Settembre 30th, 2015 Riccardo Fucile
LA LEZIONE DI REICHLIN PER L’ULTIMO SALUTO
Commossa, la folla saluta il compagno Pietro Ingrao: “Una mattina, mi sono svegliato, o bella ciao, bella ciao”. Qualche pugno tra le bandiere rosse, nessuna del Pd.
Sul palco, la intonano, sussurrata, Luciano Violante e Andrea Orlando. Poco più in là Gianni Cuperlo, Roberto Speranza pure Francesco Boccia la intonano: “È questo il fiore del partigiano, morto per la libertà ”.
Luca Lotti è una sfinge, labbra immobili. Matteo Renzi fa il vago.
Poca folla, il funerale di Ingrao ai tempi in cui quello della sinistra, forse, si è consumato. Walter Verini, a voce bassa: “Certo, una volta avremmo riempito San Giovanni, altri tempi. Però sai che ti dico? Lo so che la nostalgia è pericolosa, ma io ho nostalgia. Ho nostalgia di Ingrao, di Amendola, di Berlinguer, della politica che appassionava, con la P maiuscola”.
Nel discorso di Alfredo Reichlin c’è tutta la grandeur del comunismo italiano, quel senso della storia, maestoso e razionale, il ricordo come memoria da cui trarre una lezione: “Quando i Tg domenica hanno dato la notizia, l’hanno così sintetizzata: è morto il capo della sinistra comunista. C’è, nella sintesi giornalistica, un dato di verità . Che chi dice che questo paese ha una storia, non è solo una sommatoria di individui, è un storia fatta di passioni e di comunità ”.
Le parole di Reichlin risuonano solenni, misurate ed essenziali.
Le parole di un capo comunista che saluta un capo comunista. Nichi Vendola ha gli occhi lucidi, il capo basso: “È un groviglio di emozioni”.
E un capo comunista come Reichlin, nel ricordare un capo comunista, sa che il privato è politico, che quella ferrea razionalità storicista del Pci impone di leggere il presente come storia, senza fronzoli e nostalgie.
Non c’è l’aneddoto, c’è, tanto, la lezione del compagno Pietro Ingrao.
Una critica severa a questo presente e a questa sinistra: “Tuttavia questa storia non l’abbiamo conservata o costruita bene, non so se perchè volevamo la luna o non l’abbiamo voluta abbastanza. E allora, oggi, la gente esprime un bisogno insopportabile di senso. Della parola sinistra si sono persi molti significati, ma io sento rinascere il bisogno di uomini che pensano e guardano lontano, che sanno che il vecchio non può più e il nuovo non c’è abbastanza. E si interrogano su come riempire questo vuoto”.
Già , il vuoto. Renziani quasi spaesati, poco partecipi. Lorenzo Guerini, Emanuele Fiano, poco più in là David Ermini.
Tra il Partito della Nazione la sinistra c’è più di qualche metro.
Alfredo D’Attorre, quasi teso di fronte al feretro di Ingrao: “La sinistra è sopravvissuta a molte cose, sopravviverà anche a Renzi”.
Vicino c’è Boccia: “Menomale che Verdini ci ha risparmiato la sua presenza. Almeno il passato è salvo. Il futuro invece…”.
In parecchi lo vedono nelle parole di Reichlin: “La politica, spiega Ingrao, deve avere una dimensione etica e culturale, non è solo lotta tra individui. Pietro è stato questo, la fusione tra politica e vita, la politica come storia in atto, come lotta per cambiare il tessuto profondo del paese, come non lasciare gli uomini soli di fronte al potere del denaro”.
E alla politica sguaiata, sciatta, tweet e pensieri di 140 caratteri, il comunista ricorda la grande lezione di Antonio Gramsci: “Serve un pensiero nuovo per l’epoca nuova. E per vincere bisogna capire quel tanto di verità che c’è nell’avversario. Questa è l’egemonia”.
Parla Laura Boldrini, la figlia Chiara, Ettore Scola: “Pietro Ingrao era un uomo che faceva innamorare le persone”.
Stavolta, alla fine, Bella Ciao la cantano più forte, tra le bandiere del Pci di allora, di Tsipras e Sel.
Renzi è seduto sul palco, ci rimane a lungo, evitando di cantare una canzone simbolo della sinistra: “Certo — dice Speranza — bisognerebbe prendere il discorso di Reichlin come base per ricostruire la sinistra”.
Quella vecchia volpe di Paolo Cirino Pomicino, però si gira verso la piazza. I pugni alzati sono a stento un centinaio: “Il popolo comunista non c’è più. Si è perso da tempo”.
Bella ciao, bella ciao, e attorno il vuoto.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Politica | Commenta »
Settembre 30th, 2015 Riccardo Fucile
IL “CONVERTITO” E’ PAOLO GALANTE, CON LEGAMI MAI RINNEGATI CON TERZA POSIZIONE
E’ un ex quadro di Alleanza Nazionale, con un passato — mai rinnegato — nell’estrema destra. Imprenditore, gestore di un albergo di lusso spesso usato dal fondatore di “Terza posizione” Gabriele Adinolfi per incontri e presentazioni, Paolo Galante è uno dei due candidati a sindaco per le prossime elezioni comunali di Latina per il Partito democratico, apparentemente diviso sul tema.
Il nome è stato proposto dal senatore Claudio Moscardelli, componente della Commissione antimafia, e appoggiato da una buona parte dei quadri del partito, in contrapposizione con il nome proposto dalla corrente avversaria: quello di Enrico Forte, con cui Galante dovrà vedersela alle primarie.
Una scelta che lo stesso Moscardelli — candidato perdente per due volte alle amministrative di Latina — giustifica come “il necessario allargamento: ci servono i voti della destra, altrimenti a Latina il Pd da solo può fare ben poco”.
Una scelta “non di sinistra”, spiega il senatore parafrasando Matteo Renzi, per vincere ad ogni costo.
Latina — la ex “Littoria” creata in epoca fascista — ha quasi sempre visto l’area della sinistra ex Pci all’opposizione, salvo una piccola parentesi che ormai risale nel tempo.
Governata dall’area ex missina e da Forza Italia da sempre, è considerata una sorta di laboratorio politico della destra nel Lazio.
Qui sono partite le prime privatizzazioni italiane alla fine degli anni ’90, per il settore dei rifiuti prima e degli acquedotti poi, lasciando spazio ad imprenditori che per anni hanno finanziato il centrodestra italiano.
Poi la caduta di Berlusconi, che nel sud del Lazio ha curiosamente coinciso con la nascita dei movimenti dei forconi, fortemente rappresentati nel sud pontino e con saldi legami con la destra populista estrema.
Un tonfo che sta aprendo una finestra di opportunità al partito democratico, pronto a prendersi la poltrona di sindaco.
Il centrodestra è poi imploso, con divisioni interne e faide neache troppo silenziose, fino alle dimissioni dell’ultimo sindaco in carica Di Giorgi, esponente di Fratelli d’Italia.
Ecco dunque l’opportunità che il Pd attendeva da anni, che ha deciso di giocarsi con l’alleanza con la destra più estrema, che ci tiene a non rinnegare nulla del passato, nè quelle “sensibilità che allora mi portavano a condividere percorsi della destra giovanile. Un percorso che non disconosco per la forza e l’entusiasmo con cui l’ho fatto”, ha subito specificato il candidato in pectore del Pd.
La militanza di destra di Galante arriva fino a pochissimo tempo fa: “Era un nostro quadro — racconta a IlFattoQuotidiano.it Giuseppe Mochi, ex segretario provinciale di An — fino a qualche anno fa era il responsabile attività produttive di Alleanza Nazionale di Latina. E’ sempre stato un esponente della destra, anche se non so cosa facesse negli anni ’70”. Seguendo le notizie degli incontri dell’area della destra radicale a Latina si può facilmente intuire i riferimenti culturali e politici del neo candidato del Pd.
Nel 2012 partecipò in qualità di relatore ad un evento della rivista Polaris, diretta da Gabriele Adinolfi, cofondatore insieme a Roberto Fiore del movimento di estrema destra “Terza posizione”, attivo negli anni ’70.
Un evento organizzato insieme all’associazione “Passepartout”, legata alla destra radicale pontina.
“E allora? — commenta il senatore Moscardelli — Anch’io ho partecipato ad incontri di Passepartout, non vedo quale sia il problema”.
E sempre l’ex leader di Terza Posizione Gabriele Adinolfi ha presenziato — secondo quanto risulta sui siti di riferimento dell’area della destra radicale — ad alcune iniziative politiche organizzate lo scorso febbraio presso l’albergo Foro Appio gestito da Galante. Un rapporto, dunque, ancora stretto.
La metamorfosi — da militante nero a candidato sindaco del principale partito di sinistra del Paese — ricalca in funzione uguale e contraria quella del Pd, che in osservanza alla dottrina renziana (“Se vuoi vincere le elezioni, devi prendere i loro voti“, spiegava il premier il 20 maggio 2013 a Porta a Porta) guarda sempre alla propria destra.
“Sono amico con Enrico Forte e Claudio Moscardelli che stimo — scrive nella nota con cui Galante si è presentato agli elettori — che mi hanno chiesto insieme di collaborare a un progetto nuovo di città e non lo hanno fatto chiedendomi credenziali ideologiche, ma la volontà di cambiare insieme la nostra comunità ”.
“Galante doveva essere il nostro candidato unitario — spiega ancora Moscardelli a IlFattoQuotidiano.it — ma il consigliere regionale Enrico Forte ha confermato la sua candidatura e quindi faremo le primarie con questi due nomi”.
Nessun imbarazzo per i legami con la destra? “No, nessuno — risponde Moscardelli — anche perchè Galante ha votato Pd nelle ultime elezioni. Il suo nome è stato poi condiviso nel partito a livello regionale”.
Andrea Palladino
(da “il Fatto Quotidiano”)
argomento: Costume | Commenta »
Settembre 30th, 2015 Riccardo Fucile
UNA MOZIONE RESUSCITA L’OPERA CARA A BERLUSCONI E CHE ORA INTERESSA AD ALFANO
Con uno spregiudicato blitz parlamentare il governo allunga la vita al ponte sullo Stretto di Messina sul quale, apparentemente, il governo Monti aveva messo la parola fine tre anni fa.
Continua così l’agonia per i contribuenti italiani. Ma per loro il finale è scritto: dovranno pagare a titolo di penale al teorico costruttore di un’opera impossibile (il consorzio Eurolink, guidato dalla Salini-Impregilo) una cifra oscillante tra 600 milioni e un miliardo di euro.
È stato il sotto segretario alle Infrastrutture Umberto Del Basso De Caro a esibirsi ieri in una specie di gioco delle tre carte, più precisamente il gioco delle tre mozioni.
La Camera ne aveva tre in votazione.
Due — presentate da Sel e M5S — chiedevano di mettere fine definitivamente alla telenovela.
La terza chiedeva invece di riaprire i giochi e era firmata dai deputati Ncd, il partito del ministro dell’Interno Angelino Alfano che nei giorni scorsi si era speso energicamente per la ripresa del faraonico progetto.
Del Basso De Caro ha chiesto ai firmatari delle tre mozioni di togliere dai loro testi i riferimenti al ponte sullo Stretto.
La mozione Sel, primo firmatario Franco Bordo, impegnava il governo “a confermare che la realizzazione dell’opera relativa al Ponte sullo Stretto di Messina rappresenti realmente un capitolo chiuso per l’attuale Esecutivo, nonchè ad astenersi da qualsiasi iniziativa volta a favorire in qualsiasi modo il rilancio e la realizzazione del progetto”. Quella M5S, primo firmatario Paolo Parentela, impegnava il governo “a confermare che la realizzazione dell’opera relativa al Ponte sullo Stretto di Messina rappresenta realmente un capitolo chiuso per l’attuale Esecutivo”.
Il governo ha detto che non poteva dare parere favorevole perchè “trattasi di un intervento che non è presente nell’agenda del Governo e la cui complessità richiederebbe uno specifico approfondimento, che può tranquillamente essere rimandato ad altro momento”.
Quindi — nonostante il decreto legge con cui il governo Monti il 2 novembre 2012 sancì la fine della storia del ponte — il governo Renzi ritiene di dover ancora approfondire se il capitolo sia da ritenersi chiuso.
Arrivati alla terza mozione, prima firmataria Dorina Bianchi, Del Basso De Caro ha concordato con l’Ncd una riformulazione della mozione al posto dell’eliminazione delle parole sul Ponte.
Dove si impegnava il governo “a valutare l’opportunità di una riconsiderazione del progetto del ponte sullo Stretto di Messina”, Del Basso De Caro ha così riscritto la mozione: “a valutare l’opportunità di una riconsiderazione del progetto del pontesulloStrettodiMessina, come infrastruttura ferroviaria, previa valutazione e analisi rigorosa del rapporto costi-benefici”.
La Camera (cioè il Pd) ha respinto a larga maggioranza le mozioni “no-Ponte” che Sel e M5S si sono rifiutate di purgare e ha approvato a larga maggioranza la supercazzola del sottosegretario, che è totalmente priva di senso.
Se costruire il ponte per auto, Tir e treni è impresa di dubbia realizzabilità e sicuramente antieconomica, costruirlo solo per i treni è un’idea concepibile solo all’interno di un arabesco parlamentare dagli scopi imperscrutabili.
Trionfante, Alfano ha così twittato: “Oggi alla Camera sì da maggioranza e Governo a nostra mozione sul Ponte sullo Stretto. Il #Mezzogiorno riparte #unaltrosuccesso #Sud”.
D’altronde nel 2016 (o forse prima) si vota in Sicilia.
Il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio ha cercato di gettare acqua sul fuoco: “Noi non abbiamo il dossier sul tavolo in questo momento, se una forza politica o il Parlamento ci invita a valutare se un domani potremo riaprirlo, noi non diciamo di no.Non abbiamo pregiudizi,la valutazione si fa sempre”.
Delrio parla come se, anzichè il governo italiano, rappresentasse un centro studi. Purtroppo per i contribuenti la discussione sul ponte di Messina non è nè teorica nè accademica.
Anni di follie giuridiche e contrattuali hanno consentito al consorzio Eurolink (Impregilo, Condotte, cooperativa C-mc, Sacyr e gruppo Gavio), vincitore della gara d’appalto nel 2005, di accumulare pretese di risarcimento che potrebbero toccare il miliardo di euro senza fare il ponte. Alcune mosse dell’allora presidente della società pubblica Stretto di Messina, Pietro Ciucci, hanno fatto spuntare come funghi penali in favore di Eurolink assenti nel bando di gara.
Giorgio Meletti
(da “il Fatto Quotidiano”)
argomento: Alfano | Commenta »
Settembre 30th, 2015 Riccardo Fucile
CONFEDERCONTRIBUENTI: “NELL’85% DEI CONTRATTI ANOMALIE NEI CALCOLI”
“Non farti rapinare (& usurare) dalla banca popolare”. Con questo slogan mercoledì 30 settembre Confedercontribuenti Veneto manifesterà davanti alla sede della Banca Popolare di Verona a Padova con l’obiettivo di portare all’attenzione di tutti i comportamenti dell’istituto.
Quello della Popolare di Verona non è certo un caso isolato: “Sono circa 800 i casi di usura bancaria che stiamo seguendo in Veneto, in buona parte in provincia di Padova — spiega Alfredo Belluco, presidente di Confedercontribuenti Veneto — ma il fenomeno è diffuso su tutto il territorio nazionale e riguarda praticamente tutte le banche: se si analizzano i contratti, in oltre l’85% dei casi si scoprono anomalie nei calcoli”.
Il caso della Popolare di Verona però è uno dei più eclatanti, dato che l’istituto aveva inserito nei suoi contratti un’indennità di sconfinamento tra i 10 e i 600 euro al giorno, a seconda dell’entità del “rosso”, e questa commissione si andava ad aggiungere agli interessi calcolati su base trimestrale facendo lievitare il debito a livelli impossibili. “Una vera e propria rapina da banditi del Far West, ma senza armi e a viso scoperto”, sottolinea Belluco, presentando il caso di una piccola commerciante di Padova che aveva un debito di 2mila euro con la Popolare di Verona e si era impegnata a saldare con 300 euro a trimestre.
“Ogni trimestre la banca le applicava tra interessi e spese, competenze e commissioni, importi superiori ai suoi versamenti, per la precisione oltre 760 euro a trimestre, più del 150% su base annua, quando per legge avrebbe dovuto applicarle meno di 100 euro tra interessi e spese. Il debito si era raddoppiato in meno di tre trimestri”, dice Bellucco.
Un altro imprenditore veneto, a fronte di un debito di 20mila euro, si è visto addebitare dalla Popolare commissioni nell’ordine del 45% grazie alla famosa “indennità di sconfinamento” cui si aggiungono interessi del 10% circa, per un totale del 55%.
“Sono solo due dei casi più eclatanti — continua Belluco — la banca si è anche detta disponibile a restituire i soldi, ma non è questo il punto: l’usura è un odioso e gravissimo reato di pericolo sociale e non può cancellarsi con la restituzione del maltolto. Nel caso della piccola commerciante, nonostante l’evidenza documentale, la procura ha archiviato la denuncia senza nemmeno disporre una perizia. E le banche, a fronte di una legge, quella sull’usura, che non viene applicata, continuano come nulla fosse, contando sul fatto che solo una minima parte dei clienti contesterà i calcoli, mentre quasi nessuna procura perseguirà il reato”.
Le cose non sono cambiate nemmeno in seguito all’abolizione di tutti gli oneri e i costi sostituiti dall’introduzione di una commissione omnicomprensiva, la commissione di istruttoria veloce, a opera del decreto “Salva Italia” del 2012.
Anzi, come si è visto qualche settimana fa, la Banca d’Italia spinge anche per la reintroduzione dell’anatocismo (cioè gli interessi prodotti dagli interessi) nonostante sia una pratica vietata per legge.
Confedercontribuenti Veneto intanto chiede ancora una volta alle Camere di Commercio di attivarsi nei confronti degli iscritti affinchè analizzino o facciano analizzare i loro rapporti bancari per stroncare l’usura bancaria, una pratica che ha mandato in rovina e portato al suicidio tanti imprenditori e cittadini.
“Bisogna spezzare questo meccanismo attraverso l’informazione. Noi, per parte nostra, stiamo moltiplicando gli sforzi e le iniziative e sabato 3 ottobre presso la parrocchia di Dese (Venezia, ndr) organizziamo un convegno dal titolo ‘Banche: basta suicidi e usura’ per spiegare il meccanismo perverso che permette alle banche di praticare l’usura”.
Paolo Fior
(da “il Fatto Quotidiano”)
argomento: denuncia | Commenta »
Settembre 30th, 2015 Riccardo Fucile
LA NUOVA DIMORA DI LUSSO A POCHI CHILOMETRI DA ARCORE… VILLA SAN MARTINO TORNERA’ AD ESSERE IL QUARTIER GENERALE DI FORZA ITALIA
Sono ancora una coppia, ma vivranno separati. Non in casa, ma in due ville diverse. Una appena comprata e in fase di ristrutturazione per accogliere l’arrivo della fidanzata, Francesca Pascale. Silvio Berlusconi, secondo quanto pubblicato dal Giornale di Merate e riportata dal Corriere della Sera, alla vigilia del suo 79esimo compleanno ha acquistato Villa Giambelli, nel comune di Casatenovo, in provincia di Lecco, a una decina di chilometri da Arcore.
Francesca via da Villa San Martino quindi, dove, al contrario, l’ex Cav. continuerà a vivere, lontano da distrazioni sentimentali e per concentrarsi sulla nuova — l’ennesima o l’ultima? — discesa in campo.
La casa di Silvio sarà di nuovo il quartiere generale di Forza Italia, non più luogo del “cerchio magico” — che include, appunto, la compagna e Mariarosaria Rossi — ma laboratorio della strategia politica di partito.
La lussuosa dimora nella piccola frazione del comune brianzolo sarebbe, appunto, un buen retiro per la Pascale che tra qualche settimana dovrebbe lasciare definitivamente campo libero, abbandonando Arcore insieme all’onnipresente Dudù, con il quale anche l’ex presidente del Consiglio era stato immortalato in vari selfie. Tutti postati online.
Che si tratti di una rottura tra i due? Forse sì, forse no.
Certo è che in passato si era parlato più volte di una separazione. Lo scorso anno ai microfoni di Radio 24 il conduttore de La Zanzara Giuseppe Cruciani annunciò la fine della relazione, poi smentita dalla coppia. E ancora, il sospetto che lei lo avesse lasciato e che si fosse trasferita a Madrid.
Nel corso dei mesi, però, si sono susseguiti anche rumors d’amore, che sussurravano di un imminente matrimonio.
Lei era addirittura disposta a rinunciare ai soldi pur di convolare a nozze, perchè da lui voleva solo “il calore degli abbracci”. E poi raffiche di foto durante i pranzi natalizi dove il duo Pascale-Marina Berlusconi posava attovagliato e felice di fianco al fidanzato-papà Silvio.
Tutto accadeva ad Arcore, dove a ottobre 2014 era arrivata pure Vladimir Luxuria, che qualche settimana prima aveva chiamato Pascale al Gay Village.
Un incontro per parlare di diritti Lgbt, anche se Villa San Martino è stata anche sede di cerimonie più spirituali. Come, ad esempio, il battesimo del figlio di Noemi Letizia.
Ma ci risiamo e questa volta pare proprio che non ci siano solo chiacchiere, ma solide realtà . Dopo la costosissima separazione da Veronica Lario, anche per quella che sembra — o no? — essere la conferma della rottura del fidanzamento con la trentenne napoletana Silvio è costretto a mettere mano al portafogli. E sempre di ville si parla. Come nel caso di Veronica Lario, che a febbraio ha puntato gli occhi sulla casa dell’ex marito sul Lago Maggiore.
(da “il Fatto Quotidiano”)
argomento: Berlusconi | Commenta »
Settembre 29th, 2015 Riccardo Fucile
MA SALVINI VOLEVA DAVVERO ANDARE IN NIGERIA O SOLO POTER DIRE CHE LO HANNO RESPINTO?…. FARSA PADANA: PARE CHE I DOCUMENTI NON SIANO STATI PRESENTATI IN TEMPO
Respinto senza appello. Come del resto vorrebbe fare lui con i clandestini che sbarcano sulle coste italiane. Ma stavolta non c’entrano politiche sull’immigrazione o xenofobia. Solo burocrazia e ritardi. Ha fatto notizia il ‘blocco’ della Nigeria al leader della Lega Nord Matteo Salvini, che il 28 settembre a Radio Padania aveva detto di essere stato costretto a rinunciare al suo viaggio nel Paese africano perchè non gli era stato concesso il visto.
«ATTENDIAMO RISPOSTE».
Peccato che la versione di Abdulkareem Adaji, console all’Ambasciata nigeriana a Roma, smentisca tutto: «Non è vero che abbiamo negato il visto all’europarlamentare Salvini», dice a Lettera43.it, «quello che lui ha raccontato alla stampa italiana non è la verità . Ha mandato l’application con i documenti, noi abbiamo avviato la procedura e stiamo aspettando la risposta da Abuja (capitale della Nigeria, ndr)».
«TRATTATO COME TUTTI».
Quindi la colpa sarebbe solo del leghista, pigro nel presentare tutte le carte nei tempi previsti. «Non spetta a me commentare le idee politiche del deputato Salvini, nè la sua posizione sull’immigrazione», ha aggiunto Adaji, «quello che posso assicurarle è che i nostri uffici lo hanno trattato come un qualsiasi altro cittadino. Se vuole, può parlare con il nostro ambasciatore che vi confermerà quanto vi ho detto e potrà eventualmente approfondire la questione».
Marco Todarello
(da “Lettera43″)
argomento: LegaNord | Commenta »
Settembre 29th, 2015 Riccardo Fucile
“FAREMO FUORI I COMUNISTI”…E PENSA AI SUOI PROCESSI
Scena dal “giardino”. Ignazio Abrignani, già fedelissimo di Claudio Scajola e ora grande reclutatore dei responsabili di Verdini, attraversa l’Aula di Montecitorio col petto in fuori in direzione di Giachetti: “Roberto, hai scritto un pezzo magistrale, Grazie”.
Il riferimento è al blog di Giachetti sull’HuffPost, manifesto ideologico del renzismo che accoglie l’ex plenipotenziario del Pd: “Caro Bersani, nel giardino del Pd c’erano Mastella e Di Pietro. Perchè il voto di Verdini puzza?”.
Ignazio Abrignani poi esce dall’Aula. E spiega: “Noi stiamo costruendo la gamba moderata dell’alleanza. E quando si andrà a votare e la scelta sarà tra Renzi, Grillo e Salvini noi faremo una lista per tutti quelli che vogliono votare Renzi e non il Pd”. Parlano i verdiniani, loquaci, sicuri, come ai tempi del Berlusconi trionfante: “Costruiremo la lista, i ‘moderati per Renzi’”.
Il mondo del premier lascia fare, non smentisce, anzi polemizza con la sinistra, ostenta complicità con l’ex plenipotenziario di Berlusconi.
Complicità spudorata, fatta di cene con Lotti, di telefonate quotidiane. Ultimamente anche di report. I memorabili report che mandava a Berlusconi ora vanno via mail a palazzo Chigi: “Qualche nota — confessa Abrignani — ogni tanto la manda”.
È Denis, così ha raccontato ai suoi, a ricevere la prima telefonata di Renzi dopo il colloquio da Mattarella.
Ed è lui a dare il suggerimento su come “fottere” la sinistra e Grasso al Senato: “Il trucco — spiega — è partire dall’articolo 10, perchè così è costretto a cangurare il primo e non rischi di andare sotto nei voti segreti”.
Per il mondo renziano “ci pensa Denis”. Bersani è furibondo: “Ma vi pare possibile — dice ai suoi — che questi parlano solo con Verdini e non fanno neanche una telefonata a me e Speranza?”.
Il solco ormai è quasi antropologico, oltre che politico, e si allarga. Pure il mite Speranza ha tirato giù la sala a Livorno, tra gli applausi: “Non consentiremo che entrino in casa nostra Verdini e gli amici di Cosentino”.
Ma Verdini è già il giardiniere del Partito della Nazione. Alla Camera c’è Abrignani. Al Senato Ciro Falanga.
Loro parlano, intercettano bisogni, tormenti necessità dei delusi di ogni schieramento. E segnalano al Capo. A quel punto interviene lui: “Nitto — si è sentito dire l’altro giorno Nitto Palma – che ci stai a fare là , vieni con noi, ti faccio fare il capogruppo”. Palma ha detto no: “Ho detto no a Fitto e dico no a te. Se dovessi lasciare Forza Italia andrei nel misto”.
Altri però stanno dicendo sì: “La prima fase — ripete Verdini — era lanciare l’operazione. Ora stiamo chiudendo la seconda, arrivando a 15 al Senato. Entro due mese la terza fase”.
La spiega Abrignani: “Una federazione di centro che diventi la seconda gamba della maggioranza”. Che passa per l’accordo con il gruppo di Scelta Civica e per la “campagna acquisti su Ncd e su altri delusi di Forza Italia”.
Il lavoro è capillare, fatto anche di bluff: “Silvio è d’accordo — ripetono ai parlamentari in bilico — lui non ha mai smesso di stimare Verdini e vuole un canale con Renzi per le aziende”.
Era da tempo che l’ex plenipotenziario di Berlusconi non tornava così al centro del gioco.
Sostituito nel giardino di Arcore da Dudù e dalle “ragazze” è il grande concimatore di quello renziano: “Il processo è inevitabile. Renzi litigherà con la sinistra fino a rompere e faremo assieme il partito della Nazione. In fondo sto facendo quello che volevo fare con Silvio, uccidere i comunisti”.
Proprio l’insofferenza per tutto ciò che è Pci o Ditta anima le conversazioni toscanacce col “giglio magico”.
E anche una visione dell’informazione come impiccio. “Camorrismo giornalistico” è l’espressione usata domenica prima da De Luca poi da Verdini, intervenuto, prima della Boschi a un convegno sul partito della Nazione a Salerno con l’ex craxiano e berlusconiano Fabrizio Cicchitto e Lorenzo Cesa.
Nel Palazzo ormai il rapporto tra Matteo e Denis si arricchisce di voci, aneddoti gustosi, storie dei loro trascorsi.
Verdini, si sa, è un personaggio riservato, non vanta le sue amicizie. E non ha mai rivelato quella sua antica consuetudine da editore con il distributore di giornali di Rignano sull’Arno Tiziano Renzi e con il di lui figliolo Matteo, ragazzo sveglio, da non perdere mai di vista, da coltivare.
Quelli attorno al “giardiniere” raccontano di che bel rapporto c’era già quando non si parlava di riforma del Senato, ma di carta stampata: da editare, pubblicare e poi distribuire.
L’editore Verdini era proprietario di fogli regionali e locali – il Giornale della Toscana, il Cittadino di Siena, Metropoli – in Valdarno, nel Chianti e nella Piana.
Il distributore Renzi (padre) consegnava i giornali alle edicole. Poi arrivò il Foglio, altro giornale in cui Verdini entra nella compagine editoriale, giornale berlusconiano per eccellenza che sponsorizza Renzi senza se e senza ma.
Poi l’incontro ad Arcore, il “piano Rosa tricolore” messo a punto da Dell’Utri e Verdini per fare di Renzi il nuovo leader del centrodestra
Ecco, c’è tutta una storia da raccontare nel nuovo giardino dove quelli della sinistra si sentono cespugli quasi potati: “Certo — dice Danilo Leva su facebook – che assistere alla difesa d’ufficio di Verdini da parte del vice presidente della Camera Giachetti è davvero triste. Non è questo il verso del Pd”.
Ma Denis, per il premier è intoccabile, perchè è la certezza che consente, come si è visto sul Senato, di non mediare con la Ditta. È un’altra Ditta. Una Ditta di cui, dal punto di vista di Verdini, la sua vicenda giudiziaria è un pezzo di ragione sociale. Guarda caso, l’ex plenipotenziario di Berlusconi ha annunciato il suo gruppo nel giorno che ha ricevuto la sua quarta medaglia al valor giudiziario: il rinvio a giudizio per bancarotta sulla vicenda del Credito fiorentino.
Il processo più temuto, su cui qualche tempo fa temeva una richiesta d’arresto: “Denis – ripete il Cavaliere – pensa che avvicinarsi al governo lo mette a riparo dalla procura di Firenze”.
Non è il solo a pensarla così. Il motivo per cui ex berlusconiani come Nitto Palma e Riccardo Villari non hanno aderito è che il “progetto di Verdini è cieco” ed è uno scambio tra “Denis” che pensa di tutelare gli affari suoi e Renzi che vuole una pattuglia per non avere rotture di scatole a sinistra.
Le altre medaglie al valor giudiziario di Verdini, collezionate nel corso della carriera a fianco di Berlusconi, sono: il rinvio a giudizio per “concorso in corruzione” per aver partecipato ad appalti e commesse pubbliche, come la realizzazione della Scuola Marescialli dei carabinieri di Firenze, in violazione delle regole sull’affidamento dei pubblici appalti.
Altro rinvio a giudizio sulla P3, assieme all’ex sottosegretario Nicola Cosentino, attualmente in carcere per questioni di camorra.
A Verdini, nell’inchiesta sulla P3, vengono contestati i reati di associazione a delinquere finalizzata a episodi di corruzione, abuso d’ufficio e finanziamento illecito. Il processo che invece preoccupa di meno Verdini è quello per finanziamento illecito ai partiti ed è legato a una plusvalenza di 18 milioni di euro nella compravendita di un palazzo romani, in via della Stamperia.
Nessun imbarazzo per Renzi. Anzi Giachetti si domanda: “Perchè il voto di Verdini puzza?”.
E Abrignani, prima di tornare al suo banco, gli stringe la mano calorosamente, come si fa nello stesso giardino.
(da “Huffingtonpost“)
argomento: denuncia | Commenta »
Settembre 29th, 2015 Riccardo Fucile
MA SE ANCHE FOSSE UNITO SAREBBE INDIETRO DI 10 PUNTI
Mentre Silvio Berlusconi è concentrato sul rebus delle candidature per le prossime amministrative, in particolare su Milano, e sulle mosse di Denis Verdini, intento a “portare” senatori forzisti verso il Pd, a Bologna il partito si divide.
Tre consiglieri comunali forzisti, il capogruppo Michele Facci, Lorenzo Tomassini e Daniele Carella hanno annunciato ieri una lista civica autonoma in vista delle comunali del prossimo anno, sconfessando così il candidato indicato dallo stesso Berlusconi (intervenuto telefonicamente alla festa nazionale di Forza Italia) appena una settimana fa: il consigliere regionale Galeazzo Bignami.
La lista, presentata ufficialmente, ha già un nome “Uniti si vince, Bologna nel cuore” e un simbolo.
“Non siamo contro Bignami – assicurano i tre – ma chiediamo che il centrodestra trovi un candidato unico. Se fossimo stati consultati non avremmo ratificato ciò che abbiamo visto. Ci piacerebbe riavvolgere il nastro, altrimenti regaliamo il Comune al Pd”.
Salvini, subito infomato dalla vicenda mentre a Milano sta preparando la sua “calata” a Bologna, l’8 novembre, per la manifestazione conclusiva della tre giorni di #bloccaitalia contro il governo Renzi, loda i tre: “Ma noi pensiamo che il candidato migliore sia la nostra Lucia Borgonzoni, non insisterei se non ne fossi convinto”.
La candidata leghista è del resto già in campagna elettorale sia in città che in tv, con varie comparsate nei talk show politici, e lo stesso Salvini, che ha bruciato Forza Italia presentando per primo la sua candidata a Palazzo d’Accursio, rilancia la sua Opa su Bologna: L’obiettivo della Lega è insomma quello di misurarsi sulla piazza rossa di Bologna, assicurandosi, se non la vittoria, la leadership dell’opposizione al Pd.
Una strategia già sperimentata alle regionali dello scorso anno, quando il principale avversario di Stefano Bonaccini fu proprio il leghista Alan Fabbri, e che ora si vuole applicare anche a Bologna.
Magari sfilando pure qualche consigliere a Forza Italia, come potrebbe accadere se la lista dei frondisti, in mancanza dell’unità auspicata, dovesse alla fine decidere di confluire sulla Borgonzoni, invece che su Bignami.
Di sicuro la mossa dei tre frondisti fa infuriare il coordinatore regionale di Forza Italia Massimo Palmizio: “Berlusconi ha già indicato il candidato e ne parlerà con gli alleati. Questi consiglieri agiscono con motivazioni personali. E poi quale lista civica? Sono tutti e tre esponenti di Forza Italia”.
L’accusa è insomma quella di essere a caccia di poltrone. Irritato anche Bignami, spiazzato dalla iniziativa della fronda, proprio dopo aver ricevuto l’imprimatur del Cavaliere.
Tutto mentre esce probabilmente di scena anche Vittorio Sgarbi, il cui nome è stato testato in un sondaggio interno di Forza Italia, ma che non è risultato il più votato tra i papabili inseriti nella consultazione.
E i risultati del sondaggio per il centrodestra non sono esaltanti: anche con una coalizione unita, il migliore dei “civici” testati si piazza comunque dieci punti sotto al candidato Pd Virginio Merola, in un ipotetico ballottaggio.
Tranchant, sulla situazione, è del resto il commento dell’ex deputato di Forza Italia Fabio Garagnani, presente ieri alla conferenza stampa dei frondisti: “Forza Italia non esiste piuù a Bologna. Io sono già uscito. E’ solo un cadavere ambulante”.
Silvia Bignami
(da “La Repubblica”)
argomento: Costume | Commenta »
Settembre 29th, 2015 Riccardo Fucile
IN CELLA ANCHE EX DIRIGENTE, L’ACCUSA E’ ASSOCIAZIONE A DELINQUERE… LA NOMINA RISALE ALLA GESTIONE DELLA MORATTI
Due dipendenti del Comune di Milano, un ex dirigente dell’amministrazione e il titolare di una società edile sono stati arrestati stamane nell’ambito di un’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto di Milano Giulia Perrotti e dal pm Luca Poniz e condotta dal Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza.
Sono stati eseguiti sequestri di documenti utili alle indagini presso il Comune di Milano e l’Aler, azienda lombarda di edilizia residenziale. Le accuse sono di associazione per delinquere e corruzione.
«Soci occulti»
Avrebbero ricoperto il ruolo di «soci occulti» dell’azienda il cui titolare è stato arrestato i funzionari e il dirigente del Comune di Milano finiti in manette nell’ambito di un’inchiesta coordinata dal pm Luca Poniz.
È quanto si apprende da fonti investigative.
Ad aggiudicarsi illecitamente gli appalti attraverso un giro di mazzette sarebbe stata la società Professione Edilizia srl guidata dall’imprenditore Marco Volpi arrestato insieme all’ex dirigente di Palazzo Marino e ora procacciatore d’affari Luigi Grillone e ai dipendenti del Comune (Ufficio settore manutenzione) Giuseppe Amoroso e Angelo Russo.
Nell’ambito dell’inchiesta, si legge in una nota del procuratore Edmondo Bruti Liberati, sono stati notificati due avvisi di garanzia nei confronti delle persone giuridiche Consorzio Milanese scarl e Professione Edilizia srl, indagate per la legge 231 del 2001 sulla responsabilità amministrativa delle imprese.
Anche truffa
Grillone è stato direttore del Settore tecnico scuole e strutture sociali del Comune tra il 2006 e il 2011.
Il dirigente infatti era entrato nell’amministrazione nel settembre 2006 assunto per 5 anni con la delibera della giunta Moratti che stabilì, dopo l’insediamento a palazzo Marino, l’assunzione di 54 nuovi dirigenti.
Quanto a Volpi, titolare della società Professione Edilizia srl, sarebbe riuscito a ottenere appalti pubblici in ambito edile attraverso gare truccate.
È questa l’ipotesi alla base dell’inchiesta della Procura di Milano: Volpi, in particolare, sarebbe riuscito a ottenere gli appalti grazie alla collaborazione dei due dipendenti del Comune e dell’ex dirigente ritenuti soci occulti della sua società .
I reati sarebbero stati commessi tra il 2005 e l’ottobre 2012 e, dunque, durante le amministrazioni dei sindaci Letizia Moratti e Giuliano Pisapia.
A Volpi, oltre all’accusa di associazione per delinquere e corruzione, vengono contestati anche i reati di turbativa d’asta e falso. Ai due dipendenti del Comune, Amoroso e Russo, viene contestata anche l’accusa di truffa, perchè si sarebbero assentati durante gli orari di lavoro. In particolare, Amoroso avrebbe frequentato case di prostitute.
«Durante l’orario di lavoro si allontanava senza averne giustificazione, recandosi in diversi luoghi (uffici della società Professione edilizia srl; locali pubblici siti nella locale Corso Como, centro commerciale Milanofiori di Assago; luoghi di meretricio in appartamenti privati e altri)», si legge nel capo di imputazione per truffa riportato nell’ordinanza d’arresto.
L’accusa di truffa è contestata anche all’altro dipendente, che però non sarebbe andato a prostitute.
Un ipad come stecca
Altri dodici indagati a piede libero sono invece accusati a vario titolo di corruzione e turbativa d’asta.
Quattro responsabili di gare pubbliche nel settore dell’edilizia scolastica e popolare sarebbero stati corrotti da Volpi con degli ipad.
È quanto si evince da uno dei capi di imputazione per corruzione in cui Volpi risulta indagato in concorso con Armando Lotumolo, in qualità di «direttore del settore edilizia patrimoniale e demaniale nonchè incaricato della direzione del servizio di edilizia scolastica del Comune»; Milena Beduschi, «in qualità di dipendente del Comune di Milano, membro della Commissione anomalie costituita all’interno del settore appalti pubblici del Comune di Milano, nonchè direttore lavori del Comune di Milano»; Davide Plebani, nella sua qualità di dipendente del Comune di Milano, membro della Commissione anomalie costituita all’interno del settore appalti pubblici del Comune di Milano; e Stanislao Virgilio Innocenti, «nella sua qualità di dirigente, responsabile della direzione centrale Opere pubbliche e centrale unica appalti – Servizio esame progetti del Comune di Milano.
Secondo le accuse, nell’agosto 2012 «Volpi metteva a disposizione e regalava due tablet marca Apple – tipo Ipad, a Lotumolo, Beduschi, Plebani e Innocenti al fine di ottenere dagli stessi (…) informazioni rilevanti». Gli altri indagati a piede libero sono imprenditori e avvocati esperti del settore amministrativo.
Il Comune: «Dirigente non confermato»
L’Ufficio stampa del Comune di Milano ha precisato in una nota che «l’ingegner Mario Grillone, arrestato martedì mattina nell’ambito di una indagine condotta dalla Guardia di Finanza, non era stato confermato e, quindi, allontanato da questa Amministrazione insieme ad altri dirigenti sin dal giugno 2011.
Il suo incarico, presso il Settore edilizia residenziale pubblica nell’ambito della direzione centrale tecnica era stato deliberato nel 2003 e nel 2006. Anche gli altri due arrestati, dipendenti dell’Amministrazione, hanno lavorato nell’ambito della direzione centrale tecnica.
L’Amministrazione esprime piena fiducia nell’azione della magistratura e annuncia sin da ora che, in qualità di parte offesa, in caso di richiesta di rinvio a giudizio si costituirà parte civile sia per i danni patrimoniali che di immagine».
(da “il Corriere della Sera“)
argomento: Milano | Commenta »