Aprile 19th, 2017 Riccardo Fucile
“ETICA M5S E CHIESA CATTOLICA SU DUE SPONDE OPPOSTE”
La sintonia tra il mondo della Chiesa e il Movimento 5 Stelle diventa tema di dibattito sulla stampa cattolica.
Dopo l’intervista di Beppe Grillo al quotidiano della Cei Avvenire e le parole del direttore Marco Tarquinio che ha ravvisato “molte sensibilità in comune” tra le battaglie dei 5 stelle e quelle della Chiesa, Famiglia Cristiana è più scettica.
In un blog in apertura dell’edizione online della rivista, si legge che per “la morale politica grillina” “l’unico ente meritevole di credito è lo Stato”.
Nell’articolo vengono menzionate tutte le distanze tra il Movimento 5 Stelle e il mondo cattolico.
E dunque ecco che la sindaca grillina Chiara Appendino taglia un quarto dei finanziamenti alle scuole paritarie dell’infanzia, comprese quelle che operano nelle periferie e nelle zone disagiate. Anche la sindaca Raggi più di una volta ha polemizzato sulla “Chiesa che non paga l’Imu”, vecchio “leit motiv” dei laicisti (anche se lo paga, a parte qualche contenzioso poi risolto). I grillini sono contrari all’8 per mille, che vorrebbero fosse destinato all’edilizia scolastica o ad altre iniziative gestite dallo Stato. Sui temi etici, poi, i politici del Movimento 5 Stelle hanno pochi dubbi: matrimonio gay, adozione da parte delle coppie gay, eutanasia, unioni di fatto, testamento biologico, fecondazione eterologa, legalizzazione delle droghe leggere, fino alla sperimentazione della Ru486, la pillola abortiva.
“Non c’è argomento etico che non veda il Movimento 5 Stelle sulla sponda opposta alla dottrina della Chiesa”, si legge ancora.
Non è un mistero che dietro una visione “francescana” della comunità dei cristiani e di una Chiesa “povera” finiscono per nascondersi spesso pulsioni anticlericali e laiciste che la vorrebbero relegata a una funzione assistenziale, marginale, quasi catacombale, senza però pretese di sussidiarietà e dunque senza il minimo finanziamento da parte dello Stato.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Grillo | Commenta »
Aprile 19th, 2017 Riccardo Fucile
ALCUNI DEM AVEVANO SALVATO L’EX DIRETTORE DEL TG1 DALLA DECADENZA
Il presidente dei senatori Pd, Luigi Zanda, domani chiederà che si votino a scrutinio palese le dimissioni del parlamentare di Forza Italia, Augusto Minzolini.
Lo si apprende da ambienti Dem di Palazzo Madama. E Zanda dovrebbe invitare anche il suo gruppo a esprimersi a favore delle dimissioni del senatore, ex direttore del Tg1, che invece era stato “salvato” dalla decadenza, anche con il voto del Pd.
Il 16 marzo, l’aula del Senato aveva votato contro la decadenza di Minzolini. I senatori avevano infatti approvato con 137 sì, 94 no e 20 astenuti l’ordine del giorno di Forza Italia che respingeva la deliberazione della Giunta per le Immunità che nel luglio scorso aveva dichiarato decaduto l’ex giornalista dal mandato di parlamentare perchè condannato con sentenza passata in giudicato. I senatori del Pd che avevano votato insieme a Forza Italia per “salvare” Minzolini erano stati 19.
Minzolini era stato condannato con sentenza definitiva per peculato. Il regolamento del Senato comunque non prevede il voto palese per le dimissioni di un parlamentare.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Parlamento | Commenta »
Aprile 19th, 2017 Riccardo Fucile
SAVIANO DENUNCIA I RITARDI DELLA FARNESINA
Le autorità turche hanno impedito al viceconsole italiano e all’avvocato turco di vedere il giornalista Gabriele Del Grande, in carcere dal 10 aprile e ora detenuto a Mugla, sulla costa egea meridionale della Turchia.
La notizia è stata data dal senatore Luigi Manconi in una conferenza stampa in Parlamento e smentisce le prime informazioni secondo cui l’incontro ci sarebbe stato: “Le autorità turche gli hanno impedito di vederlo”, ha detto il presidente della commissione Diritti umani.
E ha anche aggiunto: “Le procedure per la liberazione potrebbero non essere brevi quindi un quadro che sembrava tendente ad una soluzione positiva si è improvvisamente aggravato ed è per questo che riteniamo indispensabile la mobilitazione”.
Una situazione sempre più delicata, come denunciato anche dallo scrittore Roberto Saviano: “Sono molto preoccupato”, ha detto intervenendo a Milano, “e sto cercando di capire se può essere utile un mio intervento per raccogliere il network che mi segue per far si che il ministro degli Esteri Angelino Alfano intervenga. La Farnesina è in ritardo in modo colpevole. Bisogna dare un messaggio, anche simbolico. Sicuramente, spero che dietro le quinte, in silenzio, stiano negoziando ma c’è bisogno di un messaggio politico”. In mattinata era stato lo stesso Alfano ad assicurare che la situazione fosse sotto controllo: “Ho”, aveva detto, “in fase di lavorazione un contatto mio personale e diretto con il governo turco, per fargli capire chiaramente qual è il livello di attenzione del nostro Paese su questa vicenda. Abbiamo esercitato tutte le pressioni che la diplomazia permette di esercitare”.
La compagna del giornalista, Alessandra D’Onofrio, sul tema è stata molto cauta: “La Farnesina”, ha detto in collegamento telefonico con UnoMattina, “sta facendo un enorme e delicato lavoro. Li sentiamo la Farnesina ogni giorno”.
Manconi, nel corso della conferenza stampa, ha anche smentito altre versioni della storia diffuse nelle scorse ore: “Non esistono prove o conferme”, ha detto, “che volesse passare dalla Turchia alla Siria, così come non esiste conferma o prova che egli abbia avuto un colloquio con persone sospettate di terrorismo. Sono bufale che circolano, oltretutto in forma non ufficiale, che mirano a screditare la figura di uno scrittore che stava facendo il suo mestiere”.
Il senatore ha anche letto un messaggio dei familiari: “La sua voce è arrivata come un grido disperato di aiuto”, hanno scritto i genitori di Del Grande raccontando della telefonata ricevuta, “la sua frustrazione era palpabile per il fatto di trovarsi in uno stato di privazione della sua libertà e dei suoi diritti, senza essere accusato di nessun reato penale. Gabriele ha potuto dirci la sua verità con la sua voce. Gabriele ad oggi si trova in isolamento permanente e viene continuamente interrogato in quanto il motivo dell’ancora mancato rilascio pare sia da attribuire al suo lavoro di scrittore. Gabriele non è mai stato informato del fatto che lo stavamo cercando e che abbiamo fatto di tutto per metterci in contatto con lui e si è sentito abbandonato. Di fatto lui è solo, non ha voce”.
Ieri Del Grande ha telefonato alla compagna e ha annunciato l’inizio dello sciopero della fame per tutelare i suoi diritti.
La sua avvocata, intervistata da ilfattoquotidiano.it, ha spiegato che mentre parlava era sorvegliato da quattro guardie. Nella telefonata ai familiari in Italia, il 35enne reporter originario di Lucca aveva raccontato di essere stato trasferito a Mugla dopo essere stato inizialmente trattenuto in un altro centro di detenzione nella provincia di Hatay, al confine turco-siriano.
Saviano, parlando dalla Fiera “Tempo di Libri” a Milano, è stato tra i primi a esprimere la sua preoccupazione per la situazione generale. “La vicenda è molto grave e porterà un significativo cambiamento dei rapporti tra Italia e Turchia e soprattutto tra Europa e Turchia: adesso ogni giornalista, anche se va lì senza lavorare deve avere una sorta di visto giornalistico per poter entrare. Andare in Turchia come giornalista sarà impossibile se non c’è il visto di questa nuova censura di Erdogan”.
Secondo lo scrittore, questa vicenda è molto grave ed è il simbolo di un cambio radicale nelle relazioni con i turchi: “Erdogan sappiamo benissimo che vuole arrivare allo scontro su questi temi e vuole mostrare all’Europa una verità ultima: la vostra democrazia è una messa in scena. La mia democrazia, quella che lui considera tale, è ricchezza per tutti, un paese più sano. Il vostro permettere a tutti — spiega — di dire fesserie, di poter esprimere opinioni sta semplicemente rendendo il paese più instabile. Erdogan giustifica questi arresti dicendo ‘noi difendiamo la nostra immagine e la nostra dignità ‘. Ci sono degli echi su quello che succede in Italia e in Europa. Argomenti così li spendono gli italiani di continuo: ‘buffone, chi ti paga’. E quindi la vicenda di Gabriele va seguita perchè sta cambiando e cambierà il nostro modo di vivere”.
Intanto si moltiplicano i messaggi di sostegno e solidarietà .
Il Tirreno, il principale giornale locale della costa toscana, ha dedicato l’intera prima pagina al caso di Del Grande, con una foto grande e il titolo “Gabriele libero“.
Di spalla il fondo del direttore Luigi Vicinanza che sottolinea che “documentare la realtà di un mondo globalizzato in cui ciò che accade in Siria e Turchia si riverbera sotto i nostri occhi smarriti, vicino a casa nostra” è un lavoro che “costa fatica e coraggio questo tipo di narrazione, anche a costo di urtare la suscettibilità di apparati a scarso contenuto di democrazia”.
Intanto rimbalza su Twitter e su Facebook l’hashtag #iostocongabriele: tra coloro che lo hanno utilizzato l’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi (“Tutti insieme, senza distinzioni, diciamolo chiaro al governo turco”) e i dirigenti di Mdp, Possibile e Sinistra Italiana Arturo Scotto, Pippo Civati e Nicola Fratoianni.
Nel pomeriggio è arrivata anche la solidarietà del presidente della Fnsi Giuseppe Giulietti: “E’ una vicenda molto delicata. Noi siamo e saremo strumento di quello che sarà deciso: siamo a disposizione delle scelte dei legali e della famiglia di Gabriele. Credo che in questa fase ogni iniziativa individuale possa essere pericolosa”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
argomento: denuncia | Commenta »
Aprile 19th, 2017 Riccardo Fucile
ACCOLTA LA RICHIESTA DEL PROCURATORE GENERALE, MA DOMANI SCATTA LA PRESCRIZIONE … ILARIA: “ORA TUTTI HANNO CAPITO COME E’ MORTO STEFANO”
È stata annullata dalla Cassazione la sentenza dell’Appello bis che aveva assolto i cinque medici dell’ospedale romano Pertini accusati dell’omicidio colposo di Stefano Cucchi. I proscioglimenti sono stati annullati con rinvio, ma domani scatterà la prescrizione del reato. Il verdetto è stato emesso dalla I Sezione Penale dopo una Camera di Consiglio di circa 3 ore.
Il procuratore generale Antonio Mura aveva chiesto l’accoglimento del ricorso della Procura di Roma contro le assoluzioni, criticando il verdetto dell’appello bis per aver “eluso il mandato della Cassazione” e non aver disposto “una nuova perizia”.
“La mia giustizia consiste nel fatto che tutti hanno capito come e perchè è morto Stefano Cucchi, questo ora l’hanno capito anche nelle aule di giustizia”, ha detto la sorella di Stefano, Ilaria Cucchi.
“Perfetto, sono contento”, è stato il primo commento dell’avvocato Fabio Anselmo, legale della famiglia Cucchi. “La prescrizione la dobbiamo ai medici legali e periti che sono intervenuti in quel processo di parte pubblica”, ha detto il legale, ringraziando poi il pg della Cassazione.
La requisitoria. “Sono passati 7 anni, 5 mesi e 28 giorni dalla morte di Stefano Cucchi e siamo alla vigilia della prescrizione” del reato di omicidio colposo contestata ai cinque medici assolti in appello, “molto turbati da questa vicenda: ma il processo si svolge qui ed ora e si tratta di un reato al momento non prescritto e così lo affronto chiedendo l’annullamento delle assoluzioni e salvando gli aspetti risarcitori”, ha detto il pg della Cassazione, Antonio Mura, nella sua requisitoria.
“Dal 19 ottobre se i medici avessero letto congiuntamente tutti i dati disponibili delle analisi di Stefano Cucchi, avrebbero potuto chiamare un nutrizionista e apprestare le cure necessarie”, ha detto Mura chiedendo l’annullamento con rinvio dei proscioglimenti dei cinque medici dell’ospedale romano Pertini dove Cucchi, arrestato per droga, fu ricoverato dal 17 al 22 ottobre 2009, quando morì nel reparto protetto per detenuti.
I camici bianchi prosciolti nell’appello bis con la formula “perchè il fatto non sussiste” sono: il primario Aldo Fierro, Stefania Corbi, Flaminia Bruno, Luigi Preite De Marchis e Silvia Di Carlo. I cinque sanitari erano stati condannati in primo grado, prosciolti in appello, e assolti nuovamente nell’appello bis disposto dalla Cassazione nel giudizio di rinvio.
Data la decisione della Cassazione, resta ora salvo il diritto dei familiari di Cucchi e delle parti civili costituite, tra le quali Cittadinanza Attiva e il Comune di Roma, di avere il risarcimento dei danni.
Otto anni di indagini e processi. Una vicenda, quella legata alla morte di Cucchi, che va avanti da otto anni tra indagini preliminari e processi.
(da “La Repubblica”)
argomento: Giustizia | Commenta »
Aprile 19th, 2017 Riccardo Fucile
IL PREGIUDICATO IN GALERA GRAZIE ANCHE ALLE SUE DOCUMENTATE DENUNCE, LUI RINVIATO A GIUDIZIO PER PRESUNTA “DIFFAMAZIONE”
Non abbiamo bisogno in questa sede di rinnovare la nostra stima e amicizia personale per l’amico Christian che da anni porta avanti una battaglia “vera” contro le infiltrazioni mafiose in Liguria attraverso inchieste documentate e dettagliate, facendo nomi, citando fatti e esibendo prove.
Lui non è un “professionista dell’antimafia”, ma persona vera e perbene, a cui questo Stato vergognoso ha negato persino la scorta, nonostante le minacce concrete da parte della malavita organizzata.
Ora la giustizia, dopo avere, grazie anche alle sue inchieste, arrestato un esponente di primo piano della ‘ndrangheta con accuse pesantissime, ha pensato bene di rinviare a giudizio lui per avere “diffamato” il capoclan.
Non è solo un paradosso incredibile di quello che può accadere in Italia, ma diventa quasi un invito ai cittadini di “farsi i cazzi propri”, un ottimo segnale per le migliaia di giovani che scendono periodicamente in piazza per dire No alla mafia in questo disastrato Paese.
Chissà che ne pensa il ministro della Giustizia Orlando e il presidente della Repubblica Mattarella, per non parlare dei partiti politici e dei candidati sindaci a Genova, tutti vergognosamente silenti su questa vicenda.
Noi siamo ancora capaci di indignarci e di gridare forte e chiaro che questi segnali sono pericolosi per il messaggio che trasmettono e per quello che rappresentano.
Presunta destra della legalità dove sei? Presunta sinistra antimafia perchè taci? Presunti difensori della onestà a Cinquestelle perchè non scendete in piazza?
O forse tacete perchè Christian, come noi, è persona che non guarda in faccia nessuno e quindi “scomodo”e non “catalogabile?
La nota di Abbondanza a commento della sua vicenda
Nel 2012, davanti ad una situazione di stallo inquietante, ribadivo che GULLACE Carmelo era uno dei più potenti e pericolosi ‘ndranghetisti del nord-ovest e, per questo, andava arrestato e tutti i suoi beni (abilmente intestati a terzi) andavano sequestrati e confiscati, a partire dalla villa-bunker di Toirano.
Ho detto che era esponente apicale della cosca GULLACE-RASO-ALBANESE e, con questa, protagonista della faida di Cittanova ove non vennero risparmiati nemmeno i bambini.
Ho detto che operava attraverso intestazioni fittizie e prestanome, sia in Italia che all’estero. Ho detto che aveva alte coperture istituzionali e beneficiava di costanti fughe di notizie che “bruciavano” le inchieste.
Ho detto che aveva un influenza condizionante della Pubblica Amministrazione nel ponente savonese.
Ho detto della Stocco & Stocco ed altri dettagli a partire dal ruolo di primo piano della consorte FAZZARI Giulia a quello degli altri familiari sino all’operatività del FAMELI Antonio come degli SCIGLITANO…
Ogni cosa che ho detto è stata documentata.
Ogni cosa che si è documentata e che ho detto era stata preventivamente prodotta con segnalazioni e denunce a reparti investigativi ed alle competenti Procure/DDA.
Si è continuato il lavoro (iniziato nel 2005) documentando la continuità dell’attività del sodalizio capeggiato dal GULLACE, da un lato documentato ed anche fotografando le riunioni della cosca ad Albenga come a Ceriale, così come l’influenza nelle tornate elettorali locali, oltre alle concessioni pubbliche ed appalti affidati dalle amministrazioni pubbliche nonostante l’assenza di iscrizione alla white-list (anche dopo l’arresto del GULLACE per usura con l’operazione “REAL TIME”).
Tali elementi sono stati confermati in due maxi inchieste dell’Antimafia, scaturite in due operazioni dello scorso anno: ALTO PIEMONTE e ALCHEMIA.
La prima della DDA di Torino con il GICO, la seconda della DDA di Reggio Calabria con DIA e SCO di Genova, oltre che con gli Atti trasmessi dalla Procura di Savona (allora coordinata dal Proc. Granero).
Tutto ciò però per la Procura di Genova risulta “diffamazione” e “minaccia” ai danni del GULLACE Carmelo… Fate voi…
Io vado avanti!
Christian Abbondanza
argomento: denuncia | Commenta »
Aprile 19th, 2017 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE DELLA “CASA DELLA LEGALITA” DUE GIORNI FA AVEVA OTTENUTO DI RIAPRIRE IL CASO DELLO SCIOGLIMENTO DEL COMUNE DI VENTIMIGLIA PER INFILTRAZIONI MAFIOSE
Christian Abbondanza è il presidente della Casa della Legalità , una onlus che da anni in Liguria rappresenta un’antimafia fatta non soltanto di proclami e marce ma di denunce con nomi e cognomi.
E infatti Abbondanza è stato più volte minacciato di morte, hanno pure condannato chi lo ha minacciato, ma a differenza di esponenti delle istituzioni nessuno ha mai pensato di dargli una qualche forma di protezione.
L’altro giorno il Consiglio di Stato, caso piuttosto raro, ha accolto, come ha annunciato sul suo profilo Facebook il sindaco di Ventimiglia Enrico Ioculano “il ricorso della Casa della Legalità contro la sentenza del Consiglio di Stato sullo scioglimento per mafia del Comune. Si è costituito anche in Ministero dell’Interno. Udienza il 22 di giugno”.
Nel febbraio 2016 il giudice amministrativo di secondo grado accolse il ricorso presentato dall’ex sindaco della città di confine, Gaetano Scullino (Forza Italia), dichiarando illegittimo lo scioglimento del Consiglio comunale di Ventimiglia per presunte infiltrazioni mafiose, avvenuto il 3 febbraio del 2012.
All’indomani della dichiarazione di illegittimità del Consiglio di Stato, la Casa della Legalità annunciò la volontà di ricorrere nelle forme della Revocazione.
La Revocazione consiste nella impugnazione straordinaria di sentenze civili non impugnabili con i mezzi ordinari o non più impugnabili per decorso di termini, che può avvenire, tra l’altro, in presenza di prove riconosciute o dichiarate false dopo la sentenza.
“Abbiamo sottolineato che il Consiglio di Stato ha valutato l’aspetto penale — ha spiegato all’Ansa, Christian Abbondanza – che non è rilevante per quanto riguarda le misure di prevenzione e non nega i fatti indicati alla base del provvedimento di scioglimento indicati dal Prefetto e dal Ministro dell’interno”
Il prossimo 22 giugno il Consiglio di Stato sarà chiamato a decidere in sede giurisdizionale. Non può non essere sottolineato il fatto che la Presidenza del Consiglio, il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Imperia si siano costituite accodandosi al ricorso di un’associazione che dispone di molta buona volontà ma di mezzi economici assai scarsi.
Nel frattempo cosa accade?
La Casa della Legalità aveva messo da anni nel mirino delle sue pubbliche denunce Carmelo Nino Gullace, pregiudicato residente in provincia di Savona.
La scorsa estate al termine di un’indagine articolata la procura antimafia di Reggio Calabria e gli uomini della Dia di Genova avevano arrestato numerose persone con l’accusa di appartenente alla ndrangheta.
Carmelo Gullace era finito in manette con l’accusa di essere addirittura il capo della ‘ndrangheta in Liguria ed essere uno degli esponenti più importanti del nord Italia.
Ma pochi giorni fa , sorpresa.
Il pm genovese Giuseppe Longo notifica l’atto di conclusione delle indagini ad Abbondanza e altri due componenti della Casa della Legalità accusati di diffamazione e minacce (!) a Carmelo Gullace.
I reati sarebbero stati commessi sul blog della Casa della Legalità attorno al 2012.
Con toni decisamente forti e “verbalmente” aggressivi Abbondanza attacca un soggetto con alle spalle importanti precedenti giudiziari.
A questo punto, oltre a rilevare che Abbondanza ci aveva visto giusto con cinque anni di anticipo, di fronte alla richiesta di rinvio a giudizio annunciata dalla procura — seppur formalmente ineccepibile — non si può non restare allibiti..
Tanto più che, si legge nella notifica, ad Abbondanza viene contestata, tra le molte,
questa frase che lui rivolge a Gullace. “Un criminale che è stato protetto per troppo tempo dal negazionismo e da chi ha minimizzato per decenni… “.
Un tema quello del negazionismo della mafia in Liguria più volte affrontato e pubblicamente ribadito da due persone: l’ex procuratore di Genova e della Distrettuale Anti Mafia Miche Di Lecce che del pm Longo è stato capo, e Anna Canepa, sostituto procuratore della Direzione Nazionale Antimafia.
(da “La Repubblica“)
argomento: mafia | Commenta »
Aprile 19th, 2017 Riccardo Fucile
LA LETTERA A “LE MONDE” CONTRO LA BUFALA SECONDO CUI “CI SONO PREMI NOBEL A FAVORE DELL’USCITA DALL’EURO”: FIRMATA ANCHE DA 4 NOBEL CHE VENGONO SEMPRE CITATI DAI SOVRANISTI PATACCA COME LORO RIFERIMENTO… E SPIEGANO CHE I NO-EURO FAREBBERO FALLIRE LA FRANCIA
Marine Le Pen vuole far uscire la Francia dall’euro in nome della riconquista della “sovranità ”, parola magica che da sola basta a scaldare i cuori dei populisti europei. Con modalità diverse lo vogliono fare anche Matteo Salvini e il MoVimento 5 Stelle che sognano un ritorno della lira e un’uscita dall’euro anche per il nostro Paese.
La candidata del Front National alle presidenziali francesi per sostenere la sua tesi ha citato più volte gli autorevoli pareri di alcuni premi Nobel per l’economia; l’argomento è semplice “se lo dicono anche i premi Nobel” che si può uscire dall’euro o che stare nell’euro non conviene allora non dobbiamo perdere altro tempo e abbandonare la moneta unica.
Ieri però venticinque (25) premi Nobel hanno scritto a Marine Le Pen per condannare «questa strumentalizzazione del pensiero economico nel quadro della campagna elettorale francese».
La lettera dove i premi Nobel denunciano il programma anti-europeo della Le Pen è stata pubblicata dal quotidiano francese Le Monde (su Keynesblog la traduzione in italiano) e non ci stanno a farsi usare dal Front National per sostenere posizioni che sono lontane dal loro modo di pensare.
I venticinque premi Nobel, si va da Joseph Stiglitz ad Amartya Sen passando per il vincitore del Premio 2016 Bengt Holmstrà¶m, mettono nero su bianco che i programmi anti-europei della candidata francese destabilizzerebbero la Francia mettendo a repentaglio la stabilità economica e politica del progetto della casa comune europea.
I Nobel parlano della Francia, perchè è ad una candidata francese che si rivolgono, ma le loro argomentazioni valgono anche per l’Italia visto che il fronte anti-euro guidato dalla Lega Nord è sulle stesse posizioni della Le Pen.
Il succo del discorso è che la ricetta del FN per uscire dall’euro non solo non funziona ma sarebbe sicuramente dannosa per la Francia.
Da una parte le politiche isolazionistiche e protezionistiche rischiano di creare i presupposti per una guerra commerciale che costerebbe molto cara ai francesi.
Ma la lettera non è solo un appello a “rimanere uniti” in un momento di difficoltà rifiutando soluzioni politiche divisive che non porterebbero vantaggi per i cittadini francesi.
La lettera dei premi Nobel per l’Economia contiene anche un monito a coloro che in questi mesi guardano all’esperienza britannica della Brexit e ci spiegano che gli inglesi non se la passano poi così male anche se hanno deciso di uscire dall’Unione Europea.
Fermo restando che il Regno Unito non è ancora uscito dalla UE, gli economisti ribadiscono una semplice ma dirompente verità : «C’è una grande differenza tra la scelta di non aderire all’euro dall’inizio e uscirne dopo averlo adottato».
Questo significa che il Regno Unito, che ha sempre mantenuto la sua sovranità monetaria e la sua moneta nazionale non può essere preso ad esempio come paese guida per testare l’eventuale uscita dall’euro.
Per vent’anni paesi come Italia e Francia hanno convissuto all’interno del sistema della moneta unica e al contrario dei britannici una volta fuori l’esperienza della ritrovata sovranità sarebbe sicuramente molto diversa e peggiore.
Chi vuole uscire dall’euro sostiene — come ad esempio i 5 Stelle — che con il ritorno alla moneta nazionale “sovrana” potremmo svalutare la nostra moneta nazionale per tornare ad essere competitivi sui mercati internazionali, per loro i Nobel per l’economia hanno una risposta semplice e chiara: «Le politiche isolazioniste e protezionistiche e le svalutazioni competitive, effettuate a spese di altri paesi, sono modalità pericolose di cercare di generare crescita».
Impossibile qui non pensare al piano della Le Pen che vorrebbe un ritorno ad una “moneta comune” sullo stile della vecchia Ecu a garantire i cambi ma che prevede che il debito estero francese venga ridenominato in franchi.
La storia degli economisti e dei premi nobel anti-euro è una delle più interessanti “narrative” adottate anche dai no-euro nostrani.
Si va da Beppe Grillo a Matteo Salvini che nel dicembre del 2014 aveva dichiarato che «Prima se ne esce e meglio è. Oramai sono diventati 5 i premi Nobel che lo sostengono insieme a noi» aggiornando poi il conteggio a sette.
Lo stesso numero è citato nel libro “Oltre l’Euro” a cura di Claudio Borghi Aquilini e pubblicato dalla Lega Nord, dove i sette premi Nobel che sostenevano l’uscita dall’euro assieme a Salvini diventano “premi Nobel per l’economia che hanno apertamente criticato l’europa dell’Euro”, che non è proprio la stessa cosa che dire che l’euro è da buttare e che bisogna uscirne al più presto.
Se poi andiamo a guardare i nomi notiamo che quattro di quei sette (Mirrlees, Stigliz, Sen e Pissarides) hanno firmato la lettera pubblicata da Le Monde contro la politica anti-euro della Le Pen mentre un altro, Paul Krugman, ha già preso le distanze dai no-euro facendo notare che il fatto che il fatto di avere posizioni critiche sull’euro non significa che le posizioni coincidano.
Anche Krugman qualche giorno fa ha detto che c’è una profonda differenza tra non aderire alla moneta unica e uscire una volta entrati:
Vi è una grande differenza tra la scelta di non aderire [all’euro] dall’inizio e lasciarlo una volta entrati. I costi dell’uscita dall’euro e del ripristino di una moneta nazionale sarebbero enormi: una massiccia fuga di capitali potrebbe causare una crisi bancaria, si dovrebbero imporre i controlli sui capitali e la chiusura delle banche, il problema di ridenominare i contratti creerebbe una palude legale, le imprese si bloccherebbero in un lungo periodo transitorio di confusione e incertezza.
Ora che 25 (più uno) premi Nobel per l’economia hanno detto una parola chiara e definitiva sui rischi dell’uscita dall’euro, rischi che tutti ben conosciamo ma che i sovranisti europei continuano a rifiutarsi di vedere i no-euro francesi e nostrani hanno perso tutti i loro numi tutelari.
(da “NextQuotodiano“)
argomento: Europa | Commenta »
Aprile 19th, 2017 Riccardo Fucile
DALLO ZEN DI PALERMO A QUARTO OGGIARO, DISCARICHE SOCIALI IRRISOLTE… VIAGGIO ALLA FINE DELLO STATO DOVE LE ISTITUZIONI SONO ASSENTI
Il piccolo Totò, se fosse il sindaco, renderebbe il suo quartiere irriconoscibile. «Vorrei che non ci fossero più omicidi, che i ragazzi non spacciassero e realizzerei subito una piazzetta con il divieto di buttarci la spazzatura».
Totò, 12 anni, è nato e vive allo Zen 2 di Palermo. Quartiere difficile, come lo sono, del resto, le altre periferie italiane. Difficili, spesso brutali, soprattutto per chi è minore. Esclusione, marginalità , povertà , non solo economica ma pure educativa. Assenza costante delle istituzioni.
«Qui la politica è venuta sempre e solo a chiedere i voti nelle campagne elettorali, promettendo grandi rivoluzioni, per poi scomparire», ci racconta indignata una mamma dello Zen, che ogni pomeriggio manda suo figlio nell’unico centro di aggregazione presente in questo agglomerato urbano di palazzi chiamati padiglioni, realizzato durante l’era di don Vito Ciancimino e Salvo Lima, all’epoca del famigerato “Sacco di Palermo”.
Centro di aggregazione che esiste grazie all’impegno dell’associazione Zen Insieme e Save the Children, che da qualche anno svolge un ruolo fondamentale nelle periferie del nostro Paese. Dove la latitanza pressochè totale delle istituzioni ha lasciato che questi luoghi diventassero discariche di questioni sociali irrisolte.
Dallo Zen 2 a Quarto Oggiaro, periferia milanese. Da San Luca e Platì, in Calabria, roccaforti della mafia più potente al mondo, a Ponte di Nona, sobborgo della Capitale deturpato da spaccio e degrado.
L’Espresso è andato nei luoghi dimenticati dallo Stato, dove monta la rabbia sociale, a parlare con chi l’emarginazione la vive quotidianamente sulla propria pelle. E che ha trovato nelle associazioni del territorio, supportate da Save the Children, l’unico appiglio di normalità in un contesto dove anche solo un campetto da calcio è una grande conquista.
Totò e i libri
A casa di Totò, tolti i testi scolastici, non ci sono libri. Se fosse esistita una biblioteca pubblica ne avrebbe già letti parecchi.
Così in mancanza di una pubblica, è nata quella al primo piano del punto luce di Save the Children dello Zen 2. Una giovane bibliotecaria da settimane sta archiviando i titoli e alcuni ragazzini coetanei di Totò la aiutano nell’impresa. «A fine mese arriveranno altri mille libri», ci spiega seduta senza staccare gli occhi dal grande registro in cui elenca i nuovi testi appena sistemati.
È in questa grande stanza dalle pareti bianche e rosse che Totò sconfigge la timidezza e inizia a leggerci il suo programma elettorale, scritto durante il laboratorio “Se io fossi sindaco”. «Farei in modo che le persone si vogliano bene. Basta con la violenza che ha rovinato tante famiglie. Un grande parco giochi, l’ospedale, un campetto. Basta con lo spaccio».
Nelle richieste del piccolo Totò c’è il grido d’aiuto di un intero quartiere. Tra chi prova a dare speranza a questi giovani c’è il preside dell’istituto comprensivo Leonardo Sciascia. Giuseppe Granozzi dirige una scuola di frontiera. La dispersione scolastica è alta, alcuni bambini, mentre parliamo nel cortile, si aggirano fuori dai cancelli con una palla in mano. Sulla destra, collegato alla scuola, c’è un grande edificio di cemento, è la palestra. Finestre rotte, all’interno macerie ovunque, ferro arrugginito. Vandalizzata da 14 anni.
Intere generazioni di studenti non l’hanno mai potuta utilizzare. Un vero spreco, qui si potrebbero fare anche molte attività extrascolastiche. Per fortuna, ci dice Granozzi, a breve, finalmente, dovrebbero ristrutturarla.
«Se è vero come sostengono che lo Zen è il serbatoio di manovalanza di Cosa nostra, allora forse sarebbe il caso di investire molte più risorse in queste scuole. È nelle periferie che si vince la sfida educativa, realizzando non solo scuole che funzionano, ma anche belle, accoglienti», riflette il preside.
La bellezza contro il degrado. Ricetta basica, economica, ma a Roma, nei palazzi dove si fanno leggi e si stabiliscono finanziamenti, hanno un’altra idea della “buona scuola” necessaria.
All’istituto Sciascia fanno il tempo pieno, nonostante manchi la mensa. I ragazzi si arrangiano con un panino. «Non me la sento di lasciare andare a casa i ragazzi, dove passerebbero le loro giornate? Non c’è un teatro, non ci sono piscine, nè centri sociali, nè un centro di aggregazione pubblico», si congeda con un sorriso amaro Granozzi. Storie reali, che confermano dati e statistiche raccolte dall’organizzazione umanitaria Save the Children:
La Sicilia è la regione con la più alta percentuale italiana di alunni senza mensa a scuola (8 su 10), ha il 24 per cento di ragazzi che abbandonano precocemente gli studi (la media nazionale è del 14,7 per cento), meno di 1 bambino su 10 può andare all’asilo nido, il tempo pieno è assente in 9 classi primarie su 10 e più di 4 giovani su 10 non utilizzano internet.
Gli angeli dell’Aspromonte
Per lungo tempo sono stati i paesi dell’anonima sequestri. Poi sono diventati i feudi di una ‘ndrangheta leader nel narcotraffico. San Luca e Platì, paesi d’Aspromonte. Raccontati meravigliosamente da Corrado Alvaro, che a San Luca era nato. Arriviamo qui seguendo la blacklist di dati e numeri fornita da Save the Children: il 38 per cento dei minori calabresi è in povertà relativa. In Calabria i servizi garantiti per l’infanzia coprono solo l’1 per cento dei bambini. E 3 classi su 4 delle scuole elementari e medie non hanno il tempo pieno.
Quasi 1 ragazzo su 5, inoltre, abbandona gli studi prima del tempo e il 78 per cento dei bambini e ragazzi non partecipano ad attività culturali e ricreative.
La Locride è una delle zone studiate dall’Ong. E dove spesso la ‘ndrangheta è l’unica vera alternativa. A San Luca, per esempio, non è facile la vita di una sedicenne. Per una ragazza è consigliabile il matrimonio non oltre i vent’anni. Matrimoni combinati. Accade ancora, come ci conferma anche Carmela Rita Serafino, la preside della scuola elementare e media di San Luca. «È un dogma, persino le madri più giovani, invece di desiderare una vita diversa per le proprie figlie preferiscono che seguano le loro orme».
Miriam, invece, ha scelto la strada più bella e difficile. A sedici anni vuole essere libera. Ha già scritto due libri. Il primo si chiama “Angels, la vita segreta di un angelo nascosto”. Stampato da una piccola casa editrice, il genere è fantasy. Ambientato in una Londra piena di fascino e di mistero.
Miriam frequenta il punto luce aperto qualche settimana fa da Save the Children a San Luca, in collaborazione l’associazione Civitas solis. Una villetta, all’interno completamente ristrutturata e con ampi spazi dove i ragazzi si dividono tra studio e laboratori. Una novità assoluta per San Luca. Che sembra aver suscitato la curiosità dei genitori, anche quelli più riservati e più diffidenti.
Anche qui, prima dell’apertura di questo luogo a parte la piazza del paese e qualche bar sala giochi, i bambini non avevano un posto dove fare attività ricreative dopo la scuola. Perciò o restavano a casa oppure vivevano la strada, con tutti i rischi che ne conseguono. «Mancano vere opportunità , e già il fatto che non esistano strutture nè per i giovani nè per gli adolescenti è un segnale del disinteresse delle istituzioni», spiega Miriam, che parla solo in italiano.
Può sembrare una banalità , in realtà la maggior parte dei suoi pari dialogano in dialetto, anche a scuola. Per questo da qualche tempo persino i dirigenti scolastici hanno imposto che si parli in italiano.
«I giovani devono capire è la lingua a metterli in connessione con il resto del Paese, è un modo per aprirsi al mondo», ci spiega Carmela Rita Serafino. Lo stesso vale per Platì, il paese che l’attuale ministro dell’Interno, Marco Minniti, definì la Molenbeek della ‘ndrangheta. Se la lotta alle ‘ndrine si fa con le armi della cultura, qui la guerra dello Stato non è mai iniziata.
«Ogni anno cambia il preside», racconta scoraggiato Fortunato Surace, reggente dell’istituto, «siamo in una scuola di frontiera, senza una palestra e senza molto altro da offrire. Oltretutto il Comune di Platì per 10 anni non ha avuto amministrazione, tra scioglimenti per mafia e elezioni saltate per mancanze di liste».
Surace non nasconde l’amarezza per il degrado educativo che tocca con mano in paese. Molti padri vivono al 41 bis, lontani dalle famiglie. E poi terminate le medie, chi vuole proseguire gli studi deve svegliarsi massimo alle 6 di mattina, correre a prendere l’unico autobus che porta ai comuni della costa. Lo stesso vale per chi vive a San Luca. Un viaggio che Miriam fa ogni giorno.
Roma è lontana
La grande rivoluzione a Cinque stelle a Ponte di Nona, estrema periferia di Roma, non è ancora arrivata. Solo Papa Francesco si è spinto fin qui, per visitare la parrocchia. Per l’occasione il parco che divide in due la strada è stato ripulito da erbacce alte quanto alberi. Ora è tornato al degrado di prima.
C’è una grande vasca che doveva raccogliere l’acqua piovana trasformata in discarica e un ponticello di legno con due pedane sfondate, dal quale i bambini rischiano di cadere se provano ad attraversarlo. Crescere a Ponte di Nona vuol dire fare i conti con l’indifferenza delle istituzioni. Anche in questo caso tolto il punto luce di Save the Children, gestito dall’associazione Santi Pietro e Paolo, e la scuola resta poco. Il centro è nel cuore della zona dello spaccio.
A pochi metri da qui due anni fa c’è stata una sparatoria, due ragazzi sono morti. Erano del quartiere. I loro volti sono raffigurati su un murales. C’è, poi, una seconda area verde. Nell’aiuola che scorre in mezzo alla scalinata invece dei fiori c’è una distesa di sacchetti bianchi e azzurri della spazzatura. Il resto è abbandonato.
«Chi vive qui non si sente di Roma», spiega Maria Rosaria Autiero, la preside dell’istituto comprensivo “Ponte di Nona-Lunghezza”, «per raggiungere il centro storico è un viaggio e anche nel lessico che utilizzano per indicare la città si percepisce questa distanza».
Tanti ragazzi vivono con un solo genitore, molti padri sono in carcere. «È fondamentale lavorare con questi minori, perchè vivono la situazione familiare con disagio, sono fragili e hanno una bassa autostima», racconta un’insegnate che da 20 anni lavora in questa scuola.
L’altro volto di Milano
Luca ha 13 anni e vive a Quarto Oggiaro, periferia milanese. Molti coetanei abbandonano la scuola, e molte famiglie non arrivano a fine mese. Vive in una piccola casa popolare, con le sorelle, la nonna e la mamma, che da sola si occupa di tutti, pur non avendo un lavoro fisso.
Fa enormi sacrifici saltando da un piccolo lavoro saltuario a un altro per poter garantire ai suoi figli almeno i libri scolatici, cibo e vestiti. La sua più grande preoccupazione è poter dare un futuro ai propri ragazzi, lontano dalla strada. La vita di strada anche in questa periferia del Nord non è poi tanto differente dal resto d’Italia. Anche qui c’è una grande piazza di spaccio. Anche qui la criminalità cerca carne fresca da mandare al macello.
Luca fugge da tutto questo. Da un anno frequenta il Punto Luce di Save the Children, gestito dall’Acli di Milano.
Qui è al sicuro, lo seguono nei compiti, viene sostenuto, e col tempo matematica, chimica e italiano, non sono più incubi ma materie da studiare per crescere. Il pomeriggio si dedica all’orto urbano che gli educatori hanno piantato nel suo quartiere. Ma la vera passione di Luca è la musica. Ha così iniziato un corso di pianoforte. Uno spartito lo salverà . Basta poco, in fondo.
(da “L’Espresso”)
argomento: povertà | Commenta »
Aprile 19th, 2017 Riccardo Fucile
ENTRATO A FINE LEGISLATURA, SALVATORE CALTAGIRONE BENEFICIA DI UN SONTUOSO VITALIZIO DELLA REGIONE SICILIA
Immagina, puoi. Nel magico mondo dei vitalizi dei consiglieri regionali tutto è possibile.
Anche che un deputato dell’Assemblea Regionale Siciliana subentri alla fine della legislatura a un politico eletto alla Camera, partecipi a cinque sedute in tutto senza firmare atti e alla fine si porti a casa un vitalizio di tremila euro al mese.
La storia la racconta Emanuele Lauria su Repubblica:
Salvatore Caltagirone difende la sua storia di meteora della politica, di inquilino mordi e fuggi di un’assemblea legislativa. Venne, vide, vinse un vitalizio da 3 mila euro (lordi) al mese.
Era il 16 aprile del 2001: l’imprenditore di Grotte, provincia di Agrigento, sbarcò all’Ars come primo dei non eletti nella lista di Alleanza nazionale.
Prese il posto di un collega, Giuseppe Scalia, che nel frattempo era andato alla Camera. Cinque sedute prima della chiusura della legislatura regionale, due mesi in tutto senza un intervento in aula, senza la firma su un atto. Sufficienti a garantire la “pensione”.
La Sicilia in particolare spende 19,5 milioni di euro l’anno per i vitalizi degli ex deputati. La Regione non ha tagliato nulla anche per la paura di finire nel vortice dei tribunali. Il risultato è questo:
La metà delle Regioni non ha applicato il cosiddetto contributo di solidarietà previsto nel 2014, una “tassa” sui vitalizi. La Sicilia è fra queste. Caltagirone, che oggi ha settant’anni, nel 1996 tentò volentieri la strada del parlamento che è «il più antico d’Europa», come amano ricordare i suoi rappresentanti. E che, di certo, almeno fino a qualche tempo fa, è stato anche il più generoso.
La candidatura nata con il favore di Guido Lo Porto, allora braccio destro di Gianfranco Fini in Sicilia, fruttò 4.174 preferenze. Non abbastanza per essere eletto e fare un’intera legislatura, ma per sperare sì: in un ripescaggio che, anche con pochi giorni di militanza, allora poteva garantire l’agognato vitalizio.
Così, quando Scalia lasciò, Caltagirone si guadagnò automaticamente l’assegno.
«Non vedo dove sia lo scandalo. In quella legislatura ci furono 12 o tredici candidati subentranti. Io non lo so quanti mesi o anni abbiano trascorso all’Ars, ma tutti oggi hanno una pensione. Lo prevedeva la legge. Che non ho fatto io».
(da “NextQuotidiano“)
argomento: la casta | Commenta »