Aprile 12th, 2018 Riccardo Fucile
STIME NON REALISTICHE, COMPENSI AI COMMISSARI TROPPO ALTI
La procura di Roma ha dato parere negativo sul concordato di Atac, l’azienda dei trasporti capitolina, famosa per essere tra le più grandi d’Europa, perchè la proposta così formulata pone «problemi di legalità » e soprattutto «non da garanzie sulla fattibilità del piano» che risulta «carente, o del tutto insufficiente, su alcuni punti essenziali».
A metterlo nero su bianco il procuratore aggiunto di Roma, Rodolfo Sabelli e il pm Stefano Rocco Fava, che hanno analizzato minuziosamente i documenti del Tribunale Fallimentare e quell’enorme debito da 1,4 miliardi di euro che rischia di affossare nel giro di pochissimo la Capitale.
In particolare i pm romani rilevano che i valori di stima dei beni di Atac sono stati «calcolati in maniera apodittica e approssimativa».
«La attestazione – si legge nel parere della procura – rivela tutta la sua carenza laddove recepisce i valori indicati senza alcuna ulteriore verifica degli stessi ne annotazioni critiche limitandosi a scegliere il dato del valore degli immobili nel loro stato attuale».
In pratica in base a tali stime non è possibile valutare se i beni debbono essere considerati «non più strumentali all’attività economica in cui erano inseriti» e se possono «realmente essere appetibili ad un ipotetico acquirente».
L’idea di Atac di ripianare in parte il suo passivo alienando beni di proprietà appare dunque non praticabile.
Inoltre emergono costi di svolgimento della procedura concorsuale che ai giudici appaiono «sproporzionate» rispetto all’oggetto dell’incarico conferito ai commissari. Si tratta dei 12 milioni 800 mila euro dei quali circa 10 destinati al compenso dei commissari giudiziali, a fronte di un passivo di 1 miliardo 615 milioni e un attivo di 720 milioni.
(da agenzie)
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Aprile 12th, 2018 Riccardo Fucile
I NEO PACIFINTI SI TRAVESTONO DA PACIFISTI: DI MAIO ASSICURA MATTARELLA DI ESSERE IL PIU’ FILO-ATLANTICO SULLA TERRA, LA QUINTA COLONNA DI PUTIN HA IN VALIGIA SIA LA DIVISA DELL’ARMATA ROSSA CHE QUELLA DELL’US ARMY (STIRATE ENTRAMBE DALLA ISOARDI)
Mattarrella vuole garanzie da M5S e Lega sul fatto che restiamo nell’Alleanza Atlantica? Nessun
problema per chi ha sostenuto tutto e il contrario di tutto negli ultimi anni, compreso appoggi e mandati a indebolire l’Europa da parte dell’ex agente del Kgb, esperto nell’eliminazione degli avversari politici.
Il Movimento 5 stelle salirà questo pomeriggio al Colle per ribadire a Sergio Mattarella che il governo di Luigi Di Maio terrà saldamente ancorata l’Italia al quadro delle alleanze storiche.
In caso di governo gialloverde, il Movimento si farà garante di fronte al Colle della linea atlantica di Roma nel complesso quadro internazionale. Offrendosi come punto di caduta fra le preoccupazioni del Quirinale e il filo-putinismo di Matteo Salvini, con l’impegno di mettere in moto tutte le risorse a disposizione della nostra diplomazia per scongiurare l’escalation.
Ma allo stesso tempo rassicurando Mattarella che, per quanto non in prima linea in eventuali azioni militari, l’Italia non si riposizionerà nello scacchiere internazionale.
Paradossalmente, il fatto che gli azzurri di Berlusconi condividano i pilastri di base della posizione grillina è un ulteriore deterrente nello schema generale.
Quanto a Salvini, il servitor di due padroni, Trump e Putin, cerca di togliersi dall’imbarazzo e fa il pacifista al grido di “basta guerre”, salvo poi schierarsi con chi ha gasato 500 innocenti facendo finta che fosse essenza di ciclamico identico a quello usato per i depuratori della padagna.
Aspettiamo la prossima mossa di Di Maio e Salvini: precipitarsi in Siria e fare da scudi umani per impedire i bombardamenti.
La stima e la considerazione che Trump e Putin hanno per loro impedirà certamente l’uso incrociato di missili.
E i nostri eroi potranno ribadire ai media internazionali: “Ho preso più voti, il premier devo farlo io”
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Aprile 12th, 2018 Riccardo Fucile
CONTINUA IL GIOCO DEL CERINO TRA IL MEGALOMANE FUORICORSO, IL RAZZISTELLO FANCAZZISTA E L’OTTUAGENARIO CHE PENSA SOLO ALLE SUE AZIENDE… A DI MAIO PIACCIONO SOLO I RAZZISTI
“Accordo solo se il M5s riconosce Berlusconi. Serve una dichiarazione formale, altrimenti nessun dialogo”.
Maria Stella Gelmini, capogruppo dei deputati forzisti alla Camera, dopo un incontro con Silvio Berlusconi a Palazzo Grazioli prima del vertice dei leader di centrodestra in vista delle consultazioni al Quirinale, rilancia.
Toccava a lei questa difficiel mossa politica dopo la campagna mediatica scatenata dal M5s non contro Fi, ma contro il suo leader.
“Berlusconi indigeribile”, “Berlusconi lasci ai giovani”, ripetono da giorni i 5 Stelle. Visto che è del tutto improbabile che il capo di Fi si faccia da parte, sarà facile per Luigi Di Maio scaricare la responsabilità di un mancato governo sul leader forzista.
Il leader pentastellato sembra prepararsi il terreno per poi arrivare a dire che chi non vuol fare il governo è Berlusconi perchè non vuol fare un passo indietro.
I grillini, con l’attacco personale a Berlusconi, passano dunque la palla ai forzisti ai quali tendono a loro volta una trappola politica.
Nel tentativo di uscirne, Gelmini risponde e dà il suo aut aut, chiedendo ai grillini che facciano un passo indietro riconoscendo ufficialmente Silvio Berlusconi. “Parteciperemo – sostiene Gelmini – ad un governo solo se ci sarà una dichiarazione esplicita e chiara da parte dell’M5s e che ci sia pari dignità tra tutte le componenti del centrodestra, FI e Berlusconi. Senza questa condizione la trattativa non potrà neanche iniziare”.
Peccato che fino a ieri Forza Italia avesse detto “mai con i pauperisti”.
Nella replica i capigruppo Giulia Grillo e Danilo Toninelli ribadiscono: “Mai un governo con Berlusconi e Forza Italia. Forza Italia potrebbe risolvere l’impasse facendosi di lato e consentendo così un governo M5S-Lega”.
E’ chiaro che M5S e Matteo Salvini tentano di trascinare la partita del governo fino alla fine del mese, dopo le elezioni regionali in Friuli e Molise.
Le previsioni di un calo di Fi porterebbero in una posizione di forza (nei confronti di Berlusconi) in particolare il leader del Carroccio.
Tanto per capire quanto ormai sia solo una questione di potere più che di programmi.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 12th, 2018 Riccardo Fucile
LA MINACCIA DI GUERRA IN SERIA COSTRINGE SALVINI A FARE IL “PACIFINTA” MENTRE IL M5S TACE, SPERANDO CHE NESSUNO SE NE ACCORGA
I tweet bellicosi di Donald Trump hanno causato un piccolo terremoto politico in Italia tra tutti i suoi
molti fan e sostenitori. I venti di guerra che sono tornati a spirare sulla Siria in queste ultime ore non piacciono a chi, dopo l’elezione di Trump a Presidente degli Stati Uniti, aveva salutato l’inizio di un’era nuova nelle relazioni politiche internazionali.
Il dramma di chi guarda agli Stati Uniti di Trump per cercare di imbastire una linea politica è comprensibile perchè il Presidente USA è imprevedibile.
Ma il motivo è anche un altro: le posizioni dell’Amministrazione USA sulla Siria mettono in crisi l’amore per Trump con quello per Putin.
Da che parte stare? Con la Russia o con gli Stati Uniti? Con Donald Trump o con Vladimir Putin, eroico salvatore del regime di Assad ?
A complicare la situazione c’è la presenza nella regione dell’Iran che non solo è uno stato islamico ma è anche uno stato dove fanno indossare il velo alle donne.
Poi c’è la Turchia di Erdogan — che in passato è stata accusata di spalleggiare l’ISIS per contenere le richieste di autodeterminazione dei curdi siriani — e che non è mai stata simpatica ai sovranisti nostrani a causa delle sue pretese economiche nei confronti dell’Unione Europea sui migranti.
Le cose sono complicate e in pochi hanno il coraggio di azzardare una posizione.
Tra i pacifisti (ma si dovrebbe dire pacifinti, visto che in Siria una guerra c’è già ) troviamo il futuro Presidente del Consiglio Matteo Salvini che ieri ha dedicato un paio di post alla questione.
In uno Salvini esprime il timore che la storia delle armi chimiche usate sui ribelli sia una fake news creata ad arte per consentire a Trump di intervenire (in realtà in Siria ci sono già circa duemila soldati americani).
Le tesi sono sempre le stesse. Prima si cita il caso della guerra in Iraq scatenata dalle false prove di Colin Powell (come ha ricordato in Senato Alberto Bagnai).
Poi si chiede a che pro Assad (che è pur sempre un dittatore) dovrebbe attaccare i “suoi” civili ora che sta vincendo, poco importa che Assad lo abbia già fatto in passato e che la repressione della rivolta del 2011 sia tra le cause della guerra.
In un altro post, una diretta su Facebook, Salvini dice fermate i missili e spiega che «non è normale che il presidente degli USA twitti, come se nulla fosse “arrivano i missili”, come se stessimo parlando di pollo arrosto e patatine. Ragazzi le bombe e i missili raramente sono intelligenti e raramente risolvono i problemi».
E se lo dice uno che pensava di risolvere i problemi dei campi Rom con la Ruspa c’è da credergli.
Del resto Salvini si corregge poco dopo: le bombe servono solo quando c’è da scacciare quelli dell’ISIS. Ed è solo un caso che quelle bombe siano quelle dell’amico Vladimir Putin, orgogliosamente made in Russia.
E gli altri? Che fine hanno fatto i pro-Trump italiani?
Qualcuno si ricorderà che Beppe Grillo salutò con gioia l’enorme “vaffanculo” rappresentato dall’elezione di Trump.
In un’altra occasione Grillo disse invece che «la politica internazionale ha bisogno di uomini di stato forti come loro (Trump e Putin, nda). Lo considero un beneficio per l’umanità . Putin è quello che dice le cose più sensate in politica estera» per poi correggere leggermente il tiro e dire che «la presenza di due leader politici di grandi Paesi come Usa e Russia predisposti al dialogo è un punto di partenza molto positivo, perchè apre a scenari di pace e distensione».
Ieri invece Grillo è stato zitto e ha preferito parlare dei droni postini e del rischio che le api impollinatrici scompaiano a causa del cambiamento climatico (una cosa che Trump nega esista).
Nemmeno l’esperto di politica estera del MoVimento 5 Stelle, Manlio Di Stefano, ha scritto una riga sulla questione siriana. Eppure qualche tempo fa, quando Trump aveva fatto un analogo “tiro di matto” sulla Siria lanciando una quarantina di missili Di Stefano aveva parlato di “follia USA”.
Nemmeno Carlo Sibilia che pure pareva molto entusiasta per l’elezione di Trump oggi parla della Siria, è impegnato sulla questione Monte Paschi. Nigel Farage invece ha “rotto” con l’amico Trump dopo le sue uscite contro la Russia.
Oggi tutto tace. Sarà forse perchè nel frattempo Luigi Di Maio ha stravolto la linea del MoVimento 5 Stelle in politica estera facendolo diventare un partito atlantista che non ha alcuna intenzione di “cambiare” o uscire dalla NATO?
Curiosamente Trump durante la campagna elettorale aveva detto che la NATO era obsoleta ed andava smantellata, salvo poi rimangiarsi tutto una volta eletto. Forse il M5S, al contrario della Lega, ha imparato a distinguere tra realtà e propaganda (degli altri).
Che sia tattica o imbarazzo non è dato di saperlo. Nel frattempo Trump ha già fatto un passo indietro con un tweet che smentisce quello che aveva detto ieri. Nessun attacco imminente sulla Siria.
Trump ci tiene però a togliersi qualche sassolino dalle scarpe “perchè nessuno ringrazia l’America per quello che ha fatto contro l’ISIS?” chiede rattristato. Benvenuti nell’ottovolante Trump, il Presidente che prima di essere eletto era “amico di Putin” e che in fondo Assad non era poi tanto male, e che ora è pronto a scatenare una guerra in Siria contro la Russia.
All’alba dell’elezione di The Donald molti nostalgici della sinistra no-global hanno fatto a gara per spiegarci che Trump era di destra ma era anche di sinistra. Perchè, scrivevano, “il presidente Usa ha le stesse idee dei no global in campo economico“. Insomma secondo questa lettura Trump sarebbe contro la globalizzazione e di conseguenza sarebbe alla stregua delle tute bianche o di quelli che manifestano contro il G8 (salvo il fatto che lui al G8 ci va).
All’epoca c’è stato, chi, lo ricordava Marco Rizzo in un post, osannava Trump come “difensore dei proletari”.
Il che considerando il fatto che che Trump è un miliardario fa parecchio sorridere. Oggi tutti quelli che “da sinistra” spiegavano Trump e il suo successo oggi tacciono. Sono più o meno gli stessi che festeggiavano quando Trump ha stoppato il TTP (l’accordo di partenariato trans-Pacifico) nella speranza che facesse lo stesso con il TTIP (che è quello che ci riguarda).
C’era addirittura chi, come Stefano Fassina, si chiedeva se a questo punto lavoratrici e lavoratori non dovessero “votare a destra per provare a difendere i loro interessi”. Oggi Fassina non ha detto una parola sulla Siria.
La cosa è ancora più divertente oggi che Trump si è dimostrato essere quello che ogni Presidente USA è stato quando si parla di Medio Oriente e politica estera: un “guerrafondaio”.
Questo, beninteso, in maniera non dissimile da Putin al quale però viene attribuito curiosamente il ruolo di “pacificatore” (saranno bombe più gentili e meno imperialiste le sue?).
Quando Trump è arrivato alla Casa Bianca c’è stato chi ha scritto che «Il suo è un discorso pacifista che però la sinistra non riconosce» e che oggi si lamenta che Trump è come Hillary e non è più quello del 2013 (che attaccava Obama proprio sulla Siria).
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 12th, 2018 Riccardo Fucile
LE VERIFICHE SULLA COMPATIBILITA’ POLITICA, AVANTI CON IL TEST DI EMPATIA
Siamo dunque giunti quasi al punto.
Chiunque voglia, fatta eccezione per Silvio Berlusconi, potrà raggiungere lo studio del professor Giacinto Della Cananea e offrire un tema che verrà sottoposto a verifica per la compatibilità politica.
Escluso il Male Assoluto, ma inclusi Galliani, Ghedini e la Renzulli (forse anche Emilio Fede), esclusi gli Schutzen tirolesi ma non i renziani e nemmeno Maria Elena Boschi, chiunque voglia potrà procedere al test di empatia.
Luigi Di Maio, che in questi giorni largheggia con l’offerta e anche con gli invitati al tavolo, ritiene che Salvini possa utilmente sottoporgli il suo progetto e anche le sue amicizie: Assad, Putin, Orban. Sarà il professor Della Cananea, fiduciario grillino, a stimarne i costi e le compatibilità .
Nulla precludendo a nessuno è ipotizzabile che la commissione scientifica per la comparazione dei programmi si trovi un largo ventaglio di ipotesi sia in politica estera (guerra a Putin o a Trump?), che interna (fuori gli immigrati o anche dentro?), sul fisco (no agli evasori? condono agli evasori?) sulla moralità e l’etica pubblica (caccia ai corrotti oppure basta manette?).
Un algoritmo di recentissima invenzione (la scienza è neutra come si sa) selezionerà — per conto di Di Maio — le migliori proposte e attribuirà a ciascuna un referente politico.
Cosicchè la scelta dei ministri da politica si farà scientifica, e il nuovo governo sarà l’esito di un’alleanza tra cromosomi.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 12th, 2018 Riccardo Fucile
VINSE LA MARATONA DI ROMA DEL 1960… POI QUALCUNO LI AVVISA E IL COMUNICATO DELLA RAGGI VIENE CORRETTO
Ha tagliato per primo il traguardo della maratona durante i giochi olimpionici di Roma nel 1960.
Correndo scalzo per 42 chilometri, è stato il primo ad arrivare per all’Arco di Costantino in 2 ore, 15 minuti e 16 secondi.
Quattro anni dopo ha replicato l’impresa a Tokyo: così il maratoneta etiope Abebe Bikila è diventato un eroe nazionale. Il primo africano di colore a vincere le Olimpiadi. Un simbolo dello sport che però presto si è dovuto arrendere.
Molto ha fatto la ruota del destino muovendosi alla cieca: nel 1969, a soli 37 anni, è rimasto paralizzato dalla vita in giù in seguito a un incidente stradale. Pochi anni dopo – nel 1973 – è morto per una emorragia celebrale, il “maratoneta scalzo” aveva solo 41 anni.
Un campione d’altri tempi che lo staff del comune di Roma ha prima guarito dalla paralisi e poi “resuscitato” in occasione della maratona che si correrà domenica.
Nel comunicato ufficiale dell’Appia Run pubblicato ieri si legge infatti:” Guest star il campione olimpionico della maratona del 1960, l’ottantaseienne Abebe Bikila che correrà insieme ai partecipanti”.
Una disattenzione, una svista, non da poco che questa mattina è stata corretta. L’appuntamento per i 2000 iscritti, e tutti vivi e in salute questa volta, è per le nove di domenica.
(da agenzie)
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Aprile 12th, 2018 Riccardo Fucile
BOOM DI INTERAZIONI PER I SITI DI PARTE E QUALCHE PRODUTTORE DI FAKE NEWS
Il monologo sui migranti di Pierfrancesco Favino a Sanremo, la notizia (inesatta) della donazione da parte di Claudio Baglioni del suo cachet per il Festival a favore della popolazione colpita dal terremoto in Centro Italia.
E poi tanta politica ‘pura’, con i temi della campagna elettorale e i fatti di cronaca che hanno scatenato discussioni tra i partiti.
Sono i contenuti social che più di tutti hanno registrato un boom di interazioni nei mesi immediatamente precedenti al voto del 4 marzo.
Il modo in cui i media digitali italiani hanno generato e poi condiviso sui social i loro contenuti ha avuto un peso importante nell’orientare le preferenze dei cittadini. Contribuendo in modo sostanziale all’affermazione del Movimento Cinque Stelle come primo partito.
In una campagna elettorale diretta alla “pancia” degli italiani, l’informazione social non ha viaggiato soltanto sulle testate giornalistiche tradizionali. Anzi, proprio le fonti dichiaratamente di parte (e a volte anche trampolino per notizie false) hanno ottenuto i maggiori risultati in quanto a utenti raggiunti. Con un effetto diretto sulla formazione del consenso.
A confermarlo è il progetto Mapping italian news 2018, realizzato dal dipartimento di Scienze della comunicazione, studi umanistici e internazionali dell’università di Urbino Carlo Bo. Uno studio che, tra l’altro, spalanca una finestra su un inedito appoggio russo ai grillini.
Un team di ricercatori dell’ateneo ha realizzato una vera e propria mappatura della copertura mediatica, sui social, dei temi politici e hanno misurato il numero di interazioni (reazioni, condivisioni e commenti) per ogni post pubblicato su Facebook. Un’analisi che ha coinvolto oltre 80mila notizie, prodotte da quattromila fonti diverse.
L’INFORMAZIONE CLASSICA E QUELLA AMBIGUA
La classifica dei siti che hanno registrato il miglior engagement dà una prima idea di quanto in campagna elettorale i Cinque Stelle siano stati spinti dai social. La prima testata giornalistica presente sul podio è Repubblica, solo al terzo gradino. Superata dai due blog del Movimento: Il blog delle stelle e beppegrillo.it. Siti di partito che, con i loro contenuti di parte, hanno superato le interazioni dei giornali tradizionali.
L’unica altra piattaforma politica nella top 25 della classifica è democratica.it, del Pd. Ma il numero di like e condivisioni, in questo caso, non raggiunge i grandi numeri del movimento guidato da Luigi Di Maio.
L’informazione ibrida è però ormai un dato assodato nella società digitale. Tuttavia, lungo la stessa graduatoria spuntano poi piattaforme come piovegovernoladro.info o direttanfo.blogspot.it. Siti la cui affidabilità è incerta o, talvolta, assolutamente inesistente. Il rapporto le definisce piattaforme di “informazione problematica”, ma il problema non è certo nella diffusione dei loro contenuti, tutt’altro che marginale.
IL FALSO CHE AVANZA
Passando alle singole notizie, fa riflettere che già la seconda più virale riguardi il già citato gesto di beneficenza di Baglioni. Quello devoluto dal cantante non era, in realtà , il compenso di Sanremo, ma quello di un vecchio concerto in Vaticano. La notizia di rettifica, ovviamente, non ha raggiunto neanche lontanamente lo stesso numero di utenti della prima. Il tema è classificato come politico perchè rientra nel più classico dualismo èlite contro popolo: la Rete, si sa, si scandalizza facilmente.
Ma non si tratta dell’unica fake news nella top 10. Anche la notizia, totalmente infondata, del ritrovamento in Sicilia di 500mila schede elettorali già compilate scatenò molta indignazione. E fu premiata dagli algoritmi con un’altissima diffusione. Una spinta di cui hanno goduto anche contenuti apertamente satirici come quelli prodotti da Lercio. Rimane il dubbio sulla capacità degli utenti di saper distinguere.
LA STRANA ALLEANZA M5S-RUSSIA
Alla campagna elettorale, stando al report dell’università , ha partecipato attivamente anche un sito di informazione straniero. Precisamente russo: Politvesti.com.
La sua homepage, come i suoi canali social, è in cirillico. Eppure la piattaforma ha pubblicato 68 news in italiano. Tutti contenuti relativi al Movimento Cinque Stelle e presi dal canale Youtube “M5sParlamento”.
Lo studio, che dunque accenna alla prospettiva di un appoggio della Russia alla campagna elettorale dei grillini, sottolinea inoltre che il sistema di raccolta e condivisione di news da parte della piattaforma è totalmente automatizzato.
Un argomento, questo, che merita quanto meno di essere approfondito: l’occasione potrebbe essere l’evento di presentazione del rapporto, previsto il prossimo 17 maggio presso l’università di Urbino.
(da agenzie)
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Aprile 12th, 2018 Riccardo Fucile
CAMBIA IL CLIMA SULLO SCHEMA DI ACCORDO TRA SALVINI E DI MAIO… IMPOSSIBILE LA SEPARAZIONE CONSENSUALE CON BERLUSCONI
Ci vuole un grande esercizio di fantasia per immaginare cosa andrà a dire a Mattarella la folta
delegazione del centrodestra quando si presenterà alle consultazioni.
Devono essersi chiesto questo al Quirinale, nel valutare la portata della questione che piomba sulle consultazioni: non diverse valutazioni di tattica o calcolo politico, già di per sè complicate da dipanare come si è visto in queste settimane, ma un tema di fondo come la collocazione geopolitica del paese.
Parliamoci chiaro: l’escalation in Siria piomba sulle consultazioni con le ruvide parole di Salvini.
Che per tutto il giorno, con toni da campagna elettorale, assume una posizione estrema, che colloca l’Italia fuori dal suo tradizionale quadro atlantico di alleanze. Bolla come “fake news” l’uso dei gas chimici in Siria, parla di “bombe su donne e bambini”, ci va giù duro: “Caro Trump, cara Unione europea, caro Gentiloni, fermatevi: non siamo complici di altro sangue”.
È una posizione di evidente rottura, che alimenta, tra i frequentatori del Colle più esperti, una domanda legittima: “Ma davvero vuole fare il governo o vuole solo tornare al voto?”.
Perchè è chiaro che se sei un uomo di governo, prima ne favorisci la nascita, poi magari sposti l’asse di politica estera su posizioni che ritieni più congeniali, in questo caso filo russe.
Così, evidentemente, si complica tutto. E non è sfuggita la prudenza dei solitamente loquaci dichiaratori berlusconiani, rimasti silenti come se ci fosse stato un ordine di scuderia al fine di non intervenire. Perchè per Silvio Berlusconi la questione è quantomeno più complessa.
Diciamolo senza tanti giri di parole: posta così, è una posizione impotabile per una forza che si è proposta come garante dell’Europa e della Merkel in Italia, che esprime il presidente del Parlamento europeo e solo una settimana fa ha proposto un governo del presidente “contro i populisti”.
Nelle prossime ore il discorso investirà direttamente anche l’Italia. Perchè la richiesta non è stata formalizzata, ma arriverà una richiesta americana di poter usare la base di Sigonella per operazioni di ricognizione, come avvenne nel 2011 per la Libia.
E se Washington chiama, l’Italia non potrà trincerarsi dietro la transizione in atto tra un governo in carica per ordinaria amministrazione e un nuovo esecutivo che non si sa quando vedrà la luce. Peraltro, l’autorizzazione non necessita neanche di un passaggio parlamentare.
Ecco, immaginatevi cosa può succedere quando il governo Gentiloni andrà a riferire in Aula all’inizio della prossima settimana. L’intreccio stretto tra escalation militare ed escalation politica già sconvolge le consultazioni, destinate ad andare a vuoto, e il dopo consultazioni.
Quando spetterà a Mattarella il compito di una mossa. Si chiedono i frequentatori del Colle: “Magari se aveva pensato di dare un pre-incarico a Salvini, cambierà schema. È tutto in divenire. Vediamo quel che accade nei colloqui, ma è tutto in divenire”.
E se non ci sono punti fermi, c’è la sensazione che l’affaire siriano complichi, e non poco, lo schema del possibile accordo tra Salvini e Di Maio. Uno schema definito, certo non nei dettagli, ma nel percorso che il leader penstastellato illustra a Porta a Porta: la proposta di tavoli per valutare i punti comuni del programma, su cui Salvini ha già fatto sapere di essere d’accordo.
Punti tra i quali c’è quella fedeltà all’Europa e alla Nato su cui Luigi Di Maio ha dato rassicurazioni proprio all’uscita del primo giro di consultazioni.
La verità è che solo di uno schema si tratta, perchè c’è un punto di fondo non risolto che riguarda Berlusconi.
Dice una fonte azzurra: “Oggi Salvini ha detto, riferito al nostro leader: dopo le regionali abbasserà la cresta… L’idea che Berlusconi possa fare un passo indietro dando il via libera al governo in nome della tutela degli interessi aziendali al momento non c’è. Se c’è una rottura non sarà consensuale, ma traumatica”.
Il risultato di tutto questo è una richiesta di tempo. Prima di salire al Colle si svolgerà un vertice per definire quella linea comune che, al momento, non c’è perchè Salvini non vuole il pre-incarico che gli alleati vorrebbero chiedere.
E inevitabilmente si dovrà parlare anche di Siria perchè è complicato che l’argomento possa rimanere fuori dai colloqui. Non è un dettaglio, quando si parla di governo che verrà , chiarire la sua collocazione internazionale.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 12th, 2018 Riccardo Fucile
LA SCELTA DEL LEGHISTA PER “PRESERVARE” GIORGETTI SENZA INFORMARE NE’ IL CAVALIERE NE’ LA MELONI
C’è il poliziotto cattivo (il grillino Di Battista) che lo definisce «il male assoluto». C’è il poliziotto buono (il grillino Di Maio) che lo invita a «cedere il passo».
E infine c’è l’avvocato difensore (il leghista Salvini) che gli consiglia di patteggiare, mentre continua a stringere accordi con il leader di M5S senza informare l’assistito. Messo alle strette, Berlusconi sembra frastornato e intento a cambiare idea ogni minuto: tra i consigli di chi – come Gianni Letta – lo spinge a rompere con il suo avvocato, e i suggerimenti di chi – come Confalonieri – lo esorta invece a prender tempo.
Messa così il patto di governo tra leghisti e cinquestelle sembra cosa fatta, a un passo dall’essere ufficializzato. Ma il passo che precede il traguardo è sempre il più difficile, ed è lì che l’apparenza spesso inciampa nella realtà .
«Il preludio della coltellata finale
Non c’è dubbio che il Cavaliere sia sotto pressione e che Salvini si muova ormai in assoluta autonomia dagli alleati: nè Berlusconi nè la Meloni erano stati avvisati che la presidenza della Commissione speciale a Montecitorio – in quota centrodestra – invece di andare a Giorgetti sarebbe toccata a Molteni.
Hanno appreso dalle agenzie che il capo del Carroccio aveva cambiato idea rispetto all’intesa chiusa al vertice di domenica, e soprattutto che lo aveva fatto «dopo una telefonata con Di Maio».
«Se si sente con Di Maio, si metta in coalizione con Di Maio», è esplosa la leader di FdI davanti ad alcuni dirigenti di partito, che hanno definito la mossa di Salvini come «il preludio della coltellata finale» al Cavaliere.
«Di tempo non ce n’è»
Berlusconi il titubante è consapevole che il segretario leghista aspiri ad annunciare la fine di un’epoca, e infatti – dopo aver appreso incidentalmente la notizia – si è scagliato contro chi «si muove con una logica annessionista» e «si atteggia da protagonista. Forse troppo…».
Anche perchè sono troppi i dettagli da mettere a posto per riuscire nell’impresa. Per esempio, Di Maio accetterebbe di vedere Giorgetti alla guida del «governo del cambiamento» pur di non vedere Berlusconi nel governo? Sembra impossibile.
E in ogni caso servirebbe tempo per realizzare il compromesso. Ma «di tempo non ce n’è». I grillini lo sapevano (e lo dicevano) già prima di salire al Colle per le consultazioni. Salvini lo ha appreso dalla viva voce di Mattarella, che dinnanzi alla richiesta di «un paio di settimane» ne ha accordata una.
Il capo dello Stato non poteva accettare l’idea che i partiti scaricassero sulle istituzioni le loro tensioni politiche, e che il Quirinale venisse trasformato in una sorta di parafulmine, in attesa di regolare i conti con il voto delle Regionali e delle Amministrative.
Perchè le scadenze europee e l’emergenza internazionale dettata dalla situazione in Siria impongono di velocizzare la soluzione della crisi. C’è la necessità di sapere se Lega e M5S hanno una posizione comune in politica estera, se hanno intenzione di cambiare la storica linea atlantista dell’Italia.
Poco interessa se Salvini ha deciso di lanciare il proprio candidato a sindaco di Terni, prendendo in contropiede gli alleati.
Se il Pd rompesse gli indugi
A un passo dal traguardo, leghisti e grillini si mostrano in affanno. E non sarà irrilevante la scelta di Mattarella se il secondo giro di consultazioni si concluderà con una fumata nera. Certo, un conto sarà decidere per un mandato esplorativo, altra cosa affidare un pre-incarico: in entrambi i casi la strada per arrivare a Palazzo Chigi si fa dura per Di Maio, mentre Salvini ha la carta di riserva, cioè Giorgetti, che è stato apposta preservato dalla presidenza della Commissione speciale.
Ma i giochi potrebbero ancora clamorosamente cambiare. E non solo perchè tra i Cinque Stelle si notano vistose crepe e il centrodestra, addirittura, ancora ieri non sapeva cosa andare a dire oggi al Quirinale.
Se il Pd rompesse gli indugi e decidesse la mossa del cavallo, salterebbe ogni schema. Renzi ha solo un problema di timing: se lo sbagliasse sarebbe un disastro, altrimenti spariglierebbe gli schemi e si riaprirebbe tutto.
Non era forse il renziano Giacomelli a dire giorni fa che «a me Giorgetti premier andrebbe benissimo»?
(da “Il Corriere della Sera”)
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