Aprile 14th, 2017 Riccardo Fucile
MACRON 22%, LE PEN 22%, MELENCHON 20%, FILLON 19%: E’ LOTTA ALL’ULTIMO VOTO… MA GLI INDECISI SONO ANCORA TANTI
A nove giorni dalle presidenziali in Francia difficile dire chi passerà il primo turno, il 23 aprile. Sono 4 i candidati quasi alla pari.
Jean Luc Melenchon, il leader del movimento di estrema sinistra ‘La France insoumise” (la Francia non sottomessa) è la grande sorpresa di questa campagna elettorale.
Le formidabili performance dell’ex socialista e parlamentare europeo, sembrano alla fine aver fatto breccia e convinto molti che Jean Luc abbia le phisique du rà’le.
Melanchon è dato al 20%, contro il 22% circa di Emmanuel Macron, ex ministro dell’economia del governo Valls — altra sorpresa politica della campagna — e della leader del Fronte nazionale Marine Le Pen.
Quarto con il 19% dei consensi, Franà§ois Fillon, che all’inizio della campagna elettorale aveva quasi messo un’ipoteca sull’Eliseo. La sua ascesa invece si è arrestata a causa di un’inchiesta giudiziaria. Il candidato Fillon è stato infatti formalmente accusato di malversazione di fondi pubblici, in modo particolare di aver dato alla moglie un posto di lavoro fittizio. A poco sono servite le sue dichiarazionidi innocenza per risalire la china dei sondaggi.
Non è decollata la candidatura di Benoit Hamon, attualmente quinto nelle intenzioni di voto, perchè considerato troppo a sinistra da alcuni e da altri un esponente del partito socialista che ha governato male la Francia negli ultimi 5 anni.
In molti scommettono in un ballottaggio Macron-Le Pen , con una netta vittoria del primo al ballottaggio.
Ultimo ma non meno importante a nove giorni dal primo turno,su circa 47 milioni di elettori, il 40% si dice ancora indeciso.
Vi sono però alcuni trend che vale la pena esaminare.
FILLON
Se i Repubblicani avessero cambiato cavallo a tempo debito non ci sarebbe stata partita per l’Eliseo. Insistere su un candidato “compromesso” è stato un errore imperdonabile. Ha conservato però lo zoccolo duro del suo elettorato ma solo un miracolo può portarlo al ballotaggio.
MACRON
E colui che rischia in fondo di meno e ciò gli permette di essere più spontaneo: ha creato il suo movimento “En marche” pochi mesi fa, è passato dall’8% dei sondaggi al 22%, pesca voti a destra come a sinistra, è un riformista moderato, comunque vada sarà un successo. Ha un elettorato meno fidalizzato degli altri, in quanto non ha un partito strutturato alle spalle: potrebbe essere un difetto, ma anche un pregio. E’ la prima vera sorpresa di queste presidenziali, se passa al ballottaggio vince facile.
MELENCHON
E’ il candidato che ha rivitalizzato la sinistra-sinistra e colui che ha usato meglio i dibattiti televisivi dove è sempre uscito vincente. In due settimane è passato dal 10% al 20%, sottraendo voti al candidato socialista Hamon, ma anche a Marine Le Pen, una variabile che non era stata messa in conto dal Front National. La salita di Melenchon ha fatto perdere il 5% di consensi alla Le Pen perchè “si è ripreso” il voto operaio e degli incazzati che fino a ieri erano territorio di caccia di Marine.
Toni alti, feroci critiche all’Europa, populismo e 70.000 persone a sentire il suo comizio a Marsiglia. E’ a due punti dal ballottaggio, ma se avanza lui è più facile che cali la Le Pen piuttosto che Macron.
LE PEN
Dal’Eliseo a possibile esclusa dal ballotaggio in pochi mesi in cui non ne ha azzeccata una. E le sue ultime due sparate potrebbero esserle fatali. Il declino è cominciato coi dibattiti Tv dove ha mostrato tutti i suoi limiti e finendo sempre ultima nei rilievi degli istituti di sondaggi dopo le trasmissioni. Solo slogan, un disastro in economia, impacciata di fronte agli attacchi sulla penosa vicenda dei dipendenti personali pagati con i soldi Ue. Come si fa a parlare di legalità se ti rifiuti di presentarti ai giudici rivendicando l’immunità parlamentare come la peggiore kasta? E le tasse pagate su immobili dichiarati a un valore minore del reale? Poi l’ultimo harakiri: negare le responsabilità del governo collaborazionista con le persecuzioni degli ebrei in Francia e oggi l’attacco al Papa, reo di predicare la dottrina cristiana sui profughi.
Spiazzata dalla rimonta di Melenchon nei quartieri operai delle banlieu che sta riportando a casa l’elettorato di sinistra. Anche se arrivasse sul filo di lana al ballottaggio, destinata alla sconfitta al secondo turno. Se non ci arriva non le resta che accompagnare Salvini ai giardinetti.
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Aprile 14th, 2017 Riccardo Fucile
FINALMENTE SI E’ ACCORTO CHE ERANO ANCORA NEL GRUPPO PARLAMENTARE DEL M5S…”VALUTARE NUOVA SANZIONE” VUOL DIRE ESPULSIONE
Continua a Palermo la faida a 5 Stelle iniziata dopo l’avvio delle inchiesta sulle firme false per la presentazione della lista del MoVimento 5 Stelle alle comunali palermitane del 2012.
Ieri la Procura di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio per 14 indagati, tra loro anche i tre parlamentari del 5 Stelle Riccardo Nuti, Giulia Di Vita e Claudia Mannino fino ad oggi sospesi dal MoVimento 5 Stelle ma non dal gruppo parlamentare.
Mentre i tre continuano ad accusare i deputati regionali della Sicilia Claudia La Rocca e Giorgio Ciaccio di aver tradito l’etica a 5 Stelle e ne chiedono l’espulsione Beppe Grillo, il Garante e Capo Politico del MoVimento li prende in contropiede e sospende i tre deputati nazionali anche dal gruppo parlamentare.
La notifica è arrivata poco fa alla maniera di Grillo, ovvero in calce a un post di Luigi Di Maio pubblicato sul Blog di Grillo dove il vicepresidente della Camera spiega il reddito di cittadinanza.
In un post scriptum Grillo comunica la richiesta di sospensione dal Gruppo del M5S di Nuti, Mannino e Di Vita da aggiungersi a quella dal MoVimento. Inoltre Grillo fa sapere di aver chiesto ai probiviri di valutare nuove sanzioni nei confronti dei tre.
Ps: Comunicazione di Beppe Grillo — “In seguito alle dichiarazioni dei portavoce sospesi dal MoVimento 5 Stelle Nuti, Mannino e Di Vita riportate dai giornali, in cui viene attaccato il candidato sindaco del MoVimento 5 Stelle a Palermo e in cui vengono fatte considerazioni sulla magistratura che non coincidono con i nostri principi, verrà chiesto ai probiviri di valutare nuove sanzioni oltre a quelle già applicate. Ho anche chiesto ai capigruppo del MoVimento 5 Stelle di raccogliere le firme dei parlamentari necessarie per indire la votazione dell’assemblea dei parlamentari per procedere anche alla sospensione temporanea dal gruppo parlamentare dei sospesi, fino a che sarà in vigore la loro sospensione dal MoVimento 5 Stelle come già stabilito dai probiviri.”
Stando al regolamento del M5S, che prevede tre tipi di sanzioni disciplinari la nuova sanzione potrebbe essere l’espulsione dal M5S (visto che il “richiamo” è considerata la forma più lieve di sanzione e la sospensione quella intermedia).
Il motivo di questa nuova richiesta di sanzione è dovuto al fatto che i tre — soprattutto Nuti — hanno attaccato Ugo Forello, candidato ufficiale del M5S alle amministrative di Palermo, e hanno fatto “considerazioni sulla magistratura” che non coincidono con i principi del MoVimento.
Se è chiaro che attaccare il candidato sindaco è uno degli atti contrari al regolamento pentastellato e quindi passibile di sanzione dal momento che lede l’immagine del partito non è chiaro però quali siano le considerazioni sulla magistratura riportate dai giornali.
Ieri i tre parlamentari avevano parlato di un chiaro tentativo “di levarci politicamente di mezzo per avere campo libero, attraverso una montatura ben organizzata, che salvo ripensamento del Gup i magistrati avranno modo di smascherare nel processo penale” ma avevano più volte rinnovato la loro fiducia nella giustizia e nel fatto che le tesi accusatorie dei due consiglieri dell’ARS non avrebbero retto la prova del processo.
In una nota diffusa oggi i tre deputati nazionali erano inoltre tornati a chiedere l’espulsione dal MoVimento di La Rocca e Ciaccio “in in quanto hanno confessato d’aver partecipato alla vicenda delle firme per le ultime comunali di Palermo. Che abbiano assunto il ruolo di accusatori non elimina le responsabilità penali che i due hanno ammesso, apparendo all’opinione pubblica come paladini e dunque estranei”. La tesi di Nuti, Mannino e Di Vita è che anche se le espulsioni nel M5S — come ha ricordato Di Maio — vengono irrogate in seguito alla condanna in primo grado (il che però non metterebbe in salvo Nuti, Mannino e Di Vita che vengono accusati di altre violazioni dal Garante) nel caso dei due deputati regionali è necessario procedere subito perchè “loro sono colpevoli per ammissione, noi ci proclamiamo innocenti, convinti di provare la nostra totale estraneità ai fatti e anche il nostro agire secondo i principi del MoVimento”.
Dopo l’intervento di Grillo è ormai chiaro che la carriera politica dei tre deputati è giunta al termine, almeno nel M5S.
Alle accuse dei tre deputati nazionali Claudia La Rocca ha replicato oggi affidando all’AdnKronos una dichiarazione nella quale nega l’esistenza di una montatura organizzata e parlando di una “evidente mistificazione della realtà ” e accusando Nuti di ledere l’immagine del M5S con i suoi continui attacchi nei confronti del candidato sindaco di Palermo Ugo Forello. La Rocca ha anche precisato che l’indagine non è partita dalle accuse sue e di Ciaccio ma da soggetti terzi e che ci sono altri due indagati che hanno confermato i fatti.
La mossa di Grillo di proporre la sospensione di Nuti, Mannino e Di Vita senza dubbio è stata fatta per mettere a tacere le critiche che sono piovute addosso al MoVimento in questi giorni da parte di esponenti di altre forze politiche che hanno fatto notare come la sospensione dei parlamentari fosse fittizia.
È vero infatti che sulle pagine Facebook dei tre non campeggia più il simbolo del M5S ma è anche vero che i tre deputati continuano a far parte del gruppo parlamentare del M5S alla Camera continuando ad intervenire a suo nome in Aula e in Commissione.
(da “NextQuotidiano“)
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Aprile 14th, 2017 Riccardo Fucile
LA GIORNATA DELL’ORGOGLIO MERIDIONALE INDETTA A PONTIDA IL 22 APRILE E IL RIDICOLO COPRIFUOCO PADAGNO… SE RESTITUISCONO LA VISITA DI SALVINI A NAPOLI CHE PROBLEMA C’E’?
Non resterà aperto nemmeno il cimitero a Pontida, il 22 aprile.
A due passi dal pratone dei raduni leghisti, quel giorno si celebrerà la giornata dell’Orgoglio meridionale e il sindaco ha deciso di chiudere tutto, ma proprio tutto. L’ordinanza di Luigi Carozzi, primo cittadino leghista del piccolo centro bergamasco, non dimentica nulla: chiuse le scuole di ogni ordine e grado, chiuse le strade del centro storico, chiusi gli uffici comunali (per i dipendenti, giornata di ferie obbligatoria), non si potrà nemmeno andare in posta e, dalle 8 alle 24, serrande abbassate per tutti gli esercizi commerciali.
Chiusa, persino, la piazzola ecologica.
Misure di massima sicurezza per un concerto cui dovrebbero partecipare diverse centinaia, forse migliaia di persone.
Sono 23 le città nelle quali centri sociali e associazioni antirazziste stanno organizzando trasferte in treno e pullman verso Pontida.
Il sindaco l’ha presa molto sul serio, nell’ordinanza il rischio di «episodi criminosi» motiva il coprifuoco.
«Mi sembra un atto dovuto nei confronti dei miei cittadini – spiega Carozzi -, soprattutto dei più piccoli che magari tornando da scuola si troverebbero nel pieno del caos».
Lo spazio di proprietà delle Ferrovie sul quale si terrà l’evento dei centri sociali è in effetti vicino alle scuole. Ma il cimitero? «È lì a pochi metri – dice il sindaco -, qualcuno ci fa ironia ma dobbiamo tutelare anche chi ci ha preceduto».
Carozzi teme vandalismi. Con i negozi, scuole e bar chiusi, i manifestanti dovrebbero incontrare davvero poca gente in giro. Di sicuro, non i leghisti.
Matteo Salvini, a Pontida nei giorni scorsi per celebrare con una cena privata gli 850 anni del giuramento della Lega Lombarda, ha ordinato il basso profilo, non lanciare e non raccogliere provocazioni.
L’iniziativa dell’orgoglio meridionale nasce proprio dopo il contestato passaggio del leader leghista a Napoli, nel marzo scorso.
I centri sociali ricambieranno la visita organizzando un evento cui hanno già confermato la presenza tanti musicisti.
Suoneranno Eugenio Bennato, i 99 Posse, il rapper ‘Nto, che ha firmato la sigla di Gomorra. Sotto il palco, annunciata l’adesione di tanti politici e intellettuali, a partire dallo scrittore Maurizio de Giovanni. Gli organizzatori l’hanno ripetuto più volte: «Sarà solo una festa, non vogliamo provocazioni».Un evento descritto su Facebook come “una grande festa: la festa di chi è orgoglioso e fiero di essere meridionale e di chi, in tutta Italia, da sempre crede nelle idee dell’accoglienza e della solidarietà verso chi è costretto a lasciare la propria terra”.
Secondo il Comune, la manifestazione “favorisce l’insorgere potenziale di episodi criminosi, quali fenomeni di insicurezza urbana, di vandalismo e di turbativa della quiete pubblica”.
“In che senso l’antirazzismo è una minaccia per l’incolumità di Pontida?”, replica uno degli organizzatori dell’evento “perchè per il nostro festival c’è uno stato d’allerta e invece, senza nessuna minaccia altisonante, da decenni viene consentito il regolare svolgimento delle manifestazioni pubbliche della Lega Nord? Pontida è forse proprietà di un partito politico?”.
(da “Il Corriere della Sera”)
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Aprile 14th, 2017 Riccardo Fucile
MATTEO BIANCHI RISCRIVE IL VANGELO A USO RAZZISTA
Uno sciopero dell’8 per mille contro chi aiuta i migranti.
A lanciare la fatwa contro la Chiesa Cattolica è il segretario della Lega Nord della provincia di Varese Matteo Bianchi.
A proporla è un personaggetto della galassia leghista: da giovane sindaco di Morazzone, Bianchi è cresciuto sotto l’ala protettrice di Roberto Maroni.
Da sempre vicino all’associazione Terra Insubre, oggi è un ferreo salviniano e assieme a Luca Zaia rappresenta la Lega nel Comitato europeo delle regioni di Bruxelles.
Tutto è iniziato due giorni fa, quando Bianchi ha scritto sulla sua bacheca Facebook un duro commento alla dichiarazione di monsignor Galantino (segretario della Conferenza episcopale) che proprio in quelle ore chiedeva un’estensione dei permessi umanitari a favore dei migranti: “La posizione della Cei — scrive il sindaco-segretario — è a dir poco vergognosa e piena di demagogia. Non risolve il problema mondiale della povertà ed è solo atta a devastare i popoli europei e la loro cultura, in perfetta linea con il progetto politico/economico mondialista e socialista di cui il Vaticano è attualmente il principale fautore. Siccome le organizzazioni vicine a questo sistema sono molto attente al loro portafoglio e grazie alla gestione dei disperati dell’immigrazione riescono ad avere provviste per il loro sostentamento, tocchiamoli sulla pecunia: io NON darò il mio 8 per mille alla Chiesa Cattolica”
In un momento in cui la Lega di marca salviniana si fa paladina dei valori cristiani senza averli mai praticati,
Poco importa a Bianchi se tra i valori della cristianità ci siano anche l’accoglienza e l’aiuto dei bisognosi: “Certo, i popoli europei da sempre incarnano i temi dell’integrazione e dell’uguaglianza, ma questi valori vanno tutelati reagendo a chi sta dimostrando di volerli modificare” prova ad arrampicarsi sugli specchi.
In realtà girando per le strade dei paesi come Morazzone sfugge il senso della protesta e viene da chiedersi dove siano le orde di migranti che cercano di soggiogare il popolo lombardo: “A Morazzone non ci sono richiedenti asilo — ammette il sindaco Bianchi — e i non italiani rappresentano il 5% dei residenti, tutti abbastanza integrati”.
Allora, da cosa deriva la percezione di un popolo schiacciato dall’ondata migratoria? “La percezione è forte a livello nazionale”.
Quindi conta la percezione, non la realtà .
E se allo sciopero dell’otto per mille le chiese rispondessero con uno sciopero dei sacramenti?
Ninete battesimo, cresima, matrimonio e funerali per chi si pone fuori dai valori cristiani.
Sarebbe un buon inizio per scacciare i mercanti dell’odio dal tempio, nel caso anche a calci in culo.
(da agenzie)
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Aprile 14th, 2017 Riccardo Fucile
FILIPPO BATTAGLIA NARRA LA STORIA DEL PREGIUDIZIO: DAI SOLITI LEGHISTI AGLI INSOSPETTABILI DEL PCI
Ci sono i leghisti e figurarsi se qualcuno si stupisce. C’è Giovanardi e ce lo si poteva aspettare. C’è pure il celebre motto di Alessandra Mussolini: “Meglio fascista che frocio” in diretta Rai.
Ma ci sono anche gli insospettabili, i padri della Patria, i dirigenti politici che hanno fatto un buon pezzo della Storia d’Italia.
Come Palmiro Togliatti, il Migliore, il capo del Partito Comunista Italiano fino al 1964. Fino a quello che nessuno si potrebbe aspettare: Enrico Berlinguer.
“Da sempre la politica italiana dice di non avere ‘nulla contro gli omosessuali’ eppure da sempre li discrimina. C’è chi invoca ‘sobrietà ‘, chi chiede ‘discrezione’, chi scomoda la Bibbia, chi ricorre a citazioni d’autore.
Passano gli anni, cambiano toni e interlocutori ma il risultato — nonostante gli ultimi passi in avanti — resta lo stesso: dal fastidio e la diffidenza fino agli insulti e alle aggressioni verbali”.
Ho molti amici gay (ed. Bollati Boringhieri, pp. 136, euro 11) è il nuovo libro di Filippo Maria Battaglia, giornalista di SkyTg24, che mette in fila insulti, scivoloni, gaffe e vere e proprie aggressioni verbali dei politici di ogni schieramento e di ogni tempo con il linguaggio discriminatorio dell’omofobia .
“Sin dal Dopoguerra — si legge nella quarta di copertina — la crociata contro i ‘malati’ e gli ‘anormali’ recluta quasi tutti: capi di stato e di governo, ministri e parlamentari, segretari e leader di partito. Attecchisce a destra ma spopola pure a sinistra, coinvolgendo figure insospettabili e venerati padri della patria.
Ho molti amici gay non è solo l’immancabile premessa di rito prima di ogni discorso omofobo, dentro e fuori dall’Aula parlamentare. È la storia, succinta e dettagliata, di quanto la discriminazione e il pregiudizio contro gli omossessuali siano radicati nella politica e nella società . Garantendo all’Italia l’infelice primato del Paese con la classe dirigente più omofoba in Europa”.
Qualche esempio? Si può partire da quelli più prevedibili, come gli esponenti della Lega Nord: “I romani hanno perso l’impero per questa storia qua: coi culattoni e il benessere, l’impero si è distrutto!” disse Santino Bozza, ex consigliere regionale del Carroccio che nell’occasione si trasformò anche in ricercatore storico.
Alla fine Bozza fu espulso dal partito e, uscito dalla porta, rientrò dalla finestra in una lista che sosteneva la candidata presidente alla Regione Veneto per il Pd Alessandra Moretti.
Dalla Lega Bozza fu espulso ma finchè è rimasto avrà trovato un clima confortevole: “Essere culattoni è un peccato capitale: chi riconosce per legge le unioni è destinato alle fiamme dell’inferno” spiegò il vicepresidente del Senato (e evidentemente teologo) Roberto Calderoli.
Il democristiano vero in realtà era appunto Giovanardi, eppure fu molto più terreno, mondano, quando nel 2012 volle chiarire come la pensa: “Un bacio in pubblico tra due omosessuali? Come la pipì in strada“.
Ma anche chi la pipì la vuole fare in bagno provoca proteste e indignazione varia. Per esempio il deputato Vladimir Luxuria, alla Camera, andava a farla in quello delle donne e Elisabetta Gardini (Forza Italia) si scandalizzò, peraltro scoprendo cose che in bagno nessuno si sarebbe immaginato di trovare: “Non potete permetterglielo! Credevo fosse un problema di organizzazione interna, ho scoperto questa guerra di civiltà interna all’Occidente di relativismo subdolo“.
Più Battaglia procede a ritroso, nel passato, più i nomi si fanno grandi, fino ai giganti della storia.
Il ministro Carlo Donat Cattin, uno dei capi della sinistra Dc, nel 1987 intervenne così sulla prevenzione dell’Hiv: “Non posso certo fare la rèclame del coito anale nè dei preservativi, che non sono sicuri contro l’Aids perchè sbordano e si rompono”.
Anche perchè, aggiunse, “questi, oltre che omosessuali, sono anche maniaci. I miei funzionari li ascoltano, io ho altro da fare”.
Una quarantina d’anni prima Togliatti non risparmiò Andrè Gide, premio Nobel per la Letteratura del 1947 che — dopo un suo viaggio nella Russia stalinista — aveva scritto un libro sulla esperienza, naturalmente carica di delusione.
Il Migliore reagì con misura: “Se quando ha visitato la Russia nel 1936 gli avessero messo accanto un energico e poco schizzinoso bestione che gli avesse dato le metafisiche soddisfazioni ch’egli cerca, quanto bene avrebbe detto, al ritorno, di quel Paese!”.
Infine la ferrea morale che diventava moralismo nel Pci portò Enrico Berlinguer a pubblicare su Gioventù Nuova una condanna di Jean-Paul Sartre, “un degenerato lacchè dell’imperialismo, che si compiace della pederastia e dell’onanismo”.
Scrive Battaglia: “Si chiama tolleranza repressiva e si può sintetizzare così: non è vero che tutto ciò che non è reato è permesso. Al contrario, l’assenza di una norma, a volte, non significa libertà ma solo repressione. Lo sanno bene i parlamentari nostrani che, a differenza di quanto accaduto in Francia, Germania, Gran Bretagna, non hanno mai approvato una legislazione punitiva contro gli omossessuali. Ma attenzione: non sanzionare non vuol dire consentire”.
La legge sull’omofobia è ferma al Senato — mai discussa — da tre anni e mezzo, cioè da quando la Camera dette il primo via libera.
Ho molti amici gay è il quarto di una serie di volumi con cui Battaglia ha cercato di rinfrescare la memoria cortissima degli italiani sui vizi della politica, sempre uguali a se stessi nel corso dei decenni.
Il primo è stato Lei non sa chi ero io! che raccontava gli sprechi dei primi vent’anni della Repubblica: la genesi della Casta, insomma.
Poi è uscito Stai zitta e va’ in cucina sul maschilismo in politica (“Da Togliatti a Grillo”) e Bisogna saper perdere che Battaglia ha scritto con Paolo Volterra facendo una raccolta delle sconfitte e i tradimenti in politica, da De Gasperi a Renzi.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 14th, 2017 Riccardo Fucile
MANIPOLAZIONE DELLE INFORMAZIONI, MINACCE E AGGRESSIONI AGLI OPPOSITORI, DISCRIMINAZIONI: LE TORTURE AGLI OPPOSITORI E AI GAY CECENI SONO SOLO LA PUNTA DELL’ICEBERG
Che le manipolazioni delle informazioni, le mistificazioni, le prepotenze, le minacce, le aggressioni individuali, i depistaggi o le discriminazioni nei confronti di chi non la pensa “come si deve” fossero una caratteristica strutturale della Russia di Putin era noto da tempo, ma quanto denunciato da alcune associazioni russe per i diritti LGBT nei giorni scorsa ci riporta ai tempi di Stalin.
Da qualche giorno il quotidiano Novaya Gazeta (il giornale di Anna Politkovskaia) segnalava la misteriosa sparizione di un centinaio di gay in Cecenia denunciando anche il ritrovamento di tre corpi.
Qualche giorno fa alcuni dei sequestrati han fatto ritorno a casa con evidenti segni di violenze sul corpo. Da allora almeno un’altra trentina di persone si son rivolte al Russian LGBT Network per chiedere aiuto a lasciare la Cecenia.
Grazie al lavoro di informazione del segretario dell’associazione radicale Certi Diritti Leonardo Monaco, la stampa italiana se n’è accorta e son partiti appelli all’Alto Rappresentante Federica Mogherini e al Governo italiano – purtroppo il Presidente Mattarella non è stato raggiunto dalla notizia e non ha proferito verbo sulla questione durante la sua presenza a Mosca.
Se mai ce ne fosse stato bisogno, il mondo ha avuto la conferma che c’è del marcio in Russia.
Ad ulteriore conferma di questa conferma, la negazione delle accuse da parte del Presidente ceceno Ramzan Kadyrov con un lapidario: “impossibile, in Cecenia non esistono gay”. Da Mosca il silenzio più totale.
La Cecenia è Russia, per quanto per anni i ceceni, con le buone o le cattive, abbiano lottato per separarsi dalla Federazione, essa resta una delle repubbliche autonome dell’ex-URSS.
Malgrado due guerre sanguinose con centinaia di migliaia di morti civili, distruzioni, soprusi e pacificazioni forzate (con meccanismi di compravendita del consenso mai sufficientemente analizzati dall’Occidente), in Cecenia molte ferite restano non rimarginate.
Tra queste, eccellenti omicidi politici, distruzioni di villaggi e attentati terroristici.
Se è vero che in tutto il Caucaso ci sono problemi di convivenza pacifica e ordine pubblico, dall’Abkhazia al Daghestan passando per la Circassia, l’Inguscezia e le Ossezie del nord e del sud, la Cecenia sembra esser l’unica a pagare sistematicamente lo scotto di non essere russofona, russofila e, ahinoi, prevalentemente mussulmana.
Nei giorni in cui uscivano le prime documentazioni fotografiche delle violenze subite dai gay sequestrati e puniti per esserlo, la Corte Europea dei Diritti Umani adottava una decisione relativa all’attacco terroristico alla scuola cecena di Beslan del 2004. Secondo i giudici di Strasburgo Mosca non avrebbe fatto abbastanza per prevenire l’attacco avvertendo la popolazione e rafforzando la sicurezza in una zona che da tempo i servizi sapevano essere nel mirino delle milizie jihadiste cecene e che, una volta confrontato col sequestro di massa di centinaia di perse, l’esercito fece “troppo” per liberarle causando in tutto oltre 300 vittime. Un colpo alla verità di regime.
La decisione della Corte è importante perchè riafferma l’esistenza di una giurisdizione internazionale che può prendere in considerazioni violazioni dei diritti umani in paesi dove le istituzioni nazionali non rispettano lo Stato di Diritto, ma è anche cruciale perchè ci aiuta a fare chiarezza sulle dinamiche di quei giorni drammatici – e quindi del modus operandi di Mosca in situazioni di sicurezza nazionale. Ristabilisce un minimo di verità ..
Se i politici europei – quelli americani alla fin fine paiono vaccinati quando si parla di Russia – terranno di conto quanto scritto dalla CEDU nelle loro relazioni (pericolose) con la Russia lo scopriremo presto, certo è che la stampa italiana raramente è stata incline a investigare, o coprire, con dovizia di particolari e ampiezza di vedute il “pianeta Russia”.
Ha concorso alla creazione di un prodotto mediatico ben confezionato (con ingenti investimenti comunicativi) da Mosca.
Sedici anni fa, grazie all’eurodeputato Olivier Dupuis, all’epoca segretario del Partito Radicale, ho avuto l’occasione di incontrare un politico ceceno – ne avevo incontrato un altro l’anno prima e “m’era bastato” – ; di professione, era medico, parlava poco ma diceva l’essenziale con durezza e precisione di linguaggio.
Ascoltarlo mi ha aiutato a capire meglio cosa accadesse a casa sua. Oggi Umar Khanbiev, già ministro della salute del governo ceceno legalmente eletto nel 1996 di Aslan Maskhadov, non c’è più, ma quando nel 2004 aveva iniziato a frequentare Marco Pannella a Roma rilasciò su Beslan questa intervista ad Aldo Forbice per il Quotidiano Nazionale.
Se fosse stato ascoltato quella volta, come non lo fu successivamente, assieme ad Anna Politkovskaya (anch’ella citata nell’articolo) e pochi altri coraggiosi critici non ideologici di Putin, forse sarebbe stato possibile salvare qualche vita in Cecenia e arginare Putin nella sua ascesa dispotica, evitando di farlo divenire il partner indispensabile per la “soluzione” di ogni conflitto interno o internazionale.
Chi oggi sostiene Putin, o ci propina acriticamente tutto quello che viene da Mosca, è nemico della ricerca della verità ancor prima che di tutte le vittime presenti, passate e future delle sue condotte criminali di quel paese.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 14th, 2017 Riccardo Fucile
LA GIORNALISTA PARLA DEGLI ORRORI DELLE PRIGIONI CECENE DOPO LO SCOOP SULLE PERSECUZIONI AI GAY E AI NEMICI POLITICI: “PESANTI RESPONSABILITA’ DI PUTIN”
È Elena Milashina ad aver rivelato al mondo l’orrore dei cento uomini sospettati di essere gay: rinchiusi, torturati e uccisi nelle prigioni cecene.
Un inferno di unghie strappate, percosse, scosse sui genitali, sedie elettriche.
Non quattro ma potrebbero essere “cinquanta i morti” racconta a Huffington Post Italia la giornalista del quotidiano russo di opposizione, Novaya Gazeta.
Milashina che nel 2014 ha ricevuto il prestigioso Women International of Courage Award da Michelle Obama, è stata compagna di scrivania di Anna Politkovskaja.
Da vent’anni, oltre a seguire il lavoro d’inchiesta sull’uccisione della sua collega scomparsa, di cui viene considerata l’erede, denuncia le violazioni dei diritti umani in Cecenia: “Qui le leggi non esistono”.
Tra i torturati non ci sono soltanto uomini imputati di essere considerati omosessuali: ci sono anche intellettuali, nemici politici.
Un paese avvolto in “un silenzio disumano” dove trincerati dietro il muro della paura e dell’omertà , nessuno denuncia: “in Cecenia non hanno alcun aiuto e non lo avranno mai”:
Questa è la prima intervista che Elena Milashina rilascia dopo l’inchiesta che ha sconvolto il mondo:
Elena Milashina, ci può raccontare cosa sta succedendo in Cecenia?
La situazione è questa: cento persone sono state arrestate illegalmente all’interno della campagna contro la comunità LGBT della Cecenia.
Come hanno fatto queste persone a contattarvi per raccontare la loro storia?
Abbiamo avuto le prime informazioni sulla campagna contro le persone LGBT circa due settimane e mezzo fa e abbiamo provato a contattarle utilizzando diverse fonti. Lavoro in Cecenia da molti anni e ho diverse contatti tra i cittadini, nei servizi segreti, nella polizia e così via. Ma non sono stata la sola ad ottenere queste informazioni, tanti giornalisti che si occupano della Cecenia e alcuni attivisti dei diritti umani in Russia avevano questa informazione. E insieme stiamo cercando di dimostrare che è vera.
In che modo?
Per prima cosa, con il network LGBT russo, abbiamo aperto una linea di emergenza per le persone nel Caucaso, in particolare in Cecenia, che sono riuscite a scappare e che hanno bisogno di aiuto. Abbiamo reso pubblica questa linea diretta sui social e poi abbiamo pubblicato la nostra storia, a distanza di due giorni. Dopo la pubblicazione su Novaya Gazeta, questa informazioni sono state confermate da chi era fuggito dalla Cecenia, che conosceva la situazione e ne era vittima, ma è riuscito a scappare e a lasciare la Russia e ora vive in Europa. Quando abbiamo pubblicato l’articolo abbiamo iniziato a ricevere telefonate sulla linea d’emergenza. Più di ottanta persone che sono state detenute illegalmente e torturate solo perchè gay, adesso sono arrivate salve in diverse città della Russia dove stiamo provando ad aiutarle.
Alcune di queste persone sono state rilasciate, come è potuto succedere e perchè?
Le ragioni variano a seconda dei casi. Quello che sappiamo finora è che c’è stata una prima ondata di repressioni. La campagna contro le persone LGBT della Cecenia è iniziata alla fine di febbraio. Esattamente il 9 marzo, quando Alexey, un’attivista famoso in Russia, stava conducendo la sua campagna contro le autorità russe che non gli permettono di organizzare il gay pride a Nal’Äik una città del Caucaso. Un episodio che ha sollevato un polverone e così è iniziata la seconda ondata. Molte persone sono state rilasciate sotto cauzione e poi quando Alexey ha avuto il permesso di organizzare i gay pride è iniziata la seconda ondata di arresti e molte persone arrestate la prima volta sono state detenute di nuovo. E quando Mr Kadirov, capo della Cecenia ha saputo che alcuni erano stati rilasciati nella prima ondata, si è arrabbiato molto ed ha vietato il rilascio. Le persone che sono state arrestate per una seconda volta sono ancora in prigione.
Un portavoce di Kadirov ha detto che in Cecenia i gay non esistono e nega questa operazione
Sì, ha detto anche un’altra cosa importante. Che se esistessero, dovrebbero essere uccisi, perchè se lo meritano, perchè non possono vivere tra i ceceni. Come tutti sappiamo, ora possiamo anche provarlo, abbiamo almeno 80 persone salvate dalla Cecenia che appartengono al mondo LGBT senza dubbio. Possiamo dire che in Cecenia ci sono i gay, come in ogni altro luogo del mondo. E subiscono repressioni, vengono torturati e uccisi solo perchè gay, senza aver fatto altro.
Tre persone sono morte, hai maggiori dettagli?
Sappiamo che sono morte molte più di tre persone.
Molte di più?
Alcune informazioni che ho ricevuto parlano di 50 persone. Le uccisioni si sono perpetrate per due mesi, durante la campagna contro le persone LGBT. Lo abbiamo ampiamente confermate grazie a numerose fonti. E abbiamo già delle fonti certe.
Scusi ma lei sta dicendo che sono morte cinquanta persone?
Abbiamo informazioni dai servizi segreti in Cecenia, sono la mia fonte lì. È una notizia che è stata confermato da mail, dai luoghi in cui queste persone vivono, dai posti di lavoro, dalla data della loro reclusione. Ma noi confermiamo in maniera certa che quattro persone sono morte.
Ha contatti con le famiglie dei perseguiti?
No, non abbiamo contatti con le famiglie perchè quella del Caucaso è una società ultra tradizionalista e anche i parenti mettono in atto persecuzioni e uccisioni. Non è solo la polizia Cecena, sono soprattutto i parenti a fare questo ai loro cari quando scoprono che sono gay.
Quindi queste persone sono completamente sole?
Certo, questo è il problema. Non hanno alcun aiuto e non lo avranno perchè è una società conservatrice, tradizionalista e omofoba.
Puoi raccontarci le storie di queste persone? Una storia che possa dire al mondo quello che sta succedendo.
Sa, abbiamo pubblicato diverse testimonianze, cinque, delle persone che raccontano la loro storia. Sono tutte molto simili. Queste persone ci hanno detto che sono state ricattate dalla polizia cecena dopo che questa ha scoperto il loro orientamento sessuale. È una cosa molto diffusa in Cecenia, la polizia chiede soldi per non rivelare informazioni e loro hanno pagato la polizia per molto tempo. Ma improvvisamente è iniziata la campagna contro le persone LGBT. Negli ultimi tre anni, lavorando in Cecenia, abbiamo visto campagne di detenzione illegale: le persone sono state arrestate, torturate e perfino uccise per svariati motivi. E ora c’è la campagna contro LGBT: arrestati, torturati e uccisi solo perchè gay. È una pratica diffusa in Cecenia perchè qui non ci sono leggi, le leggi russe, non esistono. Vivono secondo le proprie leggi. Queste persone sono arrestate e tenute in prigione, molti di una sola prigione. Ma ora sappiamo di cinque prigioni segreti dove tengono le persone LGBT
Non una ma cinque “prigioni segrete”?
Cinque sì. Ma nella prima ondata, le prime persone con cui abbiamo parlato, parlavano di una sola prigione, sono state portate in una prigione ad Argun. È una città della Cecenia dove hanno una prigione segreta, costruita tanti anni fa dai soldati federali russi. Era usata come prigione segreta per diverse tipologie di persone, qui detengono tante altre persone. Ad esempio, le persone che fanno uso di droghe o quelli che vogliono andare in Siria per unirsi all’ISIS, e così via. E tra loro ci sono anche le persone LGBT. Ma anche le persone che fanno uso di droghe e che sono state arrestate, picchiate e torturate, alla fine hanno avuto il permesso di torturare anche le persone LGBT. Torturate anche con la sedia elettrica.
Queste persone sono state torturate così che potessero fare altri nomi?
Sì. Ho parlato con un ragazzo che è riuscito a scappare perchè la polizia ha iniziato a cercarlo quando era già fuori dalla Cecenia. Ma prima, è stato ricattato dalla polizia in quanto gay. Quando sono andati a casa sua, hanno detto che erano obbligati a portarlo alla stazione di polizia dove lo avrebbero torturato e se solo non avesse fatto i nomi di altri gay, suoi amici. La polizia lo ha restituito alla famiglia dicendogli che avrebbero dovuto ucciderlo. E quando il fratello ha detto al ragazzo che avrebbe obbedito agli ordini imposti dalla polizia, il ragazzo è scappato. Non è più tornato in Cecenia. È fuggito dalla Russia. E ora vive in un paese europeo.
Ricevete supporto dalla comunità internazionale?
Tanti media hanno letto la nostra storia e ora li stiamo aiutando a incontrare le persone scappate dalla Cecenia e pronte a parlare. Queste persone sono riuscite a scappare ed a raggiungere l’Europa e hanno iniziato a parlare coi giornalisti stranieri. Molti giornalisti si stanno occupando di questa storia ed è di grande supporto. Inoltre possiamo contare sul sostegno della rete LGBT russa che ha iniziato a dedicarsi a queste persone in Cecenia ed hanno il sostegno della comunità Lgbt internazionale. Confidiamo nella comprensione dei paesi straniere affinchè possano ottenere i visti per queste persone che ormai non hanno alcuna possibilità di far ritorno in Cecenia, sarebbero uccise. Ed è l’unico modo per farle andare via dalla Russia.
Qual è il ruolo dei media fuori dalla Cecenia, cosa possiamo fare?
Parlare di questa situazione perchè è un crimine conto l’umanità . Non ho mai visto niente del genere, in Europa almeno. Centinaia di persone sono state arrestate, torturate e anche uccise perchè gay. Questa situazione dovrebbe allarmare il mondo intero. Occupandovene, contribuirete ad attirare l’attenzione su quanto sta accadendo, aiuterete il movimento LGBT a fare pressioni sul governo federale perchè da quando abbiamo pubblicato l’articolo la situazione è peggiorata. Chiediamo che un’indagine parta subito ma non c’è l’ombra. È una situazione terribile perchè il governo russo dovrebbe fare qualcosa per salvare le vite di quanti sono stati arrestati in Cecenia.
Lei sa che moltissimi quotidiani europei hanno titolato la notizia con “campo di concentramento per omosessuali”?
Voglio essere chiara: la prigione segreta non è solo per omosessuali. È una prigione segreta in Cecenia dove sono detenute diverse persone, con accuse diverse. E sono lì tutte insieme. È la stessa prigione che usavano anni fa, e ora ci tengono le persone LGBT.
Ritiene che il leader ceceno Kadirov e il presidente russo Putin siano responsabili?
Certo che lo sono, e non hanno reagito in alcun modo. E come ho detto non c’è stata alcuna indagine dall’uscita del nostro articolo, il primo aprile. Ed è spaventoso perchè non sappiamo cosa sta succedendo a queste persone che sono ancora detenute, Sono vive? Non lo sappiamo. Chiediamo un’indagine immediata
Avete avuto problemi dopo l’articolo?
Abbiamo pubblicato l’articolo il primo aprile e il tre aprile 15.000 religiosi ceceni hanno annunciato la jihad contro i giornalisti che si sono occupati di questa storia. Hanno detto che abbiamo infangato l’onore della Cecenia e del suo popolo dicendo che tra di loro ci sono dei gay, e che dovremmo essere perseguiti per questo. La protesta continuerà finchè i giornalisti di Novaya Gazeta non saranno perseguiti.
(da “Huffintonpost”)
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Aprile 14th, 2017 Riccardo Fucile
ANCHE NELLE TRAGEDIE C’E’ SEMPRE UN LATO COMICO: SONO ARRIVATI NELLA CAPITALE DELLA COREA ANCHE PER INCONTRARE KIM JONG-UN
Secondo la NBC gli Stati Uniti sono pronti a un raid contro la Corea del Nord se e quando Pyongyang effettuerà un test nucleare.
La dittatura coreana ha risposto dicendo di essere pronta ad andare alla guerra e a usare il suo arsenale nucleare contro gli Usa se necessario. Mosca si è detta preoccupata.
E siccome tutte le storie drammatiche hanno un lato comico, proprio in questi giorni Antonio Razzi di Forza Italia e Bartolomeo Pepe di GAL, due senatori della Repubblica italiana, erano in viaggio verso la Corea del Nord.
«Dovevano arrivare nel primo pomeriggio di ieri», dicono i collaboratori parlamentari «ma non li abbiamo ancora sentiti. Ieri a Pechino non li hanno fatti imbarcare perchè non risultavano le prenotazioni! Hanno comunque preso il volo successivo dopo un paio d’ore, poi il silenzio…»
Gli Stati Uniti hanno posizionato due cacciatorpediniere con missili Tomahawk non lontano dalla Corea del Nord, riferiscono fonti dell’intelligence a Nbc.
Pyongyang ha avvertito che un “grande evento” è vicino, spingendo l’intelligence a temere un test nucleare.
Intanto Kim Jong-un ha inaugurato uno dei maggiori progetti abitativi di Pyongyang, mostrando come la Corea del Nord nonostante le sanzioni continui a crescere.
I due senatori sono partiti l’altro ieri dall’Italia alle 14 e si trovano attualmente nella capitale della Corea del Nord.
“Lascio mia moglie a Pescara — aveva detto Razzi l’8 aprile all’Adn Kronos — e parto, a spese mie, sia chiaro, tanto che lei mi rimprovera: ma come ci lasci a Pasquetta e ci devi pure rimettere i soldi? Ma io sono fatto così, la pace prima di tutto”.
Secondo fonti parlamentari i due avrebbero dovuto incontrare proprio Kim Jong Un in questi giorni. Con loro ci sarebbero anche il senatore Giuseppe Compagnone di ALA e il deputato Nicola Cilacì di Conservatori e Riformisti.
Sempre secondo fonti parlamentari Pepe visita regolarmente la Corea da un paio d’anni, alla ricerca soprattutto di contatti commerciali.
I suoi collaboratori ci fanno sapere che i coreani avrebbero acquistato un rigassificatore da un’impresa italiana lo scorso anno. Al centro della missione del senatore ci sarebbe un’azione di distensione, anche se il Senato ha specificato che i senatori che si trovano in Corea sono lì a titolo personale.
«La Corea del Nord è l’ultimo baluardo contro l’imperialismo del consumismo, non esiste la disoccupazione e la gente è serena, rispetto alle difficoltà economiche a cui ci obbligano i nostri governi e supergoverni; la mancanza di democrazia (pur privata del voto noi la chiamiamo così) che amiamo noi ..non sembra un male assoluto», avrebbe detto Pepe secondo i suoi collaboratori.
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 14th, 2017 Riccardo Fucile
DI MAIO RACCONTA CHE SONO SOSPESI, MA NON SI E’ ACCORTO CHE I TRE CONTINUANO A FAR PARTE DEL GRUPPO… DUE PESI E DUE MISURE RISPETTO ALLA CASSIMATIS
Il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, intervenuto a Corriere TV, ha detto che i deputati del MoVimento 5 Stelle palermitani accusati delle firme false sono stati sospesi. Il capogruppo del Partito Democratico Ettore Rosato ha detto che non è vero. Chi ha ragione tra i due?
“Il Movimento 5 Stelle, anche in questi casi, arriva prima dei rinvii a giudizio visto che i parlamentari coinvolti nella vicenda delle firme false’ a Palermo sono già stati sospesi in autunno”, ha detto Di Maio commentando la richiesta di rinvio a giudizio depositata dalla Procura di Palermo nei confronti di Giulia Di Vita, Claudia Mannino e Riccardo Nuti.
“Spiace vedere il vicepresidente della Camera impegnato in operazioni di disinformazione. Afferma che i deputati grillini coinvolti nell’inchiesta sulle firme false di Palermo sono stati sospesi…. Ma da cosa? Guardate sul sito della Camera, risultano tutti ancora del M5s, intervengono per conto del gruppo, una di loro continua a sedere regolarmente nell’Ufficio di Presidenza della Camera come loro rappresentante, dopo essersi rifiutata anche di rispondere ai magistrati”, ha risposto Rosato.
È infatti vero che il 28 novembre il collegio dei probiviri ha sospeso dal MoVimento 5 Stelle il 28 novembre i tre deputati, dopo che il blog di Beppe Grillo li aveva invitati ad autosospendersi senza successo in più occasioni, anche pubblicamente, senza ricevere risposta.
Ma è anche vero che i tre deputati non sono stati affatto sospesi dal gruppo del M5S alla Camera e continuano a svolgere regolarmente le attività parlamentari con il M5S. Nessuno di loro può utilizzare il simbolo, che è infatti scomparso dalle pagine fan dei tre (quella di Riccardo Nuti riporta a destra la dicitura “portavoce sospeso dal M5S”). C’è però un altro dettaglio interessante riguardo la vicenda.
I tre deputati infatti proprio oggi hanno rilasciato una nota stampa in cui accusano altri eletti M5S di aver testimoniato falsamente contro di loro: “Le tesi accusatorie si fondano sulle testimonianze di Claudia La Rocca e Giorgio Ciaccio, le quali, avendone già dimostrato l’inattendibilità per marcate incongruenze, dovranno reggere nel processo”.
E non hanno mica fatto solo questo.
I tre hanno infatti presentato un esposto che accusava l’attuale candidato sindaco per il M5S a Palermo Ugo Forello di aver architettato tutto. Il giudice ha archiviato l’esposto su richiesta della procura.
E non finisce mica qui.
Come ha raccontato Felice Cavallaro sul Corriere della Sera, durante le loro testimonianze in procura i tre deputati hanno accusato di far parte del complotto di cui sopra anche Giancarlo Cancelleri, deputato all’Assemblea Regionale Siciliana per il MoVimento 5 Stelle.
Per tutto questo, però, non sono mai stati richiamati o sanzionati dal M5S.
Ogni riferimento a chi viene buttato fuori per un like a Pizzarotti è puramente casuale.
(da “NextQuotidiano”)
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