Aprile 11th, 2017 Riccardo Fucile
COME SBARACCARE 150 ANNI DI LOTTE DEL LAVORO
I pappagalli modernisti, quelli che ti ripetono la giaculatoria per sentito dire sulla potenza della rete, spiegandoti che non sei sufficientemente aggiornato in materia di rivoluzione grillina del web, bisognerebbe che venissero a loro volta informati di una verità sconvolgente: i vettori del cambiamento non sono solo tecnologici, ma anche organizzativi.
Difatti, se tale messaggio fosse arrivato a destinazione, ci saremmo risparmiati l’ennesimo tormentone lessicale d’appartenenza, ad opera delle pedisseque casse di risonanza del Verbo di Sant’Ilario (rimaneggiato dallo staff di linguisti asserragliati nella milanese via Gerolamo Morone): vaffa… rosiconi… click-democrazia… Ora “disintermediazione”.
Quanto gli ideologi a Cinquestelle chiamano “disintermediazione”; ossia taglio delle bardature burocratiche che condussero all’asfissia l’età socialdemocratica-welfariana (preparando l’avvento della controrivoluzione neo-liberista che oggi fornisce l’orizzonte culturale dei managerial-efficientisti alla Davide Casaleggio; quelli per cui “o ti adegui precarizzandoti oppure ti becchi stipendi da fame cinese”), trascura un particolare non da poco: l’atomizzazione delle moltitudini non è altro che l’abile tattica con cui si è messo fuori gioco il movimento operaio novecentesco.
Ossia la consapevolezza che il rapporto squilibrato, in termini di risorse a disposizione e forza contrattuale, tra datore di lavoro e lavoratore poteva essere sanato nella sua prevaricatoria asimmetria soltanto grazie all’aggregazione dei molti senza potere.
Un processo storico che ha incivilito la società attraverso quelle che Luigi Einaudi chiamava “le lotte del lavoro”, prima nella fase del mutualismo proletario e poi della sindacalizzazione.
Ma a Beppe Grillo e ai suoi ghost-writer il sindacato non piace, come non piaceva a Matteo Renzi, confermando la matrice piccolo-borghese della loro cultura.
Dunque, non critica della rappresentanza nelle sue patologie (sacrosanta per via delle derive professionali a tendenza castale che infestano le strutture organizzative del lavoro, producendo intollerabili e costosissimi privilegi), bensì sbaraccamento dell’idea stessa di un contropotere che tragga forza dal consenso dei ceti più deboli; di quel lavoro che continua a essere una colonna portante della società , anche se la restaurazione plutocratica di questo quarantennio tende a oscurarlo come soggetto politico collettivo. Ma che terrorizza soprattutto i neoborghesi, il ceto che si è arricchito nelle praterie deregolate dell’Italia a partire dagli anni Ottanta (la stagione del CAF, il concerto Craxi-Andreotti-Forlani, del saccheggio del pubblico denaro), che se ne sentono minacciati dalle sue aspirazioni egualitarie.
D’altro canto se si era tamarri allora, si resta sempre tamarri, anche se ripuliti (e magari con villa sulla collina vip ai confini di Genova).
Visto che si continua a parlare e sproloquiare di democrazia, si dovrebbe avere ben chiaro il concetto liberale che questo modo di “fare società ” si basa sulla dinamica (spesso conflittuale) della competizione tra soggetti e interessi.
Il suo contrario è l’autocrazia, in cui qualcuno — Uomo Forte o Garante — decide per le moltitudini ridotte a greggi di pecoroni. All’insegna del “fidatevi”.
Un diktat subliminale che si accompagna allo sbaraccamento di ogni corpo intermedio; anche stavolta in singolare simmetria con il fallimentare riformismo renziano (e i maldestri tentativi di normalizzazione del ventennio berlusconiano).
In un paese dove l’egemonia della cafonaggine neo-borghese diventa devastazione civile.
Pierfranco Pellizzetti
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 11th, 2017 Riccardo Fucile
INDAGATO PER RICICLAGGIO, L’EX LEADER DI AN AMMETTE: “HO SAPUTO CHE LA CASA DI MONTECARLO ERA STATA COMPRATA DA TULLIANI A FINE 2010. NON L’HO MAI DETTO PER LE CONSEGUENZE POLITICHE”
Contro Amedeo Laboccetta, un tempo fedele deputato del suo partito e oggi suo principale accusatore, Gianfranco Fini ha presentato una denuncia per calunnia.
Di suo cognato Giancarlo Tulliani, invece, dice che ha imbrogliato sia lui che la sorella, cioè la sua compagna Elisabetta: «Lei mi ha sempre negato di essere stata la coproprietaria dell’appartamento di Montecarlo attraverso le società Primtemps e Timara; ritengo che sia stata ingannata dal fratello, rendendo più credibile a Francesco Corallo che io sapessi del denaro».
L’ex vicepremier, ex ministro degli Esteri ed ex presidente della Camera s’è presentato lunedì pomeriggio davanti ai pubblici ministeri di Roma che l’hanno inquisito per riciclaggio nell’inchiesta sull’imprenditore dei videogiochi Francesco Corallo, per difendersi e provare a separare il suo destino processuale da quello del cognato latitante a Dubai.
Un interrogatorio e una memoria consegnata al procuratore aggiunto Michele Prestipino e al sostituto Barbara Sargenti – in un ufficio lontano dal palazzo di giustizia, assistito dagli avvocati Francesco Caroleo Grimaldi e Michele Sarno – per sostenere che «i Tulliani non sono mai stati i miei prestanome o i miei emissari», e ipotizzare che «Giancarlo Tulliani abbia ricevuto danaro da Corallo (oltre 5 milioni di euro secondo i magistrati, ndr), direttamente e tramite il padre, con una continua opera di millanteria, facendogli credere che io ne fossi a conoscenza».
Quanto al famoso appartamento di Montecarlo acquistato da Tulliani con i soldi di Corallo, «è falso che io avrei chiesto a Corallo di comprare una casa e lui si dichiarò disponibile, come riferito da Laboccetta».
Secondo la versione di Fini, «nei primi mesi del 2008 Giancarlo Tulliani mi disse che una società era interessata ad acquistare suo tramite l’appartamento ereditato da Alleanza nazionale. Commisi la leggerezza, resa ancor più grave dal fatto che non verificai la natura della società acquirente, di autorizzare la vendita dell’appartamento».
Solo a dicembre 2010, aggiunge Fini, seppe che il vero titolare era suo cognato: «In quel momento ebbi la certezza che Giancarlo Tulliani mi aveva ingannato e mentito, e ruppi i rapporti con lui. Non resi pubbliche le conclusioni cui ero giunto per timore delle conseguenze politiche. Si trattò certamente di un grave errore, che però non fu in alcun modo determinato dalla volontà di negare o occultare comportamenti illegali».
Nessun reato
Ingenuità e qualche bugia, insomma, ma nessun reato. La difesa di Fini si tramuta in accusa a Laboccetta quando dice che mente sui suoi rapporti con Corallo: lui nemmeno sapeva che conoscesse il «re delle slot machine», glielo presentò nel 2004 e pensava che la vacanza ai Caraibi l’avesse pagata Laboccetta, non Corallo. Che invece, continua l’ex leader di An, conosceva e si frequentava «assiduamente» con Tulliani «almeno sei mesi prima» che lui conoscesse personalmente il cognato.
Come Tulliani abbia agganciato Corallo, o viceversa, Fini però non sa dirlo con precisione.
L’indagine continua
In ogni caso tutto sarebbe avvenuto sopra la sua testa, senza che lui sapesse nulla del decreto-legge in favore delle società di Corallo («non ebbi alcun ruolo nell’iter di discussione e approvazione»), nè dei rapporti tra altri personaggi a lui vicini e l’imprenditore tuttora latitante.
I pm ritengono di aver già acquisito diversi elementi a sostegno dell’accusa anche attraverso il ruolo di Elisabetta Tulliani (a sua volta indagata), ma Fini insiste: «Delle operazioni finanziarie intercorse tra Corallo e Giancarlo e Sergio Tulliani, dei conti correnti che le hanno rese possibili e delle ingenti somme di denaro che vi sono transitate non ho mai saputo nulla».
L’indagine continua.
(da “Il Corriere della Sera“)
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Aprile 11th, 2017 Riccardo Fucile
FORNER AVEVA SCRITTO ALLO STAFF CONTESTANDO L’ESITO DELLA VOTAZIONE, NEANCHE DEGNO DI UNA RISPOSTA, NON HA CAPITO CHE NON DOVEVA VINCERE LUI
L’annullamento delle comunarie M5S di Genova perchè indette meno di 24 ore prima del voto è diventato un precedente.
A cui si è appellato Leonardo Forner, sconfitto a Padova da Simone Borile per la candidatura a sindaco della città .
Forner aspetta ormai da 48 ore che lo staff del Movimento Cinque stelle risponda alla mail con cui, astutamente, si è appellato alla decisione di Beppe Grillo riguardante il capoluogo ligure, dove lunedì il tribunale ha accolto il ricorso di Marika Cassimatis contro la decisione del garante.
L’aspirante candidato chiede l’annullamento delle primarie nel capoluogo veneto che fino allo scorso autunno fu retto dal leghista Massimo Bitonci, perchè l’apertura dei gazebo telematici è avvenuta senza l’anticipazione formalmente prevista.
Ma il responso del gruppo dirigente che si occupa delle questioni interne più delicate del Movimento non è (ancora) arrivato. E non è detto che arriverà nelle prossime ore.
Forner potrebbe anche attendere invano la risposta, mentre la macchina elettorale si sta mettendo in moto.
Non si è trattato di una sconfitta al fotofinish, visto che il ventiduenne, laureato in Economia e management, ha incassato 48 voti. Simone Borile, 41 anni, docente di Antropologia della violenza e direttore della scuola superiore universitaria per mediatori linguistici Ciels, è invece arrivato a quota 108 consensi. Più del doppio.
Eppure il giovane pretendente da mesi si stava impegnando per ottenere l’investitura alle primarie. Lo ha fatto autocandidandosi e spedendo nei termini la sua disponibilità allo staff della Casaleggio.
Adesso non si rassegna e prosegue su quella strada, anche se non sembra intenzionato a provocare uno strappo, visto che si appella agli organi interni dei Cinquestelle.
Eppure non risparmia critiche, soprattutto sui giornali locali. “Sono in contatto con i genovesi. Anche a Padova, a norma di regolamento, è mancato il preavviso di 24 ore agli iscritti, sancito dall’articolo 3. E’ vero che di solito non è rispettato, ma questa è la causa con cui Grillo ha annullato le primarie a Genova”.
Non si può dire che Forner difetti di entusiasmo lealista. “Nessuno vuole danneggiare il movimento, siamo tutti attivisti da moltissimo tempo e vogliamo portare avanti le istanze dei cittadini sul territorio e non andare avanti per azioni legali al nostro interno“.
I Cinquestelle non sembrano dare molto credito al ricorso di Forner. Infatti, Borile si limita a commentare: “Il Movimento ha deciso che io devo essere la persona che manda a casa la vecchia politica padovana. Lo ha fatto in modo netto e inequivocabile”.
E sta già provvedendo alle pratiche per la certificazione della candidatura, evidentemente con l’avallo del gruppo dirigente. Poi verrà il momento della raccolta delle firme.
Jacopo Berti, capogruppo in Regione, non vuole attizzare le polemiche, che fomenterebbero soltanto un caso-Padova. “Andiamo avanti così”, si limita a dichiarare. E spinge il candidato Borile. Il che suona già da verdetto definitivo per il giovane Forner. Difficilmente lo staff di Casaleggio gli risponderà .
Giuseppe Pietrobelli
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 11th, 2017 Riccardo Fucile
TENSIONE ALLA CAMERA TRA CRONISTI E STAFF DELLA COMUNICAZIONE GRILLINA CHE AVEVA GARANTITO LA POSSIBILITA’ DI PORRE DOMANDE
Oggi alla Camera si è svolta un’iniziativa del MoVimento 5 Stelle che, prendendo spunto dal servizio di Report su Renzi, l’Unità e l’ENI, ha annunciato un esposto all’ANAC e alla magistratura per verificare se sussistono reati come traffico di influenze, turbativa d’asta, induzione alla corruzione. “Noi vogliamo vederci chiaro. Nei prossimi giorni presenteremo un esposto alla magistratura per verificare se sussistono reati come: induzione alla corruzione, turbativa d’asta e traffico di influenze. E chiediamo anche all’ANAC di verificare se esiste un sistema Renzi dal punto di vista giudiziario”, ha detto Luigi Di Maio.
Ma la parte più divertente della vicenda si è svolta alla fine della conferenza stampa. Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista e Roberto Fico si sono dileguati al termine dell’evento senza rispondere alle domande a margine dei cronisti, i quali avevano concordato con lo staff del Movimento di poter porre delle domande anche su altri argomenti al termine della conferenza.
Il loro silenzio, scrive l’ANSA, ha innescato un piccolo diverbio tra gli stessi cronisti e lo staff della comunicazione pentastellato che, durante la conferenza stampa aveva spiegato come le domande su temi non inerenti sarebbero state possibile a margine dell’evento. Cosa che tuttavia poi non si è verificata.
(da agenzie)
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Aprile 11th, 2017 Riccardo Fucile
IL CANDIDATO DI SINISTRA E’ AL TERZO POSTO E UN TREND IN COSTANTE CRESCITA
“La vittoria è a portata di mano”. Jean-Luc Mèlenchon vuole crederci, spera davvero di diventare il Terzo Uomo delle presidenziali e magari passare a sorpresa al ballottaggio. Secondo un nuovo sondaggio pubblicato dall’istituto Sofres, l’indomito gauchiste è al 18% delle preferenze, superando addirittura il candidato della destra Franà§ois Fillon (17%).
Lo scarto con gli altri due candidati è diventato di pochi punti, Marine Le Pen e Emmanuel Macron sono in parità , al 24%, in leggero calo rispetto all’ultima rilevazione. Il leader della France Insoumise ha lanciato la sfida finale, a due settimane dal voto, in un grande comizio nel porto di Marsiglia nel quale ha illustrato il suo programma, dall’uscita dalla Nato al piano Marshall da 100 miliardi di euro per rilanciare l’economia francese. Un raduno affollatissimo (70.000 persone sono tante)
Ex socialista, 65 anni, Mèlenchon è il fenomeno del momento. Le sue doti da tribuno lo hanno proiettato al centro dei dibattiti tv.
È stato, a detta di tutti, uno dei migliori oratori, capace di tenere testa a Marine Le Pen con la quale si è scontrato più volte.
È anche il candidato che ha più innovato nella campagna elettorale: ha creato un popolare canale YouTube, si è inventato un comizio doppio tra Lione e Parigi con ologramma (esperimento che replicherà la settimana prossima), ha inviato delle carovane in giro nel Paese per reclutare militanti.
I suoi libri sono bestseller, l’ultimo s’intitola “De la vertu”, elogio della virtù in una Rèpublique travolta dagli scandali.
Dopo aver abbandonato il partito socialista nel 2008, Mèlenchon si era già presentato alle presidenziali nel 2012. Anche allora i sondaggi lo davano alto nei consensi, ma poi aveva ottenuto l’11%.
Questa volta però tutto sembra diverso. Il candidato socialista Benoà®t Hamon paga il prezzo dei cinque anni di governo di Franà§ois Hollande e delle divisioni della sinistra: potrebbe addirittura finire in quinta posizione.
E Mèlenchon cavalca il voto della rabbia, degli scontenti, come fa – in modo diverso – Le Pen.
Il suo populismo di sinistra, ispirato esperienze dell’America Latina (è sostenitore non pentito di Hugo Chavez), potrebbe insomma essere la novità di queste presidenziali. Comunque vada, Mèlenchon potrebbe avere un ruolo da protagonista nella ricomposizione della gauche che rischia di esplodere dopo il voto.
Se poi arrivasse al ballottaggio, i sondaggi lo danno perdente con Macron ma vincente contro Marine Le Pen.
(da agenzie)
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Aprile 11th, 2017 Riccardo Fucile
LO SCIVOLONE DEL NEGARE UN FATTO ASSODATO DA TUTTI GLI STORICI D’OLTRALPE E’ ANCHE UN GRAVE ERRORE DI COMUNICAZIONE CHE AZZERA I TENTATIVI DI ACCREDITARSI DIVERSA DA SUO PADRE
Marine l’ha sparato grossa. Nell’ansia di riscrivere la Storia ad uso elettorale, Madame Le Pen ha detto che «non ci sono state responsabilità francesi» nello sciagurato rastrellamento di Vel’ d’Hiv, estate 1942, quando la polizia del governo collaborazionista di Vichy consegnò ai nazisti tredicimila ebrei «stranieri» (cioè non francesi) che vennero tradotti nei campi di sterminio.
Una macchia nerissima nella storia francese, tardivamente e parzialmente sanata cinquant’anni dopo da Jacques Chirac, con le scuse della Rèpublique espresse nel gesto – forse – più solenne dei suoi dodici anni all’Eliseo.
E sull’avvenimento non c’è disputa storica.
Ma perchè l’accortissima Marine Le Pen è scivolata nella prima fake news modello Trump? Lei che si è costruita in anni di lavoro politico per affrancarsi dalla figura del padre Jean-Marie in quell’operazione detta di «dèdiabolisation» che in Italia chiamammo «sdoganamento» ?
Marine ha poi precisato di considerare quello di Vichy un governo «non francese» . Ma è davvero difficile crederle. Oggi la comunicazione politica è studiata nei minimi dettagli fino al body language e alla mimica da tenere nei dibattiti tv.
E allora? Ci può aiutare a capire un libretto da poco uscito in Francia e curato da Michel Eltchaninoff, caporedattore di «Philosphie Magazine», il quale ripetendo un fortunato esercizio compiuto con Vladimir Putin è entrato «nella testa» della candidata («Dans la tete de Marine Le Pen», editore Actes Sud) e dissezionato i suoi discorsi. Rispetto al padre antistatalista, ammiratore di Churchill e Reagan, la Le Pen ha riorientato la linea di partito in senso sociale. E se il padre considerava le camere a gas un «dettaglio nella storia», lei si dichiara «pro sionista» dal 2011 (intervista al quotidiano israeliano «Haaretz»).
Ma nella descrizione del «nemico» storico ricasca in tutti gli stereotipi del «vangelo» antisemita per scagliarsi contro quelli che puntano a dominare il mondo «costruito per l’uomo senza radici, nomade e schiavo dell’ordine mercantile… banchieri, industriali, uomini politici e giornali, estranei alla storia del Paese».
Il trucco retorico è palese: chi ha orecchie per intendere intende benissimo e non c’è dubbio che i soggetti sensibili siano numerosi.
In un saggio da poco pubblicato da Marsilio («La Francia in nero») lo storico Marco Gervasoni ricompone con grande cura i fili neri che attraversano la cultura politica francese e cita un sondaggio di metà degli Anni Sessanta, dove solo il 10 per cento riconosceva la «Shoah» e ben il 58 per cento considerava gli ebrei «troppo potenti».
(da “La Repubblica”)
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Aprile 11th, 2017 Riccardo Fucile
LA CASSIERA DEL NEGOZIO: “PRENDINE UNA CHE TI ASSOMIGLI DI PIU'”….MIGLIAIA I MESSAGGI DI SOLIDARIETA’
Quando la mamma le ha detto che poteva scegliere un regalo, Sofia, due anni, non ha avuto dubbi: voleva una bambola, ma non una qualunque. “Quando siamo arrivate al negozio ha scelto la bambola-dottoressa – racconta la madre, Brandi Benner – perchè nella sua testa lei è già una dottoressa. Propone un controllo medico a tutti quelli che entrano a casa”.
Sarebbe una storia qualunque se Sofia non fosse bianca e la sua bambola-dottoressa nera. Ma le cose stanno così e la cassiera del negozio dove la bimba era con sua madre ha pensato bene di sottolinearlo.
“Le ha chiesto perchè non prendesse una bambola che assomigliasse a lei – ha scritto la mamma sul suo profilo Facebook – e Sofia le ha risposto che la bambola che aveva le somigliava già : era una dottoressa, come lei. Era carina, come lei. Aveva lo stetoscopio, come lei. Mia figlia non si è fatta scoraggiare: magari un’altra bimba lo avrebbe fatto”.
Pubblicato venerdì su Fb, il post di Brandi Benner è diventato virale: condiviso più di 140mila volte, ha attratto oltre 19mila commenti, fra cui quello di Berenice King, figlia del reverendo Martin Luther King.
Non è una storia qualunque questa anche perchè fu proprio un esperimento con le bambole condotto nelle allora segregate scuole degli Stati Uniti a portare, nel 1954, all’istituzione di scuole miste in tutto il Paese.
Negli anni ’40, un gruppo di psicologi usarono appunto le bambole per testare il grado di pregiudizio in cui crescevano i bambini: la netta preferenza dei bimbi – sia bianchi che neri – per le quelle bianche contro quelle scure e le parole con cui spiegavano la scelta, li spinsero ad affermare che la segregazione andava cancellata.
“The Doll Experiment” fu riproposto nel 2010 da Anderson Cooper su Cnn e si capì che nell’era di Barack Obama, primo presidente afroamericano, molti pregiudizi razziali restavano intatti.
Ciò che è accaduto a Sofia acconta l’ennesima puntata della vicenda.
Una bambina di due anni che non vede differenze fra sè e una bambola nera, una mamma che la incoraggia, una cassiera a cui la scena sembra assurda.
Una metafora perfetta della spaccatura che attraversa la società americana oggi e che la mamma di Sofia si è trovata di fronte.
Su Facebook molte le parole di solidarietà ma anche le critiche, spesso dai toni durissimi. “Non mi curo di loro – ha detto Benner – ai miei figli voglio insegnare l’amore”.
Ma questa storia dimostra che per cancellare i pregiudizi ci vuole ancora tempo, anche se qualcosa si è mosso. “La scelta di questa bambina è il segno di un cambiamento che ci porterà a vedere oltre il colore della pelle e che metterà fine ai giudizi che si basano su questo”, ha scritto su Facebook Berenice King.
(da “La Repubblica”)
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Aprile 11th, 2017 Riccardo Fucile
EX CASERME TRASFORMATE “PER CORREGGERE UOMINI DALL’ORIENTAMENTO SESSUALE SOSPETTO”…UN TIPICO GOVERNO “SOVRANISTA” DOVE I DIRITTI CIVILI SONO UN OPTIONAL
E’ in atto in Cecenia una persecuzione contro i gay con arresti e torture, una campagna considerata senza precedenti in una regione, dove pure l’omofobia è particolarmente grave, che avrebbe provocato la morte di almeno tre persone, come rivelato di recente dal settimanale Novaya Gazeta, citando testimonianze di diverse vittime, alcune delle quali rilasciate solo dopo il pagamento di un riscatto elevato da parte dei familiari.
Il mese scorso, decine di persone sono state fermate e detenute in una “prigione segreta” nella località non lontana da Grozny di Argun, dove sarebbero avvenute le torture.
Lo schema seguito dalle autorità è sempre lo stesso: viene fermata una persona, le sequestrano il telefonino dove fotografie e contatti vengono usate per perseguirne altre così come le informazioni estorte durante la detenzione.
La campagna sembra aver preso il via dopo l’arresto di una persona per consumo di stupefacenti con materiale pornografico nel telefono.
Una seconda ondata di arresti è avvenuta dopo che l’ong GayRussia.ru aveva inoltrato richieste per il Gay Pride alle autorità di diverse località del Caucaso, un modo, accusano i ceceni, per costruire un caso contro Mosca alla Corte europea dei diritti dell’uomo.
Il gruppo di attivisti russo basato a San Pietroburgo ‘Rete LGBT’ a fine marzo ha attivato un numero di emergenza in cui ha raccolto la richiesta di aiuto di oltre dieci persone che chiedono di poter lasciare la regione.
La direttrice di Human Rights Watch per la Russia Tanya Lokshina ha denunciato l’assenza di qualsiasi reazione da parte del Cremlino per la situazione critica della regione, “in cui l’omofobia è comunque intensa e dilagante”: il portavoce Dmitry Peskov si è limitato a invitare le vittime a usare i canali ufficiali per denunciare le autorità .
Il portavoce del presidente ceceno Ramzan Kadyrov ha sottolineato che in Cecenia non ci sono omosessuali. Se ci fossero, non sarebbe necessario arrestarli dato “che i loro stessi familiari li invierebbero in posti da cui non potrebbero fare ritorno”.
Nel frattempo, in Russia il ministero della giustizia russo ha inserito nell’elenco dei materiali banditi perchè estremisti anche le immagini con la caricatura del presidente Putin truccato da drag queen.
Ora comincia a muoversi la comunità internazionale.
L’associazione radicale “Certi diritti” ha inviato una lettera urgente a Federica Mogherini e Angelino Alfano, sollecitandoli a fare in modo che la diplomazia europea non resti silente.
“Non accennano a fermarsi le notizie che provengono dai media russi di opposizione che sono riusciti ormai a localizzare vere e propri campi di prigionia destinati agli omosessuali, dove uomini e ragazzi sequestrati dai corpi paramilitari subiscono sevizie di ogni tipo. Si parla di oltre 100 persone deportate dalla fine di febbraio e di almeno 3 morti. La necessità di preservare gli equilibri geopolitici con la Russia non insabbi il ricorso storico messo in atto dalle autorità cecene. Chiediamo che siano attivate tutte le iniziative urgenti e necessarie per l’invio di osservatori internazionali nella regione e concedendo immediatamente asilo ai sopravvissuti e alle vittime potenziali di questa follia”, così scrivono Leonardo Monaco e Yuri Guaiana, rispettivamente segretario e responsabile questioni transnazionali dell’associazione radicale Certi Diritti.
Incalza Erasmo Palazzotto, deputato di Sinistra Italiana-Possibile e vicepresidente della commissione Esteri di Montecitorio: “Notizie di stampa trapelate dall’estero hanno rivelato che in Cecenia alcune ex caserme militari sono state trasformate per “correggere uomini dall’orientamento sessuale non tradizionale o sospetto”, veri e propri campi di concentramento per gay.
Un orrore che si ripete a distanza di 70 anni. L’Italia e l’Europa, prosegue Palazzotto, non possono restare in silenzio davanti a questo livello di violazione dei diritti umani. Il presidente Mattarella in visita a Mosca non può ignorare ciò che sta accadendo in Cecenia”.
“Abbiamo predisposto un’interrogazione al ministero degli Esteri per chiedere una posizione forte del nostro paese davanti a questa vergogna. Vanno messe in campo tutte le iniziative necessarie per chiarire i fatti e intraprendere azioni adeguate, a partire dalla richiesta al governo russo di avviare un’inchiesta e dall’invio di osservatori internazionali in Cecenia. La repubblica autonoma cecena fa parte della federazione russa e applica anch’essa le tristemente famose leggi contro la ‘propaganda omosessuale tra i minori’ approvate dalla Duma tre anni fa. Una escalation di questo tipo mette in serio pericolo la condizione dello stato di diritto nella Russia di Putin”, così i senatori del Partito Democratico Sergio Lo Giudice e Monica Cirinnà e Luigi Manconi, presidente della Commissione diritti umani.
(da “la Repubblica“)
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Aprile 11th, 2017 Riccardo Fucile
SE L’EVENTUALE RICORSO DI GRILLO FOSSE RESPINTO VI SONO SOLO QUATTRO POSSIBILITA’
Quali sono i possibili scenari per il Movimento cinque stelle alle elezioni genovesi, dopo la sentenza di ieri che riabilita la candidata Marika Cassimatis?
Occorre innanzi tutto una premessa.
I legali di Grillo possono presentare un “reclamo” (una specie di appello) all’ordinanza pro-Cassimatis, su cui si deciderà un collegio di giudici senza il magistrato che si è pronunciato ieri. Fra l’eventuale reclamo e il nuovo verdetto non passeranno più di 15-20 giorni
È possibile, ma improbabile, che il verdetto di ieri venga ribaltato, e a quel punto resterebbe in corsa Luca Pirondini, secondo classificato alle “comunarie” poi indicato da Beppe Grillo come candidato dei Cinque stelle.
Ma laddove i magistrati confermassero la riabilitazione si Cassimatis, si aprirebbero sostanzialmente quattro strade
1) GRILLO RITIRA LISTA E SIMBOLO
Il comico “diffida” Cassimatis dall’utilizzare il simbolo M5S, di cui è formalmente titolare un’associazione creata ad hoc insieme al nipote avvocato e a un commercialista. Ma a quel punto si esporrebbe a un’accusa (civile) di conflitto d’interessi con possibili conseguenze sulla titolarità del simbolo stesso in tutta Italia. Questo scenario è allo stato ritenuto il più probabile
2) NUOVE COMUNARIE.
Grillo decide d’indire nuove comunarie online, ma Cassimatis presenterebbe immediatamente nuovi ricorsi in tribunale forte del verdetto di ieri
3) LISTE GEMELLE.
Vengono presentate sia la lista di Luca Pirondini che quella di Marika Cassimatis, entrambe con il simbolo del Movimento cinque stelle. A quel punto la parola passerebbe al Tar, il tribunale amministrativo
4) ACCORDO.
Grillo si accorda con Cassimatis e quest’ultima diventa l’unica candidata del m5S (opzione tecnicamente possibile ma esclusa ieri da un post sul sito www.beppegrillo.it)
(da “Il Secolo XIX”)
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