Gennaio 24th, 2017 Riccardo Fucile
COME SE NON BASTASSE ESSERE RIMASTA SEPOLTA VIVA 2 GIORNI E MEZZO, ORA DEVE SOPPORTARE LE CRITICHE DEI COGLIONAZZI CHE LE SPIEGANO ANCHE COME DEVE GIOIRE
Giorgia Galassi è una delle persone che sono state salvate dagli uomini del Soccorso Alpino e dei Vigili del Fuoco intervenuti all’hotel Rigopiano dopo la slavina che ha travolto l’albergo.
Dopo 58 ore passate al buio senza cibo nè acqua in uno spazio talmente piccolo da non riuscire ad alzarsi in piedi Giorgia e il suo fidanzato, Vincenzo Forti, sono stati estratti vivi dalla massa di neve che aveva ricoperto l’hotel.
Giorgia ha raccontato la sua terribile esperienza ai giornali, spiegando di essere riuscita a sopravvivere mangiando la neve per dissetarsi.
In un post pubblicato su Facebook dopo essere stata tratta in salvo Giorgia esprime la sua gratitudine nei confronti di tutti coloro che durante i drammatici giorni trascorsi sotto alla valanga si sono preoccupati per lei e che le sono stati vicini con il pensiero. Essere uscita viva da una catastrofe del genere l’ha fatta rinascere, ma il ritorno dall’incubo non è stato facile, così Repubblica raccontava l’incontro con Giorgia:
Giorgia ha degli sbalzi d’umore impressionanti, alterna momenti d’euforia ad autentici attimi di disperazione.
«È stato un miracolo – ripete – la mia vita da oggi cambierà », poi però scoppia a piangere pensando «a tutti quelli– tanti – che sono rimasti nella sala Garden dell’hotel, sotto la valanga». Vincenzo fa quello che può. Ma spesso devono intervenire i medici.
Come tutti i sopravvissuti Giorgia sta vivendo un momento molto difficile, da un lato la gioia per essere ancora viva e per essere stata salvata, dall’altra la disperazione per coloro che sono rimasti sotto alla valanga e non ce l’hanno fatta.
È impossibile sapere come si sente Giorgia (o come si sentono gli altri scampati alla tragedia) e chiunque sia dotato di un minimo di umana comprensione guardando all’esperienza che ha vissuto dovrebbe quantomeno evitare di precipitarsi a giudicare una ragazza di 22 anni e quello che posta su Facebook.
Il profilo sul social di Giorgia infatti consente a tutti di lasciare un commento sotto ai suoi post ed in molti ne hanno approfittato per andare ad esprimere la propria gioia e la propria felicità per la bella notizia, per dirle ben tornata, confermando la partecipazione emotiva di molti italiani alla tragedia di Rigopiano e all’affannoso lavoro dei soccorittori.
Ad esempio sotto una delle foto più recenti (caricata però il 6 gennaio) dove Giorgia sorride su un prato innevato qualcuno chiede rispetto per “chi è ancora là sotto” e si lamenta per l’esposizione mediatica della ragazza.
Stesso genere di commento lasciato anche sotto ai post dei giornali (ad esempio il Messaggero) che davano la notizia e che hanno utilizzato come foto di copertina proprio quella “sgradita” ai moralisti di Facebook:
Sotto al post in cui Giorgia annunciava di essere tornata alla vita qualcuno ha qualcosa da ridire, ha sbagliato a ringraziar
E sono in molti a ricordarle che “deve ringraziare il Signore” che “ha ascoltato le nostre preghiere” mentre qualcuno azzarda anche più spericolate analisi psicologiche sul fatto che i giovani siano narcisisti ed egocentrici e che la colpa sia tutta degli adulti.
Un’analisi condivisa ovviamente anche da persone che ammettono di non aver nemmeno letto l’articolo del Messaggero, giusto per confermare che fermarsi alla lettura del titolo è sufficiente.
Ma non è finita, perchè la Galassi ha avuto “l’ardire” di postare la foto di un regalo ricevuto da una sua amica che vive a Londra
Al solito tra i tanti commenti felici di quelli che hanno pregato per lei torna in azione il moralizzatore che la definisce “ingrata”.
E c’è da dire che molti sono d’accordo con lui, Giorgia avrebbe dovuto postare una preghiera per quelli che sono ancora sotto le macerie: è noto infatti che le preghiere condivise su Facebook siano molto più potenti di quelle normali.
La foto è “troppo frivola” per un momento del genere, Giorgia avrebbe dovuto fare altro, scrivere altro, postare altro, magari addirittura non uscire viva da lì perchè in fondo come si permette ad essere viva mentre altri sono morti?
E così anche oggi l’Internet ci ha spiegato qual è l’etichetta da seguire per sopravvivere alle tragedie senza offendere nessuno ed essere grati al Signore e a tutti quelli che con pazienza ed umiltà vengono a spiegarti cosa dovresti fare, scrivere, pensare.
Tenetelo a mente, perchè oggi tocca a Giorgia, domani chissà .
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 24th, 2017 Riccardo Fucile
E’ BASTATO CHE FICO CONTESTASSE L’INCIUCIO CON SALVINI CHE IL DESPOTA RISPOLVERASSE LE MINACCE: “CHI NON E’ D’ACCORDO VADA ALTROVE”… “LE INTERVISTE VANNO CONCORDATE CON I VERTICI”
Povero Roberto Fico, è bastato che facesse trapelare il proprio dissenso dalla linea dei padroni
dell’azienda M5S, ricordando che il programma del Movimento non contempla alleanze con nessuno, perchè dalle colline di Sant’Ilario il proprietario dell’azienda minacciasse tuoni e fulmini.
Ed ecco che sul blog ufficiale Grillo in sostanza bacchetta proprio gli ortodossi.
Dopo aver smentito, come copione impone, ogni voce di avvicinamento ad altri schieramenti politici, il garante dei Cinquestelle lancia l’anatema: “Le uscite comunicative vanno concordate con i responsabili comunicazione. I portavoce eletti del MoVimento 5 Stelle hanno un compito ben definito: dedicarsi al compimento del programma. Il programma per le prossime elezioni non sarà definito dai parlamentari ma dagli iscritti (nel senso che potranno ratificare quello che decidono lui e Casaleggio) e chi non sarà d’accordo potrà perseguire il suo programma in un’altra forza politica.”
E ricorda: “Chi danneggia l’immagine del Movimento 5 Stelle può incorrere nelle sanzioni definite dal Regolamento: richiami e sospensioni. Non si fanno sconti a nessuno”.
Che se valesse tale principio su “chi danneggia l’immagine del M5S”, lui avrebbe dovuto essere il primo a essere cacciato da tempo.
Poi conclude con il gran finale: “Il M5S non è di destra nè di sinistra, non c’entriamo nulla con queste categorie ideologiche.”
Come tutte le aziende che si rispettino, conta il bilancio.
(da agenzie)
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Gennaio 24th, 2017 Riccardo Fucile
IL CAPO DEGLI ORTODOSSI IMMAGINA PIUTTOSTO CONVERGENZE VARIABILI IN BASE AL PROGRAMMA… MA DIMENTICA CHE UN GOVERNO SI REGGE SUL VOTO DI FIDUCIA E SU UNA MAGGIORANZA
Roberto Fico è uno dei deputati del MoVimento 5 Stelle più coerenti: in molte occasioni, e a differenza della stragrande maggioranza dei suoi colleghi, ha avuto il coraggio di sfidare l’impopolarità su molte tematiche (come l’immigrazione) e di avere capacità di analisi dei problemi e di comprensione della complessità rare nel M5S.
Oggi Annalisa Cuzzocrea su Repubblica riporta una serie di sue considerazioni sugli scenari politici futuri molto interessanti.
Anche se sembra sottostimare e sovrastimare alcune circostanze politiche che potrebbero verificarsi, Fico è chiaro nel dire: «Nè con Salvini, nè con Trump».
Poi spiega:
«Mettiamo che si vada a elezioni con un sistema proporzionale e che noi arriviamo primi – spiega Fico – per come la vedo io, avremo l’incarico di governo, ma non scambieremo nè poltrone nè sottosegretariati. Presentiamo il programma e si va su quello, giorno per giorno, tema per tema».
Il presidente della Vigilanza Rai ha in mente un «governo di maggioranza relativa». Nessuna alleanza precostituita.
Quanto a eventuali convergenze sui temi: «Quella con la Lega non è la più probabile. E se volesse votarceli Sel?».
L’ipotesi di incarico al M5S in caso di vittoria alle prossime elezioni anche se i grillini non dovessero raggiungere la maggioranza ad oggi è di scuola (perchè non sappiamo con che sistema elettorale si voterà ) ma assolutamente credibile.
E qui Fico spiega che il M5S potrebbe ottenere l’incarico (è successo, nella storia recente, con Bersani nel 2013) e potrebbe portare in aula i diversi temi per trovare una maggioranza che potrebbe essere mobile (Travaglio direbbe “trasformista” ricordando Depretis, forse).
E qui vengono subito due obiezioni: la prima è che il governo M5S dovrebbe ottenere prima di tutto la fiducia; la seconda è che fare affidamento su SEL (o su altri raggruppamenti della Sinistra Radicale, alternativa al PD) oggi appare difficile, visto che i sondaggi non li premiano ed è molto difficile che riesca ad entrare in parlamento, figuriamoci fare l’ago della bilancia.
Tuttavia, è evidente che se si parte aprendo alla possibilità di convergenza sui temi, si apre anche ad altri partiti. Ad esempio il PD o la sua sinistra.
E invece curioso che Fico dica che quello che scrive Grillo sull’immigrazione non conta, mentre conta il lavoro dei parlamentari:
Non vuole criticare il voto popolare statunitense, Fico, ma spiega che il muro con il Messico annunciato da Trump lo vede in completo disaccordo, così come l’ipotesi di smantellare l’assicurazione medica universale varata da Obama.
«È storicamente provato che dove vengono innalzati muri i problemi aumentano. Sull’immigrazione non serve chiusura, ma un’apertura intelligente. E la nostra linea non la tovate nè sul blog nè in mozioni estemporanee: verrà fuori dal gruppo di lavoro incaricato del programma e sarà basata sui nostri atti parlamentari, molto diversi da quelli della Lega».
Dovrebbe infatti essersi accorto già da tempo che finora la capacità di incidenza degli eletti M5S sulle decisioni finali non è scarsa, è nulla.
La vicenda dell’alleanza con l’ALDE è sintomatica: molti parlamentari non ne erano al corrente. E c’è di più: venerdì scorso David Borrelli, in una surreale autointervista concessasi sul blog di Grillo, ha scritto chiaro e tondo che “Chi doveva sapere, sapeva”.
Riferendosi evidentemente a Grillo e Casaleggio.
Per questo sperare che domani i parlamentari influiscano su qualcosa sembra un pio desiderio più che un calcolo politico razionale. Ad oggi, almeno.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 24th, 2017 Riccardo Fucile
SARA’ IL PRIVILEGIO DI ESSERE RAPPRESENTATI DA ORFINI?… ALTROVE A TESSERA COSTA 15 EURO
Fare politica a Roma dev’essere evidentemente un privilegio. 
D’altro canto, vuoi mettere la fortuna di essere rappresentati da Orfini e Giachetti? Proprio per questo in città la tessera, necessaria per votare al congresso per metà marzo, costa 30 euro mentre nel resto d’Italia ne costa quindici. La storia la racconta il Messaggero:
La tessera, necessaria per votare al congresso atteso per metà marzo, costa 30 euro, nel resto d’Italia ne costa 15. Ed è polemica tra la base e il partito.
«Senza contare — spiega un militante che non accetta di iscriversi pagando 30 euro — che i Giovani democratici, quelli che hanno fino a 29 anni di età , pagano 5 euro e hanno gli stessi diritti congressuali».
Il termine del tesseramento è il 28 febbraio. Il caro tessera è spiegato così da Matteo Orfini commissario del Pd: «A Roma abbiamo 2 milioni e 200mila euro di debiti ereditati da chi oggi si lamenta».
In altre occasioni lo stesso Orfini aveva spiegato che il costo della tessera doveva servire a evitare che i capibastone ne acquistassero in blocco per rimediare voti in vista del congresso.
Ma se il limite non esiste per i giovani, cosa impedirebbe questo comportamento?
«Il costo della tessera a 30 euro – ribatte una militante- il congresso in 15 sedi anzichè in 100,come prevede il Pd nazionale, sembrano voler strozzare la discussione. Insomma, sembra che ci sia la voglia di voler organizzare un congresso per pochi intimi».
Ma quali sono gli schieramenti in campo? Da una parte c’è l’ala vicino al commissario Orfini (Giovani Turchi, turborenziani, area Dem di Franceschini) dall’altra quelli di Palazzo Santa Chiara.
E cioè i 4 ex minisindaci — Valerio Barletta, Paolo Marchionne, Andrea Santoro e Maurizio Veloccia -promotori, una settimana fa insieme al presidente del I municipio Sabrina Alfonsi, dell’iniziativa ‘Roma è ora di esserci”. Terza area: “Trasforma Roma”, un gruppo di iscritti, di candidati al Consiglio comunale tra cui Valeria Baglio,unica eletta.
Le manovre stanno per iniziare.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 24th, 2017 Riccardo Fucile
COME DA STUDENTE NON ANDAVA SPESSO A SCUOLA, ORA NON SI PRESENTA NEGLI ORGANI ISTITUZIONALE DOVE E’ STATO ELETTO… PERO’ NON RINUNCIA AI BIGLIETTI OMAGGIO PER LA PARTITA DEL MILAN
Forse non tutti sanno che Matteo Salvini, leader della Lega Nord e Parlamentare Europeo è anche consigliere del Comune di Milano.
Alle amministrative del 2016 infatti Salvini si era candidato al Consiglio Comunale per sostenere la corsa del candidato del Centrodestra Stefano Parisi.
Anche se Parisi non è stato eletto sindaco Salvini è riuscito lo stesso ad entrare in Consiglio, ma guardando i dati pubblicati sul sito del Comune apprendiamo che Salvini, così come a Bruxelles, a Palazzo Marino non ci va molto spesso.
Un comune mortale potrebbe pensare che Matteo Salvini, in quanto europarlamentare non ha il tempo per prendere parte alle sedute del Consiglio Comunale, ma visto che all’Europarlamento (e alle sedute delle Commissioni) Salvini non partecipa in modo assiduo sappiamo che non è così.
Il tempo per andare in Consiglio Comunale, giusto per rispetto nei confronti di quelli che l’hanno votato Salvini ce l’avrebbe, in fondo Milano è la sua città ed è proprio da Milano che nel lontano 1993 è partita la sua avventura politica.
Salvini è stato consigliere comunale per dieci anni, fino al 2013 quando si è dimesso dalla carica.
Eppure se guardiamo l’elenco delle presenze in Aula scopriamo che Salvini ha preso parte ad appena 14 sedute su 31, pari al 45,16%.
Meglio di lui tutti gli altri consiglieri comunali a partire da altri due assenteisti di grido: Mariastella Gelmini (16 presenze) e Stefano Parisi (18).
Non va meglio se guardiamo un altro dato, ovvero l’elenco delle presenze dei consiglieri comunali alle votazioni.
Su un totale di 199 votazioni Salvini ha partecipato a solo 30 votazioni (pari al 15,08%), il che lascia intendere che anche quando Salvini si è recato in Consiglio è probabile che non ci sia rimasto fino alla fine della seduta.
Non è dato invece di sapere — perchè non ci sono dati — a quante riunioni della Commissione Periferie il leader della Lega Nord abbia preso parte.
Ed è una magra consolazione sapere che se non altro Salvini non percepisce il gettone di presenza per le — poche — partecipazioni alle sedute e si deve accontentare di farsi bastare lo stipendio da eurodeputato .
Non lo fa certo per bontà sua, ma in virtù dell’articolo del Testo Unico sugli Enti Locali che stabilisce il divieto di cumulo degli emolumenti per i parlamentari europei che sono anche consiglieri comunali.
Ma non è finita qui, perchè stando a quanto ha raccontato Patrizia Bedori (M5S) oggi al Fatto Quotidiano Matteo Salvini, così come altri consiglieri indipendentemente dal loro partito di appartenenza (ad eccezione dei portavoce del MoVimento che hanno deciso di rinunciarvi) usufruisce dei biglietti gratis previsti per alcuni eventi che si svolgono a Milano, ad esempio le partite e i concerti a San Siro oppure per le rappresentazioni teatrali al Teatro alla Scala.
Secondo la Bedori Salvini ha ritirato 10 biglietti sui 44 a disposizione dei consiglieri per gli eventi a San Siro.
Salvini non ha rubato niente a nessuno perchè appunto i biglietti sono messi a disposizione dei consiglieri in base ad una convenzione stipulata tra il Comune e la società che gestisce lo stadio. C’è da dire che Salvini è in buona compagnia e che l’assenteista Gelmini è riuscita a fare meglio, ritirando 44 tagliandi su 44 (così come hanno fatto anche consiglieri di Lega e della Lista Sala).
Hanno rinunciato anche il sindaco Giuseppe Sala e tre consiglieri Pd (Carlo Monguzzi, Lamberto Bertolè e Milly Moratti).
Ma tutti gli altri, di destra e di sinistra, li hanno presi, invece.
Mariastella Gelmini di Forza Italia e Alessandro Morelli della Lega hanno ritirato 44 biglietti su 44. Matteo Salvini 10 biglietti, Stefano Parisi 4. E 44 partite su 44 se le sono viste gratis anche Marco Fumagalli, Franco D’Alfonso ed Enrico Marcora, della lista Sala.
Negli anni scorsi i biglietti erano assegnati automaticamente, quindi un consigliere poteva utilizzare anche la scusa di “non voler sprecare” i biglietti.
La giunta Pisapia però è intervenuta nel 2012 a regolare l’emissione dei biglietti, che da qualche tempo sono nominali e quindi non cedibili, e soprattutto vanno richiesti. Questo significa che Salvini, che non ha il tempo per andare a Bruxelles a votare o per fare lo stesso in Consiglio Comunale a Milano riesce in ogni caso a trovare il modo di richiedere i biglietti e andare a San Siro.
Chissà quante cose potrebbe fare questo fantastico ragazzo se solo non venisse quotidianamente sequestrato negli studi televisivi e i giornalisti lo lasciassero lavorare.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 24th, 2017 Riccardo Fucile
SULLA BREXIT DEVE VOTARE IL PARLAMENTO: ANCHE LA CORTE SUPREMA DI LONDRA DA’ TORTO AL GOVERNO CHE AVEVA PRESENTATO RICORSO
Dopo l’Alta Corte di Londra anche la Corte Suprema dà torto a Theresa May. 
La Corte Suprema di Londra ha disposto oggi in via definitiva che la notifica dell’articolo 50 del Trattato di Lisbona per l’avvio dei negoziati con l’UE per la Brexit dovrà essere autorizzato da un voto del Parlamento britannico.
Il verdetto conferma quello di primo grado dell’Alta Corte e dà torto al governo May che aveva presentato ricorso invocando il diritto ad attivare l’articolo 50 d’autorità , nel rispetto della volontà popolare del referendum del 23 giugno.
La decisione complica i piani del governo britannico.
L’Alta Corte ha stabilito che May non potrà usare i suoi poteri esecutivi per attivare l’articolo 50 del Trattato europeo di Lisbona, meccanismo di uscita dall’Ue.
“Oggi, con una maggioranza di 8 giudici a 3 la Corte Suprema ha stabilito che il governo non può attivare l’articolo 50 senza un atto del Parlamento che lo autorizza farlo”, ha spiegato Lord David Neuberger, presidente della Corte.
In ogni caso la Corte Suprema britannica ha anche escluso qualunque potere di veto da parte delle assemblee di Scozia, Galles e Irlanda del Nord sulla Brexit, l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue.
Lo ha annunciato il presidente della Corte, affrontando il secondo punto del suo verdetto odierno e respingendo il tentativo di far valere in questo caso il potere della devolution.
Come sottolineano i media britannici, non solo si tratta di una forte umiliazione per il governo di Theresa May ma questo di sicuro avrà ripercussioni sui tempi della Brexit, rallentandola.
Gli anti-Brexit sostenevano che lasciare l’Unione senza prima aver consultato l’assemblea legislativa avrebbe rappresentato una violazione dell’accordo con cui, nel 1972, il Regno Unito aveva aderito alle comunità europee.
I giudici hanno dato ragione ai Remain: il referendum era consultivo, non si può prescindere dal voto del Parlamento.
“La corte accetta l’argomentazione principale dei ricorrenti”, hanno affermato i giudici, e “la corte non accoglie le argomentazioni avanzate dal governo, che ritiene questo voto inutile”.
Il governo britannico di Theresa May è “deluso” dell’esito della controversia legale che impone un voto del Parlamento per l’attivazione dei negoziati sulla Brexit, ma lo rispetta e attuerà quanto richiesto dal verdetto, ha detto l’attorney general Jeremy Wright, notando peraltro che questo verdetto non mette in discussione il referendum e annunciando per oggi la presentazione alle Camere di una legge ad hoc per l’avvio alle procedure di divorzio dall’Ue.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 24th, 2017 Riccardo Fucile
RIVELAZIONI DEL TIMES: RAZZO LANCIATO DA UN SOTTOMARINO AVREBBE DEVIATO ROTTA PUNTANDO DIREZIONE FLORIDA
Lo chiamano “Tridentgate”: è il primo scandalo per il governo conservatore di Theresa May, accusato di avere insabbiato e nascosto il fallimento di un test di un missile dell’arsenale strategico britannico prima di chiedere al parlamento di approvare il costoso programma per finanziarlo.
L’esperimento sarebbe avvenuto a giugno, secondo quanto rivela il Times: un razzo della classe Trident, l’unico patrimonio del deterrente nucleare del Regno Unito, lanciato da un sottomarino verso il mare aperto, avrebbe deviato rotta puntando in direzione della Florida ovvero degli Stati Uniti.
Nessun pericolo immediato, perchè il missile non era armato di esplosivo atomico ed è comunque finito nell’oceano, ma un brutto segnale per un progetto che aveva già suscitato moltissime controversie per i suoi costi esorbitanti, oltre che contestato dalla Scozia, che è la base delle forze nucleari sottomarine nazionali e che anche per questo chiede l’indipendenza dalla Gran Bretagna per poter diventare un paese “nuclear free”.
Il test, afferma il quotidiano londinese, ha avuto luogo nell’Atlantico, al largo delle coste americane: è da lì che il missile doveva correre verso est, mentre invece, per un guasto apparentemente ancora inspiegabile, ha invertito la rotta ed ha puntato verso Miami.
“C’è stato un panico assoluto ai più alti livelli del governo e delle forze armate, perchè il nostro primo test della nuova generazione di missili nucleari da quattro anni a oggi è stato un clamoros fallimento”, riferisce una fonte al Times.
“Alla fine Downing street decise di nascondere il test fallito all’opinione pubblica e al parlamento, sapendo che, se fosse stato reso noto, avrebbe gravemente danneggiato la credibilità delle nostre forze strategiche”.
Theresa May era ministro dell’Interno al momento dell’incidente, ma è diventata premier poco tempo dopo, per le conseguenze della vittoria della Brexit nel referendum sull’Unione Europea e delle dimissioni di David Cameron.
Ed è stata comunque lei, cinque giorni dopo il suo insediamento a capo del governo, a chiedere e ottenere dalla camera dei Comuni un primo finanziamento di oltre 50 milioni di sterline per il programma di riarmo nucleare.
L’accusa di “cover up”, esplosa sui giornali, finisce stamane al palazzo di Westminster, dove il ministro della Difesa Michael Fallon dovrà rispondere dell’accaduto davanti a una commissione di deputati.
Il leader laburista Jeremy Corbyn lo definisce “un errore catastrofico”: a luglio metà del suo partito votò contro il finanziamento del Trident e ora l’opposizione potrebbe essere ancora più ampia. Gli indipendentisti scozzesi denunciano il “grave” insabbiamento. E anche se il governo ribadisce di avere “piena fiducia” nel programma, il “Trident-gate” getta una prima ombra su Theresa May, alla vigilia del delicato viaggio negli Stati Uniti dove la premier incontrerà venerdì il presidente Trump.
(da agenzie)
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Gennaio 24th, 2017 Riccardo Fucile
LO STAFF: “LA GENTE NON BENACCETTA ENTRA IN QUELLA FILA”
C’è un file audio che svelerebbe la regola della “fila per stranieri” denunciata la scorsa settimana da
due ragazzi di colore a Modena, nella serate “Mo.ma” organizzate alla discoteca Kyi di Baggiovara.
Lo ha pubblicato su Facebook Abi Zar, il ragazzo di origini modenesi che oggi vive a Londra, e che tornato in città per le vacanze ha sollevato il caso di razzismo nella città della Ghirlandina.
I fatti si riassumono in poche righe.
Andando a ballare una sera in discoteca con gli amici, Abi si è trovato davanti una doppia fila di ingresso: una per stranieri “indesiderati” e una per tutti gli altri clienti del locale.
Tornato a casa, il ragazzo ha denunciato l’episodio prima su Facebook e poi in questura, insieme a un altro giovane di Modena, Jefrey Boateng, al quale era capitato lo stesso la settimana precedente e che Abi ha conosciuto proprio dopo aver pubblicamente denunciato quello che gli era capitato.
“Dalla Befana – spiega una voce maschile – ci sarà la riformulazione della serata del Moma questo perchè si stava andando verso il degrado le novità principali sono due: la riformulazione degli ingressi e dei prezzi e la riformulazione della cambusa. […] dall’ingresso principale invece verranno create tre file: in quella fila dove entravano di solito le feste entreranno i 1998 che vogliono venire e gli stranieri, gente non benaccetta per il locale, quelli che non vuole fare entrare il locale, e pagheranno 25 euro senza alcuna consumazione”.
Conclude l’audio: “Questo è quanto abbiamo deciso di fare, ovviamente se qualcuno degli stranieri sono persone come si deve basta fare un ingresso personale, Marco +3 e gli stranieri entrano a prezzi normali”.
“Vorrei che le persone parlassero – dice Abi Zar – vorrei che chi a a che fare ogni giorno con episodi del genere abbia il coraggio di parlare. Non è facile perchè per combattere questo mostro chiamato razzismo o discriminazione e bisogna prima riconoscerlo, l’obiettivo di pubblicare questo audio è prendere coscienza che questa cosa esiste e va combattuta”.
(da “La Repubblica”)
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Gennaio 24th, 2017 Riccardo Fucile
NEGOZIO AL VOMERO, E’ TITOLARE DI “CALABRITTO 28”
Latitante a Nizza, andava in giro in bicicletta, ma quando, fuggiasco, era a Napoli, si affidava ai favori di un insospettabile gioielliere di via Calabritto a Chiaia. Il salotto nobile della città .
E’ il boss Antonio Lo Russo, figlio di Salvatore e nipote di Carlo — la dinastia della camorra di Miano adesso azzerata da arresti e pentimenti — che venne poi arrestato nella città francese e seguì anche lui la strada della collaborazione con la giustizia.
E’ stato lui ad indicare agli inquirenti chi lo proteggeva mentre era in città .
Così nella notte la Direzione investigativa Antimafia guidata dal capocentro Giuseppe Linares, su ordinanza di custodia cautelare in carcere del gip, ha arrestato Luigi Scognamiglio, 42 anni, noto come “Gigino èlite”, gioielliere titolare di “Calabritto 28” e con negozio anche in via Scarlatti al Vomero.
Protezione fornita dal gioielliere che risale alla primavera-estate 2010, quando Scognamiglio mise a disposizione del boss “tifoso” (perchè immortalato mentre assisteva alle partite del Napoli a bordo campo) un appartamento di sua proprietà a Chiaia (all’altezza della multisala cinematografica Metropolitan) preoccupandosi del vitto e di ogni sua esigenza e organizzando gli incontri con gli affiliati e la moglie.
Per un breve periodo il gioielliere lo ospitò anche a casa sua a Posillipo.
Dichiarazioni e vicende confermate dalla moglie di Lo Russo, Anna Gargano, attualmente agli arresti domiciliari per la vicenda dell’“imposizione del pane”. “Gigino èlite” viene descritto come “uno degli amici puliti di Tonino”.
Secondo gli investigatori, Scognamiglio si sarebbe reso disponibile anche ad accompagnare affiliati del clan Lo Russo, detto dei “Capitoni”, dal boss che si nascondeva nella sua abitazione.
La moglie di Antonio Lo Russo avrebbe anche soggiornato per un periodo in quell’ appartamento di via Chiaia, insieme con il marito.
Il periodo di latitanza è quello che va dal maggio del 2010 – quando Antonio Lo Russo, destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, riuscì a sfuggire alla cattura – fino all’estate dello stesso anno, durante la quale il boss “tifoso” fuggì all’estero.
E’ stato proprio Antonio Lo Russo a fare luce su quel periodo, riferendo agli inquirenti anche i nomi di chi lo aiutò a nascondersi. Oltre a quelli di alcuni affiliati al clan, Antonio Lo Russo ha anche parlato degli aiuti ricevuti dal gioielliere Luigi Scognamiglio, detto “Gigino Elite”, suo vecchio amico.
Le dichiarazioni del boss “tifoso” sono state confermate dalla moglie, Anna Gargano, agli arresti domiciliari per estorsione nell’ambito di una inchiesta sull’imposizione del pane della camorra ai commercianti. Anna Gargano ha riferito di avere incontrato più volte il marito nell’abitazione di “Gigino Elite” che ha definito “uno degli amici puliti di Tonino”.
Il gioielliere, incensurato, originario della zona di Miano di Napoli, nel corso degli anni ha spostato la sua residenza nella zona di Posillipo e la sua attività commerciale nelle zone Chiaia e Vomero, dove ha diversi negozi.
Anche altri collaboratori di giustizia del clan Amato-Pagano, gruppo al quale Antonio Lo Russo era legato non solo da affari relativi agli stupefacenti ma anche perchè Cesare Pagano era stato suo compare di nozze, avevano indicato lo Luigi Scognamiglio come una delle persone che avevano favorito la latitanza del boss.
(da “La Repubblica”)
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