Aprile 4th, 2017 Riccardo Fucile
SI STUDIA UN SIMBOLO CON QUATTRO LOGHI PER CONTARE DI PIU’ NELLA TRATTATIVA CON BERLUSCONI
Come riporta Giuseppe Alberto Falci su “la Stampa”, il segretario della Lega Nord e la ruota di scorta di Fratelli d’Italia starebbero pensando di correre insieme alle prossime elezioni politiche sotto lo stessa sigla.
“Ormai Matteo e Giorgia hanno la necessità di sancire il loro matrimonio politico. Il modello a cui guardano è quello trumpista e anche lo slogan strizza l’occhio a «The Donald»: il leit motiv sarebbe infatti «Prima gli italiani».
Insomma, molto originali come sempre.
“Si ragiona intorno a un simbolo che possa rendere più accattivante la lista: all’interno del simbolo ci saranno i nomi dei due leader e in aggiunta i loghi delle quattro liste: Lega Nord, Fratelli d’Italia, Noi con Salvini, Amici di Giorgia”.
Pare quindi che non ci sia più spazio per ospitare anche il logo di un rotolo di carta igienica tricolore e quello di “cognati d’Italia”, pazienza.
Ma quale sarebbe il motivo di questa lista unica?
In primo luogo essere “la prima vera forza nazionale di centrodestra».
Spiegazione necessaria: Salvini teme che Forza Italia finisca prima della Lega (come da ultimi sondaggi) e come potrebbe dire che il leader è lui se finisce secondo?
Arriva così i soccorso tricolore della “ruota di scorta” per arrivare primo.
Cosa ci guadagnerebbe la Meloni? Con uno sbarramento dell’8%, Fdi il Senato lo vedrebbe con il binocolo. Un’alleanza con Salvini le permetterebbe di avere qualche seggio anche a palazzo Madama e sistemare qualche altro dirigente famelico.
Secondo aspetto: l’accordo è contro Berlusconi? No, è solo per sedersi al tavolo della trattativa con Silvio con più forza. Senza Berlusconi quei due non vanno da nessuna parte , ma non mettono in conto che Silvio potrebbe a quel punto riaggregare qualcuno altro e giocarsela come “leader dei moderati” e se li brucia anche così per i due sovranisti patacca è la discesa agli inferi.
Terzo e ultimo aspetto: siamo sicuri che uno più uno faccia due? Ovvero che i due raggiungano quel 17% che oggi sono la somma dei due partiti? E che non ci saranno defezioni nel “segreto della gabina”?
Non a caso la strategia è stata tenuta nascosta da Salvini per evitare ripercussioni all’interno del Carroccio. La Lega, infatti, si appresta ad andare a congresso, il prossimo 21 maggio. E notoriamente Salvini non è affatto ben visto tra i militanti che gli rimproverano in molte zone lumbard e venete di aver accantonato i temi cari agli autonomisti. E una sedicente “identitaria de noiatri” con una fastidiosa cantilena romana non invoglia certo a votare per un’accozzaglia unitaria che scimmiotta i sovranisti esteri solo per garantirsi una poltrona.
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Aprile 4th, 2017 Riccardo Fucile
ECCO COSA PUO’ SUCCEDERE SE LA CASSIMATIS VINCE IN AULA… GRILLO RISCHIA DI VEDER SALTARE IN ARIA IL SUO CONGEGNO DI SCATOLE CINESI
Il Movimento Cinque Stelle ha pochi giorni per preparare una memoria difensiva, perchè l’udienza clou si terrà venerdì, mentre in due settimane al massimo si arriverà al verdetto che potrebbe scompaginare le candidature alle elezioni per il sindaco di Genova.
E soprattutto emerge una (prima) certezza: i giudici del tribunale civile, che dovranno decidere se riabilitare la candidata Marika Cassimatis estromessa da Beppe Grillo dopo aver vinto le Comunarie, tratteranno l’affaire M5S accostandolo a un partito tradizionale, perlomeno a giudicare dalla sezione cui è stato assegnato il ricorso «urgente».
Nell’istanza che la stessa Cassimatis ha presentato tramite l’avvocato Lorenzo Borrè, si chiede di annullare sia il siluramento dell’insegnante in nome del «fidatevi di me»scritto sul blog dal comico, sia la successiva vittoria di Luca Pirondini alle Comunarie bis, poichè avrebbero violato le regole interne.
Non solo: Borrè chiede che «per motivi urgentissimi» i magistrati si pronuncino entro 50 giorni prima delle consultazioni amministrative: «La nostra assistita – viene specificato in sintesi nel dossier – può ancora candidarsi, ma deve avere il tempo di farlo».
Cosa succede se Cassimatis vince in aula?
Beppe Grillo potrebbe con ogni probabilità tirare dritto e impedirle di usare il simbolo pentastellato.
La titolarità di quest’ultimo, sulla carta, è infatti d’un movimento diverso da quello che ha buttato fuori la prof. Si tratta d’una mini-associazione registrata, per esigenze burocratiche, nel 2012 da Beppe Grillo, dal nipote avvocato Enrico Grillo e dal commercialista Andrea Nadasi, con sede a Genova.
La sua denominazione iniziale, poi corretta, presentava una “v” minuscola, al contrario della “V” classica di “MoVimento”, la maxi-associazione nata ben prima, che ha indetto le Comunarie online e infine certificato la corsa genovese di Pirondini. Ma una questione all’apparenza di forma rischia di diventare parecchio sostanziale.
Grillo, qualora Cassimatis fosse rimessa in sella dalle toghe, potrebbe sostenere che l’uso del simbolo non dipende dalla maxi-associazione, di cui lei faceva parte, ma dalla mini.
Il problema è che lui guida sia l’una che l’altra e a quel punto, gli avvocati di Cassimatis lo hanno già annunciato, scatterebbe un’accusa (civile) di conflitto d’interessi.
E potrebbero esserci ripercussioni importanti sulla gestione del medesimo simbolo – cruciale nel catalizzare il consenso – e delle liste imbastite dai fuoriusiciti grillini in varie città .
(da “il Secolo XIX”)
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Aprile 4th, 2017 Riccardo Fucile
UN BLUFF PER FAR DIMENTICARE IL NULLA CHE STA FACENDO NELLA CAPITALE… PERCHE’ I ROMANI DOVREBBERO PAGARE 10.000 EURO AL MESE ALLA RAGGI SE POI POSSONO DECIDERE COMODAMENTE DA CASA?… QUALCUNO RICORDI A VIRGINIA CHE IL SINDACO E’ GIA’ ESPRESSIONE DELLA VOLONTA’ POPOLARE
Dopo nove mesi di governo della Capitale il MoVimento 5 Stelle ha deciso di iniziare a fare sul serio e quindi oggi l’assessora a Roma Semplice Flavia Marzano e il Presidente della commissione Roma Capitale, Angelo Sturni hanno annunciato di volere introdurre la “democrazia diretta in Rete” per consentire ai cittadini di partecipare all’amministrazione della città .
Il che, visto che in questi nove mesi i 5 Stelle non hanno risolto nessuno dei problemi che avevano annunciato di essere sul punto di risolvere (ad eccezione, forse, della composizione della Giunta) significa che i romani avranno la possibilità di decidere sul nulla.
Ma tranquilli, oggi è stata solo presentata una proposta di delibera.
Il MoVimento 5 Stelle infatti, costitutivamente lontanissimo dalla politica degli annunci che caratterizza l’azione dei governo dei vecchi partiti della ka$ta ha deciso di prendere il coraggio a due mani e annunciare di voler procedere ad un rinnovamento dello statuto capitolino per introdurre introdurre la possibilità di fare petizioni popolari online che verranno successivamente presentate in aula dagli stessi cittadini (sarà divertente sentire onesti cittadini proporre lex grilline romane), di abolire il quorum per i referendum comunali di carattere abrogativo, consultivo e propositivo (perchè in fondo la partecipazione è tutto).
Ma non è finita qui perchè i 5 Stelle “vogliono provare” ad introdurre — non si sa dove e non si sa come — il sistema del voto elettronico (come in America!).
Infine ci sono anche due cosette come l’introduzione del bilancio partecipativo, perchè a Roma gli eletti pentastellati dei vari Municipi (che dovrebbero in teoria portare le istanze dei territori in sede comunale) a volte si dimenticano di chiedere lo stanziamento dei fondi e l’inizio dell’era della partecipazione diretta con le consultazioni online.
Un concetto che Sturni ha spiegato ricordando che mentre gli altri prendono decisioni chiusi nelle stanze nel MoVimento 5 Stelle tutto ciò avviene all’interno della piattaforma Rousseau.
E scopriamo così che la conoscenza diretta del territorio del quale i portavoce sono diretta espressione, la partecipazione degli attivisti tanto sbandierata, l’ascolto delle istanze dei cittadini e — in definitiva — l’essere cittadini e non una casta non sono sufficienti per amministrare una città .
Del resto lo aveva riconosciuto anche Beppe Grillo qualche tempo fa quando invitava i romani a diventare sindaci dei loro “dieci metri quadrati” dimenticando ad esempio di tutte le volte che lui, lo Staff del MoVimento ed altri illustri portavoce a 5 Stelle sono intervenuti nelle vicende romane per indirizzare l’operato della Raggi (una su tutte l’invio a Roma del trevigiano Massimo Colomban a fare l’assessore alle partecipate).
L’alba di questa nuova era della partecipazione — che non tiene conto del fatto che in Italia il sindaco è già espressione diretta del voto popolare — è ancora di là da venire e non è nemmeno chiaro come verrà attuata.
Si sa ad esempio che una specie di “piattaforma Rousseau” comunale verrà integrata sul sito del Comune ma non si sa chi la metterà in piedi (al momento quello di Casaleggio è l’unico esperimento attivo in Italia) e chi la gestirà .
A dirla tutta non è stato nemmeno reso noto quanto costerà questo giocattolo e quanto farà risparmiare.
Di sicuro non farà risparmiare tempo agli organi istituzionali. Il fatto che sia il MoVimento 5 Stelle a proporla non è una garanzia di qualità , visto quello che è successo a Genova dove il risultato delle votazioni online è stato sovvertito dal Capo Politico che ha chiesto ai suoi di “fidarsi di lui”.
Del resto il Comune di Roma non è ancora stato in grado di far sapere come verranno spesi i soldi raccolti dall’iniziativa Roma Adotta Amatrice; si sa solo che ad un certo punto nel futuro i cittadini (solo romani? le donazioni sono arrivate da ogni parte d’Italia) per quali attività saranno destinati i 280 mila euro raccolti fino ad ora.
Ma il dubbio è che questa trovata della democrazia diretta serva solo per coprire il vuoto spinto dell’Amministrazione capitolina.
Non servono le segnalazioni o petizioni con tanto di audizione in Aula per capire quello che bisogna fare a Roma: è sotto gli occhi di tutti ma — come è successo per la speculazione di Monte Stallonara — il Comune sembra aver dimenticato i cittadini che aveva coccolato durante la campagna elettorale.
Quello di cui Roma ha un estremo bisogno ora è di una classe politica che sappia prendere delle decisioni e che abbia il coraggio di farlo davanti a tutti anche quando sono impopolari ma necessarie.
Altrimenti perchè i romani dovrebbero pagare diecimila euro Virginia Raggi per fare qualcosa che possono decidere di fare da sè comodamente da casa?
L’assessora Marzano lamenta che il portale del Comune “non è accessibile” e che lo stanno ristrutturando per renderlo più accessibile, provate a cercare i bandi di gara aperti dai vari Municipi e vi renderete conto come la trasparenza non sia il criterio guida di questa amministrazione.
Chiedete alle onlus sotto sfratto come procede la stesura del nuovo regolamento condiviso e di come le ingiunzioni di pagamento e le notifiche di sfratto non si siano fermate.
Ma che ce frega, adesso abbiamo la democrazia diretta a Roma, whoa yeah.
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 4th, 2017 Riccardo Fucile
L’EX TESORIERE DEI DS: “E’ VISTO SOLO COME VOTIFICIO, NON CONTANO GLI ISCRITTI EFFETTIVI, MA SOLO QUELLI VIRTUALI”
“Guardate, io a votare ci sono andato. Per capire il perchè di quel 41 per cento di astenuti bisognerebbe chiedere a chi è rimasto a casa. Chissà , magari in tanti erano malati proprio nei giorni delle consultazioni…”.
Un’epidemia, quindi?
“Insomma volete proprio farmi commentare? Ah, voi del Fatto Quotidiano…”.
Finge ritrosia, Ugo Sposetti, ma la resistenza dura poco. Lo storico tesoriere dei Ds, che ora sostiene Andrea Orlando, si lascia andare. “No, in effetti è poco credibile che fossero tutti malati il giorno del voto. È più probabile che molte di quelle 449mila persone neppure sapesse di essere stata iscritta al Pd”.
Lei si riferisce al numero totale di iscritti ufficializzati dal Nazareno. I votanti, però, sono stati meno di 267mila. Un dato preoccupante o un fatto fisiologico?
Entrambe le cose, direi. Certo, nel Pci sarebbe stata clamorosa un’affluenza così bassa. Ma quel partito non c’è più e dunque anche nel Pd si sono affermate certe logiche della peggiore politica.
Si spieghi meglio.
In una situazione come quella che vive oggi il Pd, in cui le iscrizioni vengono fatte all’ultimo minuto in vista di un Congresso che è in realtà un votificio, è difficile sostenere che tutti quelli che risultano titolari di una tessera siano consapevoli di essere iscritti.
Il partito trasformato in un tesserificio, dunque?
Le formule giornalistiche dicono poco, in realtà . Alla base, ci sono logiche un po’ più complesse.
Ci aiuta a capirle meglio?
Partiamo da un presupposto. La composizione degli organismi e la scelta dei vari delegati si fa in virtù del numero degli iscritti che ciascun esponente porta in dote al partito. Ma attenzione: non contano gli iscritti effettivi, quelli che poi davvero vanno a votare. Contano gli iscritti sulla carta, quelli virtuali.
Insomma, più è alto il numero di tessere che garantisco, più è alta la mia possibilità di avere incarichi importanti?
Detta in modo semplice, è così. Il peso specifico dei vari esponenti, soprattutto a livello locale, si basa sul numero di tessere e non su quello dei votanti reali. Le logiche territoriali sono fondamentali per spiegare questi dati sulla scarsa affluenza.
E tutto ciò ormai fa parte anche del modello di funzionamento del Pd?
Lo ripeto: il partito in cui la militanza vera contava più delle tessere non c’è più. Però, alla fine della spiegazione, fatemi fare un appello.
Prego
Io credo, proprio in virtù di tutto ciò, che il valore della candidatura di Orlando stia proprio in questo: nell’essersi opposto a viso aperto a queste dinamiche.
Il risultato nei circoli, però, non è stato esaltante. Si parla di circa il 25% dei voti, a fronte del 68% ottenuto da Renzi.
Al contrario, è stato un trionfo. Nella situazione attuale, era difficile fare di più.
Forse speravate che il ministro della Giustizia risultasse più attrattivo nei confronti dell’ala di sinistra dell’elettorato del Pd, quella vicina agli scissionisti di Mdp?
Ripeto. È stato un trionfo. E vedrete che alle primarie ci saranno delle belle sorprese. Il risultato finale non è affatto scontato.
Valerio Valentini
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Aprile 4th, 2017 Riccardo Fucile
UN COGNOME TROPPO PESANTE DA SOPPORTARE, MA ANCHE L’ISOLAMENTO… NON BASTA CHIEDERE AI GIOVANI DI CAMBIARE VITA SE POI NON SI ‘E IN GRADO DI SOSTENERLI
Il ruolo delle donne nel contesto mafioso è un fenomeno ancora da studiare in ogni sua sfaccettatura. Donne sono le mogli dei boss che spesso sanno tutto, ascoltano i discorsi dei propri mariti che parlano ad altri mafiosi, custodiscono i segreti dell’organizzazione criminale e, come abbiamo visto in numerose operazioni, spesso sono anche complici, svolgendo un ruolo attivo (a differenza di un tempo) come tesoriere dell’organizzazione criminale.
Ci sono poi le madri dei vecchi boss. Nei paesini le riconosci subito, sempre vestite di nero, con lo sguardo fisso a terra, rassegnate a vivere un’esistenza a metà . Queste donne sono anche sorelle, parenti, figlie dei mafiosi.
E figlia di un mafioso era Maria Rita Logiudice, una bella ragazza di 25 anni, apparentemente felice nelle sue foto pubblicate su Facebook, con una vita normale. Gli amici, il fidanzato, i viaggi, l’università e qualche soldo che certamente in famiglia non mancava.
Eppure ha scelto di farla finita, lanciandosi dal balcone della sua casa di Reggio Calabria. Ha deciso di lasciare questo mondo senza un biglietto di addio, senza dare spiegazioni a nessuno.
Dai verbali depositati dai carabinieri e contenenti le dichiarazioni del fidanzato, gli amici e le persone vicine alla famiglia, sembrerebbe chiaro che il gesto di Maria Rita sia stato scatenato da quel peso troppo grande da sopportare.
Quello di un cognome macchiato per sempre.
Suo padre, Giovanni, era in carcere come esponente della cosca Logiudice, mentre lo zio, Nino, è un collaboratore di giustizia.
Quel cognome, nella città in riva allo Stretto, racconta di estorsioni, usura, donne sparite misteriosamente. Racconta di omicidi, vendette, sangue sparso per garantire l’onore della famiglia e mai l’amore.
E forse, quella piccola donna che ha scelto lo studio come via di emancipazione, ha sentito troppo forte il peso di quel cognome.
Non ha sopportato tutte le volte che il suo nome è stato accostato alla morte di qualcuno, alla violenza e al terrore.
Quella di Maria Rita è una storia nuova per chi nasce, cresce e vive nelle famiglie criminali. È la storia di chi ha voluto interrompere per sempre quella catena che, suo malgrado, la teneva legata alla sua famiglia.
Le indagini faranno maggiore luce su questa vicenda ma colpiscono le parole del procuratore di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho, il quale ha affermato che Maria Rita è “morta di isolamento” aprendo una finestra su una realtà che fino ad ora avevamo scarsamente considerato.
“Se non siamo capaci di interagire con chi cerca un futuro alternativo alla ‘ndrangheta — ha affermato De Raho — abbiamo perso tutti quanti. Se noi diciamo ai ragazzi di cambiare vita e poi non siamo in grado di integrarli, di sostenerli, il cambiamento che tutti auspichiamo non arriverà mai”.
In queste parole è racchiuso il senso del gesto di Maria Rita. La sua voglia di cambiare che si scontra con una realtà in cui spesso questo cambiamento non è ancora possibile. Cosa avremmo fatto se la figlia di un potente boss ci avesse teso la mano chiedendoci amicizia?
Avremmo parlato male di lei alle nostre spalle? L’avremmo fatta sentire inadeguata qualche volta? E davvero si sentiva libera?
Il punto è che in questi anni in cui tutto è mafia e siamo perseguitati da eventi più o meno mafiosi, il ruolo delle vittime ci appare sempre più lontano.
Il contesto è cambiato e c’erano state già altre donne che ci avevano indicato una strada diversa, come la povera Maria Concetta Cacciola, e tante altre come lei.
Ma non abbiamo saputo interpretare i loro messaggi, la loro voglia di fuggire da un mondo che non gli appartiene. Quanto può tormentare un cognome pesante come quello dei Logiudice per una ragazza che sogna un futuro lontano da dolore e morte, da carceri e omertà ?
Questa storia ci insegna anche come spesso per molti di noi, nati e cresciuti in luoghi con una forte presenza mafiosa, lo studio rappresenti un’arma di riscatto che ci fa vedere la realtà con molta più lucidità e ci indica la strada da seguire.
Meno efficace è la retorica che spesso accompagna eventi, convegni, manifestazioni che, come vedete, non portano a nulla.
Perchè è giusto parlare di mafia e parlarne ovunque se nel contempo si comprende la realtà che ci circonda e si agisce per tutelare le vittime, prima di raccontare le loro storie nei prossimi convegni.
È vero, forse Maria Rita è morta di isolamento. Ognuno di noi può fare la sua parte affinchè non accada mai più.
Angela Corica
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 4th, 2017 Riccardo Fucile
“UNA RAGAZZA CHE SI ERA FATTA STRADA PER LA PROPRIA ONESTA’ FINO ALLA LAUREA CHE LE AVREBBE PERMESSO DI AFFRANCARSI DA QUELLA FAMIGLIA”
“Non abbiamo avuto la sensibilità per capire Maria Rita Logiudice che domenica mattina si è tolta la vita”. Le parole del procuratore di Reggio Calabria Federico Cafiero De Raho sono pesantissime. Una sorta di mea culpa che riguarda tutte le istituzioni calabresi. Nessuna esclusa.
A margine della conferenza stampa per gli arresti dell’operazione “Recherche” contro la cosca Pesce, il magistrato è intervenuto in merito al suicidio della figlia di Giovanni Logiudice, esponente dell’omonima famiglia mafiosa e fratello dei più noti Luciano e Nino Logiudice, rispettivamente braccio imprenditoriale della cosca e collaboratore di giustizia.
Venticinque anni, appena laureata e di ritorno da un viaggio studio a Bruxelles e a Fancoforte, Maria Rita Logiudice si è suicidata lanciandosi dal secondo piano della sua abitazione senza lasciare alcun biglietto per spiegare il motivo.
“Questo è un episodio gravissimo — ha affermato Cafiero De Raho — che credo debba toccare la coscienza di tutti. Siamo tutti responsabili di un fatto come questo. Avevamo una ragazza che si è fatta strada per la propria onestà nella vita scolastica, ha conseguito una laurea e quella laurea era lo strumento per sottrarsi totalmente alla propria generazione e a quella famiglia di ‘ndrangheta tristemente nota in questa città , in tutta la Calabria e anche altrove. Una persona così può essere veramente il cambiamento della Calabria”.
Un cambiamento che per il procuratore si avrà solo “quando le famiglie di ‘ndrangheta capiranno che l’onestà premia e avvantaggia più della criminalità e della ricchezza. L’etica dà una soddisfazione interiore che non appare. Noi avevamo una ragazza che questo aveva trovato: lo studio e il proprio futuro. Eppure l’abbiamo persa perchè non abbiamo avuto la sensibilità di comprendere che vi sono momenti in cui tutti devono concorrere. Io ho parlato con il prefetto, con il presidente del Tribunale Luciano Gerardis, con Giovanni Ladiana (il padre gesuita che guida il movimento ‘Reggio non tace’), con tutti quelli che mi sembrano particolarmente sensibili. Don Luigi Ciotti mi ha chiamato con le lacrime agli occhi sapendo di questo perchè è un fatto di una gravità senza pari. Se noi perdiamo queste occasioni per recuperare la libertà , l’onestà , l’etica non abbiamo più nessuna speranza per il futuro. Se diciamo ai ragazzi ‘cambiate vita’ e poi quando lo fanno, li isoliamo e li emarginiamo senza dargli nessun sostegno, è sbagliato”.
Occorre naturalmente fare delle distinzioni tra chi studia per un futuro migliore e chi è destinato a diventare colletto bianco delle cosche: “È certo che dobbiamo distinguere. Quelli che prendono il titolo di studio perchè poi devono essere funzionali alla cosca di appartenenza vanno isolati ed emarginati. Ma se c’è qualcuno che studia perchè vuole liberarsi dalla propria famiglia di ‘ndrangheta, credo che a questo dobbiamo dare il massimo sostegno. Dobbiamo avere esempi che si moltiplicano nel nostro futuro e dobbiamo fare tutto ciò che è necessario perchè fatti di questo tipo non avvengano più”.
In città , intanto i funerali, che erano previsti per domani, saranno rinviati perchè la famiglia Logiudice, con un esposto presentato dall’avvocato Renato Russo, ha chiesto alla Procura la perizia autoptica sul corpo della ragazza.
La madre, il padre e il fratello sospettano che Maria Rita sia stata indotta, a sua insaputa, a qualche sostanza stupefacente. Il pubblico ministero ha disposto il sequestro del cadavere e presto ci sarà l’autopsia.
Lucio Musolino
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 4th, 2017 Riccardo Fucile
L’ANTICIPAZIONE DEI MEDIA USA: GLI EUROPEI SOGGETTI A CONSEGNARE ANCHE LA PASSWORD DEI SOCIAL
L’Amministrazione Trump sta studiando misure più drastiche nei confronti dei viaggiatori verso gli Stati Uniti d’America, anche per i turisti provenienti da paesi amici come Francia e Germania. Lo scrivono il Wall Street Journal e la Bloomberg.
Si ipotizza un controllo dei contenuti dei telefonini, dei social o anche dei conti bancari. Si parla anche di interrogatori sulle opinioni politiche.
Le misure rappresenterebbero i “Controlli estremi” promessi da Trump e genererebbero certamente dibattiti e polemiche, nel paese e all’estero. “Se c’è un dubbio sulle intenzioni di una persona che sta venendo negli Stati Uniti, questa persona deve superarli e mostrarci che sta venendo per ragioni legittime” ha commentato Gene Hamilton, consigliere del segretario per la sicurezza interna, John Kelly.
Per l’amministrazione, la battaglia contro il terrorismo giustifica regole più dure; un rafforzamento dei controlli è previsto dall’ordine esecutivo firmato da Trump che prevede anche il divieto di ingresso dei cittadini di sei paesi a maggioranza musulmana.
Questa parte dell’ordine esecutivo è stata bloccata in tribunale, mentre il processo di revisione e rafforzamento dei controlli ha ottenuto il via libera.
Il rafforzamento delle misure potrebbe essere applicato anche ai 38 paesi, tra cui l’Italia, che partecipano al Visa waiver program, ovvero il programma che permette di entrare negli Stati Uniti senza visto, a patto di non restarci per più di 90 giorni.
Il più grande cambiamento potrebbe essere rappresentato dall’obbligo, al momento della domanda per il visto o il waiver program, di consegnare il proprio telefono, in modo che le autorità possano controllare i contatti e, forse, anche altre informazioni; inoltre, potrebbe già essere richiesto, in questa fase, di consegnare le password dei social media per verificare non solo i post pubblici, ma anche quelli privati.
L’amministrazione sta inoltre lavorando per mettere in pratica una proposta di Trump quando era ancora candidato: sottoporre a un ‘test ideologico’ le persone che vogliano entrare negli stati uniti, come fatto in passato per scovare anarchici e comunisti.
(da agenzie)
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Aprile 4th, 2017 Riccardo Fucile
RICHIESTI A CHI ENTRA DALL’ITALIA I CERTIFICATI PENALI
Sta per diventare un caso diplomatico la vicenda dei tre valichi tra Italia e Svizzera che le autorità elvetiche hanno deciso di chiudere nelle ore notturne.
«Nè il governo nè la Commissione europea sono stati informati delle decisioni svizzere. Per questo ho convocato l’ambasciatore di Berna per un’audizione. Ho poi predisposto una lettera per i ministri di Esteri e Interno perchè si attivino per capire quel che succede».
Chi parla è Laura Ravetto presidente del comitato parlamentare di controllo sul trattato di Schengen.
Ravetto vuole sollecitare chiarimenti anche sulla richiesta di un certificato del casellario penale per chi intenda lavorare in Svizzera, misura di sicurezza in vigore da due anni in Ticino e già oggetto di una convocazione dell’ambasciatore elvetico a Roma nel 2015: «Non risulta – spiega la deputata – che misure simili siano state prese per i cittadini francesi o tedeschi nella Svizzera settentrionale».
La replica elvetica
Sul fronte elvetico non sembrano intimoriti dalla mossa italiana: «Altri punti di frontiera verranno chiusi. Il certificato penale? Chi è in regola non ha nulla da temere» tira dritto il responsabile del dipartimento sicurezza del Canton Ticino Norman Gobbi. Che aggiunge: «Solo in Italia sono presenti pericolose organizzazioni criminali». Ravetto nei giorni scorsi è stata in Canton Ticino per discutere della vicenda con i rappresentanti della Confederazione:
«Ho fatto presente che queste decisioni rappresentano una potenziale violazione dell’accordo di Schengen che prevede che i cittadini di tutti i Paesi che hanno firmato l’accordo siano trattati in maniera non discriminatoria e circolino liberamente».
Poi sbotta: «La Svizzera ha saputo attuare un’efficace politica fiscale che ha attratto nel suo territorio parecchie imprese italiane. Ma non si possono prendere le imprese e discriminare i lombardi».
Tra l’altro, ricorda Ravetto, «in Ticino il tasso di disoccupazione è bassissimo. Non vorrei che fosse un’iniziativa propagandistica di alcuni partiti identitari del Cantone». Un riferimento alla Lega dei Ticinesi: «I rapporti con la Svizzera e Berna sono eccellenti. Credo che la sicurezza dei cittadini si garantisca con la regolamentazione dei confini esterni a Schengen. La chiusura di quelli interni al trattato è una perdita per chi la attua».
Alla Lega dei Ticinesi appartiene Norman Gobbi, componente del governo cantonale ticinese e responsabile dei servizi istituzionali. La cui replica non si fa attendere. Partiamo dalla chiusura notturna dei tre valichi al confine tra Lombardia a Svizzera italiana (Cremenaga, Colverde e Novazzano), punti di passaggio minori, da poche centinaia di auto al giorno.
«Appunto – conferma Gobbi – i disagi per il traffico dei lavoratori italiani sono nulli: tre chilometri a est o a ovest di ognuno di essi ci sono altri valichi dunque i principi di Schengen sulla libera circolazione sono intatti.
La nostra intenzione è concentrare i controlli sugli assi di traffico principali, specie dopo gli ultimi crimini nei paesi di confine. È un esperimento, ma se funziona lo estenderemo».
Il certificato penale
Altro punto: il certificato penale richiesto solo ai lavoratori provenienti dalla frontiera con l’Italia. «Alt – precisa Gobbi –, non è una norma che colpisce solo gli italiani ma chiunque venga a lavorare qui proveniente dall’Italia, indipendentemente dalla nazionalità ».
Ma come mai la restrizione non si applica agli stranieri che entrano da Francia o Germania? «Perchè in quei Paesi non esistono le organizzazioni criminali presenti in Italia. E comunque le persone senza precedenti penali non hanno nulla da temere; è solo un argine alle infiltrazioni malavitose».
Marco Cremonesi
(da “il Corriere della Sera”)
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Aprile 4th, 2017 Riccardo Fucile
IL COMMENTO, FRA LE LACRIME, DEL PORTAVOCE DELL’ASSOCIAZIONE ITALIANA
“Immagini sconvolgenti, l’umanità è morta oggi in Siria”.
Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia, piange al telefono con l’ANSA mentre davanti ai suoi occhi scorrono le terribili foto di ciò che un raid aereo nella provincia di Idlib ha lasciato dietro di sè.
Un attacco che secondo le opposizioni sarebbe stato condotto con armi chimiche come il gas sarin.
L’ennesima strage di bambini in un Paese devastato da sei anni di guerra civile si è consumata in una zona controllata dai ribelli ma il responsabile, come spesso succede, difficilmente si troverà .
Per Iacomini, tuttavia, “non ci sono figli di Assad e dei ribelli, le vittime sono i bambini, per una guerra che non hanno voluto”.
L’Onu ha “smesso di contarli nel 2013, quando i morti erano circa 11 mila. Ora si teme che le vittime minori si siano almeno quintuplicate, se non di più”, spiega il portavoce dell’agenzia, facendo un disperato appello alla “comunità internazionale, perchè ponga fine a questo calvario, dopo sei anni di inferno, costato la vita ad oltre 500mila persone”.
Queste ultime immagini, con bambini intubati e apparentemente privi di ferite – che accreditano così l’ipotesi di una morte per veleno – sono di una “ferocia e violenza mai viste, oltre il Vietnam e oltre Sarajevo, evocano un calvario che non ha precedenti dalla Shoah, soprattutto per i bambini”, rileva Iacomini.
“L’umanità oggi è morta, e nessuno è riuscito a trovare una soluzione”.
Sotto accusa ci sono le “grandi potenze” (Cina e Russia, ndr) che hanno posto il veto in Consiglio di Sicurezza su sanzioni contro la Siria per l’utilizzo di armi chimiche, ma anche gli altri Stati, che “non sono stati all’altezza, ciascuno con i propri egoismi”.
Un appello è rivolto anche alla “classe politica italiana” perchè esprima una “condanna senza se e senza ma”, ma anche ai cittadini, che “non hanno chiesto ai propri governi di porre fine a questo scempio”.
Per questo l’Unicef chiede “un grande movimento di pace di tutti i popoli, che facciano pressione” sui i loro politici, è l’appello di Iacomini, che oggi a Roma presenta il suo primo romanzo ‘Il giorno dopo’: un racconto della sua esperienza sul campo con l’Unicef e le storie dei diritti violati dei bambini in Paesi come Giordania, Libano, Iraq e Sierra Leone.
(da “Huffingtonpost”)
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