Destra di Popolo.net

ISTANT POLL CONFRONTO TV: VINCE RENZI MA NON SFONDA

Novembre 29th, 2012 Riccardo Fucile

IL ROTTAMATORE “PIU’ CONVINCENTE” PER IL 49% DEGLI INTERPELLATI CONTRO IL 38%

È Matteo Renzi il vincitore del confronto tv con Pier Luigi Bersani trasmesso da Rai1.
Secondo il 49% dei telespettatori il più convincente è stato il sindaco di Firenze, mentre il 38% ritiene che sia stato il segretario del Pd a prevalere nel dibattito.
Lo rileva un instant poll condotto dall’istituto Quorum in collaborazione con LaStampa.it su un campione di intervistati che hanno seguito il confronto di questa sera.
Per il 13% degli intervistati, invece, dal dibattito non è emerso nessun chiaro vincitore e si è trattato di un sostanziale pareggio.
ùIl 15% dice che potrebbe aver cambiato idea su chi votare al ballottaggio: tra questi elettori, Renzi quasi doppia Bersani (54% contro 28%, il 14% è indeciso).
Il sondaggio è stato condotto online con metodologia CAWI, su un campione statisticamente rappresentativo di 1.900 telespettatori del confronto di questa sera.
ECCO TUTTI I DATI
Intenzioni di voto per il ballottaggio (tra chi ha votato al 1° turno):  

Renzi 41%
Bersani 53%
Indeciso/Non vota 6%

Vincitore nel dibattito (solo tra chi ha votato al 1° turno):  

Bersani 47%
Renzi 41%
Pareggio 12%

Vincitore nel dibattito (18-34 anni):  
Renzi 62%
Bersani 30%
Pareggio 8%

Vincitore nel dibattito (35-54 anni):
Renzi 56%
Bersani 30%
Pareggio 14%

Vincitore nel dibattito (55 anni e oltre):
Bersani 49%
Renzi 38%
Pareggio 13%

(da “La Stampa”)

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LADY BOSSI RIDIMENSIONA LA SCUOLA BOSINA: ISCRIZIONI IN PICCHIATA

Novembre 29th, 2012 Riccardo Fucile

VICINO ALLA CHIUSURA IL LICEO LINGUISTICO AVVIATO NEL 2010 CONTRO IL PARERE DEL MINISTERO…. ORA SI CERCA DI SALVARE MATERNA, ELEMENTARI   E MEDIE

Nessuno vuole più iscriversi al liceo aperto dalla moglie di Bossi.
Avviato nel 2010 contro il parere del consiglio nazionale della Pubblica Istruzione, alla fine dell’anno scolastico in corso il liceo linguistico paritario della scuola Bosina chiuderà  i battenti.
Una parabola velocissima quella del liceo di lady Bossi che nel 2010, assieme a tutta la scuola Bosina, riceveva 800mila euro di finanziamento grazie alla “legge mancia” (contributo per i lavori di ristrutturazione eampliamento dell’edificio scolastico) e, dopo appena tre anni di attività , annuncia la chiusura, vittima della carenza di iscrizioni e, forse, anche del destino avverso che si è abbattuto su Umberto Bossi e sul sistema di potere che fino a pochi mesi fa ruotava attorno alla sua figura.
A confermare la chiusura del liceo è Bruno Specchiarelli, assessore provinciale di Varese e presidente della cooperativa che gestisce l’istituto fondato nel 1998 da Manuela Marrone (moglie del Senatùr, ndr).
“A chiudere — puntualizza Specchiarelli — sarà  solo il liceo. Abbiamo preso questa decisione a malincuore, ma siamo stati costretti dalle circostanze per salvare la situazione e mantenere attivi la scuola dell’infanzia, la scuola primaria e la secondaria di primo grado”.
E poi continua: “Purtroppo la situazione contingente non aiuta. Siamo un’azienda e dobbiamo fare i conti con i quattrini, se l’esborso per pagare gli insegnanti è più alto di quello che incassiamo dalle rette e dai contributi, l’unica scelta possibile è quella della chiusura. Lo abbiamo già  comunicato alle famiglie”.
Attualmente sono due le sezioni attive nel liceo linguistico in salsa padana.
Si tratta di una seconda e una terza che contano rispettivamente 8 e 15 studenti. Il numero di iscritti, che era già  poca cosa rispetto alle classi affollate dei licei statali, è crollato ulteriormente.
Così quest’anno la scuola non è riuscita a far partire la prima e le preiscrizioni per l’anno venturo non hanno lasciato intravedere nulla di positivo, al punto che l’unica soluzione individuata è stata quella che porterà  alla chiusura.
Ai genitori dei liceali è stato spiegato che la scuola garantirà  le attività  per l’anno scolastico in corso, dopodichè verranno messe in atto tutte le procedure necessarie al trasferimento degli alunni verso altri istituti.
L’informativa è stata data il 20 di ottobre, a poco più di un mese dall’avvio delle lezioni.
Ad oggi già  due alunni della seconda sono riusciti a cambiare scuola, facendosi accettare da un altro liceo.
Per gli altri il percorso potrebbe non essere altrettanto celere, non si tratta infatti di una passeggiata.
Nel programma scolastico del liceo paritario della scuola Bosina ci sono differenze sostanziali rispetto ai licei linguistici statali: manca completamente la terza lingua straniera.
Una differenza che potrebbe rappresentare un ostacolo non da poco per il riconoscimento del percorso di studi effettuato dagli alunni della scuola paritaria varesina nel trasferimento verso un istituto pubblico.
Proprio la mancanza della terza lingua straniera è stato uno dei punti cardine del parere negativo rilasciato dal Consiglio nazionale della Pubblica Istruzione il 26 agosto 2010, alla vigilia dell’apertura del liceo.
Un documento di tre pagine nel quale gli esperti del ministero hanno elencato tutte le lacune del progetto didattico, culturale e formativo del liceo Bosino che “non risponde del tutto ai requisiti previsti per il riconoscimento di curricoli da attivare in chiave sperimentale”.
Ma non solo, nelle conclusioni si sottolineava anche come nel progetto mancasse “il profilo educativo culturale e professionale degli alunni” e con esso altri elementi considerati fondamentali: “nulla si dice circa le azioni previste a supporto della formazione integrale della persona ed a beneficio dello studio delle discipline in prospettiva sistematica, storica e critica”, per finire poi con la sottolineatura relativa alla mancanza della terza lingua straniera: “La soppressione di una materia caratterizzante l’indirizzo di studi non può essere condivisa. Si propone, pertanto, parere contrario”.

Alessandro Madron
(da “il Fatto Quotidiano”)

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IL GIALLO DELLE 47 MULTE AL SINDACO DI BRESCIA PER ECCESSO DI VELOCITA’, NESSUNA NOTIFICA, 21.000 EURO DA PAGARE

Novembre 29th, 2012 Riccardo Fucile

LE CONTRAVVENZIONI PRESE IN AUTOSTRADA CON UNA LEXUS E UN’AUDI A5…IL SINDACO: “UN SABOTAGGIO, PAGHERO’ IO”

La targa è DZ662RF. L’auto è una Lexus. Del sindaco.
Con il suo lampeggiante blu, schizza gagliarda in autostrada. Destinazione Bergamo, poi Milano, poi Varese, poi Mantova.
Impegni istituzionali, sia chiaro: un convegno a Cernobbio, un incontro con la Moratti a Milano, cose così.
In tutto fanno 8 viaggi. A tutto gas. Gli autovelox la fotografano. Una, due, tre. Ventinove volte. Scattano le multe, ventinove, appunto, per eccesso di velocità .
Ne arrivano altre 18 per mancata segnalazione del conducente. Totale: 19.596 euro e 27 centesimi, accumulati tra novembre 2009 (6 contravvenzioni) e da luglio a dicembre 2010 (23). Con la mora, le spese e così via si superano tranquillamente i 21 mila euro.
Sì, perchè queste sanzioni non sono mai state pagate. Mai. In Loggia, infatti, non sono state recapitate. Nessuno sapeva esistessero.
Manco i due autisti, un agente di polizia locale e un dipendente del Comune, che si alternavano al volante.
Tutto inizia un giorno del febbraio di quest’anno, quando alla segreteria generale della Loggia arrivano 6 cartelle esattoriali.
Il direttore Alessandro Triboldi strabuzza gli occhi: nel 2010, la Lexus che la concessionaria Bonera ha concesso a Paroli in comodato gratuito, ha collezionato 23 multe per eccesso di velocità .
Nessuno ne sapeva niente. Di solito, le sanzioni notificate al Comune, una volta protocollate, vengono trasmesse al settore che ha in carico il veicolo e il dirigente responsabile valuta se imputarle al dipendente che ha commesso l’infrazione o se presentare istanza di archiviazione, ci sono 60 giorni di tempo, non uno di più.
Di queste multe, però, non è mai arrivata notizia. Qualcuno le ha volutamente trafugate o si tratta di negligenza reiterata?
Lo accerteranno le indagini.
Triboldi, infatti, ha cercato di vederci chiaro. Ha incrociato i dati con le evidenze di Equitalia. Sono emerse altre tre cartelle esattoriali inevase (ma in Comune non si trova traccia) per 6 infrazioni commesse in 5 viaggi da novembre 2009 a luglio 2007.
Stavolta non c’entra una Lexus ma un’altra auto del sindaco, un’Audi A5.
Alla fine, sono stati individuati 28 casi in cui l’auto sfrecciava tra i 10 e i 40 chilometri orari oltre il limite consentito (in almeno sei casi il sindaco non era a bordo, si trattava di viaggi di ritorno, presumibilmente dall’aeroporto): 159 euro di sanzione a botta che sono poi diventati, siccome le multe sono restate insolute, 639.
C’è anche un giorno, Paroli non era a bordo, in cui il piede dell’automobilista è andato pesante, come si dice in gergo: 40 o 60 km oltre il limite. 500 euro di multa, anzi 2.000 perchè, ovviamente, non è stato pagato un solo centesimo.
Calcolatrice alla mano, in tutto fanno 29 contravvenzioni, ossia 8.588 euro e 38 centesimi. Bei soldi. Soprattutto se alla cifra se ne aggiunge un’altra, ancora più grossa.
La mancata segnalazione del conducente, avvenuta in 18 casi e sempre dovuta al fatto che nessuno in Loggia sapesse degli sgarri, ha portato aggravi per 11.007 euro e qualche spicciolo. Insomma, l’importo complessivo, con mora eccetera, è di circa 21.500, all’incirca.
Ma vanno aggiunte altre 38 multe, non si sa a quanto ammontino, relative all’anno scorso.
Sono già  protocollate, la Loggia le ha scovate mentre indagava sulle precedenti ma, come dice Triboldi, «Non possiamo escludere ne esistano altre».
Non mancano altre infrazioni che, però, sono state rimesse ai termini dalle varie prefetture competenti (tranne quella di Brescia).
Chi le pagherà ? Non i conducenti ma il sindaco, e di tasca propria, salvo i casi in cui le infrazioni sono avvenute quando lui non era a bordo.
Per le maggiorazioni, ci penserà  la Corte dei Conti.
Perchè è proprio strano che qualcuno abbia dimenticato chissà  dove 47 multe.
La replica sindaco
Per Paroli è in atto un complotto per screditare la sua immagine: «Chi doveva recapitarle non l’ha fatto. Anzi, non ha voluto. Indagheremo».
Il sindaco è pronto a pagare le multa di tasca propria, ma è arrabbiato: «Se penso che da un anno uso solo la Panda o la mia Smart».

Alessandra Troncana
(da “il Corriere della Sera“)

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ARRIVA LA PRESIDE ANTI-OCCUPAZIONE CHE CANTA “BELLA CIAO”

Novembre 29th, 2012 Riccardo Fucile

LA DIRIGENTE HA RESPINTO GLI STUDENTI: “SONO FASCISTI, ERAVAMO ASSEDIATI, MI HANNO MALMENATO”… MA I RAGAZZI ERANO DEI CENTRI SOCIALI

«Li ho chiamati fascisti, sì. E violenti. E squadristi. E figli di papà . Cantavo “Bella ciao”, “ho trovato l’invasor”… mentre cercavano di sfondare per occupare la scuola. Da loro sono stata anche malmenata, io che sono una donna e pure vecchia. Ma di qui non mi muovo. Difendo la mia scuola, anche a costo della vita. Sono al servizio dello Stato».
Lei è la preside Maria Concetta Guerrera, la scuola è il Leonardo da Vinci di Milano, quotato liceo scientifico del centro, davanti al Palazzo di Giustizia.
L’invasore sono gli studenti dei collettivi decisi ad occupare, come in molte altre scuole, da Roma in avanti.
Qui si sono presentati lunedì pomeriggio, respinti da dirigente e bidelli e alla fine costretti al dietrofront dalla Digos.
E ci hanno riprovato ieri, prima e dopo assemblee e sit in.
Nelle stesse ore, altri studenti di altri collettivi, dal liceo scientifico Allende all’artistico Brera, hanno preso aule e spazi «contro i tagli», «per la scuola pubblica». Lì però copione classico delle proteste studentesche d’autunno, con supervisione della polizia e presidi in campana ma tolleranti.
Qui il programma Guerrera è diverso.
Lei, i capelli grigi, i pantaloni comodi di lana, le scarpe basse e l’andatura lenta, lei si barrica a scuola.
E se vede facce nuove, come lunedì, chiama la Digos. («Eravamo assediati. Ho subito avvisato anche i genitori»).
È pronta a passarci le notti nel suo liceo la preside Guerrera.
«Nessuno entrerà  qui a fare danni, a devastare laboratori che sono preziosi e che poche scuole pubbliche hanno. I ragazzi non hanno motivo di occupare. Hanno chiesto l’assemblea, l’ho autorizzata. Hanno chiesto spazi autogestiti, li ho autorizzati. Nessuna delle loro iniziative è stata negata o compressa. I professori sono tutti disponibili, sono persone dall’alto sentire. E la mia porta è sempre aperta, sono per il dialogo e il confronto. Loro invece…».
Lo ribadisce. «Sono fascisti e violenti». Cita gli Scritti Corsari di Pier Paolo Pasolini, la dirigente del Leonardo, che è professoressa di storia e filosofia: «Descriva la scena di lunedì: da una parte i bidelli e gli agenti a difendere la scuola, dall’altra i ragazzi pronti a sfondare ed entrare con la forza. Chi erano i proletari? Chi si è fatto male alla fine?».
Un bidello del Leonardo si è fatto male, nel tentato blitz di lunedì. Ma non denuncia. Nè lui, nè la preside «malmenata».
Ieri intanto sono arrivate le scuse degli studenti.
Alla porta «sempre aperta» si sono affacciati in quattro, le facce pulite, le felpe ordinate, per dire che «abbiamo sbagliato, nei modi.
E anche nel messaggio, non siamo contro ma con i professori». Scuse accettate.
Però la preside del Leonardo non arretra di un passo.
Spiega le sue ragioni, con tono pacato, disponibile (ma allontana il fotografo, secca). «Le richieste degli studenti? Pretestuose. Per loro è soltanto un gioco. Novembre è il mese delle occupazioni, succede ogni anno, le ragioni se non ci sono poi le trovano. Mai visto un’occupazione al ponte dell’Immacolata però, preferiscono andare a sciare…».
«Figli di papà », anche questo è stato ribadito. «E sono eteroguidati».
C’erano esterni nel gruppo deciso a occupare, ex studenti e ragazzi dei centri sociali, dice la preside. «Vanno fermati. Io finchè resisto non mi muovo. Ma sono sola. In alto loco tutto tace…».
Non una parola dal provveditorato, attacca Guerrera. «Nessun intervento. Sarebbe stato opportuno almeno un coordinamento. Onori e oneri… Io qui l’ho fatto. Lunedì pomeriggio i miei bidelli guarda caso erano tutti presenti».
Ieri sera in uno spazio vicino al liceo l’assemblea del Leonardo con studenti, professori e genitori.
Mentre a scuola c’è un gruppo che riprova a occupare. E con loro c’è la preside. Fino alle nove di sera.
Poi escono tutti insieme.

Federica Cavadini
(da “il Corriere della Sera“)

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ALBA DORATA SBARCA IN LOMBARDIA: “PUNTIAMO AL PARLAMENTO, COME IN GRECIA”

Novembre 29th, 2012 Riccardo Fucile

TRA DI LORO EX DI LEGA E FORZA NUOVA

Alba Dorata Italia si presenterà  alle elezioni regionali in Lombardia.
È la prima discesa in campo del movimento di estrema destra nato sull’esperienza del partito greco – xenofobo e antisemita – che ha scalato il parlamento piazzando 18 deputati e distinguendosi per un mix esplosivo di pestaggi di immigrati, slogan razzisti e iniziative di populismo solidale (riservate ai greci).
Una deriva dalla quale gli omologhi italiani, ufficialmente, prendono le distanze («la violenza non serve, noi siamo per la concretezza e i diritti sociali», ripete il segretario nazionale Alessandro Gardossi, triestino, un passato tra Lega e Forza Nuova).
Ebbene, dopo avere raccolto adesioni in molte regioni d’Italia, dopo avere aperto sedi in cinque città  lombarde (Milano, Lodi, Varese, Brescia, Mantova) adesso Alba Dorata Italia punta diritto alle istituzioni cercando di cannibalizzare Forza Nuova e Destra.
Primo banco di prova, appunto, le regionali di aprile.
«Stiamo raccogliendo le firme e scegliendo i candidati per il Pirellone. Faremo anche noi le nostre piccole primarie», anticipa Gardossi a Repubblica.
Sono tre i “camerati dorati” che si contendono la maglia di candidato governatore. Daniele Granata, il segretario regionale, 41 anni, di Varese, operatore nella comunicazione; il segretario milanese Giorgio Borghesi, 51 anni, titolare di un’agenzia di viaggi; e Antonio De Domenico, 45 anni, di Brescia, autista ed ex sindacalista autonomo.
Vengono da esperienze diverse: non tutti dall’estrema destra, e cioè il bacino «di delusi» da cui sta pescando Alba Dorata. De Domenico, per esempio, ha militato a lungo nella Lega.
Che cosa propongono i “dorati” lombardi, un partito il cui leader ha dichiarato di essere antisionista, di volere una «dittatura dell’intelligenza» e di avere ammirazione per la politica economica di Hitler e lo stato sociale di Mussolini?
Trasformazione della Lombardia in un cantone autonomo («il Kosovo è un precedente nel diritto internazionale») dotato di moneta parallela (sul modello del sardex.net sardo); abolizione delle Province e lotta allo strapotere delle banche e dei sindacati.
E poi, ovviamente, lotta all’immigrazione e alle mafie («ripuliremo la Lombardia da queste metastasi»).
Pronti a misurarvi con le polemiche? «Pronti – dice Andrea Bubba, vice segretario nazionale di Alba Dorata Italia. «Partiremo dalla Lombardia per puntare al parlamento. Come in Grecia».

Paolo Berizzi
(da “la Repubblica“)

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FABIO RIVA IN FUGA A MIAMI, LA PROCURA A CACCIA DEL TESORO NASCOSTO ALL’ESTERO

Novembre 29th, 2012 Riccardo Fucile

I PROFITTI DELL’ACCIAIO SUI CONTI OFF SHORE

Dall’alba di lunedì, i militari della Guardia di Finanza lo hanno cercato ovunque.
Ma sapevano già  che non l’avrebbero trovato. Nè in casa a Milano. Nè altrove in Italia.
Fabio Riva, uno dei figli del patron, l’uomo che al telefono declassava a “minchiata” «un paio di tumori in più» per i veleni della sua fabbrica, è fuggito a Miami, negli Stati Uniti.
Indeciso — riferiscono in queste ore qualificate fonti investigative — tra una lunga latitanza caraibica in quel di santo Domingo, Repubblica Dominicana, Paese che non riconosce l’estradizione per reati come quelli di cui è accusato (l’associazione per delinquere), e un ritorno “negoziato” in un paese dell’Unione Europea, come vorrebbero i suoi avvocati e come sarà  possibile verificare nelle prossime ore.
Lo avevano “perso” due settimane fa, quando all’improvviso aveva lasciato l’Italia diretto in nord Africa. Forse (il sospetto esiste) perchè avvisato da qualcuno dei tanti amici che qualcosa bolliva nella pentola dell’inchiesta della Procura di Taranto.
CONTI IN LUSSEMBURGO E NELLA MANICA
Una lunga latitanza, del resto, qualora fosse questa la scelta, non sembra un problema per Fabio Riva.
Per le importanti disponibilità  all’estero della famiglia e perchè — la Finanza ne è convinta — con Emilio e Nicola detenuti, Fabio è il solo che, in questo momento, può manovrare da libero le leve e i conti della holding di famiglia, la “Riva F.I.R.E. spa”, di cui è vicepresidente e su cui, solo negli ultimi quattro anni, sono stati trasferiti, come ha documentato l’Espresso un mese fa, oltre 200 milioni di euro di profitti dell’Ilva.
Le indagini della Finanza hanno individuato nelle ultime settimane nel Lussemburgo e nelle isole del Canale della Manica (Jersey e Guernsey) le due piazze finanziarie off-shore su cui sarebbero depositati buona parte dei capitali trasferiti all’estero dai Riva. E la ricerca, ora, si è fatta in qualche modo ancora più frenetica perchè la speranza è di arrivare a quel denaro, che ieri i Verdi hanno chiesto pubblicamente di aggredire con «provvedimenti di sequestro cautelativo in grado di sostenere i costi della bonifica», prima che ci arrivi l’ultimo dei Riva ancora libero.
Anche se, evidentemente, i tempi delle rogatorie non sono quelli di chi di quei conti è titolare.
I SEGRETI DELL’AIA FIRMATA DA CLINI
Le provviste estere della famiglia Riva sono solo uno dei tanti e cruciali tasselli di un mosaico investigativo che intorno alle responsabilità  dei proprietari dello stabilimento Ilva sta cercando di ricostruire nella sua completezza e nel suo doppio livello, locale e nazionale, la rete di complicità  e scambi che ha consentito in 17 anni di massimizzare i profitti (2 miliardi e mezzo di euro sono stati gli utili tra il 2008 e il 2011) sulla pelle di una città  intera.
Non a caso, proprio ieri, la Finanza ha acquisito a Bari e a Roma una serie di documenti relativi all’Autorizzazione Integrata Ambientale del 4 agosto 2011 (la penultima in ordine di tempo) con cui il ministero dell’Ambiente di un governo Berlusconi ormai agonizzante consentì allo stabilimento di proseguire la sua produzione inquinante.
Un documento con un immediata ricaduta politica, perchè firmato, insieme al ministro Prestigiacomo, dall’allora direttore generale del dicastero e oggi ministro Corrado Clini. E ora svelato dalle intercettazioni telefoniche di un anno intero (il 2010) come null’altro che un abito sartoriale cucito dai Riva sul proprio conto-economico costi-benefici.
LE PRESSIONI SUL MINISTERO
In un’informativa al gip Patrizia Todisco, la Procura di Taranto scrive: «Dalle intercettazioni emerge come anche al livello ministeriale fervevano i contatti non proprio istituzionali per ammorbidire alcuni componenti della Commissione incaricata di istruire l’Aia 2011.
Il fatto che la Commissione debba essere pilotata e che comunque sia stata in qualche modo avvicinata, si rileva anche da una conversazione in cui l’avvocato Perli di Milano, legale esterno dell’Ilva, aggiorna Fabio Riva dei rapporti avuti con l’avvocato Luigi Pelaggi (capo dipartimento del Ministero dell’Ambiente).
Da quanto riferisce Perli, si rileva che Pelaggi abbia dato precise disposizioni all’ingegner Dario Ticali, presidente della Commissione, su come procedere».
A Roma, dunque, il ministero dell’Ambiente è cosa dei Riva. Come del resto, sembra assicurare proprio il loro uomo, l’avvocato Perli: «Pelaggi mi ha riferito che la Commissione ha accettato il 90 per cento delle nostre osservazioni e la visita allo stabilimento riguarda solo il 10 per cento. Non avremo sorprese». Uno scherzo, insomma.
DON MARCO PIÙ 4
Nell’indagine, naturalmente, frullano anche figure del teatro locale.
È di ieri la conferma dell’iscrizione al registro degli indagati d i 5 persone tra cui don Marco Gerardo, il distratto segretario dell’ex Arcivescovo di Taranto che metteva al pizzo i contanti che arrivavano dalla cassa dell’Ilva come “opere di bene” salvo, di fronte ai pm, confondersi con la memoria su date e incontri.
Con lui, iscritti anche il sindaco di Taranto Ippazio Stefano, e un ispettore della Digos che aggiornava Archinà , responsabile delle relazioni esterne dell’Ilva, del calendario interrogatori in Procura.

Carlo Bonini e Giuliano Foschini
(da “La Repubblica”)

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ALFANO A UN PASSO DALLA ROTTURA CON IL CAVALIERE

Novembre 28th, 2012 Riccardo Fucile

L’EX PUPILLO VUOLE L’ACCORDO DEL PDL CON IL CENTRO… E LA RUSSA PENSA A “CENTRODESTRA NAZIONALE”

Il Pdl sta vivendo ore febbrili.
È in gioco la sopravvivenza del partito e di un’intera classe politica. Berlusconi ha terremotato la sua creatura, ha paralizzato le primarie, mettendo Alfano con le spalle al muro: «O vieni con me nella nuova Forza Italia o rimarrai prigioniero dei vari La Russa e di chi vuole portare il tuo scalpo a Casini e Montezemolo».
Che poi sarebbero, secondo il Cavaliere, Cicchitto, Quagliariello, Fitto, Frattini e tutta la filiera di Comunione e Liberazione, da Maurizio Lupi a Mario Mauro e Roberto Formigoni.
«Hai ancora pochi giorni per decidere. Io tra mercoledì e giovedì farò l’annuncio», era stato l’ultimatum dell’ex premier al suo ex delfino, che non ci sta ad andare, con il cappello in mano, nella nuova Forza Italia dove «urlano le Santanchè e Biancofiore». Ma soprattutto non vuole seguire una linea politica, già  annunciata a chiare lettere da Berlusconi, tutta all’attacco dell’Europa a trazione tedesca, in contrasto con l’azione portata avanti da Monti.
Insomma, come ha spiegato l’influente eurocapogruppo Mauro in un’intervista all’Huffington Post, «non si può archiviare Monti. Nè si può dire che l’operazione che lo ha portato a Palazzo Chigi è un’operazione anti-democratica o un colpo di Stato. La verità  è che si è fallito perchè non sono state fatte delle riforme che erano necessarie, soprattutto per colpa della Lega, i cui veti hanno pesato in una situazione parlamentare difficile».
Alfano non ci sta a chiudersi in una ridotta berlusconiana radicale, di farsi umiliare ancora una volta, di farsi bombardare e uccidere senza sparare un colpo.
E il colpo lo ha sparato forte: «Se Berlusconi rifà  Forza Italia e si candida premier non solo non potrò seguirlo su una strada suicida, ma non lo sosterrò».
Un messaggio, raccontano alcuni, che è arrivato a Villa San Martino attraverso i mediatori Gianni Letta e l’avvocato Nicolò Ghedini.
Altri assicurano che l’ex ministro della Giustizia lo abbia detto direttamente al Cavaliere al telefono in questi ultimi giorni o addirittura la scorsa settimana a Roma, nei loro incontri quattr’occhi a Palazzo Grazioli.
Ora, al di là  della circostanza in cui Alfano ha mostrato il suo quid, sembra che l’ex premier sia rimasto colpito dalla reazione del suo ex pupillo.
Che gli ha riservato altre sorprese. Non solo non lo seguirà  e non sosterrà  una sua candidatura sulle ceneri del Pdl. Alfano porterebbe il Pdl su una posizione coincidente con quella di Casini e Montezemolo per costruire un nuovo centrodestra: l’unico argine per fermare la scalata al potere della sinistra di Bersani-Vendola.
Non è un caso che ieri abbia detto che «senza il Pdl nessuna alleanza può battere la sinistra».
È certamente rivolto a Casini e Montezemolo, ma anche a Berlusconi. «Provate a vedere tutti i sondaggi che ci sono in giro – ha aggiunto – senza il Pdl nessuno avrà  la maggioranza. Se il protagonista di un’alleanza, se il protagonista della competizione non sarà  il Pdl non c’è modo di battere Bersani e Vendola».
Ha poi fatto riferimento all’area dei popolari, al Ppe, esattamente quello che sostengono gli esponenti di Comunione e Liberazione che di Berlusconi non ne vogliono più sapere.
L’ex ministro della Giustizia però non vuole andare a uno scontro all’arma bianca con Berlusconi.
Vuole convincerlo a fermare la macchina che tanto piace ai falchi. Spera che i suoi messaggi facciano breccia nel Cavaliere.
Non vuole essere costretto a rompere in maniera plateale. fa affidamento sulla famiglia di Berlusconi, su Marina, su Confalonieri che hanno consigliato l’ex premier a non imbarcarsi nella nuova avventura politica ad altissimo rischio.
Sono tanti i problemi dell’azienda, di Mediaset dopo il calo delle entrate pubblicitarie. Spendersi in prima persona, fare una campagna elettorale per demolire quello che ha fatto Monti sarebbe un triplo salto mortale.
Anche i sondaggi non danno grandi prospettive di consenso.
È vero che c’è un bacino elettorale del 30% inviperito con Monti, le sue tasse ed Equitalia, ma tradurlo solo in parte in voti è un’altra cosa.
Alla fine la nuova Fi potrebbe rimanere inchiodata al 7-8%.
I falchi tremano all’idea che Berlusconi cambi idea visto che il capo ha rinviato, forse annullato, il grande annuncio.
E si potrebbe andare avanti con il Pdl ma senza primarie e gli ex An.
La Russa è già  pronto a farsi il suo partito. Ha pure il nome: «Centrodestra Nazionale».
Anche gli uomini più vicini ad Alfano temono che il segretario, dopo avere alzato la voce possa innestare la marcia indietro.
Il giallo e le convulsioni del Pdl non hanno fine.

Amedeo La Mattina
(da “La Stampa“)

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LA LEGA NON CAMBIA MAI: “TRASFERTA A PALERMO, IN AFRICA”

Novembre 28th, 2012 Riccardo Fucile

BUFERA SU MASSIMO BESSONE. CONSIGLIERE COMUNALE LEGHISTA DI BRESSANONE, PER LA FRASE A SFONDO RAZZISTA… TOSI SECCATO PRENDE LE DISTANZE      

«È la prima partita ufficiale in Africa per la nostra squadra».
Con «nostra squadra», il consigliere comunale di Bressanone, il leghista Massimo Bessone, intendeva l’Hellas, storica formazione di Verona (sua città  di origine). Peccato però che per “Africa” intendesse la Sicilia: quel commento è stato pubblicato sulla pagina facebook “Hellas Verona Style” dedicata alla squadra veneta, in occasione della partita di coppa Italia Palermo-Verona.
La frase a sfondo razzista è stata cancellata dagli amministratori della pagina, ma non prima di scatenare una valanga di commenti indignati.
Bessone infatti, dopo aver pubblicato queste parole sulla pagina facebook della squadra veronese si è ritrovato una marea di commenti negativi, oltre a minacce di morte rivolte a lui e alla sua famiglia.
Ironizza amaro il sindaco di Verona Flavio Tosi, che come altri politici vicini a Bessone stanno prendendo le distanze dal commento.
«Il consigliere comunale della Lega Nord — Pdl di Bressanone, Massimo Bessone, evidentemente non conosce la geografia se colloca Palermo in Africa. E non è nemmeno spiritoso! L’esser nato a Verona non lo autorizza a sparare sciocchezze a nome dell’Hellas Verona che stasera gioca, come tutti sanno, per la Coppa Italia».
Bessone intanto cerca di riparare all’infelice uscita: «Mi spiace per quanto è accaduto- ha dichiarato – e mi scuso se ho urtato la sensibilità  di qualcuno”.

Anna Martellato

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TROMBA D’ARIA SULL’ILVA DI TARANTO, DECINE DI FERITI, UN OPERAIO DISPERSO

Novembre 28th, 2012 Riccardo Fucile

ESPLODE LA POLEMICA SULLA SICUREZZA, ANNULLATA LA MANIFESTAZIONE A ROMA

Alle proteste per la chiusura dell’area a freddo dell’acciaieria, questa mattina si è aggiunto un altro incidente a complicare la drammatica situazione all’Ilva di Taranto. Una violenta tromba d’aria si è abbattuta sulla città  causando il crollo di due ciminiere, quella dell’altoforno 5 e un’altra in una zona dismessa.
Il bilancio provvisorio è di 38 feriti e un operaio disperso. Il lavoratore è finito in mare dopo il crollo della gru su cui lavorava.
Le ricerche del corpo continuano.
Subito scoppia la polemica sulla sicurezza. Aldo Ranieri, del comitato “Cittadini e lavoratori liberi e pensanti” che nell’agosto scorso bloccarono il comizio dei vertici sindacali nazionali durante lo sciopero cittadino, ha parlato di «responsabilità  precise» nella morte del lavoratore disperso.
Su quelle gru è installato un anemometro, dispositivo che con avverse condizioni meteo blocca la macchina.
«Perchè il mio collega si trovava su quella gru? Per manutenzione o per scaricare materiali? E perchè non è sceso quando il vento ha cominciato a soffiare forte? Forse l’anemometro era fuoriuso o era stato reso inefficace».
Dopo la tromba d’aria di forte intensità  che ha avuto come conseguenza decine di feriti e un disperso oltre a ingenti danni nello stabilimento Ilva e nel tarantino Fim, Fiom e Uilm hanno deciso di confermare lo sciopero di 8 ore di tutto il gruppo di domani ma di annullare la manifestazione prevista a Roma mantenendo un presidio sotto la Presidenza del Consiglio in concomitanza con l’incontro previsto.
Tra l’altro l’area portuale è posta da diversi anni sotto sequestro, ma la Procura ha concesso la facoltà  di utilizzarla all’Ilva.
A causa del forte vento sono crollati anche un capannone, la torre faro e una delle gru situate sopra un pontile.
Un fulmine caduto sulla ciminiera ha provocato il distaccamento di alcuni pezzi di cemento che si sono riversati su due tralicci dell’alta tensione.
Attualmente è bloccata la linea ferroviaria Bari-Taranto e i passeggeri di un treno sono in attesa di trasbordo su autobus per raggiungere la città . Traffico in tilt anche nelle strade adiacenti al p0lo siderurgico, ingombre di lamiere sollevate dal tornado, che ha causato anche un incidente stradale sulla provinciale verso Statte.
Il pericolo di un’esplosione ha reso necessaria l’evacuazione dell’area circostante allo stabilimento, che ricopre complessivamente un’area di circa 15 chilometri quadrati. L’Ilva ha precisato che «non c’è stato alcun incendio», ma che le fiamme visibili dall’esterno sono “pilotate” dalle candele di sicurezza proprio per far bruciare il gas e scongiurare così il rischio di una deflagrazione. Tutta l’area ghisa sarebbe sotto controllo.
Un dipendente, che stava lavorando su una gru posta su una banchina dell’area portuale dell’acciaieria, risulta disperso. Probabilmente è finito in mare.
Squadre di sommozzatori sono al lavoro per cercarlo in acqua.
In un primo momento il sindaco di Taranto, Ippazio Stefano, aveva parlato di tre vittime, ma la notizia è stata smentita.
«Lo stabilimento – scrive in una nota l’Ilva – sta mettendo in atto tutte le procedure che in questi casi di emergenza generale vengono adottate e gli impianti sono, come da procedura d’emergenza generale, presidiati».
Di sicuro «ha subito gravi danni strutturali ancora da quantificare». Intanto, sono stati messi in circolo tutti i bus aziendali per raccogliere il personale non addetto alla gestione dell’emergenza generale, per accompagnarlo alle portinerie e ai punti di incontro dell’azienda.

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