Settembre 8th, 2012 Riccardo Fucile
TRA “FAVIA A CASA” E “CACCIAMO CASALEGNO” IL FUORI-ONDA DI PIAZZA PULITA GENERA UNA BATTAGLIA INTERNA NEI CINQUESTELLE
Il tappo è saltato. E adesso volano gli stracci.
Casaleggio è davvero lo «spietato» e «vendicativo» uomo nell’ombra dei 5 stelle?
Sui forum online del Movimento e sul blog di Beppe Grillo va in scena lo scontro virtuale tra ortodossi ed eretici.
Da entrambi i fronti s’invocano soluzioni drastiche: «Favia è un arrivista», «lo Scilipoti del M5S», «va espulso».
Anzi no, il colpevole è il guru capellone: «Casaleggio ci rubato la democrazia», «Beppe devi cacciarlo».
A scatenare le polemiche nel popolo 5 Stelle è stato il fuorionda a “Piazza pulita” di Giovanni Favia, consigliere regionale dell’Emilia Romagna e grillino della prima ora: «La democrazia nel Movimento non esiste. Casaleggio è spietato, vendicativo, controlla tutto dall’alto e prende per il culo tutti. O si leva dai c… o il movimento gli esploderà in mano».
Le telecamere sono spente, ma il microfono dell’inviato di Corrado Formigli no: registra tutto.
Sui siti dei 5 stelle si scatena il finimondo.
Mentre il tag #Casaleggio scala la classifica su Twitter, arriva la (parziale) marcia indietro di Favia, che rimette il suo futuro nelle mani dei cittadini confermando il mandato “a termine” per gli eletti 5 stelle.
«La colpa è mia. Due anni in mezzo agli squali non mi hanno fatto crescere sullo stomaco tutto quel pelo che serve per reggere la pressione che c’è oggi intorno al Movimento. I militanti dell’Emilia-Romagna valuteranno le mie dimissioni».
La bacheca Facebook di Favia è presa d’assalto: «Sii uomo e lascia subito». «Che delusione — rincara Roberto -. Prima i soldi pubblici dati per le interviste poi un pietoso fuorionda. Dimissioni immediate».
Carlo fiuta aria di complotto: «Poverini, ma davvero credete che non fosse d’accordo?».
Ma c’è anche chi difende il barbuto consigliere regionale: «Ho votato te e il movimento, non Grillo e Casaleggio! Tieni botta». «Avanti così non mollare.
Da qui nascerà il Movimento 5 Stelle più forte di prima!». «Giovanni ha detto delle cose che tantissimi pensano», accusa Riccardo.
Luigi prova a mediare tra fedelissimi e disillusi: «Il problema va risolto, ma al cospetto delle luride manovre di Lusi, Belsito e Berlusconi questo episodio è una bazzecola».
Niente da fare, le invettive contro la vecchia politica non bastano più.
Tra i militanti c’è la sensazione che il giocattolo si sia rotto.
Su forum e pagine social del movimento gli attestati di solidarietà a Favia sono parecchi: «Chi critica il re è un uomo libero, merita rispetto».«Non dimetterti e combatti per quello che hai detto, non è un problema».
In tanti chiedono la testa di Casaleggio «Se Giovanni ha detto la verità Beppe deve dargli il benservito».
La musica cambia sul blog di Grillo, dove Casaleggio pubblica una nota di autodifesa («Nè io, nè Beppe abbiamo mai definito le liste per le elezioni comunali e regionali, nè infiltrato persone nel Movimento»).
Sul sito i fedelissimi difendono il leader e si scagliano contro Favia «nuovo idolo di tutti quelli che vivono di partitocrazia»: «Ha agito in malafede, era tutto combinato». Massimiliano accusa il consigliere regionale di essere stato «plagiato da Tavolazzi», il ferrarese epurato a marzo.
Ma non basta. La questione democrazia è aperta.
Con la campagna elettorale alle porte, il movimento è a un bivio. «Favia o è un cretino o un venduto — scrive Viviana -. Se dipendesse da me, dovrebbe dare immediatamente le dimissioni. Ma se sarà mandato via, tutti diranno che Casaleggio o Grillo sono despoti. Un bel dilemma! Non vedo come uscirne… Sono stanca»
Gabriele Martini
(da “La Stampa”)
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Settembre 8th, 2012 Riccardo Fucile
AMMORBIDITI I DIVIETI…. BUSINESS DA 45 MILIARDI L’ANNO… I METRI PASSANO DA 500 A 200
Facile lanciare proclami contro le slot. Poi ci si ritrova con un pugno di mosche.
Cambiano i governi, ma la lobby dei videogiochi ha sempre santi in Paradiso.
Nel centrodestra, ma non solo.
E i tecnici di Monti? Proclami tanti, molte marce indietro.
Si resta con società private che ogni anno incassano 45 miliardi, mentre le loro concessioni gratuite sono scadute.
Mentre uno dei re del settore è latitante all’estero.
Si era annunciata guerra totale. Ma poi i giorni passano, forse i signori delle slot muovono le loro pedine.
Ed ecco la sorpresa, l’altra notte, nel decreto sanità : la distanza di sicurezza delle sale gioco da scuole, università , ospedali e luoghi di culto viene ridotta da 500 a 200 metri.
E solo per i nuovi esercizi.
Se è guerra, si fa a colpi di cerbottana. “È un passo in avanti, ma viene il dubbio che la lobby sia riuscita a rosicchiare parecchio”, spiega Laura Garavini (Pd), una delle poche voci fuori del coro.
Non sarebbe la prima volta che i tecnici cedono alle macchinette.
All’inizio dell’anno in Parlamento viene presentato il decreto sulle slot.
Per contrastare i rapporti con la criminalità il governo introduce una norma restrittiva: niente concessioni a indagati oltre che ai rinviati a giudizio e ai condannati per reati tipici della criminalità organizzata.
Il divieto è esteso ai coniugi e ai parenti e affini fino al terzo grado.
Novità clamorose, le slot sono tra le principali fonti della criminalità organizzata.
Una macchinetta porta 30mila euro al giorno.
Ma a marzo in Commissione al Senato spunta un emendamento Pdl.
Si restringe l’ambito ai coniugi non separati. E non si parla più di “indagati”, stop soltanto per chi abbia condanne almeno in primo grado.
Una decisione che ha suscitato pesanti attacchi all’esecutivo: “La norma… riguarda la società concessionaria Bplus, ex Atlantis, investendo anche la vicenda giudiziaria che coinvolge il signor Corallo”, ha sostenuto in Commissione Finanze Alberto Fluvi (Pd).
Niente da fare: il governo, con il sottosegretario all’Economia Vieri Ceriani, ha dato via libera all’emendamento.
Così la norma procede spedita. Eppure il nome Corallo non è sconosciuto alle cronache. Parliamo di uno dei signori delle slot.
All’inizio di quest’anno la Finanza piomba in casa di Francesco Corallo per acquisire materiale su un finanziamento da 148 milioni che sarebbe stato concesso dalla Banca Popolare di Milano (Bpm) di Massimo Ponzellini.
Ma le Fiamme Gialle all’inizio restano fuori dalla porta.
Viene accampata l’immunità .
Poi ecco arrivare il deputato Amedeo Laboccetta (in seguito indagato per favoreggiamento) che si porta via un computer sostenendo che sia suo.
Sì, proprio quel Laboccetta ex plenipotenziario di Fini a Napoli e amministratore di Atlantis Group of Companies Nv (ora è in Parlamento, vicino a Berlusconi e giura di non avere più niente a che fare con le slot).
Le carte dell’inchiesta milanese offrono squarci illuminanti.
Prendete la telefonata di Raffaele Ferrara — ex capo dei Monopoli estraneo alla vicenda e non indagato — intercettato mentre parla con l’ex ministro Aldo Brancher: “Sono schifato della scarsa attenzione verso gli interessi generali… si capisce che c’è una marea di soldi sui giochi, ma non c’è attenzione dello Stato verso questo mondo che è pericolosissimo perchè ci sono certamente collusioni con la criminalità , profili che possono danneggiare i minori e la gente debole psicologicamente”.
C’è poi, come ha ricordato Il Secolo XIX, la testimonianza di Guido Marino, prima consulente del ministero delle Finanze e poi dei privati: “Ho notato politici, parlamentari o meno, che presentavano interrogazioni, emendamenti o proposte di legge tecnicamente incongrue al fine di trovare un’occasione di visibilità e quindi di contatto con gli operatori privati del gioco… alcuni di questi hanno poi mutato posizione sui giochi, da negativa a positiva”.
Due regali inaspettati sono arrivati dai governi Berlusconi: il decreto anti-crisi del novembre 2008 prevedeva una riduzione dell’aliquota sugli introiti delle slot machine quando la raccolta aumentava.
Come dire: più guadagni, meno paghi.
Non basta: un decreto del 2005 prevedeva che lo Stato pagasse i concessionari per il raggiungimento dei livelli di servizio. In totale fanno 285 milioni.
Ma la grande battaglia vale miliardi: a febbraio la Corte dei Conti ha condannato i dieci concessionari a pagare penali per 2,5 miliardi per i disservizi del periodo 2004-2006.
La penale più alta, pari a 845 milioni, è quella che dovrà pagare Bplus, la ex Atlantis World Group of Companies.
Sono stati condannati anche i manager pubblici che avrebbero dovuto controllare: il direttore dell’Aams l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato dell’epoca, Giorgio Tino (4,8 milioni), e il direttore del settore giochi Antonio Tagliaferri (2,6 milioni) che si occupa anche oggi della gara per assegnare per altri 9 anni le concessioni. In lizza gli operatori sanzionati con lui.
Ferruccio Sansa
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 8th, 2012 Riccardo Fucile
IL SINDACO DI FIRENZE E’ RIUSCITO A FAR BRECCIA NEI CUORI DEI MILITANTI DEL PD NELLE ROCCAFORTI EMILIANE… MA IL 13 A VERONA L’ASPETTA LA PROVA DEL FUOCO
Al ragazzaccio, come lo chiama lo storico Franco Cardini, non garbano i consigli: fai questo, fai quello.
Matteo Renzi fa sempre di testa sua.
Per questo motivo al sindaco di Firenze deve esser costato un po’, ai primi di luglio, telefonare a Romano Prodi e chiedergli: «Professore, ci vediamo? Vorrei chiederti…».
Di quella chiacchierata, consumata nella casa di Romano e Flavia Prodi al 7 di via Gerusalemme, nulla si è saputo.
Ma Prodi racconta di essere rimasto ben impressionato dall’«intelligenza» del sindaco di Firenze, dalla «qualità delle sue domande», dalla sua velocità di ragionamento, dal suo coraggio, dal suo profilo da outsider.
E anche se Prodi resterà neutralissimo nella campagna delle Primarie (anche perchè «a Bersani voglio bene»), quell’incontro bolognese di metà estate ha lasciato il segno: ogni tanto Renzi si fa vivo, chiede consigli e il Professore non si tira indietro.
Pensare che, otto anni fa, la prima volta che lo vide, Prodi disse a Renzi: «Ma sei proprio un bambino!».
Un rapporto di simpatia, quello col Professore, che a sei giorni dalla partenza da Verona del camper di Renzi, va al cuore di una dei due grandi enigmi irrisolti che circondano l’inizio della sfida: il sindaco ha lo spessore e il “pensatoio” adeguati per candidarsi alla guida del Paese?
Lo standing, ecco il rovello incoffessabile di Renzi.
Due mesi fa il fondatore di “Repubblica” Eugenio Scalfari, commentando un successo internazionale di Mario Monti, velenosamente scrisse: «Forse le cose sarebbero andate ancora meglio se a Bruxelles fosse andato Matteo Renzi».
Raccontano che lui se la prese e restò due giorni di cattivo umore.
E d’altra parte una certa idiosincrasia a circondarsi di teste pensanti è sempre stato un suo problema.
Ogni tanto litiga e rompe con personaggi dotati di personalità : è accaduto con l’economista Luigi Zingales (che un anno fa era alla “Leopolda”), con l’ex magistrato Pier Luigi Vigna, con diversi assessori della sua giunta, ma anche con l’ex manager Mediaset Giorgio Gori, che da possibile “numero due” è stato ridimensionato a responsabile della Comunicazione e degli eventi.
Dice il deputato pd Mario Adinolfi, che conosce Renzi da anni: «Matteo può vincere le Primarie, ma la ritrosia a circondarsi di consiglieri importanti è un limite, speriamo che lo superi». Per ora le teste d’uovo che lo circondano sono due, l’ex enfant prodige Giuliano Da Empoli, assessore (alla Cultura) della giunta Renzi e Francesco Clementi, costituzionalista dell’Università di Perugia.
Basteranno per aiutare il sindaco nell’accedere al carattere complesso della realtà ?
La prima risposta giovedì 13: nel discorso di Verona, Renzi è chiamato a spiegare l’Italia di Renzi, piuttosto che continuare nella campagna anti-casta.
E soprattutto: lancerà alcune idee-forza fuori dai meanstram conosciuti?
Il sindaco conosce a memoria le regole auree della comunicazione e dunque non fa anticipazioni sul discorso di Verona.
Ma si avvicina al trampolino di lancio – e qui affiora la sorpresa – da un’altezza più alta del previsto: l’accoglienza ricevuta alle Feste Pd delle regioni rosse, è stata superiore ad ogni attesa. Un autentico sfondamento.
Applausi caldi e posti in piedi alla Festa nazionale di Reggio Emilia e in città rossissime come Livorno e Ravenna; vittorie fuori casa come a Ferrara, nel dibattito con l’”enfant du pays” Dario Franceschini; e anche autentici eventi, come a Forlì, dove sotto una pioggia scrosciante, «tanta gente non si vedeva da 10 anni», ammettono al partito.
Certo, quando Renzi gira e va nelle cucine, puntualmente spuntano le battute: «Hai sbagliato ad andare ad Arcore».
Ma chi per scelta, appalude e dalle parti di Bersani cominciano a preoccuparsi, come confida uno degli uomini più vicini al segretario: «Nella seconda fascia dei quadri di partito e degli amministratori, c’è tantissima gente che non aspetta altro che potersi contare localmente. Renzi non li ha neppure cercati e loro sono già pronti».
Ora, per provare a sfondare, il sindaco proporrà la diversità che meglio di altri ha capito Sergio Staino, e spiegato a David Allegranti nel libro “Matteo Renzi”: «I dirigenti di sinistra sono fumosi., mai mai prendersi una responsabilità », quel che piace in Renzi è sapersi mettere in gioco.
Fabio Martini
(da “La Stampa“)
argomento: Partito Democratico, PD | Commenta »