Gennaio 26th, 2016 Riccardo Fucile
GIULIA LATORRE: “SI DOVREBBERO VERGOGNARE QUEI GENITORI CHE NON ACCETTANO I PROPRI FIGLI”… “RAGAZZI, SIATE ORGOGLIOSI DI ESSERE CIO’ CHE SIETE”
«Ciao sono Giulia Latorre , 22 anni di Taranto e sono la figlia del marò Massimiliano Latorre, la cui vicenda è ormai tristemente nota da tutti. Ho deciso di fare questo passo perchè voglio dare forza a quelle persone che hanno paura di mostrarsi per timore delle polemiche, degli insulti e delle conseguenze di un coming out».
Comincia così la lunga lettera che la figlia del marò Massimiliano Latorre ha inviato a Stefano Sechi, il ventunenne torinese picchiato su un bus perchè omosessuale, e che è stata prontamente ripresa dalla pagina Facebook “OmofobiaStop”
Un invito a non nascondersi, a non vergognarsi di se stessi: «A queste persone voglio dire che la vita è questa, è solamente una, e ve ne dovete fregare del parere della gente, soprattutto di quelle schiave della loro ignoranza! Siate voi stessi sempre, al di là di chi troverete di fronte a voi. Cosa avremmo di diverso noi omosessuali? Siamo tutti esseri umani, abbiamo sentimenti, abbiamo un cuore, abbiamo la voglia e il diritto di essere felici! E’ chi ci giudica ad avere qualche problema – scrive Giulia – Perchè le coppie gay, lesbiche non possono adottare un bambino? Per quale assurdo motivo? Vi dirò di più: a mio avviso ci sarebbe più amore nelle coppie gay che crescono un bambino, che in una coppia etero. Sono una persona abbastanza forte e determinata, ho superato tantissimi ostacoli da quando ero piccola, sto combattendo da anni una battaglia con la mia famiglia per avere giustizia per mio padre, ma ormai ho capito una cosa: il mondo fa veramente schifo. Per questo ho deciso di scrivere a voi di OmofobiaStop che state lottando per i diritti delle persone. Perchè ho deciso di fregarmene del parere della gente, e vivere felice la mia vita..».
Un lungo sfogo che non risparmia nessuno: «A te che ci giudichi: ti rabbrividisce una persona omosessuale? Mi spiace, ma il problema ce l’hai tu, non io. Quindi gira i tacchi. Sicuramente molta gente omofoba mi contatterà e dirà la sua ma alla fine, CHISSENEFREGA! Ragazzi, non vergognatevi di essere ciò che siete, soprattutto se i vostri genitori non vi accettano. Si dovrebbero vergognare loro di non accettare il proprio figlio, non voi di desiderare la vostra vita. Chi ci perde sono loro, non voi. Non demoralizzatevi, andate avanti. La vita è piena di ostacoli, ci mette alla prova .. Tocca a noi superarli e pian piano diventeremo più forti…».
E riguardo alle manifestazioni di questi giorni: «Io ho partecipato alle manifestazioni del 23 gennaio e ne sono orgogliosa. Spero che chi di dovere capisca che le unioni civili sono indispensabili è una conquista di civiltà . E il 30 gennaio. In occasione del Family Day, io mi schiererò dalla parte giusta della storia e a favore dei diritti e delle unioni civili».
(da “il Secolo XIX”)
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Gennaio 26th, 2016 Riccardo Fucile
MOBILITA’ SOCIALE, LIVELLO BASSO IN ITALIA
Che cosa significa mobilità sociale? Il termine non è molto diffuso nel linguaggio comune ma indica un fenomeno importante per tutti gli individui.
Come evidenzia il Rapporto Istat 2012, la mobilità sociale è il processo che, in una data società , consente agli individui di muoversi tra posizioni sociali diverse.
I destini individuali possono risentire degli squilibri delle posizioni di partenza. Ognuno di noi nasce infatti in una certa famiglia e in un determinato contesto, ha quindi una sua «origine sociale».
Diventando adulto, costruisce una famiglia e svolge un’occupazione, acquisisce cioè una «posizione sociale» autonoma.
Talvolta, questa risulta più elevata rispetto a quella dei propri genitori, ma è anche possibile che sia inferiore: o perchè il reddito percepito è minore, o perchè svolge un lavoro più basso nella scala sociale. I figli possono quindi ereditare i vantaggi, ma anche gli svantaggi associati alle posizioni dei loro padri
Molti sono gli indicatori che vengono utilizzati per misurare la posizione sociale di un soggetto: il reddito, il livello di istruzione, la ricchezza posseduta e la classe occupazionale.
Quest’ultima, definita come l’occupazione più alta nella scala sociale raggiunta sia dai padri che dai figli, viene considerata un buon indicatore: permette infatti di considerare sia il prestigio che la società attribuisce a ciascuna occupazione, sia i possibili cambiamenti della struttura occupazionale.
Quanto è mobile l’Italia da un punto di vista occupazionale?
Per poter rispondere a questa domanda abbiamo utilizzato i dati forniti dalla Banca d’Italia. La Banca permette l’accesso ai dati sulle indagini sui bilanci delle famiglie italiane, indagini da cui si possono reperire informazioni riguardanti le occupazioni svolte dai padri e dai figli definiti «capifamiglia», che quindi vivono fuori dalla casa paterna.
Le classi occupazionali considerate sono sette: disoccupato, operaio, piccolo imprenditore, lavoratore autonomo, impiegato o insegnante, libero professionista e manager.
Le occupazioni sono state classificate sulla base del reddito medio legato a ciascuna di essa, e del prestigio che la società vi assegna.
Per misurare la mobilità si è calcolata la probabilità che ciascun figlio ha di raggiungere una classe occupazionale uguale o diversa da quella del proprio padre, data l’occupazione svolta dal padre stesso
Il quadro che emerge è tutt’altro che promettente: si osserva infatti un peggioramento delle opportunità di riuscita occupazionale dei giovani e, per determinate classi occupazionali, un aumento della persistenza da una generazione all’altra, ad esempio per la classe operaia e impiegatizia.
In particolare i nati nei periodi 1967-1976 e 1977-1986 hanno un’elevata probabilità di trovarsi in una classe occupazionale più bassa rispetto a quella dei propri padri. Consideriamo due individui, il primo nato nel periodo 1947-1956, e il secondo nato nel periodo 1967-1976, il cui padre svolge un’occupazione da libero professionista.
Il primo ha una probabilità di svolgere un’occupazione più bassa nella scala sociale, ad esempio essere insegnante o impiegato, pari al 15 per cento, mentre la stessa probabilità per il secondo soggetto sale al 41 per cento.
Si osservi a questo proposito la visualizzazione: il flusso di colore giallo, che rappresenta la probabilità di essere impiegato o insegnante, nella sesta colonna, che a sua volta indica la professione del libero professionista per il padre, va ampliandosi per la generazione più giovane.
Tale andamento suggerisce quindi un peggioramento nelle opportunità di occupare una posizione migliore nella scala occupazionale rispetto ai propri padri implicando quindi una più alta probabilità di muoversi verso il basso.
Per le coorti più anziane vale invece l’opposto: la probabilità di accedere a un’occupazione più elevata rispetto a quella dei padri resta alta.
Osserviamo la terza colonna, dove il padre è un piccolo imprenditore: il flusso di colore azzurro denota la probabilità per i figli di diventare liberi professionisti, salendo così nella scala occupazionale.
Per la generazione nata tra il 1947 e il 1956 tale probabilità è pari al 14 per cento.
Rimane stabile per la generazione nata tra il 1957 e 1966, ma inizia a diminuire drasticamente per le generazioni più giovani fino a raggiungere un livello vicino allo zero.
Emergono altri due fenomeni: la crescente probabilità di accedere alla classe operaia e a quella impiegatizia, e la maggiore difficoltà delle generazioni più giovani a ricalcare le orme dei padri.
Nel primo caso si osserva che la probabilità che un figlio ha di diventare operaio avendo un padre manager aumenta dal 4 per cento per i nati nel periodo 1947-1956 al 10,5 per cento per i nati nel periodo 1967-1976.
Queste stesse probabilità variano dal 36 al 47 per cento se il figlio rientra nella classe impiegatizia.
Nel secondo caso invece appare sempre meno probabile che il figlio di un libero professionista svolga la stessa professione del padre.
L’Italia mostra quindi da un lato un basso livello di mobilità causato dall’aumento della persistenza in certe classi occupazionali, e allo stesso tempo, un aumento della mobilità discendente.
Tra le cause, il peggioramento delle opportunità tra i più giovani che può essere imputato sia a una minore equità nei processi di allocazione delle persone nelle varie posizioni, sia ai cambiamenti strutturali che il nostro sistema occupazionale ha subito negli ultimi decenni.
Alle coorti più giovani non è permesso accedere a certe occupazioni non tanto perchè non ne hanno le opportunità , ma piuttosto perchè c’è meno richiesta dal lato della domanda di lavoro.
L’incremento della mobilità discendente può dare origine a diversi effetti, che sembrano essere favoriti, paradossalmente, dalla crescita dei livelli di istruzione dei giovani: venendo collocati in posizioni professionali meno qualificate di quelle in cui erano i loro padri, a parità di istruzione, assistono a una dispersione del loro capitale umano.
Irene Brunetti
(da “il Corriere della Sera”)
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Gennaio 26th, 2016 Riccardo Fucile
DALLA METRO JONIO AD ANAGNI CON UN FUCILE GIOCATTOLO…. “NESSUNO MI HA CHIESTO NULLA”…AL MILITARE CHE LO AVEVA INTERCETTATO SUL TRENO AVEVA SPIEGATO: “E’ UN REGALO PER MIO FIGLIO”
E’ stata rintracciata dai carabinieri dopo 15 ore di caccia all’uomo, la persona che ieri, con un fucile giocattolo, ha fatto scattare il panico alla stazione Termini di Roma. Sessantasei minuti di paura con un italiano che dalla stazione della metro B1 di Jonio è arrivato ad Anagni – dove non è stato fermato se non questa mattina – attraversando indisturbato otto fermate di metropolitane e, soprattutto, Termini con un fucile in bella vista. Arma risultata poi finta e innocua.
Si tratta di un pizzaiolo di 44 anni, residente a Roma, separato, che ogni settimana si reca ad Anagni per incontrare il figlio, che vive con i nonni, al quale aveva comprato il fucile giocattolo.
L’abitazione si trova nei pressi dello stabilimento della Marangoni, vicino ad Anagni, dove alcuni testimoni avevano visto scendere dal treno l’uomo con la finta arma. Identificato, è stato portato in caserma per essere ascoltato. E ai militari avrebbe raccontato di aver aspettato per mezz’ora a Termini senza che nessuno gli dicesse nulla, e quando il treno è partito, di non essersi accorto del clamore che si lasciava dietro.
Ha confermato poi di essere arrivato ad Anagni e di aver preso il pullman che lo portava a casa dei genitori dove ha regalato il giocattolo al bambino.
Ma ieri, per il sistema della sicurezza, c’è stato il materializzarsi della paura più temuta: la possibilità del terrorista solitario.
Rintracciato solo dopo 15 ore.
La prima segnalazione al 112 è arrivata da una donna, alle 19.42: “Sono a Termini. C’è un uomo armato in metropolitana, l’ho visto dalla fermata Bologna”.
La donna fornisce anche la descrizione di quel potenziale terrorista, ignaro del caos che si stava scatenando attorno a lui: cappellino bianco, scarpe a punta, giubbotto celeste, fucile che spunta dalla giacca.
Cinque minuti dopo, alle 19.47, dalla sala operativa della questura vengono spedite 14 volanti a Termini.
La stazione viene “cintata”, è questo il termine tecnico degli operatori della sicurezza, i binari bloccati da 70 agenti, e da Doppia Vela, il nome in codice della polizia in radio, arriva anche la suddivisione dei compiti tra gli equipaggi delle volanti.
La Polfer intanto scandaglia le immagini delle telecamere e individua le immagini giuste dell’uomo che intanto sta facendo tremare i passeggeri di Termini.
Sui social network c’è chi twitta le immagini dei treni bloccati.
Ma intanto lui, il ricercato numero uno della città , cosa fa?
Non si accorge di nulla: scende dalla metropolitana a Termini, attraversa tutta la stazione con il fucile giocattolo per il figlio, e sale su un treno, probabilmente delle ferrovie laziali. Si siede nel convoglio, accanto c’è un carabiniere in divisa ma libero dal servizio: il militare ignora quanto sta accadendo a Termini.
Il maresciallo vede il fucile dell’uomo che appare instabile e odora di vino. «È per mio figlio, un regalo di Carnevale», dice l’uomo mostrando lo scontrino e anche il biglietto neppure vidimato con destinazione Anagni.
Il maresciallo scende, l’uomo non viene mai fermato, viene visto salire a bordo di un pullman per Fiuggi e il militare soltanto a casa guardando la televisione capisce chi aveva accanto, e dà l’allarme.
Alle 20.48 Doppia Vela segnala il cessato allarme: «Si torna al pattugliamento ordinario». Ma solo oggi l’uomo è stato identificato.
Per lui non dovrebbe scattare nemmeno la denuncia di procurato allarme.
(da “La Repubblica”)
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Gennaio 26th, 2016 Riccardo Fucile
“FUORIGIOCO”: L’INDAGINE CHE FA TREMARE IL CALCIO…. “RADICATO SISTEMA DI EVASIONE FISCALE”
Terremoto giudiziario nel mondo del calcio. Sono in corso per ordine della procura di Napoli perquisizioni e sequestri per i reati di evasione fiscale e false fatturazioni.
Gli indagati sono 64 tra cui l’ex presidente della Juventus Jean Claude Blanc, il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis, il dirigente del Milan Adriano Galliani, il presidente della Lazio Claudio Lotito l’agente di calciatori Alessandro Moggi e alcuni calciatori, tra cui Ezequeil Lavezzi. Le indagini della Finanza sono condotte dal procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli e dai pm Stefano Capuano, Vincenzo Ranieri e Danilo De Simone.
La Procura napoletana ipotizza un “meccanismo fraudolelento architettato per sottrarre materiale imponibile alle casse dello Stato” nella compravendita dei calciatori. I fatti si riferiscono al periodo compreso tra il 2009 e il 2013.
I procuratori degli atleti, sostengono gli inquirenti, “provvedevano a fatturare in maniera fittizia alle sole società calcistiche le proprie prestazioni, simulando che l’opera intermediazione fosse resa nell’interesse esclusivo dei club, mentre di fatto venivano tutelati gli interessi degli atleti assistiti dagli agenti medesimi”.
LE RAPINE
L’inchiesta della Procura era partita a seguito delle indagini sulle rapine commesse ai danni di alcuni calciatori del Napoli e dall’intercettazione di una telefonata in cui Lavezzi, parlando con il suo procuratore, Alejandro Mazzoni, sembrava fare riferimento all’apertura di un conto corrente bancario in Svizzera a favore di Chavez, altro atleta argentino. Mazzoni replicava affermando che il conto, già aperto con la Hsbc, era stato chiuso e che si stava muovendo per aprirne un altro. Da qui, la finanza aveva avviato una serie di accertamenti sugli aspetti economico finanziari dei contratti dei calciatori della scuderia Mazzoni
I NOMI
Il sequestro è stato disposto, per importi di alcune migliaia di euro ciascuno, nei confronti di otto procuratori sportivi: Alessandro Moggi, Marco Sommella, Vincenzo Leonardi, Riccardo Calleri, Umberto Calaiò, Adrian Leonardo Rodriguez, Fernand Osvaldo Hidalgo, Inev Alejandro Mazzoni, Edoardo Luis Rossetto. Trentasette dirigenti societari: Antonio e Luca Percassi, Claudio Garzelli, Giorgio Perinetti, Luigi Corioni, Gianluca Nani, Sergio Gasparin, Pietro Lo Monaco, Igor Campedelli, Maurizio Zamparini, Rino Foschi, Daniele Sebastiani, Andrea Della Valle, Pantaleo Corvino, Alessandro Zarbano, Enrico Preziosi, Luciano Cafaro, Jean Claude Blanc, Alessio Secco, Claudio Lotito, Marco Moschini, Renato Cipollini, Aldo Spinelli, Adriano Galliani, Aurelio De Laurentiis, Tommaso Ghirardi, Pietro Leonardi, Pasquale Foti, Edoardo Garrone, Umberto Marino, Massimo Mezzaroma, Roberto Zanzi, Giovanni Lombardi Stronati, Francesco Zanotti, Sergio Cassingena, Dario Cassingena, Massimo Masolo. E diciassette calciatori: Gustavo Gerrman Denis, Juan Ferbando Quintero Paniaugua, Adrian Mutu, Ciro Immobile, Matteo Paro, Hernan Crespo, Pasquale Foggia, Antonio Nocerino, Marek Jankoulovsky, Cristian Gabriel Chavez, Ignacio Fideleff, Ivan Ezequiel Lavezzi, Gabriel Paletta, Emanuele Calaiò, Cristian Molinaro, Pabon Rios, Diego Miliyo.
Contestualmente al decreto di sequestro, i pm hanno anche firmato l’avviso di chiusura delle indagini preliminari.
Rispetto all’elenco dei destinatari del decreto di sequestro firmato dal giudice Luisa Toscano, l’avviso non coinvolge Adrea Della Valle e cinque calciatori: si tratta di Emanuele Calaiò, Ciro Immobile, Marek Jankulovsky, Pasquale Foggia, Christian Molinaro.
LE SOCIETA’
Le società potevano dedurre le spese dal debito imponibile, ottenendo anche la detrazione dell’Iva. In parole povere, rileva la Procura, “l’importo pagato dal club costituiva un reddito da imputare effettivamente al calciatore e di conseguenza la società ometteva il pagamento delle ritenute fiscali e previdenziali”.
Le presunte violazioni riguardano 35 società di A e B. Il sequestro è scattato nei confronti di 12 indagati per un importo complessivo di 12 milioni di euro. Contestualmente, il pm ha chiuso le indagini per 64 persone. Tutti gli indagati potranno replicare alle accuse nei successivi passaggi del procedimento. Il decreto di sequestro potrà essere impugnato dalla difesa davanti al tribunale del Riesame.
LAVEZZI E CHAVEZ
L’inchiesta che ha portato ai provvedimenti di oggi nasce con la Guardia di Finanza che nel 2012 nelle sedi del Napoli e della Figc acquisisce i contratti di Ezequiel Lavezzi, ceduto dal Napoli al Psg, e del quasi sconosciuto attaccante argentino Cristian Chavez. Partendo da quella attività , nove mesi dopo, i finanzieri si sono presentati nelle sedi di 41 società di serie A e B per acquisire ulteriore documentazione.
IL “FRINGE BENEFIT”
Gli investigatori parlarono di un “fenomeno generalizzato” nel calcio italiano, vale a dire la “progressiva ed esasperata” lievitazione degli oneri relativi agli ingaggi dei calciatori. E questo, era l’ipotesi investigativa, avrebbe fatto sì che nel tempo si determinasse una situazione di squilibrio gestionale sul piano economico-finanziario che potrebbe aver spinto le società a compiere una serie di illeciti fiscali.
L’attenzione della procura e della Gdf si è concentrata su diversi aspetti della gestione dei club: dalla ricostruzione dei rapporti tra società , procuratori e calciatori alle modalità di trasferimento di questi ultimi; dall’esame dei contratti alle modalità d’inserimento nei bilanci dei giocatori; dalle operazioni di compravendita e rinnovo alla gestione dei diritti d’immagine e dei diritti televisivi; dall’attività di scouting ai compensi per i calciatori qualificati come “fringe benefit”.
LE PERQUISIZIONI
Nell’ambito dell’inchiesta sono state eseguite una serie di perquisizione presso le abitazioni e altri luoghi da loro frequentati da calciatori e i loro rispettivi procuratori coinvolti nell’indagine.
Lo scopo del blitz delle fiamme gialle – si legge in una nota del procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli – è rinvenire eventuale documentazione bancaria e contrattualistica inerente ai fatti illeciti contestati ossia condotte fraudolente finalizzate a evadere il fisco.
(da “La Repubblica”)
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Gennaio 26th, 2016 Riccardo Fucile
CERTI PERSONAGGI SE NON ESISTESSERO BISOGNEREBBE INVENTARLI, HANNO IL SENSO INNATO DELL’UMORISMO
Riportiamo, per non essere tacciati di partigianeria, da “il Tempo”: “Sì alle primarie. Ma con condizioni che – al momento – sembrano escludere chi a quelle consultazioni si è già virtualmente iscritto, come Francesco Storace e Alfio Marchini. Fa discutere l’apertura di Giorgia Meloni all’ipotesi della consultazione popolare per la scelta del candidato sindaco di Roma, arrivata dopo giorni di pressione da parte di chi, come lo stesso Storace e Gianni Alemanno, chiede da tempo un confronto per mettere d’accordo il variegato fronte anti-renziano. E dopo l’appello de Il Tempo a «scongelare» il fronte romano del centrodestra…”
In sostanza la Meloni, nota per essere leader di Fdi dopo primarie farsa dove era l’unica candidata, ora vorrebbe trasferire questa originale prassi anche per le comunali di Roma, almeno a parole.
Con una serie umoristica di paletti che alla fine, eliminati Storace e Marchini, vedrebbero come unica candidata ovviamente lei, la cognata d’Italia.
Non si capisce tra l’altro a che fine partecipi ai vertici ad Arcore con Silvio e Matteo per decidere i nomi dei candidati sindaci di centrodestra: se ritiene essenziali le primarie, “che c’azzecca” perdere tempo nei vecchi teatrini della politica?
Caso vuole che “il Tempo”, oltre a intervistare la mascotte della destra umoristica italiana, reduce da un book parigino con foto ricordo di Marine Le Pen, nella stessa edizione pubblichi un sondaggio Ipr sui potenziali candidati sindaci di Roma.
Da dove risulta che la Meloni, candidata di tutto il centodestra, al primo turno prenderebbe appena il 30%, ma, cosa ancor più grave per lei, se il candidato fosse Storace avrebbe la stesse percentuale, alla faccia del traino della mascotte.
Lo stesso livello dei Cinquestelle, in pratica, con Giachetti al 24% e Marchini al 10%.
Andrebbe quindi al ballottaggio un candidato di centodestra per poi rimediare una brutta figura e perdere contro uno sconosciuto grillino 60% a 40%, se va bene.
Non a caso, nel timore di bruciarsi, la Meloni tentenna.
Salvini, altro noto coraggioso, il problema l’ha giù risolto: a Milano, capitale della padagna, si è guardato bene da metterci la faccia e presentarsi candidato sindaco. Perdere a Milano sarebbe un danno d’immagine indelebile per il capitano di lungo sorso.
Resta la farsa del “nuovo che avanza” con le primarie “per far decidere la base”: ma certe primarie con candidato unico ricordano più i plebisciti della Russia sovietica, tanto cari al loro zietto acquisito Putin.
Da svidà nja.
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