Aprile 22nd, 2017 Riccardo Fucile
IL PREMIER LIBERALE CANADESE: “PIU’ TASSE AI RICCHI PER AIUTARE LA CLASSE MEDIA. LA NOSTRA ECONOMIA E’ PIU’ SOLIDA PERCHE’ INTEGRIAMO GLI STRANIERI”
«La maniera migliore per combattere il terrorismo è unirci in una società dove tutte le persone vengano ascoltate».
Il premier canadese Justin Trudeau è il fenomeno politico del momento, leader in controtendenza del movimento progressista. In occasione della visita del collega Gentiloni, ha accettato di rispondere alle domande della Stampa.
Quali temi ha discusso col premier Gentiloni, in vista del G7?
«Prima di tutto abbiamo parlato di come estendere le opportunità per canadesi e italiani, per creare posti di lavoro ben retribuiti per la classe media su entrambe le sponde dell’Atlantico».
Lei è l’unico leader progressista del G7 che ha vinto di recente le elezioni, mentre altri Paesi occidentali, a partire dagli Usa, rifiutavano questa agenda. Perchè il movimento progressista è in crisi, a parte il Canada, e quale programma dovrebbe adottare, in Europa e America, per riconquistare la fiducia degli elettori?
«Nelle ultime elezioni è stato incredibilmente incoraggiante vedere come i canadesi non abbiano risposto alla politica della divisione, la negatività e l’esclusione, ma ad una visione che diceva: “Uniamoci e lavoriamo duro insieme sulle sfide che abbiamo davanti, affinchè tutti possano avere successo”. Al cuore del nostro successo c’è stato riconoscere che le persone guardano con ansia al futuro e cercano leader che offrano soluzioni reali per sostenerle in questi tempi incerti. La rabbia e l’ansia dei popoli sono reali. Molte persone sono preoccupate per cosa potrebbe riservare il futuro: che la globalizzazione e i cambiamenti tecnologici le lascino indietro, e i loro figli non abbiano le stesse opportunità dei genitori. Questo è il motivo per cui il nostro governo, entro un mese dall’entrata in carica, ha aumentato le tasse per l’1% dei più ricchi e le ha tagliate per milioni di canadesi della classe media. Abbiamo migliorato i pagamenti per i sussidi familiari in un unico Canada Child Benefit mensile ed esentasse. Questo cambiamento ha dato a 9 famiglie su 10 più soldi per aiutarle a fronteggiare i costi crescenti di allevare i figli, e ci ha messi in condizione di ridurre la povertà infantile del 40%. Il nostro governo ha fatto anche investimenti significativi nell’addestramento professionale, affinchè più canadesi ricevano l’istruzione e l’esperienza di cui hanno bisogno, e siano preparati per i lavori di oggi e di domani. In tutto il mondo abbiamo bisogno che la classe media si senta più sicura riguardo le sue prospettive e il suo futuro. Dobbiamo sostenere la gente in un’economia che cambia e un mondo sempre più globalizzato».
La minaccia del terrorismo, che ha appena colpito Parigi e a gennaio Quèbec City, è uno dei fattori che contribuiscono allo scontento. Che politiche deve adottare il movimento progressista, per combattere il terrorismo senza rinunciare ai propri valori?
«Lo scorso gennaio il Canada ha pianto la perdita di sei vite innocenti, prese di mira semplicemente perchè praticavano la loro religione. È stato un attacco contro la comunità islamica e tutti i canadesi, che ha colpito una delle nostre libertà più care: praticare la propria fede senza paura. L’attacco cercava di instillare paura e dividere i canadesi tra loro. Invece, i canadesi si sono uniti. Un movimento di solidarietà si è rapidamente formato nel Paese, mentre i canadesi si univano per condannare l’attacco, favorire il dialogo, e combattere paura e odio con messaggi positivi e speranza. I leader di tutti i livelli governativi e di tutti i partiti sono andati a Quèbec City per schierarsi con la comunità musulmana, e piangere con coloro che avevano perso i loro cari. La diversità e l’apertura verso il mondo sono una fonte di forza, e hanno reso il Canada non solo più prospero come Paese, ma anche più sicuro e unito. Noi continueremo a mostrare solidarietà e sostenere le comunità che sono state afflitte dagli atti di terrore. Sappiamo che la maniera migliore di difendere i canadesi e combattere il terrorismo è unirci in una società compassionevole, dove tutte le persone vengono ascoltate, ricevono assistenza, aiuto, e sono là gli uni per gli altri».
Quando Trump ha proposto il bando per i migranti, lei si è impegnato ad accogliere più rifugiati in Canada. Perchè?
«La diversità è al cuore del successo del Canada. È ciò che siamo e facciamo. Noi abbiamo provato che un Paese può essere costruito, e definito, dai valori condivisi. Non religione, lingua o etnia, ma i valori comuni. In Canada, qualunque sia la tua fede, chi ami, o da dove vieni, puoi lavorare duro, avere successo, e costruire un futuro migliore per te e i tuoi figli. I canadesi capiscono che quando ci uniamo per dare il benvenuto e integrare i nuovi arrivati, ciò rafforza le nostre comunità e aiuta a costruire la nostra società ed economia su basi durevoli. Siamo orgogliosi della tradizione di aprire le braccia ai bisognosi, dai rifugiati ungheresi negli anni ’50, ai boat people vietnamiti negli anni ’80, a più di 40.000 siriani oggi. Continueremo ad accogliere i rifugiati, e svolgere un ruolo di leadership per risistemarli».
Dopo la Brexit, il futuro della Ue è in gioco nelle elezioni in arrivo in diversi Paesi. Lei vede la possibile fine dell’Unione come un’opportunità o una minaccia per il Canada?
«Canada e Ue si giovano di un rapporto robusto, che è diventato più forte con la recente firma dell’accordo Ceta. Insieme, Canada e Ue hanno creato un accordo gold-standard, che servirà da modello per le relazioni commerciali rinvigorite in tutto il mondo. Ceta risponde all’ansia crescente che il sistema attuale benefici solo una piccola èlite, mettendo la classe media canadese ed europea davanti a tutto. La storia ha dimostrato che le politiche aperte di commercio e i mercati sono la maniera migliore per creare posti di lavoro buoni e ben retribuiti per la classe media, aiutare le aziende a diventare più competitive, e guidare la crescita economica. Ceta fa proprio questo. Metterà cibo sulle tavole delle famiglie, renderà più facile e meno costoso competere per le imprese, e creerà buoni posti di lavoro per la classe media su entrambe le sponde dell’Atlantico. Insieme alla Ue, continueremo ad essere i campioni degli accordi commerciali progressisti, che mostrano i benefici di un mondo più aperto e interconnesso, e creano opportunità migliori per la classe media».
(da “La Stampa”)
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Aprile 22nd, 2017 Riccardo Fucile
EROSA LA SICUREZZA DEL FRONT NATIONAL, BALLOTTAGGIO DA SICURO A RISCHIO
La conclusione della campagna di Marine Le Pen ha l’effetto di un fulmine a ciel sereno.
Da due anni la leader del Front National è nominata tra i favoriti nelle intenzioni di voto al primo turno delle presidenziali. E viene sistematicamente data per sconfitta al secondo, chiunque sia l’avversario.
Una doppia posizione, quella di favorita e di grande sconfitta, che l’ha spinta a puntare tutto su una strategia di compromesso, per unire un’ipotetica maggioranza la sera del 7 maggio.
C’è solo un problema: nulla è andato come previsto.
Marine Le Pen sognava una “partita di ritorno” contro Sarkozy e Franà§ois Hollande? Entrambi eliminati, volenti o nolenti.
Lo scandalo che ha colpito Fillon, lungi dal fargli ottenere nuovi elettori, ha portato alla ribalta Emmannuel Macron, evidenziando anche le mancanze giudiziarie della candidata.
Lei, che puntava su un testa a testa contro un “candidato del sistema”, si ritrova in un match a quattro che include anche l’inclassificabile Jean-Luc Mèlenchon.
Così l’ascesa della figlia di Jean-Marie Le Pen, che ha sfiorato il 30%, è andata gradualmente rallentando, portandola dal primo al decimo posto a meno di tre punti dai suoi principali avversari, come spiega il nostro sondaggista.
“Anche se è probabile che riesca a superare il punteggio più alto di un candidato del Fn alle presidenziali, e perfino il record storico di voti ottenuti dal Front National alle elezioni, c’è un’erosione nei consensi. A febbraio era ancora al 28%, e oggi si aggira intorno al 22-23% secondo i sondaggi. Tutto questo indica che Marine Le Pen non ha saputo sviluppare una dinamica intorno alla sua campagna”, spiega Yves-Marie Cann direttore degli studi politici presso Elabe.
A destra, improvvisazione e inversioni di rotta.
Marine Le Pen sarà la Lionel Jospin del 2002, eliminato al primo turno nello stupore generale, per aver preso sotto gamba la sua campagna? Anche se questo scenario non è il più plausibile, è ormai matematicamente possibile e continua ad affacciarsi nella mente degli esponenti di destra.
Per evitare che, da una perdita, si passi ad un’emorragia nel rush finale, la candidata ha effettuato una decisa inversione di rotta negli ultimi dieci giorni e si è mostrata ansiosa di consolidare la sua base elettorale al primo turno, riaffermando i principi fondamentali del Front National: identità e lotta all’immigrazione. Una svolta manifestata chiaramente nel corso del grande comizio di Marsiglia.
Segnale inequivocabile, Marion Marèchal Le Pen, incarnazione dell’area storica del Front National e a lungo messa da parte durante la campagna, ha preso la parola prima di sua zia.
Obiettivo: accaparrarsi a tutti i costi il favore dell’estrema destra già corteggiata da Robert Mènard a Perpignan.
Ma ci sono altri segnali d’inasprimento ideologico, tra cui due nuove misure non previste dal programma: una moratoria immediata sull’immigrazione legale e la chiamata all’ordine dei militari riservisti in vista di un ripristino delle frontiere
Provocazioni destinate a scuotere gli animi.
Intanto, Marine Le Pen ha svestito i panni di candidata “moderata” per rituffarsi in discorsi infiammati, provocatori e destinati a ri-mobilitare il suo elettorato.
Dopo la polemica sul rastrellamento al Velodromo d’Inverno, la candidata del Front National ha ripreso gli slogan controversi del 2012, che legano immigrazione e terrorismo.
“Con me, non ci sarebbe stato Mohammed Merah… Non ci sarebbero stati i terroristi immigrati del Bataclan e dello Stade de France a novembre 2015”, ha insinuato durante l’acceso meeting allo Zenith di Parigi. Un collegamento che la candidata si è affrettata a ribadire dopo l’arresto di due persone sospettate di pianificare un attentato contro i candidati delle presidenziali.
“La colonizzazione ha giovato molto all’Algeria, dato che ne stiamo parlando: ospedali, strade, scuole. Gli stessi algerini in buona fede sono i primi ad ammetterlo”, ha dichiarato a BFMTV, dopo aver convinto il canale TF1 a ritirare la bandiera europea durante un’intervista. Obiettivo: lasciare il segno in un momento di cristallizzazione nei sondaggi.
“La sua base elettorale è molto solida e non è diminuita, ma la candidata non è riuscita a conquistare nuovi voti”, avverte il sondaggista Yves-Marie Cann.
“Da un po’ di tempo a questa parte i vecchi elettori di Sarkozy nel 2012, che finora non avevano espresso intenzioni di voto, iniziano ad esprimersi a favore di Fillon. Problema: Marine Le Pen non recupera”. Un avvertimento, dato che un quarto dei francesi non ha ancora deciso per chi votare domenica prossima.
(da “Huffingtonpost“)
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Aprile 22nd, 2017 Riccardo Fucile
IL CANDIDATO DELL’ESTREMA SINISTRA AFFIANCATO DALL’AMICO IGLESIAS E DAI SANDERSIANI
“On va gagner! On va gagner!” (“Vinceremo! Vinceremo!”). Le poche centinaia di persone riunitesi al belvedere del Parc de Belleville, nel cuore del 20imo arrondissement di Parigi, aspettano il loro leader al sole di un caldo pomeriggio primaverile, scandendo quello che ormai è diventato lo slogan standard di tutti i comizi elettorali di questa campagna, indipendentemente dal colore politico e dal candidato di turno.
A differenza di Macron, Le Pen e Fillon, che dopo l’attentato di giovedì sera hanno deciso di sospendere gli incontri dell’ultima giornata della campagna, Jean-Luc Mèlenchon ha scelto di non cedere, chiudendo la sua corsa elettorale con “l’aperitivo ribelle”, nome derivato dalla Francia Ribelle (France insoumise in francese), il movimento fondato per sostenere la sua candidatura a queste elezioni.
L’atmosfera che si respira prima dell’arrivo del “tribuno” dell’estrema sinistra francese non sembra essere delle più entusiasmanti.
Molti i giovani, qualche famiglia e alcuni curiosi, in una piccola piazza blindata dalla polizia che controlla tutti quelli che entrano perquisendo zaini e borse.
Nell’attesa, tra un bicchiere di vino e una manciata di patatine, un cantautore cerca di scaldare inutilmente gli animi intonando alcuni pezzi con la sua chitarra, mentre Paul, 30enne impiegato nel settore privato, spiega alla sua amica Leila che Mèluch ha ancora delle possibilità di passare il primo turno.
“Ci sono quattro candidati gomito a gomito e con i margini di errore dei sondaggi tutto è possibile!”. Per questo parigino “Mèlenchon incarna la forza del popolo e la speranza di cambiare le cose in Francia”.
Meno ottimista Juliette, 45enne regista, che fino a pochi giorni fa non era neanche sicura di andare a votare, mentre Jordan cerca di vedere il bicchiere mezzo pieno, considerando che, “anche se non dovesse passare al ballottaggio”, il suo candidato “potrebbe ottenere un punteggio rilevante” che denoterebbe un cambiamento nelle intenzioni di voto degli elettori di sinistra.
Analisi e ragionamenti vengono interrotti verso le 19:00 per un minuto di silenzio in ricordo del poliziotto vittima dell’attentato sugli Champs Elysèes.
Finalmente, mezz’ora dopo, Mèlenchon fa la sua apparizione.
Al suo fianco Pablo Iglesias, leader del movimento spagnolo Podemos, e Marisa Matias, deputata a Strasburgo per i portoghesi del Bloco de Esquerda.
Un endorsement dal sapore europeo, con un retrogusto che ricorda un’Internazionale di altre epoche.
Non appena il candidato della France insoumise prende la parola, la piazzetta si sveglia dal torpore primaverile e comincia ad acclamare a gran voce il suo leader.
“Tutto il mondo ci guarda” tuona dal piccolo palco allestito per l’occasione il candidato gauchiste, prima di fare appello “alla coscienza di ognuno” per “sbarazzarsi di Madame Le Pen”.
Al nome della candidata del Front National, il pubblico esplode in un tripudio di fischi e buu, seguiti dall’immancabile “El pueblo unido, jamas sera vencido”.
Il leader della France insoumise continua il suo discorso ricordando che il primo turno si giocherà “per una manciata di voti” e per questo sarà necessario mobilizzare il maggior numero possibile di elettori.
A dar manforte l’amico Iglesias, che dice la sua sugli avversari che dovrà affrontare domenica il suo alleato: “Ho due parole per definire Emmanuel Macron: banchiere e marketing. Franà§ois Fillon posso definirlo con il termine corruzione, mentre per Marine Le Pen possono usare la parola paura. La Francia e L’Europa non hanno bisogno di banche, di paura e di corruzione”.
Dato nei sondaggi al quarto posto con il 19% delle preferenze dietro a Fillon, Le Pen e Macron, in queste ultime settimane Mèlenchon è stato protagonista di un’inattesa rimonta, compiuta soprattutto ai danni del suo avversario socialista Benoit Hamon, rimasto fermo al 7%.
Abile oratore e fine stratega, il candidato della France insoumise incarna la figura dell’outsider di queste presidenziali, nonostante calchi la scena politica francese da ormai più di 30 anni.
Dopo aver rifiutato di partecipare alle primarie del Partito Socialista (a cui è stato iscritto fino al 2008) ed essersi sganciato dall’orbita del Front de Gauche, l’eurodeputato ha cominciato una massiccia campagna di comunicazione, fatta di meeting in giro per la Francia, video diffusi attraverso il suo canale Youtube e ologrammi trasmessi contemporaneamente in diverse città .
Questa strategia lo ha portato a superare Fillon all’inizio di aprile, arrivando al terzo posto dietro a Macron e Le Pen, per poi tornare alle spalle del candidato Repubblicano.
A nulla sembrano essere serviti gli attacchi provenienti dai diversi fronti. Per fermare la sua avanzata, lo stesso Hollande è sceso in campo con un’intervista rilasciata una settimana fa a France 5, dove dichiarava che l’ex socialista “non rappresenta la sinistra” capace di governare.
Con le sue proposte sul passaggio alla VI° Repubblica, la revisione dei trattati europei senza uscire dall’unione e l’abbassamento delle tasse, Mèlenchon ha saputo far leva sull’elettorato di sinistra, arrivando a far parlare di sè al di là dei confini nazionali.
Ieri, in una tribuna su Le Monde, alcuni membri della campagna elettorale del democratico statunitense Bernie Sanders hanno dato il loro sostegno al candidato francese, definito come il rappresentante “di un cambiamento fondamentale” della società contemporanea.
Un riconoscimento importante, ma che potrebbe non bastare per aggiudicarsi il ballottaggio del 7 maggio.
(da “Huffingtonpost“)
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Aprile 22nd, 2017 Riccardo Fucile
ALLA FACCIA DI CHI ABBINA L’ARRIVO DEI PROFUGHI AL DEGRADO TURISTICO: NELL’ISOLA ALBERGHI E CASE VACANZE SCOPPIANO DI TURISTI, AEROPORTO BOOM CON 260.000 ARRIVI
È stata una delle quattro donne testimonial dell’Italia alla Casa Bianca, è diventata la paladina dell’accoglienza ai migranti, ha appena avuto il premio dell’Unesco “per la ricerca della pace”.
Ma per Giusi Nicolini, la sindaca di Lampedusa, la strada della rielezione al Comune è tutt’altro che semplice. Infatti il Pd è riuscito a spaccarsi anche qui, in questi venti chilometri quadrati al centro del Mediterraneo assurti a simbolo della grande migrazione verso Occidente.
E dove si voterà , come nel resto dei Comuni siciliani, l’11 giugno, con 3500 elettori chiamati alle urne. «Il Pd è spaccato a Lampedusa e avrà un suo candidato. Io sarò candidata di una lista civica di ispirazione Pd», dice lei.
Il concorrente in casa dei democratici è Totò Martello, albergatore, ex sindaco per due mandati, arrivato secondo nell’ultima competizione elettorale con un centinaio di voti di distacco dalla Nicolini.
Storicamente vicino al Pd d’apparato, può contare sul sostegno dei pescatori, conquistati con i cinque milioni di euro stanziati per stato di calamità dalla Regione. Fu lui a portare avanti l’istanza agitando lo spettro delle reti vuote a causa degli sbarchi, e delle barche impegnate a tirare su dal mare più uomini che pesci.
Un successo che — calcolano sull’isola — vale tra ottocento e mille voti.
Ma la corrente renziana del Pd sostiene la sindaca: il circolo del partito in paese è guidato dal marito, Peppino Palmeri.
Fu Renzi a portare la Nicolini alla Casa Bianca, fu Renzi a proporle la candidatura alle ultime elezioni europee, furono ambienti renziani a sussurrare il suo nome, l’anno scorso, come futura presidente della Regione.
Non a caso il luogotenente siciliano dell’ex premier Davide Faraone ieri ha twittato: «Con la Nicolini sempre e comunque».
Eppure l’isola è divisa. E volano gli stracci con l’altro volto dell’accoglienza, il medico Pietro Bartolo consacrato eroe dal film “Fuocammare”, che ha detto chiaramente di non appoggiarla.
Nessuna sorpresa, per gli abitanti di Lampedusa. I due non si amano, si contendono la scena mediatica e si fanno dispetti più o meno pubblici.
In lizza ci sono poi l’ex senatrice leghista Angela Maraventano (una che i migranti li vorrebbe portare tutti a casa di Alfano) e due giovani che si disputano l’eredità Cinquestelle, senza avere avuto alcuna investitura ufficiale dal movimento di Grillo: Loreto Cardella e Filippo Mannino.
Elezione davvero aperta. Perchè è vero che la Nicolini – per usare un eufemismo – non è amata universalmente sull’isola, ma è vero pure che i transiti nel piccolo aeroporto hanno sfiorato nel 2016 quota 270 mila, e gli alberghi e le case vacanza scoppiano di turisti.
Il disastro mediatico dell’assedio dei migranti si è trasformato nella narrazione di un’isola sicura e accogliente. E questo, a detta anche dei nemici, è merito suo.
(da “La Stampa”)
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Aprile 22nd, 2017 Riccardo Fucile
MA IN REALTA’ LA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI GENOVA NON AUTORIZZA PIRONDINI A DEFINIRSI TALE, VISTO CHE LA SUA ELEZIONE E’ STATA ANNULLATA
Beppe Grillo ha così a cuore il futuro di Genova e del MoVimento 5 Stelle genovese da avere attualmente due candidati sindaco.
La situazione, come molte vicende che riguardano il M5S, è paradossale e nasce dalla decisione di Grillo di annullare d’imperio il risultato delle comunarie di Genova dalle quali era emersa vincitrice Marika Cassimatis.
La storia è nota: Grillo ha chiesto ai suoi di fidarsi di lui ed è finita come sempre in questi casi ovvero con il M5S costretto a difendersi in tribunale con la Cassimatis che il 10 aprile vinceva il ricorso contro Grillo annullando la decisione del Capo Politico e Garante del M5S di escludere la Cassimatis e anche la seconda votazione che aveva incoronato Luca Pirondini.
È abbastanza ovvio che nonostante il giudizio del Tribunale il MoVimento non accetterà mai di correre per la Cassimatis e Grillo ha scritto in modo chiaro che la professoressa «non è nè sarà candidata» ma il problema vero è che Pirondini — nonostante quello che vanno ripetendo i pentastellati genovesi, prima su tutti Alice Salvatore — non può essere considerato il candidato del MoVimento perchè non è mai stato eletto candidato sindaco.
Attualmente quindi il M5S ha due candidati ma nessuno dei due sembra per ora in grado di poter correre per le Amministrative.
I tempi però stringono perchè si andrà al voto l’11 giugno e il M5S dovrà espletare le necessarie pratiche burocratiche per la presentazione della lista.
Il 12 maggio è il giorno in cui scade il termine per la presentazione delle liste per le amministrative.
Inoltre resta ancora poco tempo allo scadere del termine dei 15 giorni entro i quali i 5 Stelle possono fare appello per chiedere al tribunale di annullare la decisione del giudice e ottenere così un ulteriore rinvio di venti giorni.
In un modo abbastanza curioso quindi Pirondini e Cassimatis sono accomunati dallo stesso destino ovvero l’essere non-candidati (da intendersi à la Grillo) del MoVimento 5 Stelle a Genova.
Oggi all’Adnkronos Luca Pirondini ha rotto un silenzio che durava ormai da diversi giorni dichiarando che “il candidato del MoVimento 5 Stelle a Genova sono io”. Pirondini dice che i cavilli giudiziari non lo riguardano e che “il blog ha detto che il candidato sono io”.
Peccato che la decisione del blog sia proprio quella annullata dal tribunale perchè frutto di una violazione del regolamento del MoVimento da parte del Garante.
Nessuno dei due sembra però intenzionato a cedere: sia Pirondini che la Cassimatis partecipano all’incontro tra candidati sindaco per Genova organizzato all’Anaci (l’associazione degli amministratori di condominio).
La Cassimatis replica a Pirondini ricordando che al momento fa testo l’ordinanza del Tribunale ha annullato il ripescaggio della lista Pirondini: “Al momento non ci sono altre sentenze, e quindi va applicata quest’ordinanza del Tribunale, che è molto precisa. Si tratta di fatti, non di opinioni” ed infatti iniziando il suo intervento la professoressa si è presentata come capolista della “lista Cassimatis che ha vinto le primarie del MoVimento 5 Stelle“.
Prima dell’inizio della conferenza alla domanda se non trovasse singolare che ad un dibattito tra candidati sindaco partecipino due persone che vogliono correre per il Movimento 5 Stelle la Cassimatis aveva risposto che “La stranezza risiede nel fatto che una votazione democratica, quella del 14 marzo, in cui la mia lista è stata giudicata vincitrice, è stata annullata”.
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 22nd, 2017 Riccardo Fucile
“NON SI PUO’ TRATTENERE UNA PERSONA PER 12 GIORNI SENZA FORMULARE UN’ACCUSA E SENZA POTER AVERE UN’AVVOCATO”
Anche i musulmani italiani si mobilitano per chiedere al governo turco la liberazione di Gabriele Del Grande, il giornalista e regista di origini lucchesi fermato il 10 aprile dalle forze di sicurezza di Ankara nella provincia di Hatay, vicino al confine turco-siriano.
“Si tratta di un appello che renderemo pubblico da stasera (21 aprile, ndr) al quale possono aderire tutti i musulmani italiani — spiega Davide Piccardo, tra i fondatori del Coordinamento delle Associazioni Islamiche di Milano e Monza (Caim) — Non è un’iniziativa legata a una o più associazioni musulmane, ma pensata per chiunque voglia manifestare in favore dei diritti di Del Grande. Se ci sono delle accuse nei confronti del giornalista è giusto che il governo turco le notifichi e si vada a regolare processo. Ma se non ci sono deve essere liberato, non si può trattenere una persona 12 giorni senza la possibilità di consultare liberamente un avvocato”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 22nd, 2017 Riccardo Fucile
IL GIOVANE GIORNALISTA DETENUTO IN TURCHIA DIFFAMATO DAI SOLITI CAZZARI COMPLOTTISTI
Gabriele Del Grande è il giornalista e documentarista di 35 anni, originario di Lucca, fermato in Turchia nella provincia sud-orientale di Hatay, al confine con la Siria e da 12 giorni trattenuto ingiustamente dalle autorità turche.
Del Grande è fermato nel centro di detenzione amministrativa di Mugla, in Turchia, dal 9 aprile, senza essere accusato formalmente di alcun reato. Da mercoledì è in sciopero della fame per protestare contro la violazione dei suoi diritti.
Purtroppo da qualche giorno una marea di simpaticoni sta immaginando oscuri complotti dietro la vicenda e l’asso di bastoni è George Soros.
Prendendo spunto da un articolo dell’AGI sulla vicenda dell’11 aprile scorso in molti scrivono che Gabriele Del Grande è «finanziato da Soros» e, in un rigurgito di Piano Kalergi, viene pagato per «sostenere l’invasione dei migranti in Europa», mentre il suo caso sarebbe «l’ennesima montatura da parte dei media».
In attesa di scoprire il ruolo di Rockefeller in tutto ciò, le stesse accuse arrivano dal Primato Nazionale — che correttamente parla di UN finanziamento… — al giornale progressista svizzero Sinistra.ch (!!!) che presenta così la vicenda scrivendo poi nell’articolo che “è stato finanziato” e citando ancora l’AGI come fonte primaria:
Bene, sappiate che ci vuole poco a diventare uno “finanziato da Soros”.
Infatti il “pagato da Soros” si riferisce all’enorme cifra di euro 37mila euro (lordi) dati nel 2011 dalla Fondazione Open Society Institute, utilizzati per pagare quattro collaboratori e rimborsi viaggi, registi, fotografi e finanziatori.
Dopo quei soldi, Del Grande non ha ricevuto più finanziamenti come scrive lui direttamente su Fortress Europe, che tra l’altro è la prima fonte della notizia:
Per quanto riguarda i finanziamenti, nei suoi sette anni di attività , il blog ha funzionato senza fondi per quattro anni, mentre per tre anni è stato sostenuto da due diverse fondazioni. In particolare, la fondazione lettera27 ha finanziato una borsa di studio per Gabriele Del Grande di 10.000 euro (lordi) nel 2008 e di 8.000 euro (lordi) nel 2009.
Nel 2011 invece è stata la fondazione Open Society Institute a finanziare un progetto di 37.000 euro (lordi) con cui è stato possibile pagare: quattro collaboratori per tradurre il sito in inglese, arabo e francese; una borsa di studio per Gabriele Del Grande, comprensiva del rimborso dei tanti viaggi di ricerca effettuati nel 2011 tra Tunisia, Egitto, Libia, Francia e sud Italia; una regista, un fotografo e un montatore per una produzione low-budget dei tre corti sui centri di identificazione e espulsione.
Dal 2012 il blog non riceve più nessun tipo di finanziamento.
Si tratta quindi di un pauroso totale di due fondazioni il cui ultimo finanziamento risale a sei anni fa ed è servito a pagare collaboratori.
Questo, in Italia nel 2017 e nei confronti di una persona attualmente detenuta all’estero, diventa un “pagato da Soros”. Ah, la sintesi.
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 22nd, 2017 Riccardo Fucile
MA IL SISTEMA E’ SBAGLIATO PERCHE’ NON E’ SELETTIVO E METTE SULLO STESSO PIANO LE BADANTI CON LE PERSONE USCITE DI GALERA CON REATI GRAVI
Nel 2016 i cittadini stranieri rintracciati «in posizione irregolare» in Italia sono stati 41.473, settemila in più del 2015 (34.107) e diecimila in più rispetto al 2014 (20.906). Di questi però soltanto 18.664, per restare al 2016, sono stati effettivamente allontanati dal «territorio nazionale». Il 45 per cento.
Gli altri hanno avuto un foglio di via che gli dava sette giorni per andare via dall’Italia, ma quasi nessuno se ne è andato.
Perchè succede questo?
«Il problema è strutturale» spiega il professor Fulvio Vassallo Paleologo, uno dei massimi esperti di diritto d’asilo.
«Il nostro sistema delle espulsioni non è selettivo perchè mette sullo stesso piano le badanti che non hanno rinnovato il permesso di soggiorno con persone appena uscite di galera con reati gravi. Non c’è una selezione. E questo crea dei numeri monstre che mandano in tilt il sistema».
Per risolvere il problema in questi anni i Governi hanno provato a intervenire alla fonte, cioè sulle carceri. Con scarsissimi risultati.
Nelle prigioni italiane in questo momenti ci sono 19.165 detenuti stranieri (che fanno circa 867milioni di costo per lo Stato in un anno), la maggior parte dei quali rumeni, marocchini, albanesi, tunisini ed egiziani.
La convenzione di Strasburgo, firmata da più di 50 paesi, prevede che detenuti con una pena definitiva e un residuo superiore ai sei mesi possano scontare la propria detenzione nel paese di origini.
Bene, per Strasburgo nel 2016 ne sono stati rimpatriati soltanto 10, a fronte di 860 richieste di cui 265 arrivate nel 2016.
Per accelerare alcune procedure, però, l’Italia ha firmato alcuni accordi bilaterali con i paesi con i quali siamo maggiormente esposti, Albania e Romania su tutti.
Evidentemente rimasti solo sulla carta.
(da agenzie)
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Aprile 22nd, 2017 Riccardo Fucile
PER IL SEGR. PROV. “ANDAVA PROTETTA DALLE ZECCHE ROSSE”, MA ALTRI SONO INDIGNATI: “I SIMBOLI NON SI CANCELLANO”
Uno spettacolo stile Primo maggio sul pratone ‘terra sacra’ del Carroccio: è la Giornata ‘riparatrice’ del caso Salvini a Napoli e il Carroccio diviso sulla decisione della segreteria provinciale di cancellare lo slogan per proteggerlo dalle “zecche rosse”
E’ il giorno dell’orgoglio terrone che invade il pratone della Lega a Pontida con un concertone stile Primo Maggio per far sentire la voce del Sud contro le politiche razziste e discriminatorie.
Gli attivisti arrivati dal Meridione, dopo essere riusciti a strappare l’ok alla manifestazione nel cuore verde Carroccio della spianata del patriarca Bossi, danno vita alla giornata di rivendicazioni e sorridono alla ‘vittoria ‘ contro Rti del Gruppo Ferrovie che voleva negare le aree di loro proprietà (concesse dopo l’intervento della prefettura). Non solo.
Rilanciato quella che suona come un altra piccola grande soddisfazione: sui social fanno circolare l’immagine della famosa maxi scritta “Padroni a casa nostra” diventata manifesto del paese e sparita alla vigilia dell’appuntamento.
Padroni a casa nostra, il caso divide la Lega
La decisione di cancellare il maxi slogan è stata presa dal direttivo provinciale, come ha spiegato lo stesso segretario Daniele Belotti su Facebook, per “evitare di dare soddisfazione alle zecche rosse di farsi dei selfie ‘piscianti’. Lunedì la scritta tornerà come prima”.
Ma contro la mossa, forse considerata arrendevole, si era espresso il segretario milanese, Davide Boni: “I simboli non si cancellano, mi spiace dirlo, era là dal 1990. Possono essere anche imbrattati, ma non si cancellano. Ne faranno un’altra ma non sarà la stessa”.
“Qui per dissacrare i luoghi del razzismo” –
Siamo a Pontida per dissacrare perchè non possono esistere luoghi sacri del razzismo – spiega Egidio Giordano del centro sociale Insurgencia, in prima fila tra i promotori della giornata – ci sembra già riuscita prima di iniziare”, dice soddisfatto della vendita delle magliette (con scritte del tipo ‘Terroni a Pontida’ e ‘Odio la Lega’ a 10 euro), e dalle persone arrivate.
“E’ una manifestazione ironica e dissacrante ma che veicola un messaggio serio – aggiunge – la festa del razzismo che si manifesta ogni anno a Pontida ha prodotto 20 anni di politiche antimeridionali e razziste. E oggi diventa ancora più pericoloso con l’avanzata delle destre in Europa. La Lega ambisce ad essere il modello lepenista in Italia, e al momento in Italia gli unici a mobilitarsi contro il lepenismo sono i movimenti”.
I partecipanti
Circa 200 con i pullman da Napoli, 500 con un primo treno da Milano (ed altri in arrivo con il successivo). Partenze sono state organizzate anche da Parma, Padova, Vicenza, Trento, Treviso, Belluno, Venezia, Civitavecchia Marche, Siena, Macerata, Benevento, Fabriano e Jesi, Rovereto e Ancona. Anche per questo si inizia a pensare alla possibilità di fare un bis il prossimo anno.
C’è però chi è anche arrivato da solo, come Antonio, operaio di Nola che da vent’anni vive a Varese ed oggi è arrivato con moglie e figlia piccola per dire che “l’emigrato è un incremento del Pil della Regione in cui vive. Noi arricchiamo il Nord e non avremmo mai abbandonato la nostra terra se avessimo avuto un lavoro”.
La città fantasma, chiuso anche il cimitero
Il sindaco ha blindato la città e imposto una sorta di coprifuoco: chiuso tutto, scuole, uffici, negozi, anche il cimitero. Dopo avere sopportato per oltre un quarto di secolo l’invasione di decine di migliaia di militanti e simpatizzanti leghisti, il comune bergamasco di 3mila abitanti diventa una città fantasma. Tra gli sgarri segnalati nelle discussioni online, circola poi un video che mostra come in hotel abbiano negato la prenotazione ai napoletani, mentre per la famiglia milanese non ci sarebbero stati problemi.
Il concertone
La manifestazione si annuncia pacifica, sul palco allestito sul pratone si esibiranno i “musicisti terroni”: tra gli altri, Eugenio Bennato, Tonino Carotone, 99 Posse, Ciccio Merolla, Valerio Jovine, ‘O Rom, Caravan Orkestar, Daniele Sepe, Massimo De Vita.
(da “La Repubblica”)
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