Settembre 30th, 2013 Riccardo Fucile
LA RESISTENZA INTERNA SI ORGANIZZA MENTRE SI COMPILA L’ELENCO DEI TRADITORI… MA UN ASPETTO POSITIVO C’E’: PER UN GIORNO LA SANTANCHE’ E’ STATA ZITTA
Era l’unto del Signore. Oggi ha quattro ministri in fuga e al petto il piombo di una frase irredentista pronunciata da Angelino Alfano, il segretario del partito: “Sono diversamente berlusconiano”.
All’orizzonte nitida la foto di una diserzione di gruppo pianificata, secondo i sospetti, tra il Colle e la sala da pranzo di casa Alfano, con un ministro — Gaetano Quagliariello — che ha addirittura accostato Forza Italia a Lotta Continua, esibendo bandiera bianca: “Io non ci sto”.
Quagliariello è stato messo alla porta immediatamente: “Tu sei fuori”, bollato come traditore, dipinto come elemento deviato, “uomo del Quirinale”, dunque nemico al cento per cento.
Anche Beatrice Lorenzin è fuori: lei è scappata prima del decreto di espulsione, incitando alla resistenza contro “gli estremisti” che stanno portando alla rovina il Capo.
Nel più tragico dei compleanni possibili, mentre Mara Carfagna da amazzone penitente lo chiamava Einstein, Silvio Berlusconi ha visto sbriciolarsi la torta prima ancora che potesse assaggiarla.
I tratti del caos distruttivo, di una onnipotenza che regredisce a inconcludenza e si trova di fronte capi all’insù invece che teste chine sono numerosi e distinti.
Segniamoli tutti in questa domenica 29 settembre, la prima giornata d’autunno vero, con tempeste di pioggia e di vento al nord come al sud.
Guerra per bande, isolati sconfinamenti, e trappole tese a identificare i ribelli, sterilizzandone le capacità di resistenza.
Una maestosa zuffa che ha coinvolto tutti, piccoli e pesci grandi.
Nomi illustri e spicciafaccende. Personalità di spicco e generico minestrone berlusconiano. Tanti, troppi però a utilizzare parole diverse da quelle del Capo.
Il mondo ciellino, per bocca di Maurizio Lupi subito chiarisce con chi sta: “È ora che Alfano si metta in gioco”, dice il ministro plenipotenziario.
In gioco c’è un nuovo partito di centro, figlio legittimo del Ppe, cuginetto di Enrico Letta, premier amico ora in pericolo.
È la via antica e sempre sospirata di un ritrovo democristiano, di una casa sicura al centro del centro.
In tanti aspettano che l’ora arrivi: si risente anche la voce del redivivo Luca di Montezemolo.
Ce la faranno i nostri? Non si sa, ma è certo che Alfano battaglia via telefono col Capo.
Il colloquio dura molti minuti, le parole si accavallano e Angelino (l’uomo a cui manca un quid per essere leader, disse B.), per la prima volta si fa forza e presenta il suo quid: “O me o Ghedini”.
Nella fanchiglia di un corpo a corpo tremendo le colombe sono andate contro i falchi.
Contro Ghedini e la Santanchè (ieri silenziosissima) i Capezzone, i Bondi, i Verdini (immortale il suo “Berlusconi tocca l’anima”).
Dal Veneto la voce del socialista Sacconi. Anche lui segna una importante defezione.
E al sud i deputati briganti alla Giuseppe Castiglione, il siciliano sempre in perenne dondolo tra l’abbandono e la sovversione.
Democristiani eterni come Carlo Giovanardi scuotono la testa, ed è sempre la prima volta, si rifiutano di ottemperare al-l’ordine di Arcore: “Io non mi dimetto”. Gianfranco Rotondi, stessa casa e medesima fratellanza, stranisce: “Sono dei pazzi”.
E Stefano Caldoro, il governatore della Campania, resta a bocca aperta, nell’incresciosa situazioni di chi è chiamato alla lotta ma non sente le forze nel suo corpo debilitatato.
Nunzia De Girolamo, quarta dei ministri al governo, è l’ultima a parlare.
Prova a stare in mezzo, “con Berlusconi ma contro ogni estremismo”. Sempre fedele a Forza Italia ma fuori dal circolo dei duri e puri.
È imbarazzata, non muove foglia, si ferma sul ciglio della strada e sceglie di stare alla finestra.
Resta inquadrata però una lunga crepa nel muro berlusconiano.
Sporcato il fard sul viso, danneggiata l’immagine vitale di uomo immortale e solo al comando.
In tv, alla tribuna prandiale di Rai1, Giletti deve convocare due esponenti e non più uno per dare voce a Forza Italia.
Di qua, per la minoranza, c’è Fabrizio Cicchitto, depistato ed emigrato a figura di secondo piano, perciò novello contestatore: “Quando si assumono simili decisioni è necessario coinvolgere il segretario, i capigruppo, gli organi dirigenti del partito”.
Di là c’è un Gasparri confusamente focoso, ma distintamente allineato alla maggioranza.
Iniziano anche a essere visibili i segni dei cazzotti. Da qualche parte sbuca Galan che mena: “Sappiamo tutti che Cicchitto andrà via. Ci renda breve la sua agonia”. Lui: “È il suo solito travaso di bile”.
La giornata prosegue con i messaggini, le telefonate, il porta a porta delle dichiarazioni rese, delle ultime posizioni possibili.
Berlusconi convoca le telecamere di Mediaset e consegna ai resistenti la sua dichiarazione di pace: ha deciso da solo di sganciare la bomba a mano contro Enrico Letta, da solo di farlo cadere.
E l’ha fatto con serena coscienza e la profonda convinzione che “ai miei tempi quando c’era una crisi di governo noi imprenditori festeggiavamo.
L’economia teneva, il Pil cresceva e insomma tutto andava a meraviglia”.
Ecco chiarito il punto della nuova strategia: meno si governa e meglio è per tutti.
Meno si governa e “meno danni si fa all’economia”.
Per una coincidenza meteorologica, le parole di Berlusconi sono state accompagnate a Roma da tuoni e fulmini.
Oggi il pallottoliere è di nuovo alla prova.
Con ogni probabilità mercoledì, nella drammatica conta del Senato, l’ennesimo, ultimo e tragico show down.
Antonello Caporale
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Settembre 30th, 2013 Riccardo Fucile
TRA FESTA IN FAMIGLIA E AUGURI DA VERONICA, IL TIMORE DELLA FUGA DEI PARLAMENTARI
Il risveglio inganna: “Questa notte, superati 59 giorni pessimi, ho dormito per 10 ore. Mi sento 37 anni”, fa sapere Silvio Berlusconi ai sostenitori di Napoli che festeggiano il 77° compleanno in contumacia.
E mentre i figli Marina, Barbara, Pier Silvio (con la moglie Toffanin) e i nipoti bussano in villa San Martino ad Arcore per il pranzo con Francesca e Dudù e l’immancabile senatrice Maria Rosaria Rossi, il Cavaliere, recuperato il sonno, perde la pazienza e le colonne di Forza Italia.
E li radia senza appello con il piglio televisivo di Flavio Briatore: “Fuori, che se ne vadano. Dove pensano di andare questi Quagliariello, Lorenzin e Lupi senza di me? Chissà che promesse avranno ricevuto da Napolitano e da Enrico Letta”.
La versione di Napoli è quella di un Capo che continua a ondeggiare, a invocare le elezione anticipate, ma fa capire di avere la stessa posizione delle lancette di un orologio: “Non ci possono addossare la colpa se le tasse aumentano. Siamo pronti a votare il blocco per l’Iva, l’Imu e anche una buona legge di stabilità se Letta la propone”.
Che può dire tutto e niente.
Per l’intera mattinata, un giorno senza i consigli infuocati di Denis Verdini e Daniela Santanchè, Berlusconi non regge la pressione, che diventa depressione e viene sedata (paradossi) con una telefonata di Veronica Lario e con un muro, inscalfibile, per gli amici che vengono respinti dal centralino.
La notizia del giorno è l’ennesimo battezzo di Garnero in Santanchè: i nemici non la chiamano più pitonessa e nemmeno Danielona, ma Jiang Qing, l’ultima e agguerrita consorte di Mao.
Berlusconi non sopporta, però, la riduzione a esecutore dei desiderio di Jiang Qing e quasi litiga con Angelino Alfano che, fra mille capriole, si definisce “diversamente berlusconiano”: “Angelino, qui decido io! Cosa credi che mi faccia ordinare le cose da Daniela o Denis? Non scherzare. Ho dovuto rompere perchè le dimissioni di massa sembravano una barzelletta, non potevamo restare sospesi con la sinistra che mi attacca e mi vuole in galera”.
Il segretario Alfano tace, ormai non parla più con la Santanchè e detesta Niccolò Ghedini, che gestisce le manovre di Arcore e fa infervorare il Capo.
Il Cavaliere è preoccupato. Il pranzo è un rituale senza sorrisi. Neanche il bigliettino di Michaela Biancofiore fa smuovere gli zigomi tirati e incipriati. Un mazzo di fiori e un messaggio: “Francesca permettendo, con tutto il mio affetto per lei presidente, forza!”.
Con un partito che sbanda e un Alfano che si agita, il Cavaliere interviene ancora: attraverso un comunicato stampa e poi in diretta a Studio Aperto.
Insiste con le urne, fa sapere che si può vivere benissimo senza governo.
E dice una bugia: “Domani (oggi, ndr) decideremo la linea durante la riunione con i gruppi parlamentari. Non ci saranno decisioni”. La conta in aula lo terrorizza. Non vuole nuovi processi, stavolta politici in mezzo ai “traditori che tifano per un governicchio”.
L’ordine di guerra o di resa (improbabile) sarà emesso da Palazzo Grazioli.
Nel pomeriggio, ore 17, farà ritorno nella sala Regina di Montecitorio per incontrare i parlamentari. Berlusconi spera sempre in un intervento di Napolitano, anche se la fiducia è inesistente: “Comanda la Consulta, perchè non fa nulla? Le larghe intese le ho fatte nascere io, l’avrà dimenticato…”.
Oggi non avrà i figli accanto che, dice, l’hanno commosso con una lettera. Sarà circondato da falchi e colombe.
Ci sarà sempre, però, il barboncino Dudù, ieri ornato con un fiocco azzurro per la ricorrenza del fidanzato, quasi marito, di Francesca.
Carlo Tecce
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 30th, 2013 Riccardo Fucile
ALFANO: “FERMIAMO GLI ESTREMISTI”… NAPOLITANO MANDA LETTA IN PARLAMENTO: CHIEDERA’ LA FIDUCIA A GOVERNARE FINO AL 2015… OGGI SFIDA NEI GRUPPI
È Il big bang del Pdl.
Berlusconi piazza la carica sotto Palazzo Chigi, ma a esplodere nel giro di 24 ore è il suo partito. La scissione ora è dietro l’angolo.
Ex ministri, capigruppo, colombe, semplici parlamentari sono pronti a dire addio alla Forza Italia di Berlusconi, Santanchè e Verdini, se non maturerà una clamorosa e improbabile retromarcia nell’assemblea convocata dal leader questo pomeriggio.
Le caselle postali dei ministri in un giorno e una notte vengono invase da mail di protesta degli elettori. Non ne fanno mistero. Ai parlamentari non va meglio.
Sono decine, al Senato se ne conterebbero almeno venti, pronti a fare squadra, a sostenere il governo Letta quando mercoledì si andrà al muro contro muro.
Quando dopodomani si andrà in aula, infatti, la resa dei conti sarà definitiva. Lì, nel catino di Palazzo Madama, tutto sarà più chiaro.E tutto sarà definitivo.
LA RIVOLTA CONTRO I FALCHI
Già , mercoledì e non martedì. Angelino Alfano chiama il presidente del Consiglio. Chiede tempo per lavorare su Berlusconi, da un lato, ma anche per organizzare la sua area, se la rottura sarà definitiva col suo leader.
I ministri si vedranno in queste ore prima della resa dei conti vera, che andrà in scena alle 17 a Montecitorio, con la riunione dei gruppi Pdl convocata d’urgenza da Berlusconi.
Estremo tentativo di evitare la rottura e imporre la linea dura: al voto, al voto. Ma la macchina del Cavaliere stavolta si inceppa.
Dopo gli altri ministri, nel giro di poche ore anche il vicepremier Angelino Alfano dice «no a una Forza Italia in mano agli estremisti», proponendosi come «diversamente berlusconiano».
Il ministro Gaetano Quagliariello traduce il concetto: «Per essere diversamente berlusconiano – dice intervistato dal Tg3 in serata – bisogna dividersi».
Non è il solo ormai a pronunciare il verbo più temuto dal Cavaliere.
«Alfano ha tutte le doti per guidare una forza moderata», rincara Fabrizio Cicchitto, che conferma la sua critica allo strappo di governo.
I capigruppo Schifani e Brunetta tacciono, silenzio che pesa: non si schierano dalla parte di Berlusconi ed è clamoroso.
Denis Verdini chiama personalmente decine di parlamentari, soprattutto senatori, per stanarli e chiedere sostegno.
Ma solo in pochi usciranno allo scoperto con un comunicato stampa.
Galan litiga con Cicchitto, li invita a uscire dal partito se proprio non comprende la linea. «Hai travasi di bile da accogliere con umana comprensione» gli replica l’ex capogruppo.
Sono ormai due partiti. Ma la maggioranza non ha gradito l’apertura della crisi e si prepara a disertare la manifestazione organizzata per venerdì a Piazza Farnese.
Siamo all’ammutinamento.
I MINISTRI IN TRINCEA
Parte da almeno quattro dei cinque ministri la rivolta che porta nel giro di una mattinata alle uscite pubbliche in dissenso con la decisione presa da Berlusconi. Gaetano Quagliariello va in mattinata al Festival del diritto a Piacenza e strappa applausi a scena aperta quando parla di «partito geneticamente modificato» per concludere: «Io a quel partito non aderirò».
E comunque, aggiunge, «serve assolutamente un governo anche per fare elezioni anticipate. Ascoltare Letta sarà un passaggio fondamentale, il momento mette tutti di fronte alla propria responsabilità e alla propria coscienza».
È il segnale che tanti aspettavano.
Maurizio Lupi (Infrastrutture) a seguire: «Così non va. Forza Italia non può essere un movimento estremista. Vogliamo stare con Berlusconi ma non con i suoi cattivi consiglieri. Alfano si metta in gioco per questa buona e giusta battaglia».
Quindi Beatrice Lorenzin, ormai ex alla Sanità , per dire di stare dalla parte del Berlusconi «perseguitato », che si dimette anche lei, ma che non condivide «la linea di chi lo consiglia in queste ore: questa nuova Forza Italia sta dimostrando di essere molto diversa dal ’94, ci spinge verso una destra radicale in cuinon mi riconosco».
La collega Nunzia De Girolamo (Agricoltura) chiede un chiarimento interno, è l’unica con Alfano ad essere stata avvertita personalmente da Berlusconi dell’apertura della crisi, sabato pomeriggio.
La sua critica è più contenuta: «Non posso tacere l’amara constatazione nel vedere come siano sempre più evidenti atteggiamenti, posizioni, radicalismi che poco hanno a che vedere con i valori fondativi del nostro movimento liberale ».
La sostanza non cambia.
LA SCISSIONE E IL PPE ITALIANO
È Quagliariello a parlare con chiarezza della possibilità che il Pdl si sdoppi, a questo punto. In passato ci sono stati «tre partiti Gaullisti», in questo periodo «ce ne sarebbero due».
Come dire, Forza Italia e il Pdl. È uno scenario possibile. Non l’unico.
Anzi, un nuovo soggetto moderato si profila all’orizzonte.
Il pressing dall’esterno è cominciato. Telefoni roventi per i ministri Mario Mauro, Gianpiero D’Alia, i leader Mario Monti, Pier Ferdinando Casini.
Tutto è in movimento per dar vita a breve a un gruppo di sostegno al governo Letta bis, per non chiudere comunque qui la legislatura.
«La nostra linea non cambia, restiamo convinti che il governo deve andare avanti per il bene del Paese e che Alfano debba guidare il partito, lontano dagli estremismi» sostiene Giuseppe Castiglione, senatore che detiene da solo mezzo bacino dei voti forzisti in Sicilia che pure continua a dichiararsi berlusconiano.
Con lui, tra gli altri, Torrisi, Pagano, Gibiino alcuni dei senatori che lo seguono. Ma ormai dice «no a derive estremiste» e chiede apertamente ad Alfano di rappresentarli anche il cattolico Maurizio Sacconi.
Vicina alla sua posizione anche Eugenia Roccella. E poi Giovanardi, «per mantenere ferma la rotta dei moderati ».
Il tam tam incessante della stampa cattolica sta sortendo i suoi effetti.
Andrea Augello, relatore in giunta in favore di Berlusconi, come gli altri: «Preoccupazione per come si fanno le scelte nel Pdl».
Il progetto in cantiere riprende proprio l’idea dell’“Italia popolare” alla quale molti di loro stavano già lavorando a dicembre dopo la crisi del governo Monti.
Ppe italiano, altra sigla in circolazione nel frullatore.
BERLUSCONI VA ALLA CONTA
Oggi, dopo aver festeggiato il suo compleanno più amaro, in tarda mattinata Berlusconi tornerà a Roma e prima di riunire i gruppi alle 17 vuole vedere in faccia Alfano, far rientrare la rivolta del delfino e dei suoi.
Questa volta però il segretario è intenzionato a giocarsi il tutto per tutto.
Strappare, ora o mai più, la carica di coordinatore della nuova Forza Italia: a lui e non alla Santanchè o a Verdini lo scettro.
Diversamente, punterà a tenersi il Pdl con tutta l’ala moderati, da affiancare magari a Forza Italia.
«Diversamente berlusconiano », appunto. Più probabile, per costruire qualcosa di nuovo, dato che il Pdl sembrerebbe abbondare soprattutto di debiti: non sarebbe certo un affarre sobbarcarselo.
La carta che oggi si giocherà Alfano lo porterà a chiedere a Berlusconi ancora tempo per trattare col Pd un rinvio della legge Severino sulla decadenza alla Consulta, ma sa di non avere chance.
Il Cavaliere ha in testa solo il voto anticipato.
Mercoledì si andrà alla conta in aula. Nel Pdl in tanti parlano della possibilità di uscire dall’aula.
Altri lavorano perchè si arrivi subito a un sì al Letta bis per voltare pagina.
Senza altri tentennamenti.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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Settembre 30th, 2013 Riccardo Fucile
INCONTRO DEI MINISTRI A CASA DI QUAGLIARELLO
A casa di Gaetano Quagliariello, ministro dimissionario per volere di Berlusconi, va in scena il vertice tra i ‘responsabili’ del Pdl che non vogliono Forza Italia in mano agli ‘estremisti’, ma che soprattutto pensano ad una ipotesi di Letta bis.
Ieri notte, a Roma, si sono incontrati, come documentano le foto del Fattoquotidiano, i ministri dimissionari Beatrice Lorenzin, Nunzia De Girolamo, Angelino Alfano e Maurizio Lupi.
Un vertice prolungato che è finito intorno all’una e mezza quando i presenti hanno lasciato casa Quagliariello.
All’uscita bocche cucite, solo Nunzia De Girolamo ha ironicamente consigliato: “Parlate con Alfano. E’ più appetitoso”.
Il dimissionario ministro dell’Interno, con i cronisti tenuti a distanza dalle scorte, non ha rilasciato alcuna dichiarazione.
Per Berlusconi il rischio è che lo strappo non solo provochi uno tsunami nel suo partito, ma sortisca anche un altro effetto: il sostegno da parte dei dissidenti ad un nuovo governo Letta.
Per parte sua l’ospite di queste vertice, Gaetano Quagliariello, ha parlato in una intervista al Messaggero.
“Dobbiamo vedere se possiamo creare una nuova formazione dove sia possibile essere diversamente berlusconiani. D’altra parte in Francia di partiti gollisti ce ne furono tre, qui da noi potremmo averne due”.
Il ministro è convinto che nel Pdl sia il momento “di tenere insieme i moderati che devono essere guidati da moderati. Non esiste che siano diretti da un gruppo di estremisti”.
“Berlusconi — spiega — mi sembra abbia aperto alla possibilità di andare avanti votando la legge di stabilità ”.
Se Angelino Alfano non riunisce gli organismi dirigenti del partito è perchè “nella riunione dove hanno deciso le dimissioni dei ministri Alfano non c’era — spiega Quagliariello. — La decisione di lasciare il governo si sarebbe dovuta prendere insieme, magari nell’ufficio di presidenza del partito”.
Il ministro per le Riforme sottolinea che “le dimissioni dei parlamentari saranno anche stato un atto simbolico”, ma sono “un atto di una inusitata gravità . Forza Italia è stata il partito della maggioranza silenziosa del Paese e questo lo si deve a Silvio Berlusconi. Invece nell’ultima settimana è sembrata una riedizione di Lotta Continua. Questo è inaccettabile e se Forza Italia sarà questo io non posso riconoscermi”.
Quanto alla tenuta del Governo, “aspettiamo di sentire cosa dirà Letta in aula. Dipende molto da cosa metterà nel programma. Poi decideremo”. Certo è, aggiunge, che all’Italia “non serve un governicchio che fa solo la legge elettorale o la legge di stabilità ”, serve un esecutivo “che abbia l’ambizione di fare le riforme”.
Toni simili si ritrovano anche nelle parole di Beatrice Lorenzin, che cambia semplicemente la similitudine: da Lotta continua ad Alba Dorata.
”Non lascio il mio partito — ha detto il ministro della Sanità al Corriere della Sera – ma non sono disposta a stare in una formazione guidata da estremisti contrari allo spirito e alle idee che abbiamo professato in questi 19 anni”.
Non si può, ha detto, “accettare l’idea di un partito alla Alba Dorata che considera traditori chi la pensa diversamente”.
Lorenzin spiega che intende battersi affinchè nel suo partito “ci sia spazio per i moderati”, “ci sono poche ore per decidere quale strada prendere”.
“Sono tra i più berlusconiani del Pdl”, afferma, “in questo momento drammaticissimo sono vicina a Silvio Berlusconi e difendo la sua posizione. La Storia giudicherà quello che gli stanno facendo. Però domando: è possibile essere berlusconiani senza mandare il cervello all’ammasso?”.
Carlo Tecce e Nello Trocchia
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 30th, 2013 Riccardo Fucile
BALZO IN APERTURA DA 264 A 290, PIAZZA AFFARI A -2,4%, MEDIASET A -4,39%, MONDADORI A -5,24%
L’incertezza politica si fa sentire sui mercati finanziari.
Lo spread Btp-Bund schizza a quota 290 punti base in apertura con il rendimento dei nostri titoli di Stato che sale al 4,71% dopo le dimissioni dei ministri Pdl che aprono la crisi del governo Letta.
Il differenziale è di 26 punti più alto rispetto ai 264 della chiusura di venerdì.
La Borsa di Milano apre in calo con il Ftse Mib che cede in apertura il 2,4% a 17.229 punti.
A trascinare verso il basso l’indice di piazza Affari sono soprattutto i titoli bancari, affossati dal rialzo dello spread e dalle incertezze politiche: la peggiore è Monte dei Paschi, che cede il 6%, Intesa perde il 5% a 1,49 euro, Unicredit il 4%.
Sospese in asta di volatilità Mediobanca, Mediolanum, Ubi Banca e Ansaldo Sts.
Anche le aziende di casa Berlusconi aprono con il segno meno.
Il titolo di Mediaset, tra i peggiori ribassi del Ftse Mib, cede il 4,39% a 3,004 euro, con quasi 800mila pezzi passati di mano. In rosso anche Mediolanum, -1,74% in asta di volatilità , e Mondadori -5,24% a 0,886 euro.
Anche le altre Borse europee aprono in calo, ma con flessioni decisamente più contenute.
Parigi cede l’1,26% a 4.133 punti, mentre Francoforte perde l’1,15% a 8.561.
In rosso anche le piazze di Amsterdam -0,86% e Londra a 6.440 punti (-1,11%).
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Settembre 30th, 2013 Riccardo Fucile
SE BERLUSCONI PERSISTESSE SU UNA STRATEGIA RADICALE, ALFANO SI PORREBBE A CAPO DELLA COMPONENTE MODERATA
È quando Silvio Berlusconi ha“tirato dritto” sul voto anticipato nell’intervista a Studio Aperto che il telefono di Angelino Alfano diventa ancora più infuocato: “Dobbiamo andare alla conta nella riunione con i gruppi” lo sollecitano i suoi.
E il segretario dà il via libera.
I numeri non sarebbero irrilevanti se ad Enrico Letta è arrivata la rassicurazione che almeno una cinquantina del Pdl, tra Camera e Senato, ci sono. Pronti a “tradire”. E a formare un “Letta bis” col Pd, qualora non riuscisse il tentativo di frenare Berlusconi alla riunione dei gruppi di lunedì.
Ecco perchè Alfano ha evocato la scissione nel suo comunicato.
Anche se non subito, perchè il processo è graduale. Complicato.
La trama che ha subito un’accelerazione in queste ore convulse prevede la nascita di un centro moderato, perno del Ppe italiano che separi i suoi destini da Berlusconi in nome della responsabilità al governo.
Che riallacci la trama con Monti, Casini, Montezemolo e tutti quei poteri che lavorano a un centrodestra europeo.
È la prima volta che la rottura è nel novero delle possibilità se il Cavaliere non tratterà .
E non è un caso che Berlusconi e Alfano si siano mossi da separati in casa per tutto il giorno.
Col Cavaliere impegnato a bombardare il governo Letta e pure il suo quartier generale, derubricando a contributi utili la raffica di dissensi dei ministri e di parecchi big.
E Alfano che ha passato la giornata a far uscire le dichiarazioni dei suoi contro gli estremisti che suonano come un attacco formale alla Santanchè e sostanziale a Berlusconi.
La manovra di Alfano non ha come primo obiettivo la scissione.
Il primo è provare “frenare” Berlusconi. Chiedendo ai gruppi un confronto su una decisione presa senza “collegialità ”.
È il modo per far sentire a Berlusconi il dissenso. Provare, dinanzi allo sfogatoio di tutti, a indurlo ad annullare lo strappo, riconfermando la fiducia al governo Letta: “Se ne vengono allo scoperto trenta, capisce che ci sono i numeri affinchè il governo vada avanti. E potrebbe frenare”.
Una missione impossibile. Ed è qui che scatta la seconda fase.
Perchè la conta comunque servirà a far vedere a Letta (e a Napolitano) quanti sono i possibili scissionisti. O “traditori” come già li ha ribattezzati Berlusconi: “Lo voglio vedere Alfano — dice un falco di rango — che si alza davanti al presidente e dice che non è d’accordo e ne critica le scelte”.
Secondo fonti autorevoli Alfano lo farà . E al momento della conta inizia un’altra partita, la scissione. Con l’alto patrocinio del Colle.
È in questo clima che la conta è già iniziata. Il Cavaliere, racconta chi ha parlato con lui, pensa che Angelino stia solo alzando il prezzo. Ma alla fine non uscirà davvero. Ed è convinto che la minaccia abbia poco a che fare col governo. Ma piuttosto col partito: ora che non ha più ministeri e posti di potere la nomenklatura vuole garanzie negli assetti di Forza Italia.
È l’assenza di un ruolo di primo piano la miccia che avrebbe scatenato Angelino: “Alfano vorrebbe fare il segretario — è l’analisi dell’inner circle berlusconiano — e se il presidente gli dà un ruolo allora rientra”.
Proprio la tenuta di Alfano è la vera incognita. È pressato dai suoi. In particolare da Quagliariello. Il quale si immagina già capogruppo degli scissionisti al Senato.
Ma tra le truppe c’è anche chi, come Lupi, suggerisce di evitare strappi definitivi. Una colomba vicinissima ad Alfano fotografa a microfoni spenti la fotografia della situazione: “Noi chiederemo un cambio di linea e un riassetto del partito. Vediamo che segnali arrivano da Berlusconi. Non può non cedere su nulla. Altrimenti la scissione è nelle cose”.
(da “Huffington Post“)
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Settembre 29th, 2013 Riccardo Fucile
“SPERO CHE UNA PARTE DEL PDL SI DISSOCI”….”NON SI PUO’ TORNARE A VOTARE CON IL PORCELLUM”
E’ indispensabile un chiarimento alle Camere.
L’incontro di novanta minuti al Quirinale tra Enrico Letta e Giorgio Napolitano conferma la necessità di portare in aula la crisi di governo.
Concetto ribadito poco dopo in tv – a Che tempo che fa – dal premier: “Mercoledì probabilmente andremo in Parlamento – dice Letta -, è la cosa migliore. Chiederemo la fiducia in entrambi i rami. E ognuno si prenderà le sue responsabilità . Non ho intenzione di governare a tutti i costi, serve una fiducia che consenta di applicare il programma. Se non c’è tirerò le conclusioni”.
“Ma – avverte il presidente del Consiglio – non si può votare con il Porcellum che non garantisce la maggioranza al Senato”.
Dibattito forte e profondo nel Pdl.
Al centro delle valutazioni del premier il dibattito “molto forte e profondo” in corso nel Pdl. “I ministri hanno posto delle valutazioni e sento che in Parlamento c’è incertezza. Per questo vado in Parlamento a chiarire. Non voglio essere un re travicello”.
Anche “dai sondaggi – aggiunge il premier -, gli elettori Pdl vogliono che continui l’esperienza di questo governo”.
“Spero – è l’auspicio di Letta – che ci sia una parte del Pdl che dica che non sono d’accordo con questo cupio dissolvi”.
Attenzione particolare alla posizione del vicepremier e segretario del partito, Angelino Alfano: “Le sue parole di oggi lasciano intendere che c’è una discussione in corso, io sono rispettoso del travaglio che c’è, questo è un momento drammatico e forse di svolta attorno al centrodestra”.
No a scambi con vicende giudiziarie Berlusconi.
Tra i temi più delicati – e sollecitati dalla sponda pidiellina – una possibile riforma della giustizia.
“Mi fa sempre sorridere – afferma Letta -, è come se la giustizia voglia dire parlare di Berlusconi. Questo governo tra le cose fatte ha fatto quella della giustizia civile. Ci siamo già occupati di giustizia che è quella che riguarda i cittadini italiani”.
Escluso, quindi, qualsiasi scambio con le vicende giudiziarie del Cavaliere.
“La sentenza del leader del Pdl ha un percorso proprio e non può essere scambiata con l’appoggio al governo: c’è una ferma separazione” tra queste cose e “continuerò a portarla avanti anche se questo dovesse portarmi ad andare a casa”.
C’è anche spazio per una piccola autocritica: “Forse ho aspettato un po’ troppo a lungo e forse, nella connessione tra la vicenda della sentenza e del governo, potevo questo chiarimento farlo qualche giorno prima” – ammette il premier.
Un film che dura da vent’anni.
Citazione cinematografica per descrivere la rottura decisa da Silvio Berlusconi. “Questo ennesimo ritorno mi ha fatto venire in mente un film che ho visto qualche tempo fa, ‘Il giorno della Marmotta’ (che in realtà in italiano si chiama Ricomincio da capo), con Bill Murray”.
Nella pellicola il protagonista rivive sempre la stessa giornata. Una situazione simile a quella dell’Italia, secondo Letta. “Ho l’impressione che da vent’anni stiamo rivivendo il giorno della marmotta. Bisogna dire agli italiani la verità – sottolinea – non mi interessa fare giochi politici, l’unica cosa che ho in mente è dare risposte ai cittadini”. Al Cavaliere, Letta si è rivolto direttamente per gli auguri di compleanno: “Gli auguro anni di serenità . Perchè è quello che manca in questo tempo e che sarebbe utile a tutti”.
L’incontro con Napolitano.
In precedenza il premier si era recato dal capo dello Stato. Al centro del colloquio – di cui ha dato notizia il Quirinale – “il clima di evidente incertezza circa gli effettivi possibili sviluppi della situazione politica”. Da qui la necessità di un passaggio: “nel luogo che è la sede propria di ogni risolutivo chiarimento”.
(da “La Repubblica”)
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Settembre 29th, 2013 Riccardo Fucile
MERCOLEDI’ CHIARIMENTO IN AULA: PRIMA SI VUOLE CAPIRE COME FINISCE LA LOTTA INTERNA AL PDL
Quasi un’ora e mezza di colloquio a quattr’occhi nello studio del presidente. Enrico Letta e Giorgio Napolitano – presente anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Filippo Patroni Griffi – studiano la situazione caotica, anzi “criptica” come ha detto lo stesso capo dello Stato in mattinata, creatasi intorno al governo delle larghe intese dopo le dimissioni dei ministri del Pdl.
Al termine di una disamina intensa di tutti gli aspetti in campo, la decisione è di ‘congelare’ la squadra di governo.
Cioè di fatto di non accogliere le dimissioni dei ministri berlusconiani.
Troppa confusione sotto il cielo, per questo Napolitano blocca il piano di Letta, vale a dire l’idea di presentarsi in aula mercoledì con in tasca un annuncio di rimpasto.
No, per il Quirinale il cerchio non va chiuso: va tenuto aperto, in attesa delle ultimissime che arriveranno lunedì 30 settembre dopo la riunione dei gruppi del Pdl con Silvio Berlusconi.
Lì si capirà chi si smarca dal capo e chi no.
Recita la nota del Colle, diffusa dopo il faccia a faccia con Letta:
Il succedersi nella giornata odierna di dichiarazioni pubbliche politicamente significative dei ministri dimissionari, di vari esponenti del pdl e dello stesso presidente berlusconi ha determinato un clima di evidente incertezza circa gli effettivi possibili sviluppi della situazione politica. Da ciò il presidente del consiglio ha tratto, d’intesa con il presidente della repubblica, la decisione di illustrare in parlamento, che è la sede propria di ogni risolutivo chiarimento, le proprie valutazioni sull’accaduto e sul da farsi. E’ stata attentamente esaminata la situazione che si è venuta a creare a seguito delle dichiarazioni del presidente Berlusconi e delle dimissioni rassegnate dai ministri del Pdl in adesione a quell’invito ed ora il presidente del Consiglio concorderà la data dei dibattiti con i presidenti delle camere.
In fondo sono solo 48 ore. Il presidente della Repubblica invita Letta ad aspettare gli eventi.
E’ in corso una lotta all’ultimo sangue nel Pdl, tra chi difende le deliberazioni del capo e chi si smarca, i tre ministri Lorenzin, Quagliariello e Lupi scettici sulle dimissioni, la Di Girolamo pure incerta.
E nel partito si rincorrono dichiarazioni contrastanti, Giovanardi dissente e lo ha detto da giorni, Cicchitto contesta il metodo di scelta della linea dura, Brunetta resta in silenzio.
Non ultime, valutano dal Colle, le dichiarazioni di Berlusconi sulla disponibilità a votare una legge di stabilità “realmente utile al paese” e a patto che venga cancellata la seconda rata dell’Imu.
Insomma, ragionano al Quirinale, nel Pdl non c’è una linea unica. Per questo, conviene attestarsi su una posizione più morbida.
Andare al chiarimento in aula, quello sì e resta confermato per mercoledì in Senato, la capigruppo alla Camera — convocata per lunedì — potrebbe decidere di chiamare il dibattito anche a Montecitorio.
Ma, secondo Napolitano, è importante che Letta arrivi a quell’appuntamento senza accogliere le dimissioni dei ministri pidiellini.
Per non pregiudicare l’esito della difficile ricerca di una maggioranza: la stessa di ora, se rientra la linea dura di Berlusconi, o un’altra, affrancata dai falchi del Pdl.
Al momento, è questo l’obiettivo del capo dello Stato.
Tentare in tutti i modi di non dichiarare finita l’esperienza del governo Letta almeno per approvare la legge di stabilità e per fare la riforma elettorale.
Perchè Napolitano non si rassegna a rimandare il paese alle urne con il Porcellum. L’idea di Letta di presentarsi alle Camere con le dimissioni accolte, magari assumendo l’interim di Alfano agli interni e distribuendo le deleghe degli altri berlusconiani tra i restanti dicasteri, con l’ipotesi di operare un rimpasto dopo aver incassato un’altra fiducia, cozza con l’idea del capo dello Stato di lasciare i canali aperti.
Non per altro, ragionano al Quirinale: con le dimissioni di Alfano e company accolte, che chiarimento si potrebbe chiedere al Parlamento?
A quel punto, il cerchio si chiuderebbe, calerebbe il sipario sul governo Letta, il premier sarebbe costretto a dimettersi a meno di miracoli in aula.
Il premier dunque è costretto a resistere ancora in sella, in attesa di capire se ci saranno smottamenti dal fronte del Pdl.
Anche la sua idea di non guidare un governissimo fatto di transfughi è congelata. Potrebbe trattarsi di qualcosa in più di transfughi, la nascita di una forza politica da una costola del Pdl.
Sono questi i ragionamenti che Napolitano avrebbe addotto a supporto della sua tesi. Mercoledì dopo il chiarimento si andrà ad un voto di fiducia e a quel punto sarà davvero prendere o lasciare.
Se Letta passerà la prova d’aula, il governo andrà avanti. Se non la passerà , sarà sfiduciato, condizione che lo escluderebbe da un reincarico.
E poi che succederebbe?
Al Quirinale sono indisponibili ad analizzare scenari che vadano oltre il tentativo di salvare questo governo.
Ma è chiaro che, per via dei due obiettivi centrali di Napolitano — approvare la legge di stabilità e quella elettorale — il capo dello Stato tenterà la strada di un esecutivo istituzionale che ci porti fino al voto a febbraio-marzo.
In mattinata, prima di tornare da Napoli, il presidente della Repubblica ha citato il precedente della crisi del secondo governo Prodi.
“Procederò con un’attenta verifica dei precedenti di altre crisi, a partire dalla crisi del secondo governo Prodi”, sono le sue parole.
In quel caso, Romano Prodi si dimise dopo la sfiducia in aula al Senato.
Napolitano affidò all’allora presidente di Palazzo Madama, Franco Marini, un mandato esplorativo per cercare un’altra maggioranza.
Com’è noto, questa ricerca fallì e si tornò al voto. Oggi chi potrebbe assumere un mandato per risparmiare al paese nuove elezioni?
Nei Palazzi della politica, gira il nome del ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, titolare del capitolo legge di stabilità .
Ma al Colle è l’alba per analizzare scenari di questo genere.
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Settembre 29th, 2013 Riccardo Fucile
TUTTI EVIDENZIANO CHE GLI INTERESSI GIUDIZIARI DI BERLUSCONI METTONO A RISCHIO IL NOSTRO PAESE
L’Italia ripiomba nel caos. In una crisi politica che rischia di sfociare in nuove «preoccupanti elezioni prima della fine dell’anno» e di innescare «gravi ricadute sui mercati finanziari».
È unanime la lettura che la stampa internazionale dà della «nuova» crisi che si è aperta a Roma evidenziando la «via irta di difficoltà » cui si trovano davanti il premier Enrico Letta ed il capo dello Stato Giorgio Napolitano.
E se il FINANCIAL TIMES si concentra sui rischi finanziari anche a fronte di «voci» che già la settimana scorsa ipotizzavano un nuovo declassamento da parte delle agenzie di rating, il NEW YORK TIMES ricorda come la «resa dei conti» innescata con l’uscita dei ministri di Berlusconi dall’esecutivo possa rappresentare un pericolo per la «stabilità politica dell’Europa».
In Germania lo SPIEGEL online scrive che il governo italiano «rischia di cadere» con «la coalizione di governo appesa a un filo» e «tutti i segnali della crisi».
«I ministri di Berlusconi abbandonano il governo italiano», titola invece la BILD AM SONNTAG, con il governo del premier Enrico Letta che «rischia la fine».
Il motivo – ricorda – è la discussione sull’incombente decadenza di Berlusconi dal Senato per una condanna per evasione fiscale.
«I ministri di Berlusconi se ne vanno», titola poi TAGESSPIEGEL mentre DEUTUSCHLANDFUNK, l’emittente pubblica, ha dato oggi la notizia in apertura: «C’è il rischio che, dopo solo cinque mesi, il governo italiano cada».
«L’Italia è piombata di nuovo nel caos, con Berlusconi che ritira i ministri dalla coalizione’», titola il britannico OBSERVER, definendo la scelta dell’ex premier una «decisione drammatica» che fa «tornare il Paese all’insicurezza politica e fa aumentare la possibilità di nuove elezioni».
Il giornale ricorda anche come l’Italia si trovi nella sua peggiore recessione negli ultimi anni e «non si può permettere nuova instabilità ». Su toni simili l’INDEPENDENT ON SUNDAY, che ricorda come ora Letta debba cercare di «ricucire» una nuova maggioranza parlamentare, cercando di avviare le riforme economiche che sono state interrotte.
E l‘FT insiste sul rischio dei titoli italiani citando anche un analista, Andrew Milligan: «Le informazioni a mia disposizione mi fanno pensare che questo quadro potrebbe peggiorare ancora di più, con conseguenze in Italia e in Europa».
Eco, anche se minore, pure sulla stampa belga: «Profumo di crisi a Roma», titola la LIBRE BELGIQUE, mentre la DERNIERE HEURE, parla di «Nuovo episodio del `feuilleton’ politico transalpino».
E la crisi romana rimbalza anche sui principali quotidiani del mondo, dall’indiano INDIA TIMES, a quelli israeliani, con YEDIOTH AHRONOT che commenta il ritiro dei ministri del Pdl dal governo come «La vendetta di Berlusconi».
MAARIV, in una corrispondenza da Roma, dice invece che con la sua mossa il capo del Pdl vuole impedire la sua decadenza da senatore e che il primo ministro Enrico Letta è rimasto senza maggioranza.
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