Aprile 9th, 2017 Riccardo Fucile
PAOLO PACE: “IN CORSO UNA LOTTA DI POTERE, USATI METODI INTIMIDATORI”
Con la decorrenza dei 20 giorni previsti per legge dopo le dimissioni del presidente, lo scorso 5 aprile un municipio importante della Capitale (l’ottavo comprendente Garbatella e Ostiense) è diventato ufficialmente il primo caso romano di crisi conclamata all’interno di M5s.
All’esito irreparabile si è giunti infatti dopo che la componente “ortodossa”, facente capo a Roberta Lombardi e al gruppo consiliare in Campidoglio, ha ingaggiato e vinto un braccio di ferro col presidente Paolo Pace, amico personale dell’assessore Daniele Frongia e vicino alla sindaca Virginia Raggi
Un caso che i portavoce grillini in Campidoglio si sono affrettati a liquidare come di scarso rilievo, attribuibile alle ambizioni personali di Pace piuttosto che a una spaccatura interna al movimento stesso.
In realtà , stando alla testimonianza del diretto interessato, un episodio non isolato ed eloquente di una feroce lotta intestina che comincia a palesarsi in altri municipi (per esempio il terzo e il tredicesimo) e rischia di investire la giunta cittadina.
Pace apre uno squarcio su una vicenda fatta di intimidazioni, di scorrettezze reciproche, di minacce di dossieraggio e di sopraffazione che in un caso è arrivata anche allo scontro fisico.
Pace, lei è stato silurato dalla stessa sua maggioranza grillina. Si è dato una spiegazione per tutto questo?
La scusa è stata la riqualificazione dell’area degli ex-mercati generali, ma è stata una prova di forza con Virginia Raggi e Frongia: qualcuno ha voluto dimostrare di poter smontare un municipio fedele alla sindaca.
Qualcuno tipo Roberta Lombardi?
È possibile. La lotta di potere che è in corso vede attualmente prevalere la fazione della Lombardi, di Marcello De Vito e Paolo Ferrara. Tutti lo sanno, e tutti sanno anche che la lotta è iniziata quando Frongia ha deciso di appoggiare la Raggi per la corsa al Campidoglio e così facendo ha indebolito fatalmente la corsa a sindaco di De Vito. Non sono stati perdonati per questo
Il ragionamento fila, ma poi c’è stato anche il caso Marra e il caso Romeo. Qualche errore politico è stato fatto…
La vicenda Marra ha dei profili opachi che saranno definiti dalla magistratura. Ma di certo è un fatto strano che tra tutti quelli che hanno avuto pari o maggiore responsabilità di Marra nelle precedenti amministrazioni, si siano trovati tutti questi elementi solo su di lui
Vuole dire che qualcuno può avere dato qualche “imbeccata” ai magistrati? Magari qualcuno coinvolto nella lotta di potere?
Questo lo dice lei. Di certo, dopo quella storia la sindaca si è indebolita con l’arrivo dei “tutor” i deputati, Bonafede e Fraccaro, che sono il collegamento tra il Campidoglio e Beppe Grillo a Genova. Quasi una sorta di commissariamento. Me ne rammarico molto e vorrei sbagliarmi, ma ho l’impressione che le decisioni importanti si prendano altrove
Torniamo alla lotta intestina dentro M5s. Perchè è così sicuro che si è trattato di un’operazione studiata a tavolino ai piani alti del movimento romano?
Per come sono andate le cose, per quello che ho visto e sentito e soprattutto subìto. Alle riunioni dei meet up del nostro quartiere andavano Marcello De Vito e Monica Montella per portare i militanti sulle loro posizioni. Nel mio consiglio c’era un’eletta che faceva da ufficiale di collegamento con la stessa parte. Quattro consiglieri, tra cui uno che probabilmente prendeva ordini in tempo reale dalla Lombardi, ne hanno assoggettati altri cinque. Quando è stata chiesta la testa del mio vice per dimostrare alla sindaca che il municipio era controllato da loro, qualcuno sparse ad arte la voce che stavano preparando un dossier su tutti i membri della giunta. Subito dopo le mie dimissioni. Ferrara chiese a tutti i consiglieri di dimettersi in blocco, per far cadere la giunta “alla Marino” ma qualcuno protestò energicamente e il capogruppo comunale lo mise a posto con metodi molti spicci, per usare un eufemismo. E quando le dimissioni sono diventare efficaci e irrevocabili, la sera sono andati tutti a festeggiare al ristorante con un deputato lombardiano di Catania…
Non parla così per rancore?
Assolutamente no. Sono stato l’unico presidente di municipio che ha scelto una parte dei suoi assessori con una consultazione interna al movimento, mentre tutti gli altri si sono fatti la giunta su misura, ma non è servito. Con gente che crede che la Lipu sia una specie di uccello e che il Tuel è una legge che si può modificare in consiglio municipale c’è poco da fare. Ma il più singolare di tutti, in questa storia, è stato Paolo Berdini: sui mercati generali a me diceva una cosa, ai lombardiani un’altra e agli investitori un’altra ancora. Poi andava dalla sindaca e ne diceva una nuova. Alla fine ha fatto litigare tutti. Un personaggio singolare e contraddittori
E ora che succede?
Io sono uscito dal movimento, di cui facevo parte dal 2012. Sono entrato in M5s perchè i principi del movimento erano i miei, ma i principi vanno messi in pratica adattandoli alla realtà . Per gli ortodossi non è così, e questo è folle. Manca totalmente la classe dirigente. I militanti e i consiglieri possono essere facilmente strumentalizzati dai “capibastone”. Non hanno alcuna cultura di governo.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 9th, 2017 Riccardo Fucile
“HO ABBANDONATO QUALSIASI SENSO CIVICO, NON COLTIVO PIU’ NESSUNA FORMA DI SPERANZA”
Da piccolo, a Torino, “la maggior parte dei miei coetanei tifava per la Juventus. Io, invece, da bastian contrario, ho scelto di immolarmi al credo del Toro”.
Piero Chiambretti ha sessantuno anni, una lista di quarantacinque programmi in cui è andato in onda e ancora un conto in sospeso con i mulini a vento: “Internet è il grande nemico della televisione. Sul web ciascuno di noi può trovare a disposizione qualsiasi cosa un autore televisivo pretenda di portarti a casa come una sorpresa. E ogni cosa tu faccia, ci sarà sempre qualcuno dal fondo della sala che si alzerà per dirti: ‘Guarda che questo l’ho visto ieri sera su youtube’”.
Sfidando l’avversario, da venerdì prossimo tornerà in onda con il Matrix-Chiambretti (ogni settimana, 23.30, Canale 5) con un’arma appuntita dall’elezione di Donald Trump: “Le donne sono scese in piazza numerosissime contro il nuovo presidente americano. E poi i femminicidi, le storie terribili che la cronaca ci racconta, le indagini, le statistiche, gli squilibri: sono tutte cose mi hanno fatto credere che sia arrivata l’ora di nominare protagoniste del mio programma le donne”.
Una volta disse: “Se fossi una donna, non andrei mai con uno come me”.
Ero molto più giovane e potevo pretendere di mascherare l’impraticabilità leopardiana del mio corpo dietro lo scudo della giovinezza. Oggi è ancora peggio.
E come le convincerà a venire da lei?
Non sono io ad attrarle, è la televisione. Io continuo a essere un teorico del casino organizzato. Sempre pronto a buttare via il copione, le domande scritte, la strategia, ogni direzione dettata dalla preparazione per correre dietro all’istinto.
È quello che ha sempre fatto?
Sono nato in una famiglia umile, senza un padre. A sette anni mi sono ammalato di reumatismi articolari e ho perso un anno di scuola. Da allora, ho cambiato più scuole che ragazze. E non voglio dire di avere avuto un’infanzia difficile. Non sono stato in un orfanotrofio. Non mi è successo nulla di irreparabile. Tuttavia, mi sono sentito fragile nei confronti del mondo, finchè non ho trovato la passione in una radio locale, poi diventata una televisione locale e, infine, una tv commerciale, ed è arrivato il riscatto.
Cosa ricorda
C’erano serate, quando facevo cabaret sulle navi da crociera, in cui in sala c’erano undici, dodici persone ad ascoltarmi. Tenevo duro. Credevo fosse un privilegio star davanti a loro. Ho continuato a sentire la stessa cosa anche quando, con il festival di Sanremo, gli ascoltatori sono diventati quindici milioni.
Qualche nostalgia?
Rimpiangiamo tutto, perchè nel ricordo le cose terribili sbiadiscono, le dimentichiamo, e rimangono solo quelle che splendono. Il passato è sempre meraviglioso.
Però ci sono anche cose che hanno avuto valore.
Sono stati splendidi gli otto anni con Angelo Guglielmi a Rai Tre. Darei tutto quello che ho per tornare lì. Dovevamo andare all’arrembaggio. Non per fare una televisione, ma l’altra televisione. La creatività , l’inventiva, l’avventura, il rischio venivano costantemente stimolate per creare qualcosa che prima non c’era.
E oggi?
La televisione che amo è quella americana. L’Italia ha avuto il neo-realismo, la Francia i suoi registi magnifici. Gli Stati Uniti hanno inventato John Wayne e gli hamburger, John Belushi e Hollywood. Sono prodotti che non hanno il marchio della cultura alta, l’etichetta d’autore, eppure sono fenomenali.
David Letterman è ancora il suo riferimento?
La maggior parte dei nostri programmi di seconda serata si sono ispirati al David Letterman Show, benchè nemmeno lui sarebbe stato in grado di fare in Italia ciò che ha fatto in America.
Perchè?
Perchè quando ti trovi seduto davanti a te un presidente come Bill Clinton che si alza, prende il sax e comincia a suonare, sei in presenza di un uomo che ha capito che nel talk show c’è la parola e c’è lo spettacolo. Qui da noi — al di là del fatto che fuori del grande raccordo anulare i nostri ospiti non li conosce nessuno — tutti vogliono parlare, parlare, parlare, per promuovere qualcosa.
Qualcuno ha provato a fare altro, però.
Roberto Maroni andò a suonare qualcosa al Maurizio Costanzo e, meno brillantemente, ci furono politici che si fecero prendere a torte in faccia al Bagaglino. È rimasto in testa a qualcuno? In più, la politica italiana di oggi produce solo personaggi che allontanano lo spettatore dallo schermo. Tranne che in prossimità delle elezioni, oppure quando s’infilano in qualche storia al confine con il gossip, uno vede in tv un politico e cambia canale.
Grillo, però, è un prodotto televisivo.
È il sintomo di ruoli che si sono ribaltati. La politica non è in grado di fornire persone che incarnino valori forti. Allora il consumatore-elettore si rivolge alla tv. Qualcuno può applaudirlo come una novità , ma gli storici qualcosa che non ha funzionato la rintracceranno. Quanto a me, ho abbandonato qualsiasi senso civico: non coltivo più nessuna forma di speranza.
Ha smesso di essere di sinistra?
Quando ero ragazzo, c’era gente che si picchiava per una bandiera rossa o per una festa dell’Unità . Erano anni di passioni. E io, che ero circondato da persone di sinistra, sono stato moderatamente da quella parte. Ci sto ancora. Anche se oggi non capisco bene cosa sia la sinistra.
Alcuni dicono che sia stare dalla parte degli ultimi e dei perdenti.
I perdenti sono molto più simpatici. Tutti, però, vogliono vincere. Compreso me.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 9th, 2017 Riccardo Fucile
DALLA GIORNALISTA IPER-GARANTISTA ANNA CHIRICO AD ANDREA RUGGERI, SELEZIONATORE DEI VOLTI TV DI FORZA ITALIA… HANNO COMINCIATO LA CORSA TRA I MALUMORI DEI PARLAMENTARI USCENTI
«Quel Ruggieri non è più amico mio e non lo stimo per niente. Il partito-azienda lo candiderà e si fregherà il mio posto di parlamentare…». Delle tante venature di rassegnazione che colorano l’agire di chi sa di dover dire addio per sempre al Parlamento, l’ormai ex berlusconiano Giorgio Lainati – che di Forza Italia è stato anche il capo ufficio stampa ma che oggi milita da indipendente tra i verdiniani – ha scelto la più rabbiosa.
E così, qualche giorno fa, incontrando nella Galleria dei presidenti di Montecitorio un gruppetto di colleghi di varie forze politiche, Lainati – che puntava a eguagliare in legislature lo stesso numero di Mondiali vinti dal Brasile, e cioè cinque, ma che si è rassegnato a fermarsi alla quarta – ha intonato il canto del cigno della sua carriera da deputato. Prendendosela col «partito-azienda» che candiderà , al suo posto, «quel Ruggieri».
«Quel Ruggieri», e cioè Andrea Ruggieri, è il capofila della pattuglia bipartisan di personaggi che, a detta di tutti, sono praticamente certi di un posto al sole di Montecitorio nella prossima legislatura.
Ex avvocato penalista (nello studio di Grazia Volo), ex giornalista (in Rai), Ruggieri è oggi il selezionatore dei volti tv di Forza Italia.
I nemici lo evocano come «nipote di» (suo zio è Bruno Vespa, che però prese le distanze da lui su Twitter quando Berlusconi lo chiamò dentro FI) e soprattutto come «compagno di» (la fidanzata è Anna Falchi).
Per gli amici è uno che, senza troppi fronzoli, s’è fatto strada nella giungla forzista arrivando nella stanza dei bottoni di Palazzo Grazioli.
Ad avere in tasca un biglietto di sola andata per gli scranni berlusconiani della futura legislatura, tanto per restare dentro Forza Italia, ci sono anche l’ex eurodeputata Licia Ronzulli (ufficiale di collegamento con la Lega), il sindaco di Pietrasanta Massimo Mallegni, l’europarlamentare piemontese Alberto Cirio e, a quanto pare, anche l’ultras fondatore dell’«Esercito di Silvio» Simone Furlan.
Dentro il Pd, al netto di equilibri che verranno aritmeticamente stabiliti dalle primarie del 30 aprile, in tanti indicano – tra coloro che pescheranno il jolly di un posto blindato nelle liste – il nome di Annalisa Chirico.
Giornalista, classe ’86, un passato da militante radicale, nota alle cronache rosa come ex fidanzata di Chicco Testa, la Chirico ha fondato l’associazione iper-garantista «Fino a prova contraria» che ha fatto breccia nel cuore dei renziani.
Tanto da meritarsi una delle poche citazioni fatte da Renzi in persona a #Corrierelive, due settimane fa, nel corso della sua unica uscita in video degli ultimi mesi.
Nell’arcipelago di sigle che stanno oltre la sinistra dei fuoriusciti dal Pd, dove nuotano vendoliani e civatiani, spicca – tra le possibili new entries del futuro Parlamento – il nome di Giulio Cavalli, regista e attore, ex consigliere regionale della Lombardia molto impegnato sul fronte dell’antimafia.
Curioso il caso della Campania, dove i «predestinati» di tre forze politiche sono tre figli di altrettanti big del presente o del passato.
Nel Pd, praticamente certo di un posto in lista, c’è Piero De Luca, figlio del governatore campano Enzo, che sull’elezione futura dell’erede ha stretto da tempo un patto di ferro con Luca Lotti.
In Forza Italia brilla la stella di Armando Cesaro, detto «Armandino», figlio di «Giggino», detto a «A’ Purpetta», deputato berlusconiano ed ex presidente della provincia di Napoli. Dal pacchetto di mischia di Noi con Salvini dovrebbe spuntare fuori la candidatura blindata di Gianluca Cantalamessa, figlio dell’ex parlamentare missino Antonio.
Che, come tutti, trattiene il fiato e aspetta di prendere il treno buono per Roma.
Provando ad allontanare la maledizione di quei cardinali troppo sicuri di trasformarsi in papi per diventarlo davvero.
Tommaso Labate
(da “il Corriere della Sera”)
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Aprile 9th, 2017 Riccardo Fucile
E’ CONSIGLIATA LA LETTURA A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLA DEMOCRAZIA DIRETTA GRILLINA
Per tutti gli appassionati di democrazia diretta da Grillo, neXt pubblica oggi la mail con cui lo staff di Beppe ha comunicato l’avvio di un procedimento disciplinare nei confronti di Marika Cassimatis, vincitrice delle Comunarie a Genova e poi esclusa dal Padrone Assoluto del MoVimento 5 Stelle nelle vesti di capo politico e garante dei grillini.
È importante sottolineare che si tratta della contestazione preventiva dello staff e non del provvedimento con cui i probiviri hanno comunicato la sospensione (che ad oggi la Cassimatis non ha ricevuto, avendo appreso della sua espulsione dalla lettura del blog di Grillo).
La mail dello staff di Beppe Grillo contiene argomenti surreali.
Basti pensare che la maggior parte delle contestazioni nei confronti della Cassimatis riguardano comportamenti precedenti all’approvazione del regolamento (datata 27 ottobre 2016) tramite il quale è stata messa in moto la procedura di espulsione (e che verrà presto giudicato dal tribunale).
Oltre a interessanti considerazioni da cortocircuito spazio-temporale: ad esempio le si imputa di aver presentato “querela penale” (sic) nei confronti di Grillo per le motivazioni con cui Beppe l’ha esclusa ma si “dimentica” di segnalare che nel famoso post il Capo Politico nonchè Garante del M5S ha, appunto, accusato la Cassimatis senza fornire alcuna prova della sua condotta scorretta.
Oppure le si contestano le dichiarazioni alla stampa in merito alla querela, dimenticando anche qui che senza l’immotivata sanzione non ci sarebbe stata alcuna dichiarazione.
Le comunichiamo l’avvio del procedimento disciplinare nei suoi confronti previsto dall’articolo 4 del regolamento del MoVimento 5 Stelle, in relazione ai seguenti fatti:
— presentazione di querela penale all’Autorità Giudiziaria contro Beppe Grillo in relazione a presunta diffamazione connessa alla pubblicazione del post con il quale Beppe Grillo aveva comunicato di escluderla dalla competizione elettorale per le elezioni comunali di Genova (atto suscettibile di pregiudicare l’immagine e l’azione politica del MoVimento 5 Stelle);
— rilascio di pubbliche dichiarazioni riportate anche dalla stampa in merito alla presentazione della suddetta querela penale (atto suscettibile di pregiudicare l’immagine e l’azione politica del MoVimento 5 Stelle);
— rilascio di pubbliche dichiarazioni riportate anche dalla stampa con le quali accusava Beppe Grillo e lo staff di gravi scorrettezze nei suoi confronti con particolare riguardo alla pubblicazione del post con il quale si era comunicata la sua esclusione dalla competizione elettorale per le elezioni comunali di Genova, affermando che l’esclusione sarebbe stata disposta per toglierla di mezzo perchè la vittoria di Pirondini, decisa a tavolino, non era andata in porto (atto suscettibile di pregiudicare l’immagine e l’azione politica del MoVimento 5 Stelle);
— dichiarazione resa in data 13 maggio 2016 con post gravemente critico per la sospensione Pizzarotti “Era proprio necessario sollevare, ora, questo polverone? Cui prodest, mi chiedo, perchè se un piedino getta un’esca, andare ad inghiottirla con tutto l’amo diventa dolo” (atto suscettibile di pregiudicare l’immagine e l’azione politica del MoVimento 5 Stelle; nonchè non rispettoso delle decisioni assunte dagli organi del MoVimento medesimo);
— pubblicazione di post in data 22 maggio 2016 in cui viene condivisa foto del Partito della Rifondazione Comunista sui referendum da firmare (atto suscettibile di avvantaggiare altri partiti);
— pubblicazione del post in data 18 ottobre 2016 in cui appoggia pubblicamente il consigliere Putti in relazione ad una dichiarazione scorretta dello stesso contro la consigliera regionale Alice Salvatore (atto contrario a lealtà e correttezza nei confronti degli altri iscritti e portavoce, e suscettibile di pregiudicare l’immagione e l’azione politica del MoVimento);
— pubblicazione del post in data 27 ottobre 2016 nel quale appoggia il dissidente Battistini (atto suscettibile di pregiudicare l’immagine e l’azione politica del MoVimento 5 Stelle);
— pubblicazione del post in data 3 novembre 2016 nel quale manifesta pubblicamente apprezzamento per l’Amministrazione comunale di Parma per la gestione dei rifiuti (atto suscettibile di pregiudicare l’immagine e l’azione politica del MoVimento 5 Stelle).
I suddetti comportamenti sono suscettibili di integrare gravi e reiterate violazioni dei doveri previsti dal regolamento del MoVimento 5 Stelle, e di danneggiare l’immagine e l’azione politica del MoVimento 5 Stelle. Ciò, anche in relazione alla sua posizione di aspirante candidato sindaco di Genova, ed alle conseguenti amplissime ricadute mediatiche delle sue condotte.
Se pensa che questa contestazione sia infondata o basata su informazioni non corrette può mandare le sue controdeduzioni entro dieci giorni a questa mail.
Lo Staff
Ma il bello sono le contestazioni successive: si accusa la Cassimatis per un post su Pizzarotti in cui è evidente l’intenzione di criticare entrambe le parti in causa (“Cui prodest, mi chiedo, perchè se un piedino getta un’esca, andare ad inghiottirla con tutto l’amo diventa dolo”); la si accusa di aver favorito un altro partito politico perchè ha condiviso un post di Rifondazione Comunista a proposito di firme su alcuni referendum, “dimenticando” che i partiti politici NON si votano ai referendum; le si imputa di aver appoggiato i dissidenti genovesi Putti e Battistini nell’ottobre scorso quando Putti ha lasciato i 5 Stelle nel 2017 e Battistini è finito sotto procedimento disciplinare nel gennaio scorso (e quindi all’epoca nè l’uno nè l’altro si poteva considerare un dissidente).
L’ultima chicca è l’apprezzamento per la gestione dei rifiuti dell’amministrazione di Parma, che diventa “un atto suscettibile di pregiudicare l’azione politica” del M5S.
E come stiano insieme le due cose è un mistero poco gaudioso, a meno di non immaginare una coda di paglia lunga svariati metri.
E intanto continua ad arricchirsi di altri particolari surreali la diabolica mossa di Beppe Grillo per fregare Marika Cassimatis alla vigilia dell’udienza in tribunale.
Beppe infatti ha annullato la votazione perchè sarebbe stata “indetta con un preavviso inferiore al termine minimo di 24 ore prescritto dall’articolo 3 del regolamento del MoVimento 5 Stelle per le votazioni per la scelta dei candidati alle elezioni“.
Insomma, il voto che ha incoronato la Cassimatis è stato annullato da Beppe Grillo perchè era stato indetto irregolarmente da Beppe Grillo — fa ridere ma è drammatico!). Solo che qui l’affaire si ingrossa per Beppe & Co.
In primo luogo perchè anche altri voti per la scelta dei candidati alle elezioni amministrative — ad esempio l’ultimo, quello per Parma e Piacenza — sono stati indetti senza il preavviso di 24 ore.
Ma quelli, stranamente, il Garante non li ha annullati.
E in secondo luogo perchè si è votato senza il preavviso di 24 ore anche per il candidato sindaco di Palermo all’epoca delle ben note polemiche per le firme false.
Ebbene, uno degli attivisti di Palermo schierati con i parlamentari accusati dalla procura qualche giorno fa ha ricordato su Facebook che anche quella votazione allora dovrebbe essere considerata irregolare.
Ma tanto la legge di Beppe è uguale per tutti, no?
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 9th, 2017 Riccardo Fucile
E SULLA LEGGE ELETTORALE DEPONE L’ARMA DEL MATTARELLUM
Andrea Orlando e Michele Emiliano criticano Matteo Renzi. Lui a stento risponde, piuttosto rivolge la critica al M5s, il convitato di pietra della convenzione nazionale che oggi all’Hotel Ergife di Roma ha ratificato i risultati dei congressi di circolo e avviato la corsa per le primarie del 30 aprile.
Orlando, Emiliano, Renzi: un Pd alla ricerca di audience per evitare il flop ai gazebo, portare gente a votare, non soccombere di fronte alla concorrenza pentastellata.
All’indomani della kermesse grillina di Ivrea, seguitissima dai media, il Pd cerca il rilancio e lo smalto.
Prima dell’intervento dei tre candidati, il presidente della Commissione congresso Roberto Montanari mette da parte le polemiche sui dati delle assise locali.
Il Pd ha più iscritti dei socialisti francesi o spagnoli, è il senso del suo ragionamento che vuole inquadrare tutta la discussione all’interno di un quadro sistemico di crisi dei partiti tradizionali, in tutt’Europa.
Oggi anche il Pd di Renzi è messo così. E allora c’è Orlando che tenta la sua ricetta. “Attenti che il Pd rischia di diventare il primo fattore di stabilità in Italia”.
Oppure: “Noi siamo nati per essere il partito del riscatto, non possiamo diventare il partito della rivincita. Matteo si è dimesso dopo il 4 dicembre, ma il messaggio è lo stesso…”.
Insomma: “E’ vero che stiamo uscendo dalla crisi, ma a una famiglia con un figlio senza lavoro, se dici ‘ce l’abbiamo fatta’, quella famiglia ti sente distante e si incazza”. Ancora: “Va bene parlare con Marchionne, ma con gli operai ci vogliamo parlare?”.
E infine: “Evitiamo uno smarcamento quotidiano da un governo e un premier che in una situazione difficile sta proseguendo il lavoro del governo precedente. Non giova al Pd e non giova al governo”.
Paolo Gentiloni è in sala all’Ergife. Anche perchè, continua il Guardasigilli, non va bene “inseguire le nuove formule della destra. Dei populisti. Ogni volta che diventiamo la copia sbiadita dell’originale, è l’originale a prevalere”.
Dopo Orlando parla Emiliano, dal letto di ospedale dopo l’incidente che si è procurato in Calabria ballando la tarantella ad un’iniziativa elettorale.
Scomparsa la canottiera a costine dei primi videomessaggi che hanno fatto il giro del web subito dopo il ricovero, il governatore si presenta in polo blu.
Alle sue spalle, l’asta per flebo non è in funzione, ma sta lì a ricordare che Emiliano si trova in ospedale. “La comunicazione senza contenuto può irritare”, attacca. “Bisogna uscire dalla logica di un uomo solo che salva tutti e entrare nella logica di tutti che salvano ciascuno”, continua dopo aver parlato di petrolio e battaglie ambientaliste.
L’assemblea inizia con scintille appiccate dai suoi (i deputati Ginefra, Boccia) che provano a chiedere il rinvio delle primarie per via dell’infortunio capitato al loro candidato. “C’è un uomo a terra”, si allarma Ginefra. Renzi non raccoglie, Orlando sì. Emiliano: “Grazie Orlando, non chiedo il rinvio”.
Buona la prima, si vota il 30 aprile senza proroghe.
Renzi chiude l’assemblea dell’Ergife parlando già da vincitore, nei congressi dei circoli e nei sondaggi. E’ già in campagna elettorale contro il Movimento 5 stelle.
Per votare al più presto possibile. “Basta parlare al nostro interno, la gente non ci segue più perchè è già avanti e aspetta che finiamo di litigare. Le primarie non servono a farci i selfie ma per guardarci intorno…”.
E quindi la giornata del M5s a Ivrea entra nel mirino dell’Ergife.
Il Movimento cinque stelle “è una dinastia, noi usiamo la democrazia”, scandisce Renzi parlando di Davide Casaleggio, il figlio di Gianroberto fondatore del movimento, “finalmente i cinquestelle hanno indicato il loro capo”.
“Parlando di reddito di cittadinanza e pensano di finanziarlo tagliando le pensioni d’oro e i vitalizi… Fake news che però passano: dobbiamo lavorarci meglio di come ho fatto io, lo ammetto”.
Il resto è orgoglio del suo Pd, soprattutto del suo governo. “Siamo passati dal Pd dei convegni al Pd delle leggi”.
E: “Andrea, bella la tua idea di andare davanti ai cancelli delle fabbriche, ma non ti hanno preso a calci perchè le abbiamo tenute aperte noi con Marchionne… Siamo noi il partito del lavoro”.
L’inchiesta Consip: “Non saremo mai il partito dei giudici, ma della giustizia. Io ho tatuate addosso le cose che sono successe negli ultimi 4 mesi, tutte le settimane saremo lì a chiedere di fare luce, siamo dalla parte dell’onestà , parola che non lasciamo a nessun altro”.
E se Orlando ha promesso di riunire “la segreteria a Bruxelles periodicamente, se vinco”, Renzi annuncia “il veto italiano all’inserimento del fiscal compact nei trattati europei”. Sempre se vince le prossime elezioni. Più che sulle primarie, la convenzione pare proiettata su quelle.
“Il caso Torrisi è un fatto enorme”, dice Renzi riferendosi all’incidente della scorsa settimana in Senato. Certifica che sulla legge elettorale “in Parlamento c’è la stessa maggioranza che c’è stata al referendum”, vale a dire proporzionalista e frastagliata. “Quindi la responsabilità di una iniziativa, di avanzare una proposta spetta a loro”.
Suona come un abbandono del campo di proposta maggioritaria.
Se ieri si diceva Mattarellum, ora si dice ‘accada quel che accada’. “Basta con chi ha sempre da ridire. Chi perde non bombardi il quartier generale”, chiude Renzi che solo la scorsa settimana ha cominciato a ‘terremotare’ il governo.
(da “Huffingtonpost“)
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Aprile 9th, 2017 Riccardo Fucile
“CAMPO PROGRESSISTA ERA NATO PER DARE UNA PROSPETTIVA, ORA E’ DIVENTATO UNA REALTA'”
“Campo progressista era nato per dare una prospettiva, ora è diventato una realtà “. Giuliano Pisapia al teatro Ambra della Garbatella è contento di sfoderare il suo sorriso migliore, annunciando che le “officine delle idee”, il pensatoio dal basso creato per dare linfa la suo movimento, ha già raggiunto il numero 227.
In tutta Italia le cellule arancioni tematiche o divise per territorio, a neppure un mese dall’esordio ufficiale del teatro Brancaccio, cominciano a prendere forma dando fiducia al suo ideatore.
La speranza diventa concretezza, il “salto in avanti” che toglie ogni alibi e non consente più di aspettare: quel campo largo c’è e molla gli ormeggi.
Oggi a Roma, mercoledì a Milano, poi in Toscana e in Puglia, in Friuli Venezia Giulia, Campania, Sicilia e Sardegna, le tappe successive.
A Roma, la Garbatella è un quartiere vivace, dove la comunità sperimenta già esperienze civiche, di gestione di spazi e cittadinanza attiva.
“Una giornata particolare”, ha battezzato i tavoli tematici, la nuova frontiera per i singoli cittadini di dare una mano e non chiudersi delle stanze della sfiducia.
“E’ il nostro elogio proprio nel momento di maggior discredito della politica” dice il senatore Luigi Manconi venuto a parlare di Giulio Regeni, di diritti civili e sociali. Spiega che nelle officine arancioni c’è “chi non si arrende alla sola protesta e rabbia e chi non vuole passare per i partiti tradizionali. Un insieme diverso della politica, esperimento che Pisapia vuole portare fino in fondo, dal basso ma con l’obiettivo di governo. In questa sorta di oratorio laico passeggia tra i tavoli dove nascono idee e proposte e non solo lamentele, ascolta e registra.
“Noi vogliamo governare” dice pari pari quando prende il microfono e si lascia indietro la proverbiale prudenza. Il timido Giuliano si lancia e non vuole più aspettare per prendere il timone.
Certamente il dialogo continua, l’idea di mettere in rete la galassia della sinistra resta ma, restando in attesa delle diverse barchette che navigano intorno al Campo progressista, c’è il rischio che il progetto arancione rimanga un’araba fenice.
L’ombra della politica autoreferenziale è un fantasma avvertito da molti e la federazione dei piccoli o grandi partiti non è l’approdo che Pisapia vuole raggiungere.
Messaggio rivolto ai delusi del Pd, a Bersani e D’Alema e chi vuole mettersi al riparo dopo la stagione renziana.
Il futuro elettorale conta parecchio, così come la nuova legge che deve garantire una prospettiva maggioritaria. “Se si vuole evitare la palude delle larghe intese Pd, Mdp e tutti gli altri, questo semplice ragionamento devono recepirlo prima possibile” spiega il vicepresidente della regione Lazio Massimiliano Smeriglio, “altrimenti tutto diventa più difficile”.
Le Officine servono sopratutto a questo, a fare quel lavoro di “ricucitura paziente” e ricostruzione che sembra quasi lunare davanti alle profonde divisioni a sinistra.
Officine dove si parla di economia circolare, mobilità urbana, agricoltura sociale e terre pubbliche, divario digitale, sport di base, scuola e territorio, temi e spunti che Campo progressista vorrebbe incrociare in una prospettiva di governo.
Una sorta di “coworking della politica”, uno spazio e un metodo, nè Leopolda renziana, nè meet-up grillino, il “potere come verbo e non sostantivo”, pochi slogan e più studio e lavoro.
Per come si presenta ai nastri di partenza, la base del pensatoio di Campo progressista non assomiglia a nessuna delle esperienze note e vuole prepararsi al progetto ambizioso di “governare per migliorare il paese”.
Giuliano Pisapia non lo nasconde più e nella prospettiva di coalizione si prepara a mettersi in gioco per la leadership di centro sinistra.
Saranno le primarie del 30 aprile del Pd a far cadere l’ultimo tabù.
(da agenzie)
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Aprile 9th, 2017 Riccardo Fucile
L’ESPONENTE DELLA SINISTRA RADICALE DISTANZA IL CANDIDATO SOCIALISTA HAMON SCESO AL 9%… DUE ELETTORI SU TRE SI DICONO ORMAI SICURI DELLA PROPRIA SCELTA
Secondo l’ultimo sondaggio dell’Istituto Elabe in vista delle elezioni presidenziali francesi, il leader centrista Emmanuel Macron raccoglie ormai le stesse preferenze della candidata del Front National, Marine Le Pen, entrambi al 23,5%, al primo turno del 23 aprile.
In terza posizione resta il candidato conservatore Francois Fillon al 19%, che però è tallonato da Jean-Luc Mèlenchon con il 17%, l’esponente della sinistra radicale, che guadagna ben 2 punti percentuali, ben 7 in due mesi.
Buon ultimo fra i primi cinque arriva Benoit Hamon, il candidato socialista, al 9%.
Il sondaggio per L’Express e BFMTV, realizzato all’indomani del dibattito teelvisivo fra tutti gli 11 candidati al primo turno, arriva 18 giorni prima del voto.
Secondo l’inchiesta l’affluenza alle urne dovrebbe attestarsi al 64% di elettori “certi di andare a votare”.
Due elettori su tre (70%) si dicono sicuri ormai della propria scelta.
(da agenzie)
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Aprile 9th, 2017 Riccardo Fucile
IL QUESTORE: “NON FACCIO CHE DIRE NO”… CON MOLTI MEDIA AL SERVIZIO DI RAZZISTI E POPULISTI CHE RACCONTANO BALLE, NON C’E’ DA MERAVIGLIARSI DEL PROFILARE DI ASPIRANTI PISTOLERI
A Milano nonostante i reati in calo, è boom di richieste di porto d’armi.
Lo ha detto il questore Marcello Cardona, in città da qualche settimana. “Da quando sono arrivato, non ho mai smesso di firmare dinieghi”, ha spiegato lo stesso Cardona. I reati, per quanto riguarda tutta l’area di Milano e Monza, sono in calo rispetto all’anno scorso. Tutti.
Nonostante questo però, si registra un aumento esponenziale delle domande di chi chiede di poter tenere un’arma con sè.
Perchè guardare ai dati “non basta – sottolinea il questore – al di là della diminuzione dei reati quella che attende le forze dell’ordine è la sfida della percezione di sicurezza tra i cittadini. E questa sfida si vince con un rapporto costante e con una sempre maggior rapidità di intervento”.
La considerazione arriva nel giorno in cui, sull’onda dell’ultimo episodio di cronaca – quello del ristoratore che ha sparato e ucciso un ladro nel Lodigiano – Forza Italia è nelle piazze dei municipi della città con i suoi banchetti per raccogliere le firme e chiedere al parlamento di calendarizzare la proposta di legge sulla legittima difesa presentata da Fi.
A Milano, però, i numeri raccontano che c’è meno criminalità .
Calano i furti e le rapine in abitazione (-3,6%, -17,6%) e, nonostante i ripetuti e recenti episodi soprattutto nelle farmacie, sarebbero in diminuzione le rapine negli esercizi commerciali (-13%); di contro, aumentano quelle in banca (+11%), così come aumentano i furti con destrezza (+6,1%).
Il periodo di riferimento è quello che va da marzo dell’anno scorso a marzo di quest’anno.
E, nonostante le notizie che quotidianamente raccontano di violenze sulle donne, fa ben sperare la diminuzione del 6% dei maltrattamenti in famiglia e dei reati di ‘stalking’ (-13%).
Rimane stabile il dato degli omicidi volontari: 20 nell’ultimo anno, come nei 12 mesi precedenti.
Il lavoro dell’Ufficio prevenzione generale, quello che coordina le ‘volanti’, è pressochè raddoppiato: dai 56mila interventi si è passati ad oltre 122mila in un anno.
Capitolo droga.
Che sia in aumento a Milano è confermato dall’aumento della quantità di droga sequestrata dalla polizia: oltre 32 kg di eroina (contro i 28 dell’anno prima), con una nuova impennata della cocaina: ne sono sequestrati 158 kg contro gli 89 del 2015-2016.
Diminuisce l’hashish dai mille ai 600 chili, mentre aumenta di nuovo la marijuana che passa da 100 a 157 kg. In questo senso il Questore si è detto “grato al Sindaco per l’opera di riqualificazione progettata per zone come Rogoredo”.
Carico di lavoro moltiplicato quello dell’ufficio immigrazione: solo le richieste di asilo politico hanno raggiunto quota 6mila in un anno, almeno 2mila in più rispetto all’anno precedente. Si impenna il numero di stranieri accompagnati alla frontiera: erano 291, sono diventati 749 nel giro di pochi mesi.
E proprio il tema dell’immigrazione e dell’integrazione è stato al centro della riflessione del questore: “Dobbiamo garantire diritti umani e sicurezza. In questo il prefetto Lucia Lamorgese sta facendo un lavoro straordinario. Ma se uno straniero non è in regola deve andare via, perchè in questo Paese non teniamo chi commette reati”, ha assicurato Cardona.
(da “il Corriere della Sera”)
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Aprile 9th, 2017 Riccardo Fucile
TRA I DISSIDENTI CIRCOLA IL NOME DI GIANNI FAVA, ASSESSORE LOMBARDO ALL’AGRICOLTURA, UNO DEI COLONNELLI DI MARONI…C’E’ CHI PENSA DI RICORRERE AL TAR CHIEDENDO DI SOSPENDERE IL CONGRESSO CONTRO LE REGOLE IMPOSTE DA SALVINI… MARONI: “COME CANDIDATO PREMIER MEGLIO ZAIA DI SALVINI”
La fronda nordista, che contesta al leader Matteo Salvini la linea sovranista e lepenista, si prepara a dare battaglia contro le regole del congresso della Lega che saranno approvate domani dal consiglio federale.
Secondo i ribelli, si tratta di regole “liberticide”, “tese a impedire ad altri candidati di correre come segretario”.
Nel mirino la bozza che è iniziata a circolare, che prevede che i candidati abbiano due settimane per raccogliere 1000 firme tra i militanti, dal 22 aprile al 7 maggio.
Il 14 maggio sono previste le primarie per la leadership (votano sono i militanti) e il 21 il congresso.
Tra i dissidenti circola con insistenza l’ipotesi di una candidatura contro Salvini di Gianni Fava, assessore lombardo all’Agricoltura, uno dei colonnelli della corrente dei “Barbari sognanti”, che nel 2012 condusse Maroni alla guida della Lega.
Un altro nome che circola è quello di Gianluca Pini, vice capogruppo alla Camera.
Il governatore lombardo nei giorni scorsi ha spiegato in un’intervista di preferire Luca Zaia a Salvini come candidato premier.
Un’uscita che non è andata giù al segretario, che ha deciso di anticipare il congresso per avere un mandato chiaro e zittire i malpancisti.
Secondo fonti leghiste, c’è anche chi sta pensando di impugnare le regole davanti al Tar, chiedendo la sospensione del congresso.
Andrea Carugati
(da “La Stampa”)
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