIETA’ PER VOI
Lacrime e accuse durante gli interrogatori. I ragazzi dello stupro al pm: «Sapevamo che lei ci stava». Davanti al gip che li interroga con l’accusa di stupro, i tre ragazzi arrestati venerdì dai carabinieri letteralmente si squagliano.
Tra lacrime e pentimenti apparenti, sicuramente tardivi, confessano di avere partecipato alla violenza di gruppo ai danni di una diciannovenne, brutalizzata, il 7 luglio, in un cantiere abbandonato del Foro Italico, nel pieno centro storico di Palermo. Il primo è Christian Maronia, 19 anni. Lui aveva evitato la galera nella prima fase dell’indagine, quando, il 3 agosto, erano stati arrestati tre suoi amici: non c’erano elementi sufficienti, allora, e il giudice non aveva accolto la richiesta di metterlo in cella. Ora, tre giorni di carcere sono stati sufficienti per ridurlo a più miti consigli: premettendo che «lei era consenziente», si scioglie in lacrime di fronte al magistrato che lo interroga, Marco Gaeta. «Ho sbagliato – dice – chiedo scusa alla ragazza e alla sua famiglia, mi sono rovinato la vita. Ho anche una fidanzata, mai avrei fatto una cosa del genere». Il secondo chiamato a dire la sua è Samuele La Grassa, che dalle carte viene fuori come uno dei più baldanzosi: intercettato, dopo avere saputo dei primi tre arresti e delle accuse della vittima contro il branco, diceva di voler dare una testata alla stessa ragazza. Anche lui ha perso la baldanza: «Ho sbagliato a non andarmene – dice anche lui singhiozzando – ma non avevo capito, sapevo che lei ci stava». Stesso ritornello pure per Elio Arnao, il terzo della combriccola: «Un grave errore – ammette – ma non sapevo, non avevo capito». I tre dunque sostengono la linea del presunto consenso della vittima ma anche di essere stati istigati da Angelo Flores, uno dei tre finiti in carcere il 3 agosto: è una mezza ritorsione perché Flores, dimostrando non proprio una grande solidarietà verso gli amici, aveva fatto i nomi di tutti i presenti e si era defilato, dicendo di avere «solo girato i video, non ho partecipato».
«Era l’unico che conosceva la ragazza – ribattono i tre interrogati oggi – era lui che aveva detto che ci stava». Tutti contro tutti, come sui social, su cui spuntano profili fasulli proprio di Maronia, l’ipotesi che siano stati creati da lui stesso prima di essere arrestato e poi utilizzati dai familiari o da amici è stata smentita seccamente dai suoi legali.
In uno dei sei video la presunta autodifesa è diventata un caso: «Quando tutta Italia ti incolpa per una cosa privata, ma nessuno sa che sei stato trascinato dai tuoi amici. Non ero in me». Il primo indagato aveva parlato poche ore dopo il suo arresto: «Che c’entro io? – si era chiesto Angelo Flores -. Io avevo fatto solo i video. Volete sapere chi c’era quella sera? Ecco i nomi».
Il secondo aveva trascorso poche ore in cella, nel carcere minorile: aveva manifestato «un principio di resipiscenza e di rivisitazione critica» ed era uscito. Per gli altri tre, interrogati ieri e inguaiati soprattutto da Flores, è stata invece l’ora delle lacrime, del pentimento, delle scuse, «anche se – ripetono come un mantra i giovani coinvolti nello stupro di Palermo – lei era consenziente, o perlomeno così ci avevano detto».
E chi l’aveva detto? «Angelo Flores. Era lui l’unico che conosceva quella ragazza». Si ritorna al punto di partenza, dunque: tutti contro tutti nel branco che si sfalda.
Con il passare dei giorni diventa sempre più labile il confine fra reale e virtuale, fra il mondo social e quello delle aule dei tribunali e delle celle degli istituti di pena.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 23rd, 2023 Riccardo Fucile
NEI PAESI NEI QUALI SONO STATI ADOTTATI, I SALARI MINIMI SONO STATI DECISIVI NEL CONTRASTARE LA MAXI-INFLAZIONE DEGLI ULTIMI DUE ANNI: “E NON C’È RISCHIO DI UNA SPIRALE TRA PREZZI E RETRIBUZIONI”
Il salario minimo ha avuto un ruolo fondamentale per contrastare la maxi inflazione degli ultimi due anni. È netto il giudizio degli economisti dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), Sandrine Cazes e Andrea Garnero, in un rapporto pubblicato per il Centre for economic policy research (Cepr).
«I salari minimi si sono rivelati, in media Paesi Ocse, uno strumento politico utile per proteggere i lavoratori più vulnerabili dall’aumento dei prezzi», evidenziano.
Mentre in Italia si discute ancora di un’adozione o no di come dovrebbe essere la struttura di base delle paghe minime, nei Paesi Ocse si è evitato il peggio nell’ultimo biennio proprio grazie a questa iniziativa. «Il salario minimo è stato un sostegno contro l’inflazione, e non c’è una spirale tra prezzi e salari», rimarcano Cazes e Garnero, con un rapporto ripreso anche dal Financial Times.
L’analisi di Cazes e Garnero ricorda come a fronte di impennate dei prezzi che non si vedevano da decenni, i salari reali sono scesi per diversi trimestri per arrivare a fine 2022 sotto del 2,2% rispetto all’ultimo trimestre del 2019 (in 24 su 34 Paesi).
Nello specifico, tra dicembre 2020 e maggio 2023, quasi tutti i Paesi Ocse hanno adottato misure per incrementare i propri salari minimi per tenere il passo con l’inflazione. Ne deriva che, in media, i salari minimi legali nominali sono aumentati del 29% tra dicembre 2020 e maggio 2023, mentre i prezzi sono aumentati del 24,6% nello stesso orizzonte temporale.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 23rd, 2023 Riccardo Fucile
ORA SI SCOPRE CHE GLI AIUTI SONO SPALMATI SU TRE ANNI
Tra una settimana, il 31 agosto, il commissario straordinario alla Ricostruzione dell’Emilia-Romagna, Francesco Paolo Figliuolo, incontrerà gli amministratori locali per fare il punto sui fondi stanziati e troverà una situazione imbarazzante: dei 4,5 miliardi che il governo si vanta di aver messo a disposizione dei territori alluvionati, dopo tre mesi sono stati spesi solo 60 milioni.
Una cifra che il commissario governativo conosce bene perché le tabelle sono nella disponibilità del governo e della Regione Emilia-Romagna: si ottiene sommando le voci di spesa relative al primo decreto, quello approvato dal Consiglio dei ministri il 23 maggio, una settimana dopo gli eventi alluvionali, e pubblicato in Gazzetta Ufficiale solo l’1 giugno, dopo un lungo passaggio al Tesoro che alla fine aveva ridotto l’importo del decreto a 1,6 miliardi rispetto ai 2,2 annunciati.
In quel decreto si stanziavano i primi fondi per rispondere alle emergenze sul territorio. Le voci di spesa più significative riguardavano gli ammortizzatori sociali e un fondo per le imprese con alti livelli di export. Tre nello specifico: 620 milioni per la cassa integrazione, 300 per mettere in sicurezza i lavoratori autonomi e altri 300 per garantire l’export delle imprese. Tanti soldi, troppi per quei capitoli di spesa e infatti oggi si scopre che di quegli 1,2 miliardi ne è stato speso solo il 5%, cioè 60 milioni: 30 milioni per la cassa integrazione, 18 milioni per gli autonomi, 11 milioni per l’export delle imprese.
Questo miliardo è teoricamente stanziato per il dopo-alluvione, ma non può essere utilizzato in altri modi e per la buona ragione che è uno stanziamento in larga parte teorico, come sempre per gli ammortizzatori sociali o gli sgravi fiscali: quel che conta è il cosiddetto “tiraggio”, che stavolta è ridicolo. Il 31 agosto gli amministratori locali chiederanno di utilizzarlo per altre voci di spesa: difficile che il Tesoro acconsenta a spostare fondi dalla Cig o dalle spese fiscali agli appalti.
A essere corretti, oltre ai 60 milioni di cui sopra, nelle zone alluvionate sono stati spesi anche 230 milioni nella prima emergenza, quando il commissario era Stefano Bonaccini, con fondi della Protezione civile: sono stati usati per i primi soccorsi, per sistemare gli sfollati e per dare 5mila euro alle famiglie rimaste senza più nulla. Questi sono i numeri, nonostante la premier, rispondendo via lettera alle critiche del presidente emiliano Stefano Bonaccini, si sia limitata al gioco delle tre carte, parlando di uno stanziamento totale di 4,5 miliardi: Fratelli d’Italia da giorni costruisce la sua comunicazione intorno a questa cifra. Problema: in sostanza è falsa.
Meloni e soci sommano gli 1,6 miliardi del primo decreto (con le finalità e i risultati che abbiamo visto) coi circa 2,7 miliardi del secondo, approvato a fine giugno, e poi arrotondano: ma non solo i fondi del primo decreto non sono destinati alla ricostruzione e saranno usati solo in minima parte, ma i soldi del secondo sono spalmati su tre anni (800 milioni quest’anno, 750 l’anno prossimo e 850 nel 2025) e destinati solo alla ricostruzione pubblica. È appena il caso di ricordare che il conto dei danni degli enti locali ammonta a 8,8 miliardi, metà per i danni di famiglie e imprese, che hanno invece a disposizione 120 milioni per la ricostruzione privata e 100 milioni per “il mantenimento dell’occupazione e l’integrale recupero della capacità produttiva” (neanche un euro distribuito).
Se gli amministratori romagnoli – con Bonaccini in testa – protestano da settimane sui fondi che non arrivano, una fonte di governo replica che non ci sono anomalie nell’allungamento dei tempi. Secondo Palazzo Chigi per garantire gli investimenti serviva una stima precisa dei danni che è stata conclusa solo a metà agosto: il piano definitivo arriverà a novembre. Sui soldi del primo decreto, invece, la speranza è che le aziende possano ricredersi e accedere entro settembre.
I ritardi però stanno creando qualche perplessità nella maggioranza, soprattutto per la volontà di Meloni di accentrare tutto il potere nelle mani di Figliuolo. Non tutti nel governo hanno condiviso l’idea di nominare il generale e non un presidente di Regione, creando un precedente pericoloso. I ritardi sugli stanziamenti rischiano di provocare ricadute in vista delle Regionali del 2025. Ieri Salvini ha telefonato a Figliuolo che gli ha ribadito “massima determinazione affinché le richieste dei Comuni vengano accolte al più presto”.
(da Il Fatto Quotidiano)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 23rd, 2023 Riccardo Fucile
IL MINISTRO FITTO HA AMMESSO CHE SE L’EUROPA NON CI DARA’ UNA MANO CON IL PROSSIMO PATTO DI STABILITA’ RISCHIEREMO GROSSO SUI CONTI PUBBLICI
Visto che i guai giudiziari non lo fanno per niente ridere, l’ex presidente francese Sarkozy si consola ricordando in un libro i sorrisetti di un tempo che fu, quando insieme alla cancelliera Merkel facevano il bello e il cattivo tempo in Europa. In quell’epoca, i due leader avevano capito perfettamente lo spessore del premier che ci ritrovavamo in Italia, Berlusconi, e lo mandarono ai giardinetti, imponendoci i salassi economici di Monti.
Le banche di Berlino vendettero all’improvviso i nostri titoli del Tesoro, facendone schizzare lo spread. La Bce, dove si stavano avvicendando Trichet e Draghi, spedì una letterina che minacciava il default, e Bruxelles irremovibile sulle politiche dell’austerity completò l’opera, costringendo la buonanima del Cav a recarsi da Napolitano per rassegnare le dimissioni.
Quel governo, del quale facevano parte la Meloni e diversi degli attuali ministri, ci aveva messo col sedere a terra. Ma il metodo col quale fu cacciato non aveva niente di democratico, e la cura imposta dalle capitali Ue con la complicità del Colle fu drammatica per il nostro Paese. Ciò nonostante, gli italiani hanno dimenticato e rimesso in sella gli stessi incapaci.
Il risultato è che non riusciamo a spendere neppure i fondi del Pnrr lasciati da Conte, e ieri il ministro Fitto ha ammesso che se l’Europa non ci darà una mano col prossimo Patto di stabilità torneremo a rischiare grosso sui conti pubblici. Sarkozy, insomma, non ride più, ma il nostro governo rischia di non essere da meno nel far sbellicare Scholz e Macron.
(da La Notizia)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 23rd, 2023 Riccardo Fucile
MA QUANDO C’ERA DA RISCHIARE LA PELLE, DOVE CAZZO ERANO TUTTI QUESTI FASCI DA AVANSPETTACOLO?
Abituato a decenni, secoli, millenni di scazzi a sinistra, assistere finalmente a un mirabolante scazzo nella destra post-non-post fascista mette di buon umore. E – mi perdonerete un piccolo “io l’avevo detto” – non si fa, non è elegante, pazienza – perché tre anni fa di questi tempi in questa piccola rubrica, mi ero permesso di far notare che le fila di Fratelli d’Italia erano piene di gente usa a salutare romanamente, a vestirsi da nazista, a celebrare pubblicamente criminali genocidi come il generale Graziani e via elencando varie nefandezze in orbace.
Saltò su come un tappo l’allora non onorevole, e non ministro, Guido Crosetto che mi additò in un tweet ai seguaci (da cui minacce varie). L’accusa era, più o meno, che io “vedevo fascisti dappertutto”.
Che visionario, eh? Arrivò di rinforzo Carlo Calenda, ribadendo il concetto e flirtando con Crosetto su “quel deficiente di Robecchi”. Modestamente.
Ora che Guido Crosetto è ministro della Difesa (dopo essere stato presidente dei produttori di armi, un conflitto d’interessi che noterebbe anche un cieco) e ha criticato le parole del generale Vannacci, diverte vederlo attaccato da destra, accusato di moderazione da quegli stessi arditi che glorificano Graziani, gli otto milioni di baionette, spezzeremo le reni alla Grecia, e attaccato pure da quel sottosegretario (Galeazzo Bignami) di cui girano foto “goliardiche” con l’uniforme delle SS. Ho letto anche un “Crosetto comunista”, che ritengo sublime. Chiusa questa piccola madeleine personale, non vorrei che ora qualcuno si alzasse a dire a Crosetto che vede fascisti dappertutto, che visionario, eh?
Resta il problemino per solutori più che abili (quindi escludo Calenda): dentro il partito di governo (e dentro il governo) resta un’ampia corrente di pensiero dichiaratamente e orgogliosamente fascista. E questo è un primo dato.
Il secondo dato è che rimangono tutti al loro posto: il portavoce della Regione Lazio che sfida le sentenze definitive sulla strage di Bologna per difendere i camerati, il viceministro vestito da nazi, il ministro-cognato che di Graziani disse “è un punto di riferimento”, il generale vanesio che rivendica l’odio per le minoranze. Si fa un po’ di polvere e poi si perdona, si zittisce, si dimentica, il che suona alle orecchie degli arditi come una silente rivendicazione. Dalla signora premier, infatti, silenzio, nemmeno un fiato. E c’è da capirla. Intanto perché viene da lì, da quella cultura di estrema destra e poi perché per anni, nella sua resistibile ascesa, si è sempre rivolta a quegli ambienti con i toni volitivi che conosciamo, un piede nelle istituzioni (fu ministra a trent’anni, altro che underdog!) e uno nel furore della militanza post(?)fascista, basti pensare al comizio davanti ai camerati di Vox, in Spagna o alle frasette – sì, anche lei, non solo il cognato – sulla “sostituzione etnica”.
Ce ne sarebbe abbastanza per pregare la destra “liberale”, come ama definirsi chi al governo non pratica il passo dell’oca, di battere un colpo, di dire qualcosa su questi suoi camerati di strada, un po’ scomodi in società ma anche molto funzionali.
Insomma, l’album di famiglia non è per niente archiviato, anzi è in grande spolvero, alza la voce, minaccia e mugugna. Forse è troppo dire che i post-fascisti hanno un problemino coi fascisti, ma certo risulta che l’operazione di nasconderli sotto il tappeto fa acqua da tutte le parti, o servirà un tappeto molto grande.
Alessandro Robecchi
(da ilfattoquotidiano.it)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 23rd, 2023 Riccardo Fucile
LA PREMIER E’ COSTRETTA AL CONTEGNO ISTITUZIONALE, LASCIA COSI’ CAMPO A CHI CONTEGNO NON L’HA MAI AVUTO
Nemmeno un fiato arriverà dal Colle, sull’affare del generale Roberto Vannacci. Sergio Mattarella, dal suo ritiro in montagna per qualche giorno di vacanza, continuerà ad osservare in silenzio gli affari della politica e gli affanni del governo. Impensabile che il colle più alto intervenisse sulle esternazioni agostane di un generale, ma il suo è un silenzio che pesa nella misura un cui detta il contegno istituzionale per tutte le alte cariche dello stato. A partire da palazzo Chigi.
Eppure, il libro Il mondo al contrario – distillato di frasi omofobe e sessiste con nostalgie verso famiglie tradizionali, il concetto di patria e i confini – ha mandato in crisi di identità la destra di Fratelli d’Italia. Il partito della premier Giorgia Meloni, infatti, si trova combattuto tra la necessità di agire con decoro istituzionale e la sensazione che le prese di posizione del generale solletichino gli istinti degli ex camerati che rappresentano la sua base elettorale storica. Gli stessi che potrebbero essere attirati dalle sirene di chi – come Gianni Alemanno e Francesco Storace – da ancora più a destra sta difendendo Vannacci e offrendogli candidature e ruoli politici. Di qui l’impasse e, stante l’obbligo del silenzio per Meloni, l’intervento dei fedelissimi Giovanni Donzelli e Tommaso Foti.
A muoversi, invece, continua ad essere il ministro della Difesa, Guido Crosetto. Il suo intervento, non concordato e autonomo rispetto al Colle, doveva limitare i danni all’immagine delle forze armate. Destreggiandosi con felpatezza democristiana, Crosetto aveva stigmatizzato le esternazioni di Vannacci come inappropriate senza entrare nel merito, ma ricordando che chi indossa la divisa e deve essere percepito come imparziale. Poi aveva lasciato che fossero le gerarchie militari ad agire, con l’apertura di una procedura disciplinare e la destituzione di Vannacci.
Eppure, il fuoco di attacchi indirettamente rivolti a lui da parte del suo stesso fronte politico lo hanno portato ad un ulteriore esercizio di prudenza. «Lungi da me impedire il diritto di opinione di chiunque», ha detto al Corriere della Sera, spiegando che «io il cambiamento di funzioni al generale non l’avrei nemmeno fatto, proprio per spegnere il caso».
Tuttavia ha confermato il perimetro istituzionale in cui si è mosso, con l’intento di sottrarre le forze armate da attacchi generalizzati. Addirittura, Crosetto si sarebbe frapposto anche tra Vannacci e iniziative più drastiche perché «molte persone con cui ho parlato e che poi hanno agito avrebbero preteso molta più durezza. Ma io sono e resto garantista».
Eppure la linea istituzionale è la più complessa da mantenere in casi che interessano più livelli di comando. Crosetto si è mosso in modo autonomo, ma Mattarella è il vertice dell’organo costituzionale che è il Consiglio supremo di difesa. Dunque il caso di Vannacci rientra, seppur indirettamente, nell’orbita del Quirinale.
GLI ORIENTAMENTI DEL COLLE
Per sapere quanto seriamente il Capo dello Stato consideri le esternazioni di militari di carriera, inoltre, si può ricordare un precedente. Mattarella, infatti, è stato titolare della Farnesina dal 1999 al 2001, negli anni del governo D’Alema durante la guerra in Kosovo.
Nel 2000, il generale degli alpini Silvio Mazzaroli, attivo al fronte, rilasciò un’intervista in cui dubitava della bontà delle scelte della politica militare italiana e commentava negativamente il comportamento sul campo degli altri eserciti Nato. Dopo la pubblicazione, Mazzaroli venne destituito dal suo incarico dallo stato maggiore della difesa e Mattarella, in parlamento, commentò dicendo che «giudizi pesanti di quel genere non sono compatibili con la coesione necessaria in condizioni così gravi e così impegnative» e che quindi apprezzava la decisione assunta autonomamente dai vertici militari. Una presa di posizione decisamente più dura di quella dell’attuale ministro, che invece nel caso di Vannacci ha detto che avrebbe evitato l’immediata destituzione.
Al Colle il ruolo di Mattarella è cambiato, tuttavia i suoi orientamenti sarebbero rimasti gli stessi e di questo sarebbe persuaso anche Crosetto, che pure non ha voluto ingigantire la questione aprendo una linea col Quirinale.
Nel frattempo, Vannacci sembra deciso ad abbandonare ogni contegno militaresco. Di intervista in collegamento televisivo, il generale non ha fatto mistero di avere ricevuto lusinghe politiche e di non averle disdegnate.
La vicenda potrebbe quindi concludersi con un soldato in meno e un candidato in più a destra, ma un effetto l’ha già prodotto: mostrare a Meloni che il suo partito ha ancora un’anima nera ma il contegno istituzionale non le permette più di cavalcarla. Con l’effetto di lasciare il campo a Matteo Salvini.
(da editorialedomani.it)
argomento: Politica | Commenta »