BERLUSCONI SENTE ARIA DI PATATRAC: “RENZI PUNTA AL VOTO PER EVITARE LA TROIKA”
E FORZA ITALIA FRENA SULLA LEGGE ELETTORALE
“Patatrac” è la parola che usa Berlusconi per descrivere la manovra spericolata di Renzi.
Parola che, nel ragionamento dell’ex premier, porta a un’eventualità che negli ultimi giorni a palazzo Grazioli viene considerato il vero obiettivo di Renzi: il voto anticipato.
E c’è qualcosa di più di una suggestione nella battuta che il Cavaliere ha consegnato ad amici fidati: “Se succede il patatrac, Renzi va al voto senza la sua vecchia guardia di ex Pci. Noi andiamo con una lista Berlusconi e poi… poi governiamo assieme”.
Nella battuta c’è la convinzione che “Matteo” ormai sia alla ricerca di un incidente, proprio sul jobs act, per andare a elezioni anticipate prima di essere imbullonato a palazzo Chigi da una crisi che non aveva previsto.
Si spiegherebbe così la sua sfida all’ok Corral con la vecchia guardia e i sindacati sull’articolo 18.
Un “non tratto” che neanche Berlusconi ai bei tempi. Pronunciato ovunque. In Italia e nel corso del suo viaggio negli Usa.
È “una via d’uscita”, ragiona a voce alta chi raccoglie i pensieri del Cavaliere. Una via d’uscita diventata obiettivo politico.
Perchè la scommessa del giovane Matteo di agganciare la ripresa può considerarsi fallita visti i dati del Pil e tutti gli indicatori economici che annunciano mesi di lacrime.
E c’è il fantasma della Troika. Un fantasma che si è materializzato già nell’incontro a palazzo Chigi, nel corso del quale Renzi è apparso particolarmente preoccupato in relazione alla prossima legge di stabilità .
Già , la Troika. A uno abituato a riconoscere le pressioni dei poteri forti come Berlusconi non è sfuggito il crescendo delle ultime settimane: le frequenti esternazioni di Draghi, l’ultima intervista, allarmata, del governatore di Bankitalia Ignazio Visco. E il fondo del direttore del Corriere Ferruccio De Bortoli, indicatore della ormai palese sfiducia verso il governo di quell’establishment che “tifa” per una “soluzione tecnica modello Troika”.
È uno scenario ben presente nella testa del premier, che non a caso ha chiesto un’accelerazione sull’Italicum: “Renzi — dice un azzurro di rango — sta usando il jobs act per far precipitare la situazione verso il voto ed evitare la Troika. Così può dire: io ci ho provato, ma me lo hanno impedito. Datemi il consenso per cambiare l’Italia”.
A questo si lega la grande frenata di Forza Italia sulla legge elettorale.
Con Berlusconi che tira il freno a mano proprio quando Verdini, il “vicepremier”, voleva spingere sull’acceleratore”.
Non è un caso che l’Italicum al Senato sia slittato almeno di una settimana. E che Berlusconi, sulle modifiche chieste da Renzi nell’ultimo incontro, si è mostrato freddino.
Al momento è il Consultellum la legge attorno l’ex premier articola la sua manovra: “Se Renzi vuole andare al voto, andiamo al voto col Consultellum e poi…”.
In una trama complessa in cui si intrecciano i fili della realtà e quelli della fantasia, un punto è fisso nella strategia berlusconiana.
E riguarda l’elezione del prossimo capo dello Stato, tema fulcro del “patto del Nazareno”. Non è un mistero che Napolitano vorrebbe mollare al più presto.
E negli ultimi giorni le voci di una crescente “stanchezza” dell’inquilino del Quirinale si sono intensificate. Guarda caso, proprio il Quirinale è il cuore del ragionamento di De Bortoli.
È chiaro, sussurrano a palazzo Grazioli, che il “partito della Troika” vuole pesare nella successione di Napolitano.
Si spiega così la durezza del Corriere attorno al patto del Nazareno: “Hanno paura — dice un azzurro di peso – che il nuovo mondo si impossessi del Quirinale”.
Già , il nuovo mondo, ovvero il mondo del “patto del Nazareno”.
I numeri delle travagliate elezioni della Corte, dove il quorum è altissimo, dicono che — in questo Parlamento — Renzi e Berlusconi sono perfettamente in grado di eleggere un capo dello Stato condiviso.
Nel prossimo, invece, la garanzia per Berlusconi è il cosiddetto Consultellum, non una legge col premio di maggioranza.
Che fatalmente induce chi vince alla tentazione di mettersi il suo capo dello Stato.
(da “Huffingtonpost”)
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