Destra di Popolo.net

DESTRA DI POPOLO: RAGGIUNTO IL TRAGUARDO DI DUE MILIONI DI VISUALIZZAZIONI

Ottobre 22nd, 2015 Riccardo Fucile

IL MIRACOLO DI UN BLOG INDIPENDENTE E NON CONFORME

Poche ore fa “destradipopolo” ha superato un altro, probabilmente l’ultimo, traguardo: quello dei due milioni di visualizzazioni.
Un blog nato otto anni fa per “lucida utopia”, come direbbe un antico maestro, ha gradualmente saputo imporsi all’attenzione della più vasta opinione pubblica con una linea che spesso fa discutere i cultori della “polvere sotto il tappeto”.
Non facciamo parte di quella genia italica che ama saltare sul carro del vincitore, siamo spesso critici e dissacranti: quando a tutti conveniva reggere lo strascico sulle scale di palazzo Grazioli (compresi i fintidestri attuali) abbiamo denunciato i limiti di quella politica e a distanza di anni i fatti ci hanno dato ragione.
Qualcuno ci accusa di essere troppo di sinistra, senza comprendere che è autolesionistico lasciare ad altri temi “nostri”: dalla lotta per la legalità  alla difesa dei ceti deboli, dalla denuncia dei privilegi della casta alle battaglie per i diritti civili, la tutela ambientale, la solidarietà .
Rappresentiamo consciamente una parte (e non solo) di quei cinquemilioni e mezzo di italiani che si definiscono di destra e che non vanno più a votare perchè giustamente non si riconoscono in quel teatrino da avanspettacolo dalle tante sigle in cui è diviso il centrodestra attuale.
Non abbiamo la presunzione di essere depositari della verità , ma abbiamo una linea editoriale che fa riferimento a una destra sociale moderna che vede nella legalità , nel merito e nella giustizia sociale i cardini su cui erigere la futura destra vincente.
Ma per costruire un progetto occorre avere una Weltanschauung, una concezione del mondo e della vita e da lì partire per affrontare con pragmatismo le problematiche attuali.
Senza radici non si fa politica, ma solo bassa cucina, compravendite, riforme prostituzionali, caccia miserabile a poltrone e mazzette.
Chi fa informazione non ha steccati: lasciamo ad altri la cura delle greggi di pecoroni, noi preferiamo giocare in campo aperto e confrontarci con tutti.
Perchè non si aggrega su parole d’ordine consunte, ma sull’analisi condivisa e sulla soluzione dei problemi.
Se siamo riusciti a diventare uno dei principali blog d’area italiani, nonostante tutto e tutti, è proprio per la nostra linea informativa di “destra che non c’è”.
Un blog che ogni giorno viene approcciato da centinaia di amici, che in un anno   solo dall’estero è visto da circa 10.000 utenti provenienti da 251 Stati.
Un blog in cui il 30,89% entra per richiesta diretta, il 32,35% attraverso motori e chiavi di ricerca, il 33,42% attraverso i social , una suddivisione quasi perfetta.
Un blog infine monitorato dalle maggiori istituzioni (compresa la presidenza del Consiglio e il parlamento) italiane ed europee, dagli enti locali e dai media.
Forse qualcosa vorrà  dire.
Non pretendiamo che i tanti gerarchetti della pseudo destra attuale comprendano, ci è sufficiente la stima dei nostri lettori, comunque la pensino.
Per adesso ci fermiamo qua: grazie a tutti per un traguardo che abbiamo raggiunto insieme.

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ALTRA RETROMARCIA DI RENZI, STAVOLTA SULLE SALE GIOCO

Ottobre 22nd, 2015 Riccardo Fucile

SCONTRO CON LE REGIONI SULLE TASSE

Prima di partire per la trasferta di una settimana in America Latina, Matteo Renzi ha voluto rivedere punto per punto la legge di stabilità  varata la settimana scorsa dal consiglio dei ministri.
Tutto passato al setaccio, insieme alla sua squadra di consiglieri a Palazzo Chigi. Obiettivo: tentare di sedare le critiche piovute sulla manovra di bilancio anche a costo di cambiarla.
Ed eccola la nuova retromarcia del premier, spiegata nella ‘enews’ diffusa nel tardo pomeriggio, mentre al Quirinale Sergio Mattarella ancora aspetta il testo della legge.
Il nuovo dietrofront è sull’apertura delle nuove sale gioco, punto preso di mira dal M5s, ormai unico avversario vero del Pd renziano. “Con il nostro governo saranno ridotti a quindicimila i punti gioco. E segnatamente i bar con le macchinette verranno ridotti: da seimila potranno essere al massimo mille”, scrive Renzi, alle prese anche con il ‘fuoco amico’ delle Regioni, che chiedono chiarimenti su tasse e sanità .
Con loro lo scontro è aperto.
Sui giochi interviene la ‘sforbiciata’ di Renzi, a fronte degli attacchi dei cinquestelle ma anche delle associazioni dei consumatori.
Nei giorni scorsi, il governo aveva precisato che la legge di stabilità  non intende aprire 22mila nuove sale gioco (come emerso su alcuni media) bensì confermare i 22mila punti esistenti, per un introito di 500 milioni con l’imposta sui giochi e altri 500 milioni di euro con le “nuove gare”, come recitava la tabella presentata a corredo della manovra di bilancio.
Ora la novità , ma il premier non ammette che sia tale, sta nel fatto che Renzi le riduce a 15mila. E ci aggiunge anche la riduzione dei bar con le macchinette: “Da seimila a mille al massimo”.
E’ la seconda retromarcia del premier, dopo quella sulle grandi ville e i castelli ora non più esenti dal pagamento delle tasse sulla prima abitazione, al contrario di quanto previsto inizialmente.
Una decisione presa da Renzi — nonostante le resistenze del Tesoro — per controbattere all’agguerritissima artiglieria pentastellata.
Non è un caso che nella e-news il premier si rivolga più volte direttamente all’avversario Beppe Grillo. “La verità  — scrive Renzi — è semplice: noi stiamo riducendo i punti gioco in Italia e combattendo così l’azzardo. Chi dice il contrario mente. E non è che se lo dice il Blog dell’Elevato (in arte Beppe Grillo) diventa vero. La realtà  è più forte delle balle a cinque stelle”.
Ma tutto questo non basta a sopire l’altro scontro diretto scoppiato oggi: con le Regioni.
Sergio Chiamparino, che si è dimesso dalla presidenza della Conferenza Stato-Regioni per i conti in rosso della Regione Piemonte e non per le critiche alla manovra, ha riunito oggi gli altri governatori. Il messaggio al premier è chiaro.
Per i presidenti di Regione “non è possibile” per il governo vietare alle amministrazioni locali di alzare le tasse, come ha detto ieri il premier a ‘Otto e mezzo’.
“Non è possibile — dice Chiamparino — al massimo può arrivare una moral suasion. Di certo, nessuno di noi vuole aumentarle…”.
Ma, chiarisce il coordinatore degli assessori regionali al Bilancio Massimo Garavaglia, nelle regioni con la sanità  in rosso è previsto un aumento automatico di addizionali Irpef e Irap e le Regioni possono anche scegliere di agire sui ticket.
Il bello è che le Regioni confermano questa posizione anche dopo la e-news di Renzi, laddove il premier insiste: “E a chi dice che aumenteremo altre tasse, dico che nel 2016 nessun comune o regione le potrà  alzare rispetto al 2015, per legge!”.
Il premier vola via dall’Italia per una settimana. Cile, Perù, Colombia e Cuba.
Al suo ritorno, terrà  gli incontri con i gruppi del Pd per lenire le resistenze interne. Alternativa: porre la questione di fiducia sulla manovra.
“A quella parte del Pd che contesta sempre, a prescindere, vorrei domandare: cosa è più di sinistra? Litigare su mille euro di contante o mettere finalmente le risorse sul sociale e sulla povertà ?”, attacca il premier, “l’anima della legge di stabilità  non sono le tasse ma l’investimento nel sociale”.
Intanto, a sera, l’arrivo della legge di stabilità  rivista e corretta viene preannunciato al Colle: l’esame accurato del presidente della Repubblica comincerà  domani e durerà  24 ore o molto più probabilmente 48.

(da “Huffingtonpost”)

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LA DENUNCIA DELLA ORLANDI: “LE AGENZIE FISCALI SONO A RISCHIO, TENUTE IN VITA SOLO GRAZIE AI DIPENDENTI”

Ottobre 22nd, 2015 Riccardo Fucile

IL DIRETTORE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE: “AZZERATI 767 DIRIGENTI, NON SI COMBATTE L’EVASIONE INDEBOLENDO LA STRUTTURA”

“E’ un’esperienza sociologica che l’Agenzia delle Entrate sia rimasta in piedi” dopo l’azzeramento di 767 dirigenti.
“E’ rimasta in piedi solo per la dignità  delle persone che vi lavorano, queste persone hanno la consapevolezza della loro funzione e della loro missione”.
E’ un omaggio ai dipendenti rimasti, che sintetizza però tutte le difficoltà  di gestione della macchina fiscale, quello che il direttore dell’Agenzia delle Entrate Rossella Orlandi fa, con voce un po’ incrinata, durante un convegno organizzato dalla Cgil sulle politiche fiscali.
L’accenno arriva proprio mentre prosegue la fuga di figure dirigenziali da posizioni strategiche per la lotta all’evasione.
La responsabile dell’ufficio Ruling Internazionale (che in pratica valuta il prelievo sulle multinazionali), Grazia Cappelleri – ha scritto il Corriere della Sera – ha lasciato per andare in uno dei più noti studi fiscali milanesi.
A fine estate era accaduto lo stesso con alti dirigenti: Giammarco Cottani della direzione generale dell’accertamento, e Dario Sencar responsabile dei controlli sui grandi contribuenti.
Che il ruolo e l’impegno dell’Agenzia siano strategici in settori chiave come il fisco internazionale e societario appare chiaro dai risultati che il governo si attende, ad esempio sul fronte della voluntary disclosure per regolarizzare i capitali all’estero.
Il governo conta su 2 miliardi nel 2016 e la commissione finanze del Senato ha appena approvato il testo del decreto che proroga le domande fino a tutto novembre (il dl va ora in aula).
L’evasione è del resto una sfida e le cifre che si attendono dalla lotta al fenomeno sono incassi con molti zeri.
L’Europa sta stringendo i bulloni di un progetto chiamato Beps, che sta per Base erosion and profit shifting, che mira ad evitare l'”erosione” delle tasse dovute attraverso il trasferimento fittizio di utili.
Le società  – è stato stimato in un convegno organizzato a Milano da Ludovici&Partners – non pagano così tra i 100 e i 240 miliardi di dollari di tasse nei paesi del G20.
Dal fisco, infine, arriva una novità  aiuta contribuenti.
E’ diventato operativo il decreto sulle semplificazioni ed Equitalia fino al 21 novembre potrà  ricevere le richieste dei contribuenti che non hanno versato le rate all’erario negli ultimi due anni e che sono quindi “decaduti”.
Per loro sarà  possibile un nuovo piano da 72 rate.
Un meccanismo analogo è previsto, in modo semi-automatico, per chi avrà  questo problema in futuro: ma dovrà  prima saldare le rate che non ha versato

(da “Huffingonpost”)

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IL PIANO PER APRIRE ALTRI QUATTRO NUOVI CASINO’, DALLA TOSCANA ALLA PUGLIA

Ottobre 22nd, 2015 Riccardo Fucile

EPPURE QUELLI ESISTENTI SONO TUTTI IN PERDITA

Dice Sam «Asso» Rothstein, alias Robert De Niro: «In un casinò la regola fondamentale è di farli continuare a giocare. Più giocano e più perdono. Alla fine becchiamo tutto noi».
Solo in Italia la regola enunciata nel film Casinò di Martin Scorsese funziona al contrario.
Infatti negli ultimi dieci anni le quattro case da gioco del Bel Paese, tutte rigorosamente di proprietà  pubblica, hanno accumulato perdite di bilancio per 314 milioni.
Ma la lezione, evidentemente, non è servita
Nonostante una simile catastrofe e per nulla turbata dalle ultime roventi polemiche sullo stato biscazziere che mentre al Quirinale premia il campione della lotta al gioco d’azzardo spalanca la porta a svariate altre migliaia di slot-machine, l’associazione che riunisce i quattro casinò italiani (Campione d’Italia, Venezia, Sanremo e Saint- Vincent) adesso chiede al governo centrale di raddoppiare.
Non più quattro, bensì otto case da gioco.
E siccome il Nord è già  presidiato da est a ovest, ecco che la destinazione dei nuovi casinò è il Centro-Sud. In Toscana potrebbe aprire Montecatini. In Puglia, Bari o Fasano.
Fra Lazio e Campania se la batterebbero Anzio e Salerno.
Mentre in Sicilia l’unica candidatura concreta sarebbe quella Taormina.
Il documento di 41 pagine che descrive nei dettagli l’operazione è stato recapitato al sottosegretario all’Economia con delega ai giochi, Pier Paolo Baretta, il quale l’ha prontamente girato ai Monopoli di Stato.
E ora si è in fiduciosa attesa di un verdetto che non sia troppo sfavorevole. Non soltanto perchè «l’apertura dei casinò costituisce un acceleratore del business turistico», come argomenta il piano portando a esempio la Spagna
Il fatto è che l’operazione gode di sostegni politici potenti e trasversali: dal ministro dell’Interno Angelino Alfano, siciliano e leader ncd, che caldeggia Taormina, a pezzi del Partito democratico.
Lo stesso Baretta ha più volte insistito sulla necessità  di rilanciare la case da gioco. «Dobbiamo fare una valutazione con il governo per i casinò, perchè possono essere un baluardo contro l’illegalità » ha detto pubblicamente il 14 aprile.
Spingendosi a ipotizzare anche la riapertura della casa da gioco di Taormina, chiusa mezzo secolo fa, «perchè servirebbe a contrastare l’offerta che arriva da Malta». Dichiarazione peraltro in sintonia non soltanto con i desiderata di Alfano, ma anche con la proposta di legge presentata sei mesi fa da alcuni senatori di Forza Italia, fra cui Domenico Scilipoti.
Così il cerchio sembra chiudersi
Quanto all’intervento del governo, è presto detto. Il piano prevede che tutti gli otto casinò italiani confluiscano in una società  nuova di zecca controllata al 51 per cento dal ministero «di riferimento». Ovvero, quello dell’Economia.
Anche il 49 che avanza, però, dovrebbe restare in mani pubbliche. Proprietari con quote fra l’11 (Campione e Venezia), il 7 (Saint-Vincent) e il 5 per cento (Sanremo) sarebbero i quattro casinò esistenti che a loro volta sono posseduti dai rispettivi Comuni e della Regione Valle d’Aosta (Saint-Vincent).
Ai municipi che parteciperanno all’apertura delle quattro nuove case da gioco verrebbe invece riservato il 15 per cento restante
La patata decisamente bollente dei casinò inguaiati passerebbe dunque dagli enti locali direttamente allo Stato, che in più dovrebbe impegnarsi, suggerisce il piano, a escluderli dal pagamento dell’Isi, l’imposta sugli intrattenimenti.
È forse questo il vero obiettivo della Federgioco, il cui segretario generale Ivo Collè è un funzionario ex croupier di Saint-Vincent ma soprattutto ex politico di lungo corso, prima sindaco di Saint- Oyen, poi consigliere regionale valdostano, infine parlamentare?
Il Casinò de la Vallèe è quello che negli ultimi tre anni ha perso più di tutti. Costringendo la Regione a tirare fuori 50 milioni: 390 euro per ogni valdostano.

Sergio Rizzo
(da “il Corriere della Sera“)

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MAZZETTE E DOLCE VITA, CHI È LA DAMA NERA DI ANAS

Ottobre 22nd, 2015 Riccardo Fucile

TANGENTI, FESTE ROMANE, PREMI, SOLDI, GIOELLI E TANTI FAVORI: LA DOPPIA VITA DI ANTONELLA ACCROGLIANO’

E’ la doppia vita della Dama Nera, Antonella Accroglianò: al mattino in ufficio nei panni di dirigente “dove va tutti i giorni ma il suo principale lavoro è gestire il flusso di corruzione, trattar male chi ritarda i pagamenti” dice il procuratore Pignatone, di notte con l’abito più scintillane e via, alle feste coi vip nelle case romane.
Nata a Cefalù ma molto vicina alla comunità  calabrese, questa 54enne dirigente Anas era per la procura la vera cellula di un impianto di corruzione tentacolare, dove ricevere mazzette era “visto come una cosa normale” .
In Anas da una vita, almeno 20 anni, era entrata ancor prima della Laurea in Giurisprudenza, nel 1994, dopo esperienze in Italstat, partecipazioni statali e ItalStrade.
Amministrava appalti e, cinque anni fa, la promozione come condirezione generale tecnica e dirigente responsabile del coordinamento amministrativo.
Una posizione che la metteva nella possibilità  di agire indisturbata ai vertici della catena.
Da lì consigliava ai titolari di un’azienda vincitrice di un appalto in Calabria di subappaltare alcune opere “a ditte di imprenditori contigui alla ‘Ndrangheta” spiega la procura.
Opere pubbliche nel comune di Palizzi, in provincia di Reggio Calabria, territorio che conosceva bene.
La donna avrebbe da un lato chiesto l’assunzione di operai e geometri alla ditta vincitrice dell’appalto e, dall’altro avrebbe esercitato “pressioni inequivoche affinchè la fornitura del calcestruzzo e il movimento terra, attività  notoriamente di interesse quasi esclusivo delle cosche della ‘Ndrangheta in quei territori, venisse affidato ad una persona di sua fiducia, che avrebbe così garantito la sicurezza del cantiere da interventi o pressioni di gruppi criminali egemoni” in quella zona.
Per le mazzette però ci voleva un interfaccia politico, uno come l’ex sottosegretario Luigi Meduri (ai tempi del governo Prodi), ora in quota Pd.
Era lui l’ “un oscuro faccendiere” di Antonella.
Meduri che per lei si sarebbe adoperato per mettere a disposizione il suo pacchetto di voti : tutti a favore del fratello della ‘Dama nera’, candidato alla regione Calabria nelle liste dell’Udc.
Fratello che l’elezioni le perse: e così Meduri si sarebbe dato da fare per fargli ottenere un importante incarico all’interno di una società  partecipata della Regione, sempre dietro richiesta della Accroglianò.
Pronto lo scambio: per un fratello che entra, due geometri, molto vicini a Meduri, sarebbero stati assunti in Anas.
Fra la Dama Nera e l’ex presidente della Regione Calabria c’era un rapporto stretto: sempre Meduri per la procura fece “da intermediario tra la stessa Accroglianò e due imprenditori catanesi – Concetto Bosco Lo Giudice e Francesco Costanzo – che avrebbero ritardato il pagamento di una tangente”
Mazzetta relativa all’appalto da 145 milioni per la realizzazione della cosiddetta Variante di Morbegno in Lombardia.
L’appalto, infatti, era stato vinto dai due imprenditori catanesi che, attraverso Meduri, avrebbero chiesto all’Anas, e dunque alla Accroglianò, l’autorizzazione alla cessione di un ramo d’azienda.
In realtà , dicono gli investigatori, “si trattava di una una vera e propria cessione del contratto d’appalto, pratica normativamente illecita”.
Per queste ‘pratiche’ gli investigatori hanno documentato almeno sei passaggi di denaro, dal dicembre 2014 all’agosto 2015, per un totale di circa 150 mila euro.
Soldi con cui la Dama Nera si arricchiva, soldi che la Dama Nera nascondeva: 70mila euro in contanti, più gioielli, sono stati trovati dai finanzieri nella casa della madre.
Fu costretta a nasconderli lì perchè temeva un controllo da parte delle Fiamme Gialle, così chiamò la madre: “Mamma, ti porto i medicinali” dice nelle intercettazioni “perchè? Sei matta? Io sto bene!” risponde la madre senza capire che “i medicinali” sono soldi.
D’altronde Antonella, che agli altri arrestati chiedeva di fare “scuola” o “squadra”, per ogni cosa aveva un nome. Il denaro erano o “i medicinali” o la “ciliegia”.
Lei, che nel suo curriculum vanta le partecipazioni a seminari del tipo ““Costruzione e Conduzione di un Team vincente” o “Rriconosimento emotivo in azienda: come entrare in sintonia con gli altri”, con la Roma delle “feste” in sintonia c’era entrata davvero, dove era spesso invitata.
Sul web si trovano gli scatti delle feste “cafonal” come le definisce Dagospia di Sara Iannone, presidente dell’Associazione Culturale “L’Alba del Terzo Millennio” che nel 2012, proprio in qualità  di “funzionario della Pubblica Amministrazione” premiò la Accroglianò.
Con quale riconoscimento? “Le Ragioni della Nuova Politica”.

(da “Huffingtonpost“)

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IL SOCIOLOGO REVELLI: “MATTEO E’ IL DISTRUTTORE, LASCERA’ SOLO MACERIE”

Ottobre 22nd, 2015 Riccardo Fucile

“UN FUNAMBOLO CHE STA SULLA FUNE SENZA RETE”

L’emergere di “un populismo di tipo nuovo, virulento e nello stesso tempo istituzionale”. È il tema di “Dentro e contro”, il nuovo libro del sociologo Marco Revelli, in uscita oggi, di cui il Fatto Quotidiano pubblica un estratto.
Dal 25 febbraio 2014 l’Italia danza sull’abisso, nelle mani di un funambolo che cammina sulla fune senza rete.E tutti lì sotto,con il naso in aria, a gridargli di accelerare. È l’immagine che emerge dai tanti messaggi augurali pervenuti a Renzi nella giornata del compimento della sua resistibile ascesa. Di Eugenio Scalfari. Di Gad Lerner. Di Mario Calabresi. Di Massimo Cacciari. Del Messaggero e del Sole 24 Ore.
Delle Coop e di Confindustria.
Tutti improntati a un’euforia di maniera (bisognava “fare qualcosa”). Tutti in realtà  segnati dalla paura. E dalla vertigine.
La costante accelerazione, dalle primarie di dicembre in poi, l’ha rivelato: nella sua corsa folle alla conquista del Palazzo, Matteo Renzi ha concentrato su di sè tutto — la crisi interna al Pd, la crisi di governabilità  del Parlamento, la crisi di iniziativa del governo, lo stato comatoso dell’economia,la crisi di fiducia della società .
Cosicchè davvero, se fallisce, cade tutto: finisce il Pd, si scioglie il parlamento,si commissaria il paese, si accelera la dissoluzione sociale.
Motivo per cui, appunto, soprattutto per chi sta nell’establishment o nei suoi dintorni, non resta che sperare. Sperare a prescindere.
Contro l’evidenza, che avrebbe dovuto dire che uno così non può farcela.
Perchè — la cosa si poteva vedere a occhio nudo fin d’allora — il personaggio non ha nè le competenze. Nè l’autorevolezza.
Nè la forza politica (ha seminato troppi cadaveri nella sua marcia forzata), per fare un miracolo del genere, sollevare tutto insieme — partito, istituzioni, paese — come fossero un unico fardello.
Di Craxi ha l’arroganza e la presunzione, ma non il profilo da politico di lungo corso (l’uomo che aveva ridato orgoglio a un Psi umiliato dal compromesso storico) e l’aura dell’Internazionale Socialista intorno, oltre che il partito nel pugno.
Di Berlusconi ha lo stile da istrione e la ciarlataneria che piace a molti italiani, ma non il capitale monetario e umano che Mediaset e Publitalia (con qualche compartecipazione quantomeno opaca) assicuravano.
Dei precedenti leader non è neppur degno del confronto.
Aveva, in compenso, fin dall’inizio un’unica risorsa su cui puntare: il mito della velocità . Mito marinettiano (un po’ frusto per la verità , un secolo più tardi).
E un unico profilo da presentare: quello che Walter Benjamin   aveva   chiamato il carattere del distruttore (quello che conosce “solo una parola d’ordine: creare spazio; una sola attività : far pulizia”; e per il quale si può dire che “l’esistente lui lo manda in rovina non per amore delle rovine, ma per la via che vi passa attraverso”).
Come nel caso della nuova tecnologia usata in America per produrre idrocarburi frantumando gli strati schistosi, anche Matteo Renzi pratica, programmaticamente, il fracking, generando energia dalla frantumazione di tutto ciò che gli sta sotto, a cominciare dal partito che l’ha portato fin sulla cima della piramide , e dalla macchina dello Stato.
Accelerando non la soluzione, ma la crisi stessa.
Rischiando di lasciare tutti — dopo aver fagocitato tutto -“ nudi alla meta”. O meglio, nudi di fronte al potere, dopo la distruzione dei diversi corpi intermedi che tradizionalmente avevano fatto da filtro e contrappeso , delle strutture di rappresentanza politica e sociale, delle culture politiche capaci di aggregare individui e frammenti sociali, del suo stesso partito.
In una parola di quella complessità  organizzata che da sempre ha garantito un livello, sia pur minimo e insufficiente,di pluralismo e di articolazione in una società  complessa, preservandola dal rischio e dalla tentazione dell’uomo solo al comando di fronte a una società  di atomi competitivi.

Marco Revelli
(da “il Fatto Quotidiano”)

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GLI SCUDI UMANI DE “L’UNITA'”

Ottobre 22nd, 2015 Riccardo Fucile

LA NUOVA FRONTIERA DEL GIORNALISMO ITALICO: QUELLO CHE DECIDE RENZI E’ COSA BUONA E GIUSTA

L’altra sera a Otto e mezzo si discuteva con Gennarino Migliore, ex Rifondazione comunista (avete capito bene: comunista), poi Sinistra ecologia e libertà  (avete capito bene: sinistra), ora Partito democratico (avete capito bene: democratico), dell’abolizione della tassa su tutte le prime case, compresi i primi attici, le prime ville, i primi castelli, le prime regge.
Migliore sosteneva che le abitazioni di lusso non erano esentate dall’Imu. Gli citai l’intervento in commissione del sottosegretario Enrico Zanetti, che confermava tutto.
Lo stesso Renzi l’aveva rivendicato in tv, sostenendo che è troppo complicato escludere dall’esenzione le case di pregio, con gli estimi catastali fermi agli anni 60.
E proprio questo prevedeva la bozza della manovra approvata sulla parola — la solita tradizione orale, da Omero a Matteo — dal Consiglio dei ministri il 15 ottobre: una porcheria che non aveva osato neppure B.
L’Unità , giornale fondato da Antonio Gramsci (avete capito bene: Gramsci), si affrettò a giustificare quell’ignobile regalo ai miliardari che avrebbe fatto arrossire persino Maria Antonietta di Francia, col decisivo argomento che castelli, ville e regge sono pochi (appena 74.430), dunque il gioco di tassarli non varrebbe la candela.
Titolo di prima pagina: “Il ballo del mattone. La verità  sulla Tasi: per ville e castelli vale 85 milioni, per le prime case 3,6 miliardi”.     Ancora martedì tal Mario Lavia, l’editorialista che sta a Renzi come Fede stava a B., scriveva con grave sprezzo del ridicolo: “Si fa un gran parlare della necessità  di non togliere l’Imu su castelli e villoni,anche se — come dice il sottosegretario Baretta — ‘io tutti questi castelli non li vedo’: ma come bandierina può funzionare, chi se ne importa se nel merito la misura porterebbe poco o nulla”.
Però i gufi della minoranza Pd e di qualche giornale, soprattutto il nostro, insistevano a sottolineare l’iniquità  della misura.
Così l’altroieri, tomo tomo cacchio cacchio, Renzi ha annunciato che chi ha un castello o un villone continuerà  a pagare.
Ma attenzione: non ha detto “Avevano ragione i gufi, mi ero sbagliato e ora cambio la manovra”.
No: ha finto di averlo sempre previsto, irridendo ai “commenti divertenti” dei soliti “scandalizzati” a ufo. Sono loro che non hanno capito niente,non è lui che ha cambiato idea. I turiferari dell’esenzione dall’imposta per ville e castelli si son subito messi a vento. Gennarino ha ritwittato l’ukase renziano con una sonora risata, come a dire: visto che avevo ragione io?
E gli scudi umani dell’Unità  (che ieri pubblicava un editoriale entusiasta della manovra firmato da Ernesto Auci, già  capufficio stampa della Fiat di Romiti, già  direttore e poi Ad del Sole 24 Ore, già  direttore centrale di Confindustria, già  candidato trombato della Lista Monti: a quando un bell’editoriale di Marchionne?) si sono precipitati ad applaudire il contrordine con lo stesso fervore con cui applaudivano l’ordine di segno opposto.
È la nuova frontiera del giornalismo libero: tutto quello che decide Renzi è cosa buona e giusta. A prescindere.
Il guaio è che spesso Renzi si contraddice, costringendo i suoi supporter a piroette,giri di valzer e tripli salti mortali carpiati con avvitamento.
Le loro tragicomiche evoluzioni ricordano quelle degli scudi umani berlusconiani.
Nel 2006 il Cavaliere ne sparò una delle sue: “Mi accusano di aver detto che i comunisti mangiano i bambini: leggetevi il Libro nero del comunismo e scoprirete che nella Cina di Mao i comunisti non mangiavano i bambini, ma li bollivano per concimare i campi”. Anzichè chiamare l’ambulanza e farlo portare via, i suoi cari mobilitarono i Signorini Grandi Lingue a giurare che B. aveva ragione da vendere, con tanto di supporti storiografici.
Il più svelto fu Renato Farina, su Libero:“Ecco le prove: mangiavano i bimbi. Un libro conferma la verità  di Berlusconi. E la sinistra, negando, li uccide un’altra volta…Siccome la frase è di Berlusconi, diventa una battuta. Altro che balle. Balle una sega. Berlusconi ha assolutamente ragione”.
La prova? Betulla citava “episodi di cannibalismo, causati da una carestia voluta da Stalin”.
Riscontro deboluccio: Stalin stava in Urss, non nella Cina di Mao e il cannibalismo in Cina, per quanto deplorevole, aveva poco a che fare con la bollitura dei bambini per farne concime?
Farina allora estrasse l’arma segreta:la lettera di un missionario su un altro missionario morto in Cina e sepolto in un cimitero cristiano poi“distrutto dai comunisti per avere più spazio da coltivare”.
Storia tristissima, per carità , ma che minchia c’entrava con i bambini bolliti per concimare?
Allora, a dare manforte allo storico Farina, sopraggiunse il noto Senofonte con le mèches, allora al Giornale: “Li mangiano ancora. In Corea del Nord ultimamente si sono perpetuati cannibalismi e assassini a scopo alimentare per carestie, inondazioni e disperazione”.
Altra vicenda commovente, non c’è che dire, ma l’attinenza tra i cannibalismi nell’odierna Corea e i bambini bolliti nella Cina di Mao sfuggiva ai più.
Intanto l’ambasciata cinese protestò col governo italiano e, onde evitare una crisi diplomatica con un paese piuttosto strategico e popoloso, B. fece retromarcia: “Beh, sì, sulla Cina ho fatto un’ironia discutibile”.
Aveva scherzato, e pazienza per i due storici della mutua, che non persero la faccia solo perchè se l’erano giocata da un pezzo.
Si pensava che mai più un giornalista si sarebbe ridotto in quello stato pietoso.
Nessuno poteva prevedere l’avvento di Renzi e della sua Pravda.
Quod non fecerunt scudi umani, fecerunt casi umani.

Marco Travaglio
(da “il Fatto Quotidiano”)

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LA CENA RISERVATA DEI DISSIDENTI CHE PREPARANO LA SCISSIONE

Ottobre 22nd, 2015 Riccardo Fucile

NOVE PAGINE PREPARATE DAL FILOSOFO CARLO GALLI: “MOLTE FINI, UN NUOVO INIZIO”

Non è stata una riunione carbonara e tantomeno una conta, assicurano i partecipanti. Eppure la cena riservatissima tra dieci antirenziani pressochè irriducibili, a base di ribollita e pappardelle al cinghiale, conferma come la legge di Stabilità  abbia accelerato la riflessione su una possibile scissione, per costruire un nuovo partito a sinistra del Pd.
Via della Vite, pieno centro di Roma.
In un noto ristorante toscano, alle nove della sera di martedì, entrano Stefano Fassina, Monica Gregori e Alfredo D’Attorre.
I primi due deputati hanno lasciato il Pd mesi fa, dopo il no alla «buona scuola» di Renzi e il terzo ha un piede già  fuori, avendo annunciato che non voterà  la fiducia sulla manovra economica.
Con loro, in un tavolo appartato, prendono posto gli onorevoli Carlo Galli, Vincenzo Folino e Franco Monaco, i senatori Corradino Mineo e Maria Grazia Gatti, nonchè due deputati toscani.
Walter Tocci non c’era, ma i colleghi dicono scherzando che «era presente in spirito».
Nel menù il documento politico del professor Galli, che insegna Storia delle dottrine politiche a Bologna.
Arrivato a Montecitorio con Bersani ed entrato in «sofferenza crescente» da quando il segretario è Renzi, il deputato modenese è l’autore di un testo di nove pagine dal titolo «Molte fini, un nuovo inizio. Tesi per una sinistra democratica sociale repubblicana». Dove la domanda di fondo è quella che apre il quinto paragrafo: «La grande decisione è oggi se ci sia spazio per la sinistra e, in caso affermativo, se tale spazio sia interno o esterno al Pd».
Il documento, che definisce la politica economica del governo «apparentemente aggressiva verso l’Europa e in realtà  subalterna», è una critica profonda di Renzi «leader paracarismatico» e del combinato disposto tra legge elettorale e riforma costituzionale. Un binomio che, secondo Galli, genera «un governo del primo ministro» e un Parlamento «ridotto all’obbedienza».
La conclusione a cui il filosofo modenese giunge è che il Pd sia ormai «un partito di centro che guarda a destra» e che, fuori, esista lo spazio per un «progetto costituente repubblicano di nuovo New Deal, di un nuovo umanesimo sociale»
Al Nazareno si vive da separati in casa.
I dissidenti sono furibondi per la richiesta, inviata ai membri della direzione, di confermare via email l’incarico di Orfini a commissario.
Intanto Renzi assicura che non cambierà  le primarie e tiene d’occhio le mosse della sinistra scissionista. Tant’è che, dalla Gruber, il premier non chiude le porte a Verdini: «Se entrerà  in maggioranza? Ad oggi assolutamente lo escludo… Poi, da qui al 2018, osservo che c’è uno sfarinamento del centrodestra che mi colpisce molto».
Come dire che non intende subire a lungo i ricatti dei ribelli.
La decisione di rompere non è ancora matura.
Monaco, prodiano della primissima ora e teorico di una «scissione consensuale» in grande stile, era alla cena «da osservatore». E la Gatti è descritta come «molto cauta».
Ma il voto sulla manovra potrebbe portare a nuovi strappi: chi decidesse di smarcarsi non votando la fiducia, non avrebbe che una strada davanti a sè, uscire dal Pd.
D’Attorre ha già  deciso, «senza correzioni profonde» compirà  lo strappo: «Il livello di disagio è arrivato a un livello di guardia, tanti parlamentari sono stanchi di essere irrisi». Perchè non escono, allora?
«Per molti agisce ancora il senso di responsabilità  di chi viene dalla tradizione comunista».

Monica Guerzoni
(da “il Corriere della Sera”)

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VIAGGIO IN ELICOTTERO DI STATO PER RENZI: SANZIONATI I MILITARI, DOVEVA RIMANERE TOP SECRET

Ottobre 22nd, 2015 Riccardo Fucile

LA DENUNCIA DEL M5S: “DOPO L’ATTERRAGGIO DI EMERGENZA AD AREZZO TRE SOTTOUFFICIALI DI BRINDISI SONO STATI SOTTOPOSTI A PROVVEDIMENTI DISCIPLINARI, ACCUSATI DI AVER DIVULGATO LA NOTIZIA”

“Il volo del principe della casta. Renzi era un finto rottamatore che andava in bici e adesso si è rivelato un satrapo nordcoreano, che usa voli abusivi e poi punisce, senza averne le prove, tre militari che avrebbero fatto opera di trasparenza. Uno di loro lo ha fatto addirittura rinchiudere in cella di rigore”.
La denuncia arriva dai deputati del Movimento 5 Stelle che fanno parte della commissione Difesa e che hanno presentato un’interrogazione parlamentare, al ministro Roberta Pinotti, per fare chiarezza su questo caso.
La storia risale al 2 marzo scorso, quando l’elicottero di Stato sul quale viaggiava Matteo Renzi è stato costretto a un atterraggio di emergenza in provincia di Arezzo durante la tratta Firenze-Roma.
Quando si è diffusa la notizia si sono scatenate le critiche di Forza Italia, di Sel e dei pentastellati.
Per non parlare dell’ironia della Rete: “Prendere il treno, no? Ma quanto ci costi?”.
Con tanto di hashtag #renzicottero. Questo è il fatto già  noto.
Adesso però, spiga Luca Frusone, capogruppo grillino in commissione Difesa, “veniamo a sapere che tre sottufficiali di Brindisi sarebbero stati indagati e sottoposti a procedimento disciplinare dall’Areonautica con l’accusa, sommaria, di aver divulgato informazioni su quell’atterraggio di emergenza. Uno dei tre militari sarebbe persino stato costretto a cella di rigore”.
“La vicenda è assurda. Palazzo Chigi – sottolinea Frusone parlando con Huffington post – si è arrabbiato perchè ogni tanto c’è trasparenza su elicotteri e aerei blu. La punizione ai tre militari è un segnale per far capire che determinate informazioni non possono arrivare ai cittadini. Se il fatto verrà  confermato, si tratta di un atteggiamento più vicino al modello delle dittature orientali che all’Italia. Una lezione di matrice maoista: Renzi ne vuol colpire tre per educarne cento”.
“I militari – racconta ancora il deputato M5S – sono stati accusati di negligenza e sarebbero stati incolpati di aver fatto venire fuori la notizia. Questo è un rastrellamento contro di loro. Una ritorsione senza averne le prove, perchè non è detto che l’informazione sia stata diffusa da loro. Quindi Renzi è garantista a modo suo e soltanto con i suoi. È garantista quando si parla del presidente della Campania, Vincenzo De Luca, ma poi per accusare alcuni di essere colpevoli gli basta che quelle persone fossero presenti in una stanza. Ma la notizia del volo può essere stata diffusa da chiunque e da qualsiasi altra fonte”.
“Questo non solo è un atteggiamento da casta – dice Frusone – ma vuole essere un esempio per tutti gli altri che vorrebbero alzare la testa. E così gli viene impedito”.

(da “Huffingtonpost“)

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    • IL TEMPO STRINGE: SE NON CHIUDE PRESTO LA GUERRA, ISRAELE FINIRÀ ARMI E SOLDI: LO STATO EBRAICO SPENDE 735 MILIONI DI DOLLARI AL GIORNO PER IL CONFLITTO IN IRAN
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