OGNI COMUNE TASSA LA CASA A MODO SUO: NEL 26% DEI COMUNI, LA TASI SARA’ PIU’ CARA’ DELL’IMU
L’IMPOSTA “FAI DA TE” TRA RENDITE E FIGLI
Comune in cui abiti, tassa che trovi. Eccolo il federalismo fiscale.
Ci si dovrà abituare, un po’ alla volta. Ma prima bisognerà superare la “prova Tasi”, parente geneticamente modificato dell’Imu, quella che avevano abolito ma che in realtà è sostanzialmente sopravvissuta sotto nomi a acronimi diversi.
La Tasi, la tassa comunale sui servizi indivisibili, dunque si paga sulla prima casa come sulle seconde e sugli altri immobili.
La pagano i proprietari ma anche gli inquilini. Le aliquote non sono uguali per tutti, sia ben chiaro: le stabiliscono i Comuni.
Altrimenti che fine fa il federalismo fiscale? E tra gli ottomila e passa Municipi c’è chi l’ha già fissata (circa 800, tra i quali 22 capoluoghi di provincia e 9 capoluoghi di Regione) e chi invece no.
Ben quattromila, d’altra parte, sono i Consigli comunali che saranno rinnovati con il voto di domenica prossima.
Chi ha il coraggio di alzare le tasse (perchè di questo si tratta nella maggior parte dei casi) a ridosso delle elezioni?
Aliquote diverse ma anche detrazioni diverse: in base alla rendita catastale, al reddito, al numero dei figli a carico ma con tetti variabili per l’età di questi ultimi.
C’è chi ha fissato un limite a 25 anni, chi a 26, chi a 18. Perchè?
E ancora: è identica la situazione di un figlio disoccupato o occupato?
Il caos fiscale è anche questo. Prevedere – come sostiene la Uil – che alla fine ci saranno tante Tasi quanti sono i Comuni italiani, cioè 8.092, non è affatto un azzardo. Siamo o no il Paese dei mille campanili?
Ma il numero dei Comuni miscelato alle innumerevoli possibilità di combinazione dei fattori (dalle aliquote alle detrazioni legate ai figli o al reddito, per capirsi) finirà per produrre oltre 75 mila soluzioni. Un ginepraio.
Affari d’oro per i commercialisti che sul bizantinismo normativo tricolore hanno costruito le loro fortune.
E guai a chi dovesse aver acquistato una casa in un Comune ed ereditata la seconda in un altro. La creatività fiscale richiede pazienza.
Mettendosi l’anima in pace: perchè – sempre la Uil Servizio politiche territoriali – ha calcolato che nel 26 per cento dei Comuni la Tasi sarà più cara dell’Imu già pagata nel 2012.
Questo è un patrigno federalismo fiscale.
I Caf hanno lanciato l’allarme: «Rischiamo di essere presi d’assalto e i cittadini di pagare al buio». Solo i Caf della Cisl parlano di ottantamila appuntamenti al giorno per la dichiarazione dei redditi e il calcolo della Tasi. Ora, ad eccezione di Aosta, dove per le case non di lusso l’aliquota è stata fissata al livello base dell’1 per mille (l’aliquota può variare dall’1 al 2,5 per mille più un’eventuale addizionale dello 0,8 per mille vincolato alle detrazioni), e Pordenone (1,25 per mille), tutte le altre città hanno aumentato le aliquote.
Torino ha scelto il 3,3 per mille con detrazione fissa di 110 euro per immobili con rendita catastale fino a 700, più 30 euro per ogni figlio minore di 26 anni.
Anche Ferrara ha scelto il 3,3 per mille, introducendo detrazioni oltre alla rendita catastale anche per i figli fino a 26 anni.
Stessa soluzione a Reggio Emilia la cui detrazione per i figli però si ferma a 25 anni.
Diversa la strada imboccata dalla Giunta comunale di Milano: aliquota al 2,5 per mille con detrazione legata alla rendita catastale (fino a 770 euro) e in base al reddito Irpef (fino a 21 mila euro).
Qui si rischia di avere nostalgia dell’Imu.
D’altra parte in diversi Comuni (il 26 per cento) tra quelli che hanno stabilito aliquote e detrazioni costerà di più la Tasi dell’Imu.
A Mantova si pagheranno mediamente 89 euro in più, a Pistoia 75, a Milano 64, a Ferrara 60, a Savona 28.
Si verserà di meno, invece, a Pordenone (148 euro in meno), a Roma (127), a Cagliari (85), a Brescia (78), a Modena (65), a Ravenna (37), a Vicenza (53), a Bologna (20), a Torino (7) fino a Novara (4).
Alla fine i Comuni incasseranno. Ma il rischio – secondo il segretario confederale della Uil, Guglielmo Loy – è che in molti casi il bonus di 80 euro deciso dal governo possa essere mangiato dalla Tasi, dalla Tari e dalle addizionali Irpef e che — per coloro (pensionati in primis) che per ora non riceveranno lo sgravio — l’operazione possa tradursi in un nuovo incremento della pressione fiscale.
Roberto Mania
(da “La Repubblica”)
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