PUTIN PUÒ ESSERE FATTO FUORI SOLTANTO DAGLI APPARATI: ESERCITO, POLIZIA SERVIZI: MA POI CHI CI METTIAMO AL CREMLINO? IL MINISTRO DEGLI ESTERI LAVROV POTREBBE ESSERE SOLO UN LEADER DI TRANSIZIONE
LE CRITICHE DEL “CREMLINO MAGICO”: “QUAL E’ IL RISULTATO DELLA “MISSIONE” IN UCRAINA? LA GERMANIA SI RIARMA COME NON FACEVA DAI TEMPI DI HITLER, E TRA TRE ANNI L’EUROPA NON AVRÀ PIÙ BISOGNO DEL NOSTRO GAS E PETROLIO”
Calma, la guerra non è finita. Mentre in Europa tutti gridano alla vittoria, ed esultano per la controffensiva ucraina che ha costretto i russi al ritiro, a Washington si predica cautela. Gli americani, che hanno investito fior di miliardi per sostenere Zelensky, ci vanno piano.
Il segretario di stato Antony Blinken, e il suo collega della difesa, Lloyd Austin, sono i veri vincitori: sostengono da sempre la linea dura contro Putin, ma sanno anche che le tigri ferite possono diventare molto pericolose. Dunque, l’obiettivo è vincere, ma non stravincere.
Sanno bene, i due, che “Mad Vlad” può cadere soltanto se a farlo fuori sono gli apparati. Non gli oligarchi, che non contano niente e devono tutto allo zar del Cremlino, non i deputati che stanno firmando inutili richieste di dimissioni, ma gli “apparatcik”, i burocrati che lo circondano e influiscono davvero sulle decisioni.
Sono tre gli “apparati” in grado di destituire l’ex agente del Kgb: l’esercito, la polizia e i servizi segreti. Solo loro possono far abbassare la cresta al presidente russo, dato che sono sempre loro a perdere la faccia per via degli schiaffoni che sta prendendo Mosca da Kiev.
Per Putin sono il perfetto capro espiatorio: ogni due settimane, licenzia un generale o uno 007, addossandogli la colpa della disfatta.
Ma il giochino potrebbe durare ancora poco: tra i miilitari il consenso di Putin sta scendendo.
I rifornimenti non arrivano, l’invasione si sta trasformando in un boomerang: che senso ha continuare così?
A tutto questo va aggiunto il mancato sostegno da parte della Cina: Xi Jinping non ha mai inviato sostegno militare a Putin, che è stato costretto a chiedere aiuto alla Corea del Nord e all’Iran.
Un’altra questione che spinge la Casa Bianca alla cautela è legata alla successione al Cremlino: caduto Putin, con chi lo sostituiamo? Una volta c’era il Politburo, le strutture del Partito comunista con le sue gerarchie, i suoi numeri due, a garantire una successione più o meno ordinata.
E oggi? L’unica persona che potrebbe prendere il posto di Zar Vlad è il suo ministro degli esteri, Sergei Lavrov. Le sue doti diplomatiche sono riconosciute in tutto il mondo – era anche contrario all’invasione, salvo poi adeguarsi ai desiderata del capo del Cremlino – ma manca di carisma, di capacità di comando. Insomma, al massimo essere un sostituto temporaneo, di transizione.
Dunque, che succede? Di sicuro a Mosca sanno che così non si può continuare: anche le persone più vicine a Putin, le poche rimaste, si stanno facendo molte domande.
Il presidente è in un bunker anche mentale: il suo vero ideologo, Vladislav Surkov (altro che Dugin), è stato arrestato in aprile, e sono sempre meno le persone che riescono ad avvicinarlo.
Tra questi, il suo burattino Dmitry Peskov, fedele portavoce, e Yuri Kovalchuk, il migliore amico, l’uomo che è stato al suo fianco anche durante l’isolamento nel pieno della pandemia di Covid.
Anche loro hanno capito che la guerra è persa, e bisogna salvare la faccia. Qualcuno, in queste ore, sta sussurrando alle orecchie di Putin, instillando il dubbio: “Qual è ormai il senso dell’operazione speciale che portiamo avanti senza successo dal 24 febbraio?”.
Il senso del ragionamento che si fa tra Cremlino e Lubjanka è questo: “l’unico risultato che abbiamo ottenuto per ora è che la Germania si sta armando come non faceva dai tempi di Hitler, e presto supererà la Francia come potenza militare. I tedeschi, in mutande per l’interruzione del Nord Stream, nel giro di tre anni saranno autonomi, ci odieranno ferocemente e non ci sarà più la russofona Merkel a tutelarci. Non abbiamo più armi e la minaccia nucleare è spompa: se sganci la bomba, ci ammazzi tutti. Ci conviene davvero continuare così”?
(da Dagoreport)
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