Giugno 12th, 2013 Riccardo Fucile
MILITANTE DEL MOVIMENTO FIN DALL’INIZIO, LAUREA E MASTER IN RELAZIONI INTERNAZIONALI, TONI PACATI… E’ UNA DELLE IMMAGINI FORTI E STIMATE DEI GRILLINI IN EMILIA
Quarantotto anni, consulente per enti pubblici, è la più anziana delle senatrici emiliane elette a
febbraio con il Movimento 5 stelle.
Adele Gambaro, la parlamentare sul punto di essere espulsa per avere definito Beppe Grillo il problema del Movimento 5 stelle, con una laurea e un master in relazioni internazionali in tasca, negli anni Novanta si trasferisce dalla sua Genova a Bologna, dove comincia a collaborare con la Regione per la promozione di progetti dell’Unione europea per le piccole e medie imprese
Al movimento di Grillo aderisce fin dalla nascita, facendosi le ossa in quello che per i 5 stelle è stato il più importante laboratorio politico: Bologna.
Si iscrive al meet up nel 2009, il Movimento è ancora agli esordi e i militanti attivi, quelli che non si perdono nemmeno un’assemblea, si possono contare sulle dita di una mano: “Per me il Movimento è una comunità di persone che hanno a cuore il benessere di tutti, che ambisce a migliorare la società , a renderla più equa e sostenibile” dice.
Toni pacati e mai sopra le righe, è l’esempio di come spesso i candidati a 5 stelle siano distanti anni luce dai modi di comunicare di Grillo.
Guai confondere Grillo col Movimento, almeno fino a oggi le personalità e le competenze erano separate.
E lo era anche il modo di fare politica. Con i risultati di febbraio, questi equilibri, sono decisamente scomparsi.
La storia di Gambaro, nella scalata alle istituzioni, inizia nel 2009 quando si candida alle elezioni comunali di Bologna.
Va male però: con il 3,2 % la lista civica a 5 stelle piazza a Palazzo d’Accursio solo un consigliere, Giovanni Favia.
L’anno dopo ci riprova, sempre in lista con Favia, per un posto nell’assemblea regionale. Anche lì non ce la fa.
La sua strada verso le istituzioni si apre solo due anni dopo, con le parlamentarie, le primarie online usate dal Movimento per scegliere i candidati per il Parlamento: con 148 voti si piazza al secondo posto della lista per il Senato, assicurandosi un posto certo a Palazzo Madama.
Pochi giorni prima si dice “consapevole di avere una enorme responsabilità nei confronti di chi mi voterà , degli iscritti al movimento, di tutti i cittadini italiani e, infine, della mia famiglia”.
Quando indosserà i panni della senatrice a 5 stelle, assicura, si muoverà come “un amministratore della cosa pubblica, esecutore delle istanze della cittadinanza, renderà sempre conto del suo operato a tutti i cittadini, anche attraverso alla rete”, e sarà pronta dopo 5 anni a lasciare il posto al suo successore.
Ma soprattutto lavorerà sodo, “studiando e informandosi, così da non arrivare alle sedute impreparata”.
In Senato è componente della commissione permanente Affari esteri ed emigrazione.
Ieri, sulla sua pagina Facebook, la senatrice è stata riempita di insulti.
Qualcuno che le chiede quanto sia stata pagata per questa uscita.
Invece, sul blog di Grillo, la situazione è diversa: non c’è un plebiscito. Assolutamente (e centinaia di commenti sfavorevoli a Grillo sono sistematicamente cancellati…n.d.r.)
Molti sono dalla parte del leader, altri invece chiedono a Grillo di abbassare i toni dello scontro e lo accusano di aver fatto ricorso “alle purghe” contro chi all’interno del Movimento manifesta dissenso.
“Ma non è che la risposta sia sempre buttiamoli fuori dal movimento, Scilipoti, epurazione ecc. ecc — fa notare Giacomo — si può parlare e condividere un pensiero oppure ogni volta che si dice una cosa bisogna aver paura che si venga mandati via dal movimento? ”.
“Cosa ci chiedi poi a fare se sei tu il problema? Vuoi sentire l’eco delle pecore? — chiede ‘Z x Zolfo’ — Queste sono purghe! Nè più nè meno. Epurazione del dissenso”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 12th, 2013 Riccardo Fucile
“SIAMO TROPPO GRILLO-DIPENDENTI, NON DURIAMO UN’ALTRA LEGISLATURA”
Il senatore Bartolomeo Pepe, eletto in Campania, è uno di quelli – per intenderci – che votarono Piero Grasso disubbidendo a Grillo.
«Lo feci per tigna e non mi nascosi, lo dissi subito», rivendica sorseggiando un caffè alla buvette di Palazzo Madama.
Senatore ha sentito cos’ha detto la sua collega Adele Gambaro? Se i 5 Stelle hanno fatto flop alle amministrative la colpa è di Grillo. Il problema è lui.
«In assemblea non lo aveva mai detto, ma i suoi interventi, devo dire, erano sempre molto equilibrati».
Lei condivide le accuse?
«Guardi, dalle mie parti dicono “ogni capa è ‘nu tribunale”. Io invece dico semplicemente che siamo troppo Grillo-dipendenti. E Beppe, anche fisiologicamente non può reggere, non dura un’altra legislatura. Ha quasi 65 anni. Lei ce lo vede a 70 nelle piazze che si incazza ancora? Dureremo una legislatura. Siamo destinati ad autodistruggerci. Ma il fatto che siamo qui significa che abbiamo già vinto».
Ma Grillo sembra più stressato del solito.
«Non lo dica a me, io mi nutro di stress…»
Anche il M5S dà segni di nervosismo: i risultati del voto parlano chiaro.
«Le amministrative non sono come le politiche. Dalle mie parti sulle preferenze alle comunali decide ancora la camorra».
Alle vostre assemblee siete sempre meno.
«Ora che il lavoro è iniziato anche nelle commissioni è impensabile passare 3 ore in assemblea. Personalmente ho inventato un sistema: il pallometro».
Sarebbe?
«Ho comprato tre palle di quelle che si accendono e si spengono. Le tengo nel mio studio. Ognuna dura un’ora. Se si accende la terza vado via. Vuol dire che può bastare».
Claudio Marincola
(da “il Messaggero“)
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Giugno 12th, 2013 Riccardo Fucile
CINQUESTELLE IN CROLLO VERTICALE, NON SOLO DEI VOTI MA SOPRATTUTTO DEGLI UTENTI DEL SUO BLOG
Grillo si scaglia contro Facebook, peccato che il 23% degli utenti del suo sito (e quindi dei suoi
utili) provengono proprio da Facebook.
«Attenti a Facebook, ci spiano»: la sparata in un comizio a Cagliari del M5S, movimento che proprio ai social network e alla rete deve la sua fortuna
Grillo contro i social network. «Avete visto Obama? Hanno ammesso che sono anni che spiano milioni di americani.. Lo fanno anche qua. Non usate Facebook, i dati vengono messi in un database.. stiamo attenti.. ai nostri deputati sono entrati nelle mail. Non era mai successo. Hanno alzato il tiro perchè sanno che il Movimento 5 stelle sarà un problema per l’Europa».
Parole che sorprendono quelle di Grillo, pronunciate ad Assemini, in provincia di Cagliari, e riferite alla bufera che ha investito l’amministrazione Obama per il controllo di dati telefonici e web.
E non importa che proprio sui social network e sulla rete il comico genovese e il suo guru Gianroberto Casaleggio siano riusciti lanciare le Cinque Stelle.
E non tranquillizzano nemmeno le parole di Zuckerberg che ha dichiarato «Facebook non fa e non ha mai fatto parte di programmi per passare informazioni sugli utenti al governo degli Stati Uniti, nè tantomento abbiamo mai concesso l’accesso ai nostri server».
Contrordine, cittadini: «Ora Facebook è il male».
Già a fine 2011 dal suo blog Grillo si scagliava contro il colosso di Zuckerberg. «Senza iscritti Facebook varrebbe zero. Se io e mio figlio, ad esempio, cancellassimo il profilo, il valore di Facebook diminuirebbe all’istante di 200 dollari. Il capitale sono gli utenti, i loro contenuti e le loro reti di relazione e non la piattaforma, ma Facebook è un mondo chiuso in se stesso nell’universo di Internet, chi vi entra non vi può più uscire», scriveva.
Ad andare giù dunque è anche il lato economico del rapporto, che monetizza la vita degli utenti attraverso immagini, dati e pubblicità sulle loro bacheche.
E se Grillo proprio su Facebook ha una delle pagine più condivise e cliccate, con oltre 1 milione e 300 mila like, da cui «diffonde il verbo», evidentemente l’amore con la piattaforma non è così ricambiato.
Anche ai suoi parlamentari, in occasione del vertice “segreto” in agriturismo il leader del M5S ha consigliato ai suoi deputati: «Non pubblicate sui social network elementi della vostra vita privata, ma solo l’attività parlamentare».
Un consiglio dato anche all’indomani delle polemiche per certe esternazioni dei cittadini proprio sulle pagine del social network. E non solo.
Per lanciare le proposte dei Cinque Stelle, negli anni Casaleggio ha incoraggiato l’uso di piattaforme alternative per il dialogo tra pentastallati. Una su tutte MeetUp, diventato uno degli strumenti più usati all’interno del Movimento – oltre al blog – per fare politica.
Mezzi grazie ai quali Casaleggio gestisce la comunicazione delle Cinque Stelle.
Insomma, la sparata di Grillo sorprende abbastanza.
Soprattutto se letta alla luce del fatto che uno dei cardini del Movimento è proprio la e-democracy, la famosa democrazia liquida che fa della rete il mezzo principale di espressione della volontà dei cittadini.
E soprattutto alla luce del fatto che Casaleggio nei suoi discorsi ha affermato: «Nel 2051 un referendum mondiale via clic cancellerà la pena di morte, nel 2054 la prima elezione planetaria in Rete farà nascere un governo chiamato Gaia. Scompariranno partiti politici, ideologie, religioni. «Ogni essere umano sarà padrone del proprio destino e il sapere collettivo sarà la nuova politica».
E stupisce anche alla luce delle polemiche nate sulla gestione del blog, sul quale migliaia di utenti si iscrivono ogni giorno per commentare le parole di Grillo.
Marta Serafini
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Giugno 12th, 2013 Riccardo Fucile
GRILLO FURIOSO: “CHI SIETE VOI? SENZA DI ME SARESTE ZERO”… MA DALLA RETE L’ACCUSANO: “SI’ IL PROBLEMA SEI PROPRIO TU”
Il «problema» non è l’uscita a gamba tesa di Grillo, la porta sbattuta in faccia, le urla che rimbombano sul blog.
Il problema al contrario è la calma. I
toni posati, le parole ferme, scandite lucidamente da Adele Gambaro, la senatrice emiliana che senza scomporsi ha spiattellato in faccia al suo leader una verità che molti suoi colleghi pensano ma non dicono: «Il problema caro Beppe sei tu che insulti mentre noi lavoriamo».
Parole covate dentro, che la Gambaro aveva già detto in una precedente intervista tra il primo e il secondo turno elettorale quasi ignorata.
PEONES SUL PIEDE DI GUERRA
Che il crepuscolo di Grillo sia già cominciato lo si legge nelle facce preoccupate dei fedelissimi. «Beppe era furioso, non si teneva, chi siete voi per parlare cosi? Senza di me sareste zero, niente!», riassume lo stato d’animo del capo, Claudio Messora, il responsabile della Comunicazione in Senato.
Si scopre così che l’uscita della Gambaro, all’indomani della dèbacle elettorale, tutto è tranne che un’improvvisata.
Proprio ieri i senatori avevano votato il nuovo capogruppo Nicola Morra. 24 i voti a favore, 22 quelli a Luis Alberto Orellana a cui sono andate le preferenze dei «dialoganti» e due astenuti. Come dire che il gruppo è spaccato, anche se Morra – fortissimamente voluto da Casaleggio – appena eletto si è affrettato a spiegare esattamente il contrario, («toni a volte aspri, l’importante è restare uniti, porteremo dei correttivi»).
Il caso Gambaro? «Raccoglierò tutti gli elementi e poi consulterò gli altri», ha risposto Morra, neanche fosse un detective dinanzi al corpo del reato.
Il risultato del voto, le incomprensioni col capo, il quarto dissidente che si sfila nel giro di pochi giorni. Il Movimento rischia di sfarinarsi molto prima del previsto, durare meno dell’Uomo Qualunque di Guglielmo Giannini che pure durò un lampo.
«Il maggior merito del M5S in questi primi mesi è stato aver influenzato positivamente le altre forze politiche», prova a rivendicare Vito Crimi.
La toscana Alessandra Bencini minimizza il tonfo siciliano, un crollo con percentuali da prefisso telefonico in capoluoghi come Catania, Siracusa e Messina, dove prima si superava ampiamente il 30%: «Nell’Isola la scheda è ballerina».
E ora? «Sono contraria alle espulsioni» lei prende posizione come Paola Nugnes, del resto.
Ed è una frase assolutoria che si sente dire a molti 5Stelle. «Sarà l’assemblea a decidere e il web a ratificare», ricorda Laura Bottici.
Ecco, il punto è questo. Che si stia preparando la fronda? Il momento, il minuto, l’ora della scissione? Il casus belli c’è già .
L’espulsione decretata online. Furnari, uno dei fuoriusciti tarantini non ha dubbi, «è una questione di tempo, imploderanno».
NE RESTERANNO 140
L’uscita a gamba tesa della Gambaro ha messo in moto ieri sera l’ennesima assemblea. «Alla fine dei 163 ne resteranno circa 140», calcola uno dello staff.
Grillo e Casaleggio sarebbero già preparati.
La Rete ribolle: «Sì, Beppe, se vuoi saperlo per me il problema sei stato proprio tu che in passato eri il mio idolo», si legge in rete.
O anche: «Bravo… continua a cacciare chiunque dica qualcosa contro, e tra un po’ non ci sarà più nessuno…».
Mentre il gruppo dei pasdaran va dritto per la sua strada: «Grillo è patrimonio mondiale dell’umanità , come le Dolomiti», è la carezza del neo presidente alla Vigilanza Rai, Fico. «Abbiamo tanti nemici all’esterno, ma da sempre il vero pericolo è all’interno», dichiara guerra anche il pacioso Alessandro Di Battista.
Per tutti la consegna è del silenzio, ma da ieri anche chi parla poco potrebbe generare sospetti.
Claudio Marincola
(da “il Messaggero“)
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Giugno 12th, 2013 Riccardo Fucile
IL PREMIER LETTA PROMETTE UN PIANO PER IL LAVORO DEI GIOVANI, MA IL PDL E’ IN RIVOLTA PER LA CASA
Per il governo è arrivato il momento del fare. Fare quel che si può, per la precisione, cioè poco.
In Consiglio dei ministri questa settimana dovrebbe arrivare un ddl di semplificazioni, l’ennesimo: si lavora sulle certificazioni ambientali e sui permessi per gli ambulanti, sulla liberalizzazione dei cinema e l’abolizione di alcuni obblighi burocratici, sui soliti parrucchieri e il solito cambio di residenza (stavolta con annessa tassazione sui rifiuti), più altro ancora.
Roba forse utile sul lungo periodo — quando non si riveli una deregulation pericolosa, come fu per le “libere trivelle” in mare di Corrado Passera — ma senza alcuna speranza di innescare un percorso di crescita nel breve.
Roba, soprattutto, a costo zero.
Per vedere un po’ di soldi, ma pochi, bisognerà aspettare probabilmente la settimana prossima, quando arriverà in Consiglio un decreto sul lavoro che stanzia un miliardo in tre anni per l’occupazione giovanile: in pratica si tratta di non far pagare tasse e contributi sui nuovi contratti a tempo determinato per almeno un paio d’anni.
A quel punto Enrico Letta chiederà al Consiglio europeo di fine giugno di dirottare a questo fine altri fondi comunitari destinati ai paesi con alti tassi disoccupazione (programma “Youth guarantee”).
Nello stesso decreto dovrebbero trovare posto anche alcune modifiche alla legge Fornero per rendere meno ingessati e burocratici i contratti atipici.
Il problema, al di là dell’eseguità dei fondi finora recuperati, è che le imprese assumono quando vendono i loro prodotti e in questo momento, specialmente in Italia, il problema è proprio l’abisso in cui sono finiti i consumi privati (e pure quelli pubblici tra mancati pagamenti ai fornitori e tagli di spesa).
Per tutto il resto, il premier s’affida al tempo, che — dicono — guarisce ogni ferita, e aspetta. Sulle modifiche all’Imu e l’aumento dell’Iva, ha spiegato ieri mattina in un vertice di maggioranza, “ci atterremo al programma”.
Quale sia nessuno lo sa, tanto è vero che ognuno ha interpretato quelle parole come gli faceva più comodo, ma tant’è.
Se, per dire, il Pdl dà per scontata l’abolizione dell’imposta sulla prima casa e lo stop all’aumento di quella sul valore aggiunto (che scatta il 1 luglio), per l’esecutivo la faccenda è un po’ meno scontata: sull’Iva, fanno sapere da palazzo Chigi, Letta in Parlamento disse solo “faremo tutto il possibile per evitare l’aumento”.
Autotraduzione: “Ci proviamo, ma non è nel programma”.
Succede quando si mette un guardiano dei conti proveniente da Bankitalia al Tesoro.
Anche sull’Imu, ieri, Fabrizio Saccomanni ha continuato a parlare di “rimodulazione” dell’imposta facendo perdere le staffe ai berlusconiani.
Renato Brunetta, per dire, uscendo dall’incontro di palazzo Chigi ha puntato deciso sul ministro dell’Economia: “E’ un tecnico e farebbe bene ad attenersi alle indicazioni della maggioranza. Quindi, quanto meno parla e meglio è” (parole simili sono arrivate anche da altri).
In sostanza, l’ala belligerante del Pdl s’è convinta che il “programma” di Letta è rinviare tutto fin che si può, stare immobili fino alla tempesta prossima ventura (ieri sono tornate piccole tensioni sugli spread) e poi governare col paravento dell’emergenza. Alla Monti.
Se si danno per scontati i vincoli di bilancio imposti dall’Ue, infatti, Saccomanni ha tutte le ragioni e anche qualcuna in più.
La recessione accumulata finora è assai più alta di quella prevista dal governo per il 2013 (e andrà peggiorando), conseguentemente la dinamica delle entrate apre buchi sempre più consistenti nella fantasmagoria del governo tecnico salvatore del bilancio pubblico: “Dall’anno scorso — ha messo a verbale ieri il direttore del Dipartimento delle Finanze del Tesoro, Fabrizia Lapecorella — il gettito Iva è precipitato in maniera indecorosa, con flessioni drammatiche per il settore auto e per l’edilizia”.
In sostanza, l’Italia virtuosa che tiene il rapporto deficit/Pil sotto il 3% ha occupato lo spazio di un fine primavera piovoso: volendo tenere conto che ci sono ancora spese correnti da finanziare per il 2013 (un pezzo di Cig, le missioni militari all’estero da settembre, il rinnovo dei precari della P.A. da luglio), è evidente che non basterà spostare qualche cifra sul bilancio per sistemare tutto e fare pure contento il Pdl su Imu e Iva.
Commenti dal ministro dell’Economia? Nessuno.
Intervistato dal Tg2, ieri sera, è riuscito a non dire pressochè nulla: “Ci stiamo lavorando, manterremo gli impegni, abbiamo già fatto tanto” e via così.
Col che si dimostra che l’ex giovane democristiano Letta applica alla lettera la lezione di Giulio Andreotti: “Meglio tirare a campare che tirare le cuoia”.
Marco Palombi
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 12th, 2013 Riccardo Fucile
LA DELUSIONE DI ALFANO E DEI COLONNELLI PER ESSERE STATI TENUTI ALL’OSCURO
Sono gli ultimi giorni del Pdl, uscito a pezzi dalle amministrative e ora sull’orlo di una crisi di nervi.
Sul partito sta per abbattersi il ciclone Berlusconi.
A luglio la rivoluzione annunciata – il nuovo “predellino” – sarà compiuta.
«Si cambia tutto, non ha più senso tenerlo in piedi così» ripete il Cavaliere alla vigilia del suo rientro di oggi a Roma.
In serata vertice quasi obbligato a Palazzo Grazioli coi dirigenti usciti malconci dalle elezioni romane e da quelle nel resto d’Italia.
Malconci ma malmostosi perchè tenuti all’oscuro del ritorno a Forza Italia messo a punto ad Arcore.
Per nulla convinti, da Cicchitto a Gasparri a tanti altri, della svolta movimentista. Ma il dado è tratto. Il capo ha preferito parlarne ieri pomeriggio a Villa San Martino con Daniela Santanchè, piuttosto che il giorno prima con il giovane sindaco “formattatore” di Pavia Alessandro Cattaneo.
A Roma i suoi brancolano nel buio.
Il nome sarà spazzato via, come il capo desiderava da almeno un anno.
Addio Pdl, ancora aperta l’opzione di un ritorno tout courta Forza Italia.
Di certo, saranno azzerati tutti i coordinatori regionali e locali, che pessima prova hanno dato non solo nelle ultime amministrative, salvo poche eccezioni.
E poi partito «snello », come viene ripetuto, finanziamenti privati da fund raising,abbandono della sede di via dell’Umiltà da fine giugno e trasferimento nei vicini, più piccoli e meno costosi locali di Piazza San Lorenzo in Lucina.
Sono alcune delle indiscrezioni filtrate per una rivoluzione che in realtà sarà molto più ampia.
E che – chi conosce bene il Cavaliere non ne fa mistero – potrebbe essere preludio di un ritorno a breve alle urne, se da qui a fine anno la situazione dovesse precipitare per lui dal punto di vista giudiziario.
Per adesso la linea resta quella del «nessun fallo di reazione» e delle difesa dell’esecutivo.
Ma fino a quando?
Silvio Berlusconi ha poca voglia di aprire dibattiti interni. Torna d’umore nero da Arcore, preoccupato e piuttosto concentrato – raccontano – sui delicati pronunciamenti che lo attendono nelle aule di giustizia da qui alla fine del mese: dalla Consulta il 19 giugno sul legittimo impedimento alla sentenza Ruby del 24 a Milano.
Questa sera ai dirigenti che lo andranno a trovare a Grazioli per un primo vertice e poi domani sera alla cena prevista con i quattro ministri e i (pochi) governatori Pdl, il leader si limiterà a prendere tempo, ad accennare al da farsi, a ribadire la necessità di «cambiare tutto».
Il restyling però è rinviato alle prossime settimane, fine mese o primi di luglio.
Ieri sera il segretario Angelino Alfano ha convocato in via dell’Umiltà lo stato maggiore del partito per fare il punto dopo la disfatta nei Comuni e alla vigilia del ritorno del capo.
Tutto è sospeso.
«Ho consegnato insieme a Verdini e Capezzone questo nuovo modello di partito – racconta la Santanchè, che oggi rientrerà a Roma col presidente – Posso solo dire che a giorni sarà Berlusconi a comunicarlo».
Tracce poi da un’altra fedelissima come il sottosegretario Michaela Biancofiore: «Credo che il Pdl debba restare così e che accanto debba anche nascere Forza Italia. È tempo di rottamare, ma non il nostro leader: il cambiamento nel centrodestra non può essere rappresentato da Cicchitto».
Sulla stessa linea “forzista” Giancarlo Galan. È benzina che fa esplodere un mezzo incendio. Basta ascoltare Fabrizio Cicchitto: «La definizione di un modello di partito non può essere realizzata attraverso un’operazione del tutto verticistica, senza alcun confronto collegiale e collettivo».
E Gasparri contro la svolta movimentista: «Non serve un partito leggero. Serve un partito radicato».
Invano Sandro Bondi prova a frenare invitando a «smettiamola una volta per tutte con la pantomima dei falchi e delle colombe, la nostra debolezza non è l’attuale dirigenza del partito ». Ma tutto ormai sta per saltare per aria. Alimentando ancor più l’insofferenza e la voglia di azzerare da parte dell’ex premier.
«Ho incontrato Berlusconi ad Arcore e non l’ho trovato adirato: era consapevole della sconfitta, imputandola principalmente all’astensionismo » raccontava ieri a Omnibus il sindaco pidiellino di Pavia Alessandro Cattaneo.
Sarà tra i protagonisti della svolta movimentista anche se per il momento glissa: «Il presidente ha in testa la ricostruzione del partito, perchè ormai qualche dirigente è un po’ spremuto».
A Roma in tanti già tremano.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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Giugno 12th, 2013 Riccardo Fucile
LA SENATRICE NON TORNA INDIETRO: “I SUOI POST VIOLENTI CI FANNO MALE, MI SONO SCOCCIATA E QUELLO CHE DOVEVO DIRE L’HO DETTO ANCHE IN ASSEMBLEA, TUTTI LO SAPEVANO”
“Mi sono scocciata di questi post violenti di Grillo”. Non è ancora arrivata la scomunica ufficiale
di Beppe Grillo, ma la senatrice Adele Gambaro ha già sfidato il Capo in diretta televisiva.
Cammina nervosamente verso l’Aula del Senato.
Lì, seduta tra colleghi che per un po’ fanno finta di nulla, leggerà il post con il quale il leader la invita a togliere il disturbo.
Non distoglie mai lo sguardo, che resta immobile a fissare i banchi della Presidenza. Tormenta un foglio di carta, sussurra di tanto in tanto qualcosa alla vicina di banco. Da come risponde prima di varcare la soglia dell’emiciclo, però, sembra avere già chiaro come finirà .
Di certo, non arretra di un millimetro e rivendica quanto consegnato alle telecamere di Sky.
Senatrice, sta pensando di rettificare?
“Cosa devo rettificare? Ho detto quello che penso. E non rettifico cose che penso”.
Ha detto cose pesanti contro il leader unico del movimento. L’ha sfidato. E per di più dal piccolo schermo.
“Io mi sono scocciata di questi post violenti di Grillo che ci fanno solo del male”.
In che senso? Dov’è che sbaglia?
“Ci ha lasciato qui, in Parlamento, da soli. Lui deve capire che noi siamo qui da soli a rispondere di tutto”.
Scusi ma non ha provato a sentirlo? Una chiamata, magari.
“Mi sono fatta dare il numero di Grillo. Ho cercato di chiamarlo. Ho tentato più volte.
Niente, non mi ha mai risposto”.
C’è chi obietterà : poteva lamentarsi in assemblea.
“Le cose che avevo da dire le ho dette. Ho parlato in assemblea e nel forum. Tutti sapevano”.
E il risultato elettorale delle Comunali?
“Due comuni al M5s non sono un successo, ma una dèbà¢cle elettorale. Inoltre ci sono percentuali molto basse”.
State pagando colpe del leader?
“Stiamo pagando i toni e la comunicazione di Beppe Grillo, i suoi post minacciosi, soprattutto quelli contro il Parlamento. Mi chiedo come possa parlare male del Parlamento se qui non lo abbiamo mai visto. Lo invito a scrivere meno e osservare di più. Il problema del Movimento è Beppe Grillo”.
Tommaso Ciriaco
(da “La Repubblica”)
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Giugno 12th, 2013 Riccardo Fucile
LA SCONFITTA DI ALEMANNO È QUELLA DEGLI EX MISSINI AL GUINZAGLIO DI BERLUSCONI
L’onda lunga della questione morale è un argomento-tabù nei tempi delle larghe intese, e infatti nessuno ne ha parlato nei fluviali commenti all’esito delle amministrative.
Ma è in quella direzione che va cercata la prima causa del disastro della destra, la destra degli sceriffi che si è confusa coi delinquenti, la destra “legge e ordine” finita a fabbricare regole ad personam, la destra sociale, infine, quella romana, che ha sposato troppe volte la causa dei prepotenti e dei furbi e ha sbriciolato la sua vantata diversità etica tra cubiste assunte senza concorso e Suv comprati coi soldi pubblici (“Mi era indispensabile, nella Smart non c’entravo”, come ebbe a dire Fiorito).
Il giornalismo copia-incolla si è ritrovato d’accordo nel celebrare i funerali del ventennio di potere di questa destra fissandone la data d’inizio nel novembre ’93, con l’endorsement di Berlusconi a favore della candidatura di Fini al Campidoglio.
La fine, ovviamente, viene indicata nel voto di domenica scorsa.
È una tesi molto amata dal Cavaliere, che adora conferirsi il potere di fare e disfare fortune politiche, ma del tutto immemore dei fatti.
L’ascesa della destra, l’accensione dei riflettori (e del consenso) sul quel partitino fuori dai giochi che era il Msi, comincia qualche mese prima del pronunciamento di Silvio, con una manifestazione contro la corruzione a Montecitorio, quando i giovani missini scendono in piazza indossando magliette con la scritta “Arrendetevi, siete circondati”.
Ci furono una trentina di denunce per quella protesta, e molte perquisizioni a caccia delle t-shirt incriminate.
Si accesero i riflettori su una formazione politica mai contaminata dagli scandali.
I sondaggi si impennarono, dando inizio a una storica avanzata elettorale.
Vent’anni dopo, nel marzo scorso, lo stesso slogan, nello stesso posto, è stato usato dai dimostranti grillini.
E i vari Alemanno, La Russa, le Meloni, i Matteoli, si sono trovati dall’altra parte della barricata, come i Craxi e i Forlani di un tempo, a difendere il fortino assediato della cattiva politica.
Ecco, se proprio si vuole cercare l’Alfa e l’Omega della destra, meglio fissarla lì, nello scarto fra quelle due manifestazioni e nella mutazione genetica che esse rivelano.
Da censori del malaffare a coimputati.
Da paladini dei deboli a sodali dei prepotenti.
Da interpreti del desiderio di cambiamento a custodi di un tempio in rovina.
Una pessima fine, che il voto romano ha soltanto formalizzato.
Fa ridere, adesso, leggere le analisi di Bondi o della Biancofiore, che attribuiscono al basso tasso di berlusconismo di Alemanno e degli altri la sconfitta elettorale, ripetendo la favoletta del Giornale e di Libero: “Se non c’è in campo lui, si perde”.
In realtà è successo il contrario.
La destra ha pagato tutto insieme il conto della fedeltà canina al padrone e ai suoi imitatori di minor rango.
Una serie di cambiali che si sono accumulate nel tempo, una a una, e sono andate all’incasso tutte insieme.
Le sparate sull’“eroe Mangano” di Dell’Utri, la crema “Genescienze” da 200 euro a barattolo di Formigoni, le risate al telefono della cricca del terremoto, i massaggi di Bertolaso al Salaria Village, Miccichè che vuole cambiare nome all’aeroporto Falcone e Borsellino perchè “deprime i turisti”, i rolex rubati di Papa, i cannoli di Salvatore Cuffaro, le ostriche sbandierate da Er Batman come una conquista politica (“Senza di me in Ciociaria conoscevano solo il tonno in scatola”).
L’antropologia arraffona e prepotente dei parvenu del berlusconismo ha demolito pezzo a pezzo la mitologica “diversità della destra” e disgustato chi si riconosceva in altri modelli.
Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei.
E siccome sei come gli altri, non ti voterò mai più.
Sul blog e nei commenti sui social network degli ex-elettori alemanniani, ieri, era tutto un rincorrersi di orgogliose rivendicazioni di astensionismo: “Ho il voltastomaco”, “Non posso riconoscermi nella destra del voto ad personam”, “Imparino la lezione e poi ne riparliamo”, fino alla più amara delle citazioni postata da un vecchio militante, una canzone di Francesco De Gregori: “Ciambellano del nulla, avanzo di segreteria, ti ricordi com’eri quando cercavi una sistemazione?”.
Già , chissà se si ricordano.
Di sicuro, se hanno memoria di quel che era la destra “prima”, non possono dirlo.
Mai come adesso quel che resta della ex-An è materialmente dipendente dal berlusconismo.
A Roma, ma non solo, c’è una generazione intera di ex in cerca di collocazione.
La nomina della moglie dell’ex sindaco, Isabella Rauti, a consigliere di Alfano al Viminale è la punta di un iceberg di piccoli e grandi assalti a quel che resta della diligenza del potere.
Una destra che fino a un anno fa aveva tre ministeri, dieci sottosegretariati, il governo di Roma e del Lazio, una pletora di assessorati regionali, per non parlare delle città , degli enti, delle authority, delle fondazioni, adesso non ha più nulla.
Nella Capitale, Alemanno porta solo se stesso in Consiglio: nessuno dei suoi amici di corrente è stato eletto.
Gli ex-An, che vent’anni fa diedero il “bollino di garanzia” al berlusconismo, conferendo al miliardario amico di Craxi la reputazione di una tradizione politica magari criticabile ma sicuramente onesta, sono diventati vuoto a perdere.
Da Arcore si annuncia la fine del Pdl e il ritorno al modello Forza Italia.
“No Silvio, no party”, titola Il Giornale, e il messaggio è molto chiaro, molto amaro: per voi, ragazzi, la festa finisce qui.
Flavia Perina
argomento: radici e valori | Commenta »